videogeco

Pensieri infantili sul mio rapporto coi videogiochi.


Affermazione bizzarra e audace.

A osare, un amico di amici, poi diventato amico diretto, prima dell'allontanamento per le solite dinamiche del Sud. Per qualche tempo, ha duplicato dischetti per racimolare qualche spicciolo, solitamente giochi, programmi ogni tanto, Amiga e PC. I giochi sono sempre stati più richiesti.

In quegli anni, chiedevamo sempre giochi in italiano, non eravamo ancora così lesti con l'inglese. Non lo siamo mai diventati, io di sicuro, ma ora non è più un problema insormontabile, anzi: è da un pezzo, pezzo inteso come lustri, che dell'italiano nei videogiochi me ne importa il giusto. Doppiaggio in italiano, mai: non si scappa, gli ultimi ricordi in merito sono raccapricciatni. Per il testo, diciamo che in un grosso gioco di ruolo, con vagonate di dialoghi, gradisco una buona traduzione, sempre nei sottotitoli. Non sarebbe un'esperienza scorrevole, specie con un utilizzo meno basilare dell'inglese.

Torniamo in quell'appartamento in un rione delle case popolari, dove spesso andavamo giusto a chiacchierare di videogiochi, anche quando non dovevamo comprarne, non avendo nulla di meglio da fare.

  • Ma è tradotto in italiano?
  • Sì sì sì, vai tranquillo.

Ma tranquilli non si andava mai, infatti... ecco il gioco in inglese, in francese. In turco, chissà. Ci cascavamo sempre, la voglia di giocare era tanta.

E noi ripetevamo, ogni volta, la domanda quasi a mo' di canzonatura, una sorta di inside joke. Quella risposta, evidentemente data a 1996 iniziato, ci spiazzò, tanto che ancora me la ricordo:

“Dal 1996, tutti i giochi per PC sono tradotti in italiano”.

Così, dal nulla, invenzione, fantasia. Trattenemmo quella risata come si fa, erroneamente, con uno starnuto. Pareva brutto ridergli deliberatamente in faccia.

#Amiga #Anno1996 #PC #Videogiochi


È un gioco dall'aspetto bizzarro, oggi come allora. Non ho mai giocato al secondo episodio e preferisco il titolo europeo a quello usato nel resto del mondo: Relentless: Twinsen's adventure. L'aggettivo relentless mi pare troppo... troppo.

Schermata di un videogioco, con un personaggio vestito con una sorta di palandrana blu che si avvicina a un essere simile a un elefante, in una zona delimitata dal filo spinato.

I personaggi di questa piccola, grande avventura, sono realizzati in gouraud shading, una tecnica che oggi si considera probabilmente barbara, ma all'epoca era un passo avanti rispetto ai poligoni piatti, nudi e crudi. Questi personaggi si muovono su una grafica 3D posticcia, isometrica, fatta assemblando tanti elementi cubici, esattamente come nel 2D si utilizzano i tileset per ottenere una grande varietà di visuali da un limitato numero di elementi .

Questa grafica di altri tempi, ben lontana dal realismo, per qualche processo mentale mi aiuta a calarmi meglio nel mondo di gioco, mi aiuta ad astrarmi dal mondo reale e a vivere in quella dimensioni di poligoni poco lavorati e cubetti di pixel. Ecstatica, con le sue ellissi, e quegli sfondi particolari, sfrutta questo stesso principio per ottenere risultati simili. Dovrò scrivere anche di Ecstatica.

La grafica tendente al realismo, che oggi impera negli AAA, per me non funziona neanche lontanamente con questa efficacia. Intanto, nel 2024 di giochi davvero fotorealistici non ne abbiamo (nonostante alcuni tentino di convincerci/convincersi), non ne avremo per chissà quanti decenni ancora e sono sicuro di non volerne nemmeno, ma le volontà del mondo vanno in una direzione diversa.

Il sistema di controllo pure è abbastanza atipico: il protagonista, Twinsen, ha a disposizione quattro tipi di comportamento, in modo da poter fronteggiare le sfide del gioco, che ricordo non essere monoliticamente lineare. Tra queste, la modalità combattimento, per risolvere certe situazioni dove la diplomazia ha fallito. È possibile anche lanciare una sorta di palla magica, per completare certi enigmi o sbarazzarsi di avversari.

Ci ho giocato con gran gusto, versione floppy (niente sequenze animate, solo schermate fisse) e non ricordo se con scheda audio o meno: credo di esser sopravvissuto con l'altoparlantino interno fino al 486, per passare di sicuro alle Soundblaster dal Pentium 200 MMX, qualche anno dopo.

La storia, onestamente, non la ricordo: ricordo solo che mi prese molto.

