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from ordinariafollia

ordinariafollia-log_016-2024.jpg

Io immagino di avere una chitarra e danzo solo con essa come fossi sul palco più buio investito dalla luce di un assolo.

Quindi se mi vedete in questa scimmiosa animazione sappiate che sono immerso nell'eleganza di una febbre elettrica nel posto più buio che possiate immaginare, oltre la vergogna e il dolore con una chitarra invisibile che inesorabile suono con tutta la mia anima.

 
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from Kenobit

XMPP E LA LIBERTÀ DI FARCI I CAZZI NOSTRI

Nella mia avventura per liberarmi da Google e in generale da tutto il software non libero che utilizzo, sono arrivato al tema della messaggistica istantanea. Esiste un servizio di messaggistica come WhatsApp e Telegram, ma che a loro differenza è rispettoso dei miei dati, della mia riservatezza e del mio diritto di sapere cosa anima il software installato sul mio telefono? Ci sono varie risposte interessanti, ma quella che mi piace di più è XMPP.

XMPP è un protocollo rodatissimo, con una lunga storia, che come il Fediverso ha una struttura decentralizzata. In pratica, laddove WhatsApp ha dei server centrali, controllati dall'azienda proprietaria (in questo caso META), XMPP è una rete di tanti piccoli e grandi server. Tutti i server possono comunicare tra di loro e chiunque può crearne uno. Il risultato è un servizio che offre le stesse feature di WhatsApp e Telegram, ma con la trasparenza del software libero. XMPP è un servizio creato dalla collettività, per la collettività, che non raccoglie dati personali e ci lascia il pieno controllo della cifratura dei nostri messaggi. Se volete scoprirlo più nel dettaglio, questo video racconta bene la storia di XMPP e include anche una splendida spiegazione del concetto di decentralizzazione. Se sapete l'inglese e avete venti minuti, ve lo consiglio di cuore.

In Italia c'è XMPP-IT, una bellissima comunità con un suo server. Nello spirito della decentralizzazione, io e FDA ne abbiamo fondato un altro, aperto a chiunque voglia usarlo. Abbiamo scelto un nome evocativo...

logo cazzi nostri

Il nostro server racchiude la sua dichiarazione di intenti nel nome. Vogliamo parlare con le nostre persone care e farci i fatti nostri, senza che qualche azienda distopica si arricchisca alle spese della nostra riservatezza. Si chiama: cazzinostri.kenobit.it

Volete iniziare a usarlo anche voi? Vi aspettiamo a braccia aperte. Farlo è molto semplice! Come spesso succede con il free software, troverete client e programmi per usare XMPP su tutte le piattaforme, da quelle desktop (Windows, MacOS e GNU/Linux) a quelle mobile (Android e iOS). Volendo, potete persino usarlo da web.

COME CREARE UN ACCOUNT

Creare un account XMPP è facile e non richiede nemmeno un numero di telefono. Avrete un nome utente, una password e niente più. Se avete un po' di pratica, il procedimento è semplicissimo: scegliete un'app per la vostra piattaforma preferita e create un account, specificando kenobit.cazzinostri.it come server (o XMPP-IT, o qualsiasi altro server vi aggradi). Non sono necessarie email di conferma e altri fastidi. Ovviamente, la password ve la dovete segnare!

Se invece è la prima volta che vi avventurate fuori dal software proprietario, vi propongo questa guida passo passo.

Cominceremo dal client web, che trovate su: https://blabla.kenobit.it/

client web

Vi basterà cliccare su Crea account e inserire i vostri dati. Il vostro nome utente sarà qualcosa di simile:

nomeutente@nome.istanza.it

Nel caso del nostro esempio, abbiamo malatesta@cazzinostri.kenobit.it.

Immaginate il vostro nome utente come se fosse un indirizzo email, anche perché il funzionamento è lo stesso. A sinistra della chiocciola c'è il vostro nome utente, a destra il server sul quale è ospitato il vostro account. Esattamente come gandalf@hotmail.it può inviare una mail a saruman@alice.it, il vostro account XMPP potrà parlare con tutti gli account di tutti i server del mondo.

Dopo averlo fatto, potrete iniziare a chattare usando il client web, ma vi consiglio di installare un buon client dedicato sul vostro computer e sul vostro telefono. Qualunque sia il vostro client, vi basterà inserire il vostro nome utente completo (come per esempio malatesta@cazzinostri.kenobit.it) e la vostra password. Su Android, consiglio l'eccellente Conversations, che potete scaricare gratuitamente da F-Droid. Se lo scaricate da Google Play Store, invece, costa 5 euro.

Su PC consiglio Gajim, tanto su GNU/Linux quanto su Windows.

Mi trovate come kenobit@cazzinostri.kenobit.it. Venite a fare due chiacchiere! E ovviamente, se vi fa piacere, invitate le vostre persone care. Il server sarà sempre gratuito e aperto a chiunque!

 
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from highway-to-shell

Questa notizia mi ha sconvolto.

Non sono assolutamente in grado di stimare il danno enorme che le mafie provocano al nostro paese in termini di morti dirette e indirette ed in termini economici. Senza mafia, camorra e 'ndrangheta il cosiddetto belpaese sarebbe veramente un paese bello in cui vivere. Invece dobbiamo fare i conti con il traffico di droga, di rifiuti, l'inquinamento ambientale, l'usura, la corruzione e con il più subdolo di tutti i mali che è la penetrazione delle mafie nell'imprenditoria con il fine ultimo del riciclaggio del denaro sporco.

A parole lo Stato combatto le mafie ma poi ogni tanto a qualche rappresentante delle istituzioni scappa la verità...in questo articolo appare evidente che le mafie vengono si combattute, ma con lo stesso impegno con cui si combattono 4 anarchici che ogni tanto vanno a tirare sassi contro i cantieri tav o che creano qualche disordine in centro il Sabato pomeriggio.

Pg Musti, massima attenzione a mafie, anarchici e antagonisti *

Sono lontano dal simpatizzare per i centri sociali ma metterli sullo stesso piano della Mafia fa capire perché non ci liberemo mai della criminalità organizzata.

