Parole

Ricordi e un po' di presente

Marasche

Le ciliegie, per meglio dire le marasche, crescevano sul limitare del piccolo vigneto dove scorrazzavano le galline. Era un alberello attraversato dalla rete arrugginita quasi fosse prigioniero del ferro che ormai si era completamente “incarnito” nella corteccia.

Avevano un colore arancio, erano acidissime, assolutamente acquose e quasi diafane. Appena si premeva la buccia il nocciolo (“l'osso”) se ne saltava fuori. Di sicuro erano una varietà priva di qualsiasi pregio. L'acidità era notevole se colte appena un po' prima della maturazione erano immangiabili. Ma io ci andavo, le raccoglievo e le mangiavo. Non ne ero goloso, logicamente, ma non dimenticavo mai che erano l'arrivo dell'estate.

Non mi pare fossero raccolte, non ne valeva la pena, ma erano in un bel posto, l'angolo in fondo, nascoste dalle foglie rigogliose di un cespuglio di nocciole e un melo, rosso.

Luigi

Spugnole

In primavera sbucavano, più o meno sempre nella stessa zona, delle spugnole deliziose. Il nonno sapeva trovarle, si faceva la frittata.

Luigi

La maestra

La mia maestra mi ha insegnato a scrivere correttamente in italiano. Senza di lei non avrei mai imparato ad usare correttamente né il verbo avere né il verbo essere. Talvolta la mia maestra era particolarmente severa. Ricordo un episodio, forse ero in terza: avevo sbagliato a scrivere il verbo essere: il presente indicativo, la terza persona l'avevo scritto senza l'accento. Si avvicinò, e arrabbiata in volto, mi mollò uno schiaffone potentissimo. Da quel giorno, non ho più sbagliato il verbo essere. Non ricordo affatto quale fosse il suo nome. Era comunque una persona magrissima quasi scavata, rossa di capelli, priva di qualsiasi trucco che non fosse un filo di rossetto sulle labbra strette strette. Era la moglie di un commercialista, contabile, della zona. Lo stesso “sapiente” che consultava mio padre quando aveva delle difficoltà economiche, era uno che conosceva i misteri delle tasse e addirittura era più “in gamba” di quel solito ragioniere di paese che teneva la contabilità dell'impresa. Ho sempre visto queste persone come coloro che “sapevano” tutto sui soldi e mio padre era costretto ad affidarsi a loro. Povero papà.

Luigi

Edmondo de Amicis

“Edmondo De Amicis”, questo era il nome della mia scuola elementare. Era sistemata in un vecchio palazzo del paese. Aveva aule immense, altissime. I pavimenti erano in legno. In ogni locale c'era una stufa a legna per l'inverno. Quei pavimenti, li ricordo grigio chiaro, certo non tirati a lucido, erano un paradiso per le penne con i pennini, uniche penne che avevamo per scrivere. L'inchiostro era nei calamai, sistemati in alloggi rotondi scavati nei banchi, sui ripiani del banco, in alto a destra. Nemmeno a pensarci ad essere mancini: non ne ho mai conosciuti. Le penne si lasciavano semplicemente cadere, verticalmente, e si conficcavano nel pavimento, certo, i fortunati avevano anche degli splendidi pennini “campanile” dorati, adattissimi a questi giochi. Ricordo, solo vagamente, due aule: una sul lato destro, al pian terreno, l'altra, cui si accedeva direttamente da fuori, sul lato sinistro. Non ho altri particolari. Non ricordo null'altro delle scuole elementari... I bagni erano delle enormi turche nelle quali temevo di cadere. Erano comunque migliori di quel gabinetto fatiscente che avevamo a casa. Non ricordo facesse freddo, non ricordo giochi, non ricordo amici, tutto é sparito molto velocemente. Credo siano stati anni tristi, privi di entusiasmi. Conoscevo ed amavo la geografa che a quell'epoca si insegnava. Conoscevo tutte le città, di tutte le regioni. Più tardi ho iniziato a “collezionare”, con la memoria, le targhe automobilistiche di quei nomi studiati con tanta passione. Non ho mai smesso di far caso alle targhe delle auto. Negli anni novanta si é passati dalle sigle delle province, con i numeri, alle combinazioni che ancor oggi vediamo. Milano fu la prima città a dover sostituire alcune cifre con una lettera dell'alfabeto. La targa MI A00000 significava, nella mia testa, che Milano era una grande città ... Ci arrivò anche Padova.