Su Mobigames, una nutrita serie di screenshot

Vedo ora che sta per uscirne un remake: dal trailer, trovo la grafica simpatica, ma un corpo meno estraneo rispetto all'originale.

#Anno1994 #Avventura #LBA #LittleBigAdventure #PC #Relentless #Videogiochi


In questo video c'è un'enorme verità ed è facilissimo entrare in risonanza:

I miei primi anni in WoW sono stati bellissimi, momenti di videogioco davvero irripetibili, era bello viverci senza dover fare nulla di particolare, lasciarsi guidare dalla curiosità e basta. Poi, a un certo punto, anche nelle gilde più scalcagnate, è diventata una corsa a livellare e all'equipaggiamento, perché si doveva finire il raid a una settimana dall'uscita dell'espansione; una settimana tanto per dire, non ricordo passasse così poco tempo dall'uscita all'apertura del primo raid, ma il concetto è quello.

Per estensione, il discorso vale per tutti quei giochi capaci di risucchiarti, anche se non stai concludendo nulla.

#Videogiochi #WoW# #WorldOfWarcraft #PC


Sono decisamente un purista dell'estetica di Doom, tant'è vero che neanche abilito il filtraggio delle texture in GDoom/ZDoom: voglio quei pixel affilati, sfacciati. Della modernità, apprezzo giusto gli sprite in voxel, che altro non sono quei pixel taglienti di prima, ma con una dimensione in più.

Implementare il ray tracing in Doom, per quel che mi riguarda, è concettualmente inutile e dannoso, è solo un'estetica più recente appiccicata su asset antichi. Si frantuma la magia, il mix perfetto va in frantumi.

Video su Youtube di Doom in ray tracing

#Anno1993 #Anno2024 #Doom #PC #Videogiochi


Un esempio a caso: Half-Life 2, ma sarebbe potuto essere Doom o chissà cosa.

In un'inutile corsa al fotorealismo irraggiungibile (nè ora nè prossimamente) nei videogiochi, il ray tracing è l'ultimo artificio, ormai neanche troppo recente, per moltiplicare la richiesta di risorse computazionali e il costo delle schede grafiche. La differenza coi metodi classici di rendering va dal risibile allo sproporzionatamente basso, tenendo conto delle risorse in eccesso utilizzate e il risultato visivo finale.

Per quanto riguarda i titoli nuovi, spero sia passata la sbornia iniziale, quando piazzavano superfici riflettenti a caso e giusto per glorificare le potenzialità del ray tracing: che so, uno specchio infilato nel tronco di un albero nella foresta, pozze d'acqua su una scarpiera in una civile abitazione, pg che girano nel deserto, a mezzogiorno, brandendo una torcia.

Non domi, periodicamente applicano questa formula anche a videogiochi così vecchi da girare ormai, per fortuna e democraticamente, su una moderna calcolatrice scientifica.

Ebbene: vedo questi video con le comparazioni tra grafica originale e ray tracing e, lo dico in serenità, non me ne frega nulla dei cambiamenti.
Penso solo allo spreco di risorse impiegato per snaturare l'impostazione visiva originale. Sono, spesso, giochi che hanno fatto la storia per diversi motivi Questi prendono per i capelli una grafica immediatamente riconoscibile, iconica, e la trascinano verso la noiosa uniformità della luce perfettina e realistica. Gli asset, intanto, restano principalmente quelli del XX secolo, amplificando, se possibile, la cacofonia visiva che ne risulta.

#Anno2004 #Anno2024 #HalfLife2 #HL2 #PC #Videogiochi


Sicuramente, ben poco professionale. Neanche noi lo eravamo, tantomeno lo saremmo diventati, io no. In quegli anni, avevamo fame di videogiochi, in generale, e le riviste erano il contorno al piatto principale. Faccio qualche titolo tra quelle più gettonate nella mia cerchia, per vari motivi: simpatie per i redattori, macchine trattate ecc.: The Games Machine, Consolemania, Gamepower, K, CVG. Più o meno, in ordine di preferenza.

Ebbene, leggete uno qualsiasi di quegli articoli e rendetevi conto di quanto sarebbero diventati imbarazzanti solo pochi decenni dopo. La competenza generali e gli approfondimenti tecnici, oggi, sembrano (sono) poco più che amatoriali, improvvisate. Il clima che si respirava, però, era ben diverso: sembrava più l'operato di un gruppo di amici che la vivisezione dei giorni nostri. Magari si ammazzavano tra loro, fuori dalle pagine dei giornali, ma non ci interessa: trovavamo naturale relazionarci con quell'atmosfera giocosa, spensierata, divertita che accompagnava i videogiochi agli albori della massificazione.