#mafia #ingiustizia #italia

 
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from Racconti spontanei che attraversano l'autore

Ripudio l’arte in ogni sua forma; mi distrae dalla mediocrità che mi sono costruito con tremenda fatica, lottando costantemente il naturale slancio di espormi, aprirmi, liberarmi. Ripudio i maestri che sono tanti, forse troppi, venditori di sogni borghesi per borghesi annoiati; la ricchezza in ogni sua forma è il più grande male. Che la temperatura terrestre salga fino alla temperatura con cui brucia la carta e il silicio. Tornare infine al pane caldo, la frutta scaldata dal sole e nuotare in acque termali durante rigidi inverni e niente da rappresentare, niente ontologia e ancora maestri, spettri, che possiate sparire che qua c’è una vita fatta di ozio, l’ozio rende liberi e smettere di sapere che ora è, in quale giorno della settimana siamo, il mese dell’anno, quanti anni sono passati, l’arte non salva, l’arte rende tristi e fa crogiolare nella tristezza; tenetevela voi la tristezza, figli di ricchi proprietari terrieri che qua c’è da coltivare terra cattiva, serve ottimismo per far piovere e per scavare pozzi, servono abbracci così lunghi da far sincronizzare i battiti, e cantare solo per il buon raccolto. Non c’è niente da capire, basta il fiume che si immerge nel mare e non c’è niente da ascoltare, bastano gli uccelli nelle foreste; c’è un irrazionale a cui cedere.

 
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from Kaijudol, sognare è legale

Scritto di più di 10 anni fa. Personaggio che sarebbe dovuto diventare un Hollow in un forum gdr a tema Bleach.

Time: – 01:02:25

Knok.. Knok.. Knok..

Il suono sordo di legno contro legno rimbombò nel vuoto del dojio. Il bokudo di Watanuki e del suo sensei cozzarono più e più volte prima che il maestro, con una velocità senza eguali colpì l'allievo sulla spalla destra. Aveva perso nuovamente, non c'era allenamento dove non venisse sconfitto da Ryuken, un anziano signore sulla settantina, dai i capelli canutei, dall'aria innocua e gentile. Sembrava uno di quei vecchietti che si siedono sul bordo della strada ad osservare i cantieri, mentre in realta', il suo aspetto nascondeva uno dei più grandi maestri di kendo di tutto il Giappone o forse del mondo. Come si dice: mai giudicare un libro dalla copertina. Minamino mise la spada sul fianco e fece un profondo inchino al suo avversario, poi si allontano' continuando ad allenarsi da solo. Ripeté molte volte il kata, per renderlo più fluido e armonioso. Faceva sempre questo esercizio, alla fine della sessione di allenamenti, per sciogliere i muscoli e concentrarsi sugli errori compiuti nei combattimenti. Quando terminò l'ultimo movimento, era madido di sudore. Si guardò attorno e constatò di essere solo. Era sempre l'ultimo ad abbandonare gli allenamenti, nessuno sembrava prenderli con la stessa serietà. Fece un lungo respiro, per scacciare la stanchezza, poi raccolse la sua roba e si diresse verso gli spogliatoi.

Time: – 00:11:14

Una doccia calda aveva sciacquato via, oltre che il sudore, anche la fatica degli allenamenti. Ora Watanuki si sentiva soddisfatto, ma comunque il suo corpo anelava il dovuto riposo. Apri il suo armadietto di metallo grigio, il numero diciannove, per raccogliere la borsa con i libri scolastici e le scarpe, ma una strana sensazione si impossessò di lui, un formicolio alla base della nuca. Si sentiva osservato. Una sensazione spiacevole e ricorrente che provava da quando aveva iniziato l'università di giurisprudenza, lì aveva imparato a conviverci, ma che non aveva mai provato quel disagio nel suo dojo, figurarsi nello spogliatoio. Per lui quello era un luogo sacro, che sentiva profanato. Era in gabbia. Si sentiva tra le grinfie di qualcuno che non voleva lasciarlo andare. Era colpa sua, lo sapeva bene, aveva compiuto un solo errore, stupido e banale, l'errore di considerare Valentyne più del dovuto. Tutto era successo, un mese prima.

Time: – 841:12:53

Sentiva gli sguardi invidiosi dei compagni di corso, ci era abituato, ormai era una sensazione con la quale conviveva fin da quando era bambino. Watanuki se ne stava da solo, isolato dal resto dei compagni che bisbigliando, si prendevano gioco di lui. Ma lui non aveva nulla da spartire con “quelli”, frequentava l'università per studiare, per imparare qualcosa, non per fare amicizia. Come al solito non ci fece caso e si concentrò sulla lezione. Ma quel giorno la sensazione era più fastidiosa e intensa del solito. Una volta iniziata la lezione, quella fastidiosa senzazione spariva, ma mano che il professore parlava, l'attenzione che catalizzava si spostava sul docente e Minamino sentiva la pressione svanire. Non quel giorno, qualcuno continuava a fissarlo, lo sentiva, anche se non poteva vederlo, quel formicolio alla base della nuca non pareva lasciarlo in pace. Si osservo intorno per vedere da dove provenisse quella fonte così pesante e fastidiosa. Non fece fatica a trovarla. In uno degli ultimi banchi dell'aula c'era una ragazza, molto bella: occhi grandi e color nocciola, capelli lunghi e neri che si posavano dolcemente sulle spalle, un viso pulito e due guance dal colorito sano. Incrociarono gli sguardi e lei sorrise. Lui dopo averla osservata qualche momento distolse so sguardo con fare distaccato e continuo a seguire il professore.

La lezione fini. La ragazza si avvicino a Watanuki e si presento'. Si chiamava Valentyne, sua madre era giapponese, mentre il padre era un francese, profumava di ciliegia. Era la solita ragazza superficiale che pensa solo al suo aspetto fisico, vuota e priva di contenuti. Ma era bella. Ogni tanto si concedeva qualche scappatella con belle ragazze per allentare la tensione prima di un esame o un prova difficile. E cosi' fece. La sedusse e una sera la porto' in un love motel. Fu una splendida notte per entrambi. Ma quel magico momento termino con l'atto sessuale. Watanuki si lavò, poi si rivestì, ringraziò la ragazza e stava per andarsene, quando la giovane lo trattenne cominciando un discorso sulle coincidenze, il destino e l'amore. Minamino la liquidò dicendo che oltre al sesso non c'era stato nulla di più. La salutò e se ne andò. Per lui era finita li, ovviamente , per lei non lo era.