Luigi

Scuole

La prima e parte della seconda ero in un edificio storico, napoleonico. Il resto l'ho terminato nell'attuale sede. Anche il Liceo l'ho fatto lì. Ma non mi ricordo così studioso, né particolarmente bravo. Alle medie é intervenuto un generale, conoscente di papà, in mia difesa, per non farmi maltrattare. Diceva di essere andato a parlare con la professoressa, non ho mai saputo cosa possa essere capitato. Non ero bravissimo, non studiavo, vivevo di rendita, copiavo i compiti che si dovevano fare a casa. Soprattutto quelli di latino. Il latino l'ho studiato già alle scuole medie, io ho fatto la scuola non riformata, quella non ancora obbligatoria per tutti. Avevo una grammatica di latino straordinaria, così mi pareva: pochissime parole essenziali per conoscere le regole. Il resto era un insieme di esercizi talvolta difficili. Io copiavo dalle mie amiche le versioni. Loro sapevano tradurre. Avevo, al liceo, anche qualche buon vocabolario che, tuttavia, non riuscì mai a farmi migliorare rispetto ad una mediocre sufficienza altalenante. Era un dizionario nero, come il suo contenuto, il Georges: un mito di benessere più che altro. Sicuro acquisto dei nonni.

Luigi

Capire la morte

Non ho mai capito la morte. Ne ho sempre e solo temuto il pensiero. Da ragazzo la prima volta l'ho incontrata quando si é presa il nonno.

Quella volta l'ho evitata scappando, non lasciando che mi incupisse o mi prendesse il cuore.

La morte toglie la libertà. Ti strapazza, ti spaventa ed io sono un pauroso…

Luigi

Non scrivo più.

La perdita di Renata mi ha colpito nel profondo dell'anima.

Li penso spesso i miei cari, per Lei c'è sempre un posto importante.

Luigi

Scuola

Quando andavo a scuola non avevo pensieri.

Mi interessava molto giocare con gli amici del vicinato, facevo di tutto per non essere braccato da mia madre, raramente dalla nonna . Non ho ricordi di compiti, di fatiche alle Elementari.

Forse alla Scuola Media le cose cambiarono: dovevo andare in bicicletta, si partiva in gruppo. In inverno faceva freddo. Avevo paura di scivolare sulla leggera patina che lasciava la brina notturna: ricordo dove sono caduto, una volta, capitava.

Ho frequentato una Scuola Media veramente messa male, il primo anno: pavimenti in legno, banchi in legno, senza riscaldamento, ma quello non ce l'avevo neppure a casa. A partire dall'inverno del secondo anno siamo stati trasferiti in un edificio nuovo, mi pareva grande, lo è anche ora. Lo rivedevo spesso, chissà se ci sono ancora studenti di Scuola Media.

Ma nella nuova sede
tutto era “moderno”, luminoso, enorme. Lì ho conosciuto la mia amica di una vita, il giorno degli esami di terza.

Ricordo perfettamente le immagini le ho fermate nella memoria e quelle in tanti anni si sono cementate.

Luigi

Votare

Oggi si vota. Riprendo a fare il bravo cittadino. Da anni non mi sentivo così interessato ad una competizione politica. Alle Europee credo che voterò la lista Tsipras, al comune ho deciso che voterò il candidato PD, darò la mia preferenza ad un ex-studente della mia scuola.

Luigi

Viaggiare

Quando sto per viaggiare sono sempre emozionato. In particolare mi eccita il percorso verso l'aeroporto, immaginare l'incastrarsi degli appuntamenti, attendere di sbrigare le solite pratiche legate all'imbarco. Quando sono partito per Pechino ero più frastornato. All'uscita dalla Stazione di Milano Centrale ho trovato piccole corriere che portavano a Linate, 5 euro o 7. Di Linate non ricordo quasi nulla se non il fatto che ad un certo punto non trovavo più il mio maglioncino di cotone, mi avrebbe fatto comodo. L'aereo appena imbarcati era freddo, ma siamo arrivati velocemente a Francoforte. Diverso il volo sul A380, comodo e grande. Mi portava in un altro mondo.

Luigi