Oggi, invece, ci si relaziona coi tizi che smembrano i giochi frame per frame, fanno analisi sociologiche e di mercato, indagano nella psiche dei realizzatori. Perché noi (dico noi, ma io no, non mi ci calcolo) ci sentiamo più a nostro agio nel dedicare ai videogiochi cure e analisi degne di media più antichi e sedimentati, perché il videogioco ha la stessa dignità di cinema/pittura/letteratura/verdura, fate voi. Va bene anche così, ma a me non me ne importa nulla o quasi.

Poi, neanche sarei in grado di approfondimenti del genere: non ne ho proprio le competenze, in generale, per critiche e recensioni, in qualunque ambito. Anche per questo, forse, son rimasto legato a quei periodi più ingenui, quando alla fine tutto si riduceva al divertimento che un titolo riusciva a offrire.

Quindi, in questo blog, non ci sarà alcun approfondimento. Parlerò di videogiochi, credo per sistemi casalinghi (l'idea nasce tale, poi non so), come ne parla un illetterato.

#Videogiochi


Non era un luogo consacrato al solo sperpero dei gettoni, agli scontri fratricidi a biliardino, alla rottura di antiche amicizie per l'applicazione piuttosto arbitraria delle regole dell'otto nero. Nelle sale giochi, qualcuno ascoltava anche musica.

Generalmente, era la frequentazione più matura a “introdurre” le ultime novità musicali, quelli che frequentavano più il bar che la sala; generalmente, non sempre. Un giorno, arriva questo tale, più anziano della media della mia cerchia di una ventina di anni: in quei tempi, ancora c'era un certo rispetto per le differenze di età, ora credono sia tutto un unico calderone, ma non è il posto per parlarne.

«Ho scoperto un gruppo fantastico, fanno canzoni che sono una bomba, e che ve lo dico a fare, bla bla bla...»

Noi lì, a pendere dalle sue labbra, aspettando il nome, alfine si decide: sono i TECURE!

«Tecure? E chi è 'sta gente? Forza, facci vedere il CD...»

The Cure. De Chiur, 'E Chiur in napoletano. Quel tale, di cui non ricordo il nome, ci aveva rivelano i The Cure, che all'epoca avevano già fatto 50 album, probabilmente.

Un altro tizio, invece, lo chiameremo Biaso (Biagio, in napoletano). Non si chiamava davvero così, era il nome con cui gli si rivolgeva continuamente un nostro amico. Alla fine, lo chiamavi Biaso e si girava pure! Aveva un Y10 color Y10. Li ricordate i colori Y10, epoca Autobianchi? Quei metallizzati sbiaditi, senza convinzione. La sua era verdognola, un verde molto tenue.

Un giorno arriva, parcheggia praticamente nella sala giochi, visibilmente eccitato per la scoperta musicale, colpi di clacson per stanarci. Usciamo, cosa sarà successo di così importante?

Si sporge, apre lo sportello destro, per meglio far fluire la musica.

  • Tiè tiè, sentite qua, guardate che gruppo ho scoperto... (Partono le note inconfondibili Sultans of swings a tutto volume)
  • Ma sono i Dire Straits!
  • Perché, li conoscete pure voi?

Chiudiamo col singolo “Il mio nome è mai più”. Lodevole l'intento, ancora trovo raccapricciante il risultato: non sono esattamente un grande appassionato degli artisti coinvolti e trovo la canzone brutta di suo. Un amico mio, invece, era abbastanza legato ai Ligabue e Litfiba della prima ora, era contro le guerre come tutte le persone sensate, era contro la NATO per appartenenza politica, quindi aveva comprato il singolo, ce lo stava mostrando, spiegandone le motivazioni. Non ricordo il prezzo preciso, mi pare 10.000 lire, facciamo così.

Si avvicina R., una persona che porto sempre nel cuore per tante avventute, incidentalmente anche The Pirate Bay prima di The Pirate Bay (tanto per capirci). Quasi glielo strappa da mano, coi suoi modi bruschi, ma R. era così, una persona molto energica. Ora lo sarà di meno, sapete: l'età.

  • Ma tu ti sei comprato questo CD con, quante canzoni, 2? E hai speso 10.000 lire per un CD con 2 canzoni, quando io con 5.000 lire te ne facevo uno con 15 o 16?
  • Sì, ma io ho pagato 10.000 lire perché è un'iniziativa di beneficenza...
  • Sì, ma con 5.000 lire io ti facevo un cd sano sano, mica 2 canzoni...
  • Ho capito, ma non è neanche per le canzoni, ce ne poteva stare pure mezza, mi importava la beneficenza e il messaggio...
  • Sì, ma sai quante canzoni ci mettevo in un CD, con 5.000 lire?

Non so se abbiano ancora finito di discuterne, nel 2024. Le guerre, intanto, continuano.