Time: – 6:34:10

Chiuse il suo armadietto dopo aver preso la borsa di scuola e riposto ordinatamente il suo equipaggiamento. Andò nuovamente verso lo specchio per pettinarsi prima di uscire e la vide. Oltre alla sua immagine riflessa c'era anche quella di una ragazza. La conosceva bene, ma non si aspettava di vederla nel dojo, anzi, si aspettava di non vederla mia più. Si era espresso con parole semplici e comprensibili anche da una mente limitata come la sua, ma evidentemente non erano giunte all'obbiettivo. Valentyne continuava a perseguitarlo. Messaggi, mail, lettere, chiamata nel cuore della notte, lo stava ossessionando. Maledì il giorno in cui decise di sedurla.

<> Disse voltandosi verso la ragazza, sarebbe stato l'ultimo sguardo che gli avrebbe rivolto.

<> Lo guardò con un aria innocente e pura.

Chiuse gli occhi e scosse la testa, quei discorsi gli erano del tutto indifferenti. Amore, quella parola era una sconosciuta nella sua vita e sarebbe restata tale. Non sopportava quelle persone, in realtà non sopportava le persone in generale, l'avrebbe liquidata per sempre, non voleva più averla tra i piedi. Distolse lo sguardo dalla ragazza, considerando il discorso chiuso, si sedette sulla panca e cominciò ad allacciarsi le scarpe, ma comunque rivolse ancora qualche parola a Valentyne:

<>

Si allacciò anche la seconda scarpa. Valentyne colse l'occasione e si gettò su di lui e lo abbraccio da dietro. Watanuki reagì velocemente e con una spinta la scostò violentemente. La ragazza caddè sul pavimento ma senza conseguenze dolorose. Minamino non riuscì nel intento di non rivolgerli più lo sguardo e lo vide. Un coltello. Valentine lo teneva nella mano tremante ed era sporco di sangue.

“Deve avermi graffiato.” Pensò toccandosi le braccia, per poi salire fino al collo.

Sentì la parte sinistra del collo bagnata. Si osservò le mani e le vide grondanti di sangue. Istintivamente si portò le mani sulla ferita per tamponarla, ora cominciava a sentire il dolore, probabilemente a causa dell'adrenalina dovuta all'aggressione, non aveva sentito l'arma penetrargli nel collo.

<> Questo avrebbe voluto urlargli, ma dalla sua bocca uscì solo un gorgoglio e del sangue.

Man mano che il liquido vermiglio usciva dal suo corpo e sporcava i suoi vestiti puliti, sentiva le forze che lo abbandonava. Faticava a respirare causa del sangue nella bocca. Guardò verso la sua assalitrice. Lei si avvicinò piano piano, con il volto rigato di lacrime. Si accucciò verso di lui e gli sussurrò:

<>

Watanuki non riusciva più a muoversi ormai la sua vita stava finendo. Riusci solamente a formulare un pensiero, tra i dolori che lo assalivano:

<>

Time: – 00:00:01

Time: – 00:00:00

Time: + 00:00:01

Doveva essere morto e invece non lo era. Si trovava in un dojo, familiare ma i suoi ricordi erano così confusi, sentiva la testa pesante e i pensieri appannati. Fisicamente stava bene, si portò le mani al collo, come per controllare il suo stato. Tutto normale. Solo il petto gli doleva, appoggiò le mani su di esso e ci trovò un freddo pezzo di metallo. Una catena. Per giunta spezzata. Capiva sempre meno. Era in una situazione assurda, confuso e dolorante cominciò ad osservarsi in giro e finalmente lo vide. Il suo corpo, coricato per terra, in un lago di sangue. Era morto? Come mai si sentiva vivo? Cos'era quella catena? Troppe domande e nessuna risposta.

 
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from highway-to-shell

Il trauma da rientro dalle vacanze lo vivono tutti ma quelli che tornano a Torino dopo essere stati in Svizzera e Germania lo vivono un po' di più. Torino –> Losanna –> Berna –> Friburgo e poi Torino.

Non ci sono merde di cane sui marciapiedi. Ok, cani se ne vedono molti meno, ma evidentemente i padroni sono tutti estremamente educati. Tutto comunica una sensazione di pulizia, dai bagni pubblici alle panchine. Il centro città è popolato da pedoni, biciclette, monopattini e mezzi pubblici: LE AUTOMOBILI NON CI SONO.

Posso capire che in passato le amministrazioni che si sono succedute abbiano favorito il trasporto privato su quattro ruote trascurando tutto il resto: Torino era la città dell'auto e l'industria automobilistica dava da mangiare a decine di migliaia di famiglie. Ma adesso che Torino è la capitale del nulla qualche sforzo per pulire l'aria e rendere la città leggermente più vivibile si potrebbe pure fare.

In compenso gli italiani hanno un senso dell'umorismo molto sviluppato rispetto a svizzeri e tedeschi e si spiega facilmente il perché, basta pensare ad una delle scene più comiche della cinematografia mondiale, quella dove Fantozzi prende l'autobus al volo: all'estero non fa ridere, non la capiscono, perché gli autobus passano regolarmente e non sono mai strapieni. Gli italiani hanno sviluppato un forte senso dell'ironia per sopravvivere al proprio paese, peccato che a Torino ci siano i torinesi, i più tristi-riservati-mogi-seriosi-con-la-scopa-nel tra gli italiani.

#vacanze #automobili #torino

 
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from Taccuini in versi

Per imparare a volare servon pazienza e potenza Dai, voglio provare solo aiutami a sballare.

Ti prego, amato cuore, porta via me e il buio tutto col tuo dolce abbraccio; stelle volano sopra noi campi nei nostri capelli scrollati via il sentire spogliami dai miei strati canta una canzone ripiena, una ninna-nanna ai tronchi.

Gialla strada di case riflette il canale la notte copre gli occhi miei nella radiosità dei twink

  • QUESTO è successo perché tu non mi hai oliato -

Gialle strisce lungo il fiume paradiso nero e blu; la mia amante si masturba nella doccia mentre guardo; sentimentali caffè, vini, cuoio su cuoio, bagnato albero di ciliegie

Sfreccia attraverso porte aperte, scavalca recinzioni rompendoti il piede - l'alba arrossisce sopra noi: sarà questo un valzer o una fuga per due?

