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Pensieri infantili sul mio rapporto coi videogiochi.


Un esempio a caso: Half-Life 2, ma sarebbe potuto essere Doom o chissà cosa.

In un'inutile corsa al fotorealismo irraggiungibile (nè ora nè prossimamente) nei videogiochi, il ray tracing è l'ultimo artificio, ormai neanche troppo recente, per moltiplicare la richiesta di risorse computazionali e il costo delle schede grafiche. La differenza coi metodi classici di rendering va dal risibile allo sproporzionatamente basso, tenendo conto delle risorse in eccesso utilizzate e il risultato visivo finale.

Per quanto riguarda i titoli nuovi, spero sia passata la sbornia iniziale, quando piazzavano superfici riflettenti a caso e giusto per glorificare le potenzialità del ray tracing: che so, uno specchio infilato nel tronco di un albero nella foresta, pozze d'acqua su una scarpiera in una civile abitazione, pg che girano nel deserto, a mezzogiorno, brandendo una torcia.

Non domi, periodicamente applicano questa formula anche a videogiochi così vecchi da girare ormai, per fortuna e democraticamente, su una moderna calcolatrice scientifica.

Ebbene: vedo questi video con le comparazioni tra grafica originale e ray tracing e, lo dico in serenità, non me ne frega nulla dei cambiamenti.
Penso solo allo spreco di risorse impiegato per snaturare l'impostazione visiva originale. Sono, spesso, giochi che hanno fatto la storia per diversi motivi Questi prendono per i capelli una grafica immediatamente riconoscibile, iconica, e la trascinano verso la noiosa uniformità della luce perfettina e realistica. Gli asset, intanto, restano principalmente quelli del XX secolo, amplificando, se possibile, la cacofonia visiva che ne risulta.

#Videogiochi #PC #HalfLife2 #anno2004 #anno2024


Sicuramente, ben poco professionale. Neanche noi lo eravamo, tantomeno lo saremmo diventati, io no. In quegli anni, avevamo fame di videogiochi, in generale, e le riviste erano il contorno al piatto principale. Faccio qualche titolo tra quelle più gettonate nella mia cerchia, per vari motivi: simpatie per i redattori, macchine trattate ecc.: The Games Machine, Consolemania, Gamepower, K, CVG. Più o meno, in ordine di preferenza.

Ebbene, leggete uno qualsiasi di quegli articoli e rendetevi conto di quanto sarebbero diventati imbarazzanti solo pochi decenni dopo. La competenza generali e gli approfondimenti tecnici, oggi, sembrano (sono) poco più che amatoriali, improvvisate. Il clima che si respirava, però, era ben diverso: sembrava più l'operato di un gruppo di amici che la vivisezione dei giorni nostri. Magari si ammazzavano tra loro, fuori dalle pagine dei giornali, ma non ci interessa: trovavamo naturale relazionarci con quell'atmosfera giocosa, spensierata, divertita che accompagnava i videogiochi agli albori della massificazione.

Oggi, invece, ci si relaziona coi tizi che smembrano i giochi frame per frame, fanno analisi sociologiche e di mercato, indagano nella psiche dei realizzatori. Perché noi (dico noi, ma io no, non mi ci calcolo) ci sentiamo più a nostro agio nel dedicare ai videogiochi cure e analisi degne di media più antichi e sedimentati, perché il videogioco ha la stessa dignità di cinema/pittura/letteratura/verdura, fate voi. Va bene anche così, ma a me non me ne importa nulla o quasi.

Poi, neanche sarei in grado di approfondimenti del genere: non ne ho proprio le competenze, in generale, per critiche e recensioni, in qualunque ambito. Anche per questo, forse, son rimasto legato a quei periodi più ingenui, quando alla fine tutto si riduceva al divertimento che un titolo riusciva a offrire.

Quindi, in questo blog, non ci sarà alcun approfondimento. Parlerò di videogiochi, credo per sistemi casalinghi (l'idea nasce tale, poi non so), come ne parla un illetterato.

#Videogiochi