Ti prego lascia che i miei occhi cantino una canzone di dolore mentre i miei ricordi lacrimano macchiando campi di fiori con una tinta sanguigna di infezione batterica

Ti prego cura le mie ferite di libertà con quel sorriso che fa sbiancare il blues nelle mie ossa, cura il mio guscio rotto mentre voli sugli avorii graziosa come un gatto - lecca via la mia anima mordi via la mia mente mangiucchia via i miei muscoli

Ti prego, distruggimi così trasforma e dimentica.

 
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from Taccuini in versi

Learning to fly takes patience and might Let's give it a try just help me get high.

Please, dearest heart, take me away and all of the dark in your sweet embrace; stars fly above us fields in our wild hair shake the feeling off peel me from my layers sing a song of fullness, a lullaby of trees.

Yellow road of houses mirroring the canal night covers my eyes in the brilliance of twinks

  • THIS happened because you didn't oil me -

Yellow streaks down the river black and blue paradise; my lover's masturbating in the shower while I watch; sentimental coffee, wine, leather on leather, wet cherry trees.

Blast through open doors, jump over fences breaking your toes - dawn blushes above us: a waltz shall this be or a fugue for two?

Please let my eyes sing a song of sorrow while memories weep down my face staining flower fields with a bloody tint of bacterial infection

Please tend to my freedom wounds with that smile that scares the blues out of my bones, tend to my broken shell while flying off of ivories graceful as a cat - lick my soul apart nick my brain away snack my muscles down

Please, destroy me so transform and forget.

 
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from Taccuini in versi

Prima del sorger dell'aurora partorito dal letto è il mio vespro, errando per campagne e letamaie giungo infin all'alvear d'acciaio; non v'è ora retta via nel tardivo annuncio del partire di un mafioso questo posto il nome, stallo nella fuga verso il Nord.

Matcha Latte, terzo millennio, fusion gluten free sovrapprezzata – ecco perché non avrò più fame, lillipuziane porzioni son d'uso.

Sono passati troppi/pochi minuti.

A fag smoking a fag in segregation rooms with yellowed walls pals whose fire doesn't start

Sarò tra i primi al fotofinish seppur di sogni le mie palpebre furono tinte. I speak no language.

Due occhi nocciola seguono il sorriso mio dalle rotaie storpiato, mosso, arrangiato, ma baby non teme, si fissa su labbra, boccoli, naso antico rosa antica – la dama del fiume rossa e oro e blu, nasce da un'ostrica come Venere Salmastra.

Spazi oscillanti di malinconia vengono e vengono e vengono nella caverna mia del traditore trascendono piani e divani let's give birth to a semi-god please, fill me and drain me make me faint at the sigh of your heart

Essere transiente —– sovente esplodono in bolle di sentientia che tremar godimento li fan.

 
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from Pensieri di Pollo

Tekkon Kinkreet è la storia di due gatti randagi, Kuro e Shiro.

Due orfani che vivono in un'auto e passano la loro vita tra le strade dei quartieri più malfamati della città di Takaracho, un luogo spietato in cui la violenza è l'unica lingua parlata.

Poliziotti corrotti, imprenditori spietati, yakuza falliti, e poi i due fratelli, che si rifiutano di subire Takaracho, ma che anzi nel loro modo di vedere il mondo la difendono a suon di mazzate inferte a chiunque non gli vada a genio.

Matsumoto, con il suo tratto mai così sporco e nervoso, accompagna un racconto di crescita che suona come un blues, un rapporto viscerale fatto di equilibri fragili e di fratture, una città camaleontica, caotica e in cui convivono la violenza cieca ma anche germogli di inattesa speranza.

 
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from Lelio

Questa sarà una condivisione probabilmente disordinata

Ho avuto un'esperienza che per la prima volta da anni mi ha fatto vedere da fuori come appaio io e il mio comportamento. È stata una cosa gentile, come specchiarsi nel proprio riflesso in un laghetto.

Ultimamente ho una febbre creativa, da circa un mese a dir la verità. Sto vivendo un po' come un vagabondo, facendo qualche lavoretto ogni tanto e cercando di tenermi strette le mance. È liberatorio, rilassante, nutriente per il mio vulcano creativo interiore ma anche estenuante a livello sociale ed emotivo. Beh tutti questi stimoli attivano un sacco il mio cervello. E ormai è una costante esperire queste attivazioni. Ma per un po' avevano un fare capriccioso: restavano sopite per settimane e poi esplodevano violentemente lasciandomi sconvolto. Incanalo il mio delirio in ciò che creo e di conseguenza me lo riassorbo senza paura, al massimo un po' di confusione (ma chi non sarebbe confuso a vedere la gente che ti parla e non sentire le loro parole? O dal nulla vedere la scia di cose in movimento come in un quadro futurista?). Dimentico l'ordine che rende il mio lessico comprensibile e cose semplici mi affascinano i sensi.

Mi trovo a chiedermi cosa succederebbe se sparissi e basta. Non in senso perenne, solo un viaggetto di cui non direi niente a nessuno, in un luogo solo a me conosciuto, allontanandomi dalla tecnologia. Mia madre andrebbe di sicuro nel panico. Però mi trovo sempre più spesso ad averne bisogno. Adesso sono in treno. Ho una fermata e un impegno, ma potrei semplicemente non scendere e cambiare al capolinea senza fornire spiegazioni.

I binari sono lunghi e tesi e il paesaggio ha colori così diversi che mi sembra di non aver mai percorso questa tratta. Ci sono container piegati e strappati come tende di stoffa. Le risaie verdeggiano. Case vecchie hanno appena ricevuto una nuova mano di intonaco. Mi rendo conto di avere un odore. Non mi piace, anche se sono sicuro di aver messo il deodorante e di star indossando una maglia pulita. Perché non sono a pucciarmi nel Ticino come le persone sane di mente con questo caldo? Sono vicino al luogo dove ho portato il moroso a infrattarsi come due adolescenti. Sedili reclinati, finestrini appannati. Ho abbastanza partner da far sì che queste condivisioni siano anonime. Oggi mentre andavo dallo psichiatra ho incontrato una vecchia fiamma che, come al solito, aveva tanto bisogno di compagnia e ha insistito per fare un pezzo di strada con me. Ciò mi ha impedito di vagabondare e sono arrivato venti minuti in anticipo (la seduta è poi iniziata con 15 minuti di ritardo). Mi devo ricordare che abbiamo chiuso per divergenze erotiche e non perché ho smesso di ritenere utile il nostro rapporto. Chi mi vuole guardare mi trova essere un libro aperto, o quantomeno facilmente sfogliabile. E non mi sto dicendo questo da solo per tessermi lodi, ma come promemoria per quando mi sento un egoista manipolatore perché ogni giorno devo trovarmi un modo diverso per darmi addosso e ultimamente è così.

Mi fanno ridere le pareti. Toccarle. Sono estremamente interessanti. De-realizzazione, mi ritraggo in autostop. La mia autoconsapevolezza mi fa interpretare il mondo come composto da diversi strati di realtà. Purtroppo quella che è “reale” in senso comune è quella un poco più grigia per me. Ci ho scritto un poema in tre libri su questo concetto. Dovrei rimetterci mano e pubblicarlo sul serio (e toglierlo da Wattpad che è sotto deadname). Mi sembra di non essere mai passato da queste stazioni, sono sulla linea giusta? Lo scoprirò. Oggi i paesi non sembrano i soliti. Le piante mutano, ma i paesaggi dovrebbero essere più o meno uguali a settimana scorsa. Sarà la luce? La fame? Questa risata che mi monta dentro e che mi devo concentrare un sacco a non far emergere se non ho il naso in un libro?

...

Anche il telefono è forma di intrattenimento e potrei star ridendo per dei meme. La mia risata libera sembra un pianto e mi sento giudicato.

Pensa avere una dermatite psicosomatica per sei anni per colpa del tuo cantante. Spero di non causare disturbi simili ai miei musicisti. A parte che sono io quello psicosomatico. Il bassista potrebbe semplicemente tirarmi un pugno. I chitarristi chissà, sopporterebbero. Il batterista mi sfugge, adoro come suona ma chissà se dura.

Stasera gioverei di un po' di yoga. Non ho altro da dire.

 
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from Il Mago Rosso

Una cosa che desideravo da tanto tempo era provare l'ebbrezza di allevare un Digimon e finalmente da poco più di un mese sono un felice possessore di Digimon X.

A conti fatti si tratta di un Tamagotchi, prodotto sempre da Bandai, con tante funzioni interessanti in più, come la possibilità di allevare fino a tre bestie digitali, farle crescere ed evolvere, nonché farle combattere in modalità storia e contro degli amici reali.

Questo ha gettato le basi per la fortunata serie a cartoni animati Digimon Adventure, che quest'anno compie venticinque anni ed è stato celebrato con un video sul canale ufficiale YouTube, e una valanga di altri prodotti, su tutti le carte collezionabili e numerosi videogiochi.

Il mio Digimon X

Il mio Digimon

All'accensione del dispositivo compare un digiuovo che dopo un minuto si schiude. Ne è uscito un grazioso Keemon. Stando alla descrizione su Wikimon è un dispettoso solitario, un'anima affine a quello che piace a me nei giochi di allevamento mostriciattoli. Infatti anche con i Pokémon ho un debole per i problematici e i bistrattati come Slowpoke, Wobbuffet, Psyduck, il sacco da pugile che io ho chiamato Boto, la sua evoluzione sumo/samurai che ho chiamato Super Boto e quel drago appiccicoso che è della quarta generazione e quindi dalla terza in poi non mi ricordo i nomi veri, ma al massimo i soprannomi che gli ho dato.

Ecco Keemon:

Odia stare in mezzo alla folla e tende a nascondersi. Da un luogo appartato gli piace infastidire gli altri, sparando con una pistola d'acqua piena di vernice.

Keemon

Adorabile, vero?

La crescita

Prendendomene cura con mooolta calma, sono riuscito a non farlo mai morire di fame, sebbene qualche batosta dalle battaglie in modalità storia l'abbia presa. Questo perché, a differenza del Tamagotchi, è possibile fermare il tempo, letteralmente chiudendo il digimon in un congelatore. Così se ci si ricorda di farlo quando si esce per qualche ora e non si può tenere costantemente d'occhio, non si rischia negligenza nel caso implorasse cibo o sporcasse il micro schermo del dispositivo con quintali di cacca.

Sì, fa la cacca.

Una costante del Tamagotchi e visto spesso anche nei cartoni e nei videogiochi.

Ecco qui il mio Keemon in tutta la sua insolenza:

Ecco qui il mio Keemon in tutta la sua insolenza

Poi ho smesso di fargli foto, non sono uno che crea interi album fotografici delle proprie bestie.

In seguito si è evoluto più volte, diventando:

Yarmon Sempre secondo Wikimon, sembrerebbe un altro simpatico disadattato, infatti:

La sua personalità è contorta e quando trova un Digimon che si diverte lo imbratta con l'inchiostro sparando dalla bocca il suo “Paint splash”. Yarmon si diverte a vedere il Digimon stupito.

Yarmon

Gomamon X

Mi piaceva molto Gomamon nel cartone, anche se all'epoca il mio preferito dei prescelti era Gabumon e la sua linea evolutiva, che diventava un dannatissimo lupo mannaro corazzato. Con la serie Adventure Tri mi sono ricreduto e sono tornato a preferire la linea di Gomamon perché dopo lo stadio evolutivo di un tartatricheco armato di martello da guerra finalmente si scopre la sua forma definitiva ed è un barboncino vichingo sotto steroidi con elmo e mazze ferrate. Dai. Perciò immaginate la mia gioia nell'aver visto che il mio digimon diventava proprio Gomamon.

Gomamon X

Poi è arrivato quel fighissimo Mantaraymon X che non avevo mai visto prima, ma mi piace moltissimo il suo design.

Mantaraymon X

Poi devo aver combinato qualche disastro, magari alcune disattenzioni, forse ha perso troppe volte in battaglia, ma ha preso una direzione oscura e malvagia, diventando uno scarafaggio gigante Okuwamon X. Ma siccome «Ogni scarrafone è bello a mamma sua», gli ho voluto bene lo stesso.

Okuwamon X

Ormai la direzione della malvagità è presa e lo scarrafone è diventato praticamente un'illustrazione di copertina per la rivista di fumetti Heavy Metal: Beel Starmon X.

Beel Starmon X

Oggi è il 1° agosto e Beel Starmon X ha raggiunto il livello 10. Significa che la sua ultima evoluzione è alle porte. Cosa diventerà?

Potrei scoprirlo seguendo Digitama Hatchery, che diventa il manuale d'uso (assente nella confezione) e un'utilissima guida alla crescita dei digimon, che però ho volutamente ignorato perché volevo godermi i risultati del mio impegno. Magari per il secondo digimon gli darò un'occhiata più approfondita.

Piccolo spoiler. La mia recente ricaduta nel mondo dei digimon non è fine a se stessa, ma di questo se ne parlerà prossimamente.

 
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from Pensieri di Pollo

Il perdere la propria umanità è colpa del singolo o la conseguenza di un contesto inumano?

È a questa domanda che Kate Beaton cerca di rispondere con “Ducks”, racconto autobiografico a fumetti edito in Italia da Bao Publishing.

L'autrice infatti, una volta terminati gli studi, decide di ripagare immediatamente il debito studentesco emigrando per lavorare nei giacimenti di petrolio dell'Alberta, la terra promessa canadese degli anni '00 per i guadagni facili e sicuri.

Il contesto in cui sprofonda lentamente ma inesorabilmente è quello di un ambiente alienante, isolato da quello che lei stessa più volte considera essere il “mondo reale”, grigio proprio come le tavole del fumetto.

È altresì un ambiente a forte prevalenza maschile, e questo è un elemento chiave nel comprendere la potenza del racconto. Kate è una delle pochissime donne presenti nello stabilimento e diventa costante preda di oggettificazione, molestie e violenze così ripetute e normalizzate da entrarle nell'anima.

Al sessismo estenuante si affiancano problematiche di cui i grandi capi dello stabilimento non parlano, più preoccupati a festeggiare un tot numero di ore senza incidenti-cause di perdite di tempo: la malattia mentale, la depressione, l'abuso di droghe, la salute fisica di chi è costretto a respirare un'aria inevitabilmente contaminata.

L'autrice però non scrive un'opera di denuncia sulla violenza di genere fine a se stessa, ma cerca appunto di riflettere su chi detiene veramente la colpa: il singolo operaio alienato dal contesto o chi questo contesto lo costruisce e concede, ponendo il profitto al primissimo posto?

Ducks è in questo senso un grande lavoro sulle zone grigie e su come sia fondamentale il discorso attorno alla cultura patriarcale non tanto per attaccare il singolo uomo o i maschi tutti (anzi, nell'opera stessa si ribadisce che gran parte degli operai non ha mai mostrato comportamenti tossici nei confronti delle operaie), quanto per demolire un sistema deleterio, logorante e più connesso al capitalismo sfrenato di quanto si creda.

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Gli esseri umani viventi e solo loro nei periodi successivi alla perdita di vita e anche di quella che si può definire umanità odiarono con una forza tale che ogni loro azione può essere spiegata con questo sentimento da dio alle intenzioni del prossimo, gli esseri umani viventi non sono perfetti e le loro deformità sono il risultato di tempi infiniti di ripetizioni di errori di tutti gli esseri umani non umani viventi non viventi e le deformità si moltiplicano, fattoriale della totalità. E almeno gli esseri umani viventi capirono di smettere di procreare e fu la più grande lotta proletaria di sempre e Zosima ringraziò le donne perché riscoprirono il potere della vita e lottarono la vita robotica. Zosima l’alchimista ormai era molto vecchio e finalmente lo capì e invecchiò davvero e incolpò gli esseri umani di aver rubato la linfa vitale che aveva custodito con tremenda fatica. Zosima lo Starec era stanco e quindi si fermò e riposò a lungo e si sfamò solo di banchetti immaginari e le rughe in volto, nelle mani le cicatrici portavano con le loro informazioni di passati di eventi “siamo il collegamento tra il passato e il futuro e il passato non inizia con noi è molto più antico, la materia si è solo evoluta” ma evolversi sì ma consumarsi ancora schiacciarsi ripiegarsi e perdere pezzi su pezzi e rimetterli nel mucchio ma si è perso sì evolversi ma sempre meno sì evolversi “siamo frantumi” disse ancora e non per l’ultima volta. E non morì lo Starec Zosima e tornò in vita parzialmente mangiato dai vermi che avevano iniziato a scavare labirinti in cui perdersi e saziarsi e trovarsi e sentire sulla pelle viscida altra pelle viscida e desiderare solo quel contatto proibito così da impazzire per volerlo ma è solo bisogno di non stare soli di non terminare soli frasi pensieri idee fallimenti e felicità sì almeno una briciola ti prego sì e sospirò e disse “rinnega la società opinioni altrui opinioni essere vivente che vuole omologarti ma vuole permetterti di non farlo, per non farlo devi ancora una volta omologarti e trovare il tuo spazio all’interno di queste bare precostruite e personalizzabili fino a farti credere le bare non esistono ma tutto esiste rinnega, cancella, annulla, rimuovi liberati da questo che è l’unico male torna essere vivente fiero” e si scusò lo Starec l’alchimista che era impegnato a morire “rinato saprò improvvisare e schiverò tutto il male”. E bevve acqua fonte di vita. E scorse i traumi e capì chi erano e avrebbe voluto non odiare così tanto e così presto e perdonò ma ormai rimanevano sono frantumi e non poté che continuare a sanguinare sopra tutti quei pezzi acuminati che ricoprivano tutte le terre, nei cieli sferzavano aghi e sassi ovunque a ricordarci degli argini dei fiumi passati e antiche forme di vita che brulicavano e guerre per la poca acqua rimasta non c’è spazio per tutti quella poca acqua è inquinata conviene morire e ricominciare da capo. Nel frattempo gli esseri umani avevano ceduto la loro memoria alle macchine “vi ricorderete chi siete quando sarà tutto cancellato?” quando tutto sarà cambiato come è sempre stato, il passato non esiste è presente il passato deve essere dimenticato per essere tale e il futuro deve essere imprevedibile solo così l’essere vivente che era terra e vento venne diviso in terra e vento e furono condannati e vento tornerà al vento e terra alla terra e leggere fa male illude con sogni di altri con memorie di altri con la speranza senza il perché e se pure conosciuto sarà banale inconsistente e un privilegio concesso da un elite ricca potente che ha sfruttato, il benessere esiste se si distrugge, più si sfrutta e più c’è benessere, più si odia e più si sta meglio, la violenza è il terreno fertile per foreste tropicali di bontà. Zosima era ormai senza un braccio e dopo tutto questo tempo gli andava bene così, quel fatto aveva velocizzato un processo che ci sarebbe voluto troppo tempo per finalizzarsi “e incompleti e incostanti e spezzati preghiamo chi ci vuole proprio così” disse. Alla fine è sempre la luce nella possibilità che toglie di torno lo stantio e la brezza non basta mai “la psicoanalisi ha ucciso l’arte” mormorò Zosima lo Starec una volta morto e rinato, l’arte non esiste se non in funzione del potere che schiavizza, siamo tutti matti pazzi, non si può uccidere quello che non esiste e quello che non importa, la via della follia generalizzata non è percorribile da nessuno, ci sono infinite vie con incroci dossi voragini enormi scavate da meteoriti gelidi che assorbono ogni calore, la famiglia tuo fratello e pensavi fosse arte ma ti stavi solo curando. Inesorabilmente il vulcano eruttò e tutti i popoli vennero avvertiti fu chiaro a tutti della fine, il fuoco avrebbe divorato e molti esseri umani rimasero là e molti giunsero pellegrini in cerca dell’ultima risposta. E veramente era tutto una continuazione, tutto si evolve, nulla si crea se non la fiamma dello Starec, la fiamma come genera vita, la fiamma come genera coscienza, la fiamma è morta anch’essa e trasformata anch’essa alla fine. E Sozima lo Starec si incamminò e riuscì benissimo a camminare solo senza un cane da portare a passeggio senza lo scopo che guida, cambiare sesso è non volere accettare, non cambiare sesso è non volere accettare, amare la prole è non volere accettare, abortire è non volere accettare, strapparsi di dosso tutte le piume è non volere accettare, ripudiare il vento il volo è non volere accettare, tagliarsi gli artigli strapparli è non volere accettare, allungare l’apparato digerente è non volere accettare, le minoranze di storica e passata forza e numero non devono volere il potere perché non combattere contro il potere invece che cambiare il potere dividere e dividere ancora, così fa bene al potere ma unire invece in un solo essere con tutte le follie speranze passioni dolori noia, ci siamo dimenticati quell’unico essere è dio, uniti tutti tutti ma davvero tutti non c’è un escluso foglie dell’albero e vento che muove e sole che scalda e nutrimento e vita e nell’imprevisto c’è sempre speranza. Zosima lo Starec, l’alchimista, il morto e rinato, ebbe molti maestri ma non tutti, l’importante è immergersi nell’oceano, non importa quale fiume ci ha trascinato e poi capì, era giunto il suo momento aveva già provato a seminare ma non c’era abbastanza sole e acqua e terra buona fatta di argilla fresca e zolfo e calcare e rimase solo in silenzio l’immobilità e funzionò ed era l’unica salvezza “però ora vedo speranza, sia la mia che ne da al mondo?” queste furono le ultime parole e gli esseri viventi capirono e tacquero e finalmente silenzio. La parola smise di esistere e fu tutto così chiaro a tutti, esprimersi era solo odio, il silenzio rigenera, finalmente ci fu pace, le cicatrici della guerra furono nascoste da tatuaggi che in precedenza furono coperti dalle cicatrici. E silenzio e l’odio scomparve e il volere scomparve, alberi finalmente alberi silenziosi alberi clorofilla creare vita infine vita e radici che ci stringono vicini e muschio e funghi e finalmente silenzio.

Fine

 
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Lo Starec vagava ancora ma questa volta nel regno virtuale precostruito da esseri umani e controllato da esseri non umani che vagano anch’essi per il regno virtuale precostrutito. Tale regno virtuale precostruito astraeva anche le possibilità di incontrare qualcuno e quindi era possibile vagare finalmente in silenzio senza voci e voci esterne che tentano disperatamente di entrare e trapanare orecchie stanche e coprire lo spazio tempo, c’è così tanto altro da leggere scoprire ascoltare, tu sei superfluo come tutto questo lavoro per creare tutto questo sfruttamento per dare tutto questo potere per controllare tutta questa moltitudine di esseri umani e esseri non umani. Qua nel regno virtuale precostituito si rinuncia ad incontrare altri esseri umani e altri esseri non umani perché si sceglie la vita perché scegliendo loro è chiedere aiuto è fare i senza tetto con il tetto, siamo tutti mendicanti e se per la vita si decida di passare di nuovo per il regno virtuale precostituito si dirà di come si stava di là e forse qualche essere umano e essere non umano capirà. Che sia ben chiaro, il regno virtuale precostituito è tutto quello che vedono gli occhi, ogni occhio ogni frammento ogni conoscenza o presunzione di tale possibilità o ipotesi di presunzione o ipotesi dell’ipotesi e così via non fa che creare e creare ancora e di più dettagli che saranno propri del regno virtuale precostituito che muta e continua a mutare finché esisteranno variabili che possano cambiare e essere incerti di aver capito e finché i contenitori potranno anch’essi muoversi e incrinarsi e che le schegge possano colpire altri contenitori che si rovesceranno e i contenuti ipotetici distruggeranno creando ancora e così lo Starc disse “Io mi frammento” e pezzi impazziti non poterono che decretare essi qualcosa che presero il sopravvento su tutto e volarono veloci e lontano verso luoghi di pace laghi caldi scaldati da un sole basso e costante e fermo immobile caldo rovente e fiamme e esplosioni magma denso più del tutto buio e ancora buio oltre il silenzio e nella lotta del bene. Tutti insegnano egoismo egoismo egoismo egoismo e tu a dare incondizionatamente o luce densa fluida calda. L’alchimista Starec non fu sempre così, prima della rinascita morte rinascita fu diverso fu più vuoto e meno pieno e sacchi di responsabilità erano incrostati sulla pelle che si staccava e pezzi e frammenti dello Starec finirono in molti luoghi. In quei luoghi la noia era il sentimento preferito dai molti vecchi abitanti. Putridi, sporchi fino all’anima con il pensiero corrotto dalla troppa dimenticanza, sì vivi ma mai così vicini alla morte non poterono che perdersi ancora in sporchi sogni di putrida gloria che continua a far entrare nel bicchiere già nero, un nero ancora più assorbente che il tempo era inesistente e lo spazio così piccolo e pieno di animali appesi alle pareti cadaveri impagliati tragica fine tragico non essere divorato dai vermi tragico non tornare al primo tormento e dopo la massima espansione cellulare non implodere non annullarsi non ridare e congelato non verrà subito il tempo e solo spazio solo poche effimere dimensioni e ancora dita mozzate e madri sole e dolore così sopportabile per voi che soffrite così bene e il vostro posto è la sofferenza in queste case vuote di appartenenza e piene di vergognosi timori e diari segreti così vuoti da riempirsi di intenzioni e il cambiamento di stato non porterà a nulla luridi abitanti del nulla. L’alchimista Starec disse “ma mostrati non aver timore non ti giudicheremo”. E ancora: “se darai quel poco che serve per evitare la noncuranza e non lo capirai tempestivamente sarai smembrato e di te rimarrà l’idea nei ricordi altrui”. Il tempo, benché alcuni Dei sostenevano il contrario, non era peggiorato era solo il costante invecchiamento e lo stare rinchiusi in celle e stare senza casa e senza un tetto. E iniziare a commettere così tanti errori da mettere innesti robotici, banditi hanno sofferto e si sono feriti e ora però hanno braccia di carbonio che fanno ancora più male e un coltello non può ferirli e rimane solo il cervello ma staccato anche quello continua ad esistere. Esisteranno ancora e Zosima chiese “esisterai ancora cosa sarai coscienza o forse sei già robotica come te mezzo, chi sei?”. E lo Starec, l’alchimista con la fiamma creò un unguento per le ferite della mente e lo applicò sugli occhi chiusi e salutò per sempre gli esseri viventi e pregò e disse: “ci siamo salvati da questo mondo orribile è questo lo scopo della vita salvatevi”. E capì che non esiste un unguento uguale per tutti che ciascuno dovrà trovare il suo e formarlo dalla propria fiamma che potrà, anzi sicuramente non lo farà, scaldare e bagnare e far volare e irrigidire e vibrare e colmare e togliere e ancora e ancora. L’alchimista Zosima capì, tutto ciò è falso, non è vero nel modo in cui si percepisce la verità e ancora con i piedi nell’acqua disse “lasciami qui a immaginare”.

 
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Zosima Starec viaggiò e conobbe molti esseri viventi e degli esseri viventi sapeva storie passate, le storie formarono gli esseri viventi e nel ciclo infinito si sedimentò come pioggia che porta altra pioggia che il punto è solo l’acqua per bere irrigare lavarsi e ancora sfruttamento. L’alchimista Zosima chiese agli esseri viventi e non ai maestri e decise di tornare dai maestri solo una volta trovata la montagna sacra ma non la trovò mai e non si fidò mai di loro, un maestro è tale se è sparito e i suoi lasciti sono solo bozze errate di quando era poco più di un essere vivente, non può perdere tempo, c’è da coltivare e contemplare e perdere tempo, un maestro è tale solo quando è morto e quando non è più ascoltato. Zosima rifiutò per molto tempo gli essere viventi “vi ho salvati insolenti non sapevate nemmeno di aver bisogno di aiuto” ma agli esseri viventi non interessava salvarsi, erano occupati a soddisfare padroni e mai loro stessi e se loro stessi comunque i loro stessi del passato o del futuro ma non del presente e quindi padroni, è impossibile capire e correggere per chi non ha coraggio, rinascere dalla vita avviene dopo le altre rinascite, i vecchi parlano con i bambini perché gli è sempre mancato essere bambini e giocare e dormire e un amore sconfinato e senza scopo che si frantuma. E dopo diverso tempo il vento smise di soffiare e il sole di scaldare e una nebbia polverosa invase il cielo e pioveva solo polvere e tutti gli sforzi dell’umanità furono vani, l’umanità quasi scomparve e fu un bene. Troppi i ricordi, troppe le scelte che sarebbero potute essere diverse e che li avrebbero fatti diventare diversi e travolti dai pensieri gli esseri viventi impazzirono e dalla solitudine senza scopo che pretende di abbracciare tutto e tutti e lasciare inerti ma vissero vissero schiacciatati senza respirare e combatterono e persero e come sempre persero la loro piccola lotta miserabile. Zosima lo Starec incontrò un essere vivente uno dei superstiti che gli disse leggere è come mettere lievito nella farina, l’alchimista ringraziò e l’essere vivente scomparve. Era un mago, prima della santità si è maghi a forza di fare una professione ci si ingabbia e quella professione non voleva essere fatta, tutti sognano solo di smettere di sognare, realtà e magia sono la stessa cosa, le intenzioni sono mosse dalle percezione, l’importante è percepire rivivere il passato l’eterno ritorno la famiglia che distrugge non trasforma, è tutto immobile e falso, morire è cambiare e non è l’ultimo cambiamento, è difficile accettare, non accettare crea incubi a chi non è accettato e il non accettato faticherà a ritrovarsi e commetterà i soliti errori e si dovrà guadagnare anche quel perdono, gli esseri viventi sono il risultato di migliaia di anni di traumi e nella grandezza del tempo anche i secondi importano, ogni singolo attimo ha contribuito. “Guardate che vi ascoltate soltanto quando pensate parlate ascoltate le stesse follie e folli comuni siete e siamo tutti pazzi” così lo Starec tra le fiamme auto generate parlò in silenzio ma rapidamente a tutti quelli che si trovò vicino, e gli esseri non poterono che bagnarsi di lacrime e spensero alberi e foreste e fondali pieni di petrolio presero fuoco e da questa cascata organica la follia fu chiara a tutti i presenti e la folla non poté che gemere i pazzi comuni e pazzi ancora di più.

 
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