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La crescente disuguaglianza economica è uno dei temi più urgenti del nostro tempo. Secondo un rapporto Oxfam, nel 2024 i miliardari hanno accumulato oltre 2.000 miliardi di dollari, mentre metà della popolazione mondiale vive in condizioni di estrema precarietà, con meno di 6,85 dollari al giorno. Questo divario non è un'anomalia del sistema capitalistico, ma una conseguenza strutturale delle sue dinamiche.

Il capitalismo, pur essendo celebrato per la sua capacità di generare ricchezza e innovazione, si dimostra inefficace nel distribuire equamente i benefici di questa crescita. Al contrario, perpetua le disuguaglianze attraverso meccanismi sistemici. Per comprendere le radici del problema e identificare possibili alternative, è necessario analizzare le fallacie del sistema attuale e considerare nuovi paradigmi economici.

Le fallacie del sistema attuale

L'illusione del Trickle-Down

Uno dei pilastri ideologici del capitalismo contemporaneo è la teoria del “trickle-down”. Questa prospettiva sostiene che, lasciando i più abbienti liberi di accumulare ricchezza, i loro investimenti e consumi genereranno una cascata di benefici per l'intera società. Tuttavia, i dati economici degli ultimi decenni dimostrano chiaramente che questa promessa è rimasta largamente disattesa.

In primo luogo, la ricchezza non solo non “sgocciola” verso il basso, ma tende a concentrarsi nelle mani di una minoranza sempre più ristretta. Le disuguaglianze economiche sono cresciute in modo esponenziale: secondo uno studio di Oxfam, l'1% più ricco della popolazione mondiale detiene oggi quasi il doppio della ricchezza posseduta dal restante 99%. Questo squilibrio non è semplicemente una questione di giustizia sociale, ma un ostacolo strutturale alla crescita economica sostenibile. Quando il denaro si accumula senza circolare, l'intera economia ne risente.

In secondo luogo, il divario tra ricchi e poveri continua ad allargarsi, alimentato da sistemi fiscali che, invece di riequilibrare, spesso favoriscono i più ricchi. Laddove i redditi delle fasce più abbienti crescono rapidamente, quelli della classe media e delle fasce più deboli stagnano o diminuiscono in termini reali, erodendo il potere d'acquisto e accentuando le disparità.

Infine, si osserva un preoccupante declino della mobilità sociale. In molte economie sviluppate, le possibilità di migliorare la propria posizione economica attraverso il merito e il lavoro si sono drasticamente ridotte. L'accesso a un'istruzione di qualità e a opportunità professionali rimane spesso legato alla classe sociale di origine, perpetuando un sistema che favorisce chi è già avvantaggiato.

Contrariamente a quanto postulato dal trickle-down, i miliardari non reinvestono automaticamente la loro ricchezza nell'economia reale. Una parte significativa di queste risorse viene indirizzata verso attività finanziarie speculative, come il trading di titoli e derivati, che arricchiscono ulteriormente i detentori di capitale senza produrre un valore tangibile per la società. Questa disconnessione tra ricchezza accumulata e benessere collettivo mina le basi stesse della narrazione capitalistica, evidenziando l'urgenza di un ripensamento strutturale.

Meccanismi di auto-perpetuazione

Il capitalismo contemporaneo non solo produce disuguaglianze, ma le perpetua attraverso una serie di meccanismi che rinforzano le posizioni di vantaggio. Uno di questi è il predominio del capitale sui redditi da lavoro. Come sottolineato dall’economista Thomas Piketty nel suo celebre studio sul capitale nel XXI secolo, il ritorno sugli investimenti (che comprende rendite immobiliari, dividendi azionari e altre forme di reddito da capitale) tende a crescere più rapidamente dei salari. Questo significa che chi già possiede capitale ha la possibilità di incrementare la propria ricchezza in modo più veloce e costante rispetto a chi vive esclusivamente del proprio lavoro.

Anche l’accesso diseguale alle opportunità educative e sanitarie gioca un ruolo chiave nel perpetuare le disuguaglianze. Le migliori scuole, università e servizi sanitari, spesso private, rimangono privilegio di pochi. Questo crea un circolo vizioso: i figli delle famiglie più ricche hanno maggiori probabilità di accedere a posizioni di prestigio e alto reddito, mentre le fasce meno abbienti rimangono intrappolate in condizioni di svantaggio. In molti Paesi, il costo dell’istruzione superiore o delle cure mediche è un ostacolo insormontabile per le famiglie a basso reddito, escludendo intere generazioni da opportunità di crescita sociale.

Un altro elemento fondamentale è l'influenza sproporzionata che i grandi capitali esercitano sulla politica e sulla legislazione. I miliardari e le multinazionali possono finanziare campagne elettorali, assumere costosi gruppi di pressione e plasmare le leggi in modo che favoriscano i loro interessi. Questo potere si traduce in politiche fiscali e normative che consolidano le loro posizioni di privilegio, rendendo quasi impossibile un cambiamento significativo.

Questi meccanismi si alimentano a vicenda, creando un sistema economico e sociale sempre più polarizzato. Affrontare queste dinamiche richiede non solo interventi correttivi immediati, ma una revisione strutturale che rimetta in discussione i principi fondamentali del capitalismo contemporaneo.

Alternative sistemiche

Economia Partecipativa (Parecon): un modello di equità e democrazia economica

L'economia partecipativa, o Parecon (Participatory Economics), è un modello economico proposto da Michael Albert e Robin Hahnel che mira a superare le disuguaglianze sistemiche generate dal capitalismo e dai sistemi centralizzati di pianificazione economica. Al cuore di questo modello c'è un principio rivoluzionario: sostituire la gerarchia economica con una democrazia partecipativa che restituisca ai lavoratori e ai cittadini il controllo sulle decisioni economiche.

I principi dell'economia partecipativa

  1. Autogestione democratica
    In una Parecon, le decisioni economiche non sono prese da élite aziendali o burocrati centrali, ma da coloro che sono direttamente coinvolti nelle attività produttive e di consumo. Ogni individuo ha una voce proporzionata all'impatto che una decisione avrà su di lui o lei. Questo elimina le disparità di potere, promuovendo una governance collettiva delle risorse economiche.

  2. Retribuzione basata su impegno e sacrificio
    Contrariamente al capitalismo, dove la retribuzione è spesso determinata dalla proprietà, dalla produttività o dalla posizione di potere, la Parecon introduce un sistema in cui il compenso economico è proporzionato all’impegno e ai sacrifici personali. Questo approccio non solo rende il sistema più equo, ma valorizza anche lavori spesso sottostimati nel contesto capitalistico, come quelli manuali o di cura.

  3. Pianificazione partecipativa
    Le decisioni relative alla produzione e alla distribuzione non sono lasciate al mercato o a un’autorità centrale, ma sono il risultato di un processo collettivo e decentralizzato. Attraverso assemblee e negoziazioni tra produttori e consumatori, la pianificazione partecipativa riduce gli sprechi, affronta le priorità sociali e mira a massimizzare il benessere collettivo anziché il profitto individuale.

Efficienza ridefinita: rispondere alle critiche

Una delle critiche più comuni al modello Parecon è che sarebbe inefficiente rispetto al capitalismo, che viene spesso celebrato per la sua capacità di allocare risorse in modo “ottimale”. Tuttavia, questa visione è basata su una concezione limitata dell’efficienza, intesa esclusivamente in termini finanziari.

In una Parecon, l’efficienza viene ridefinita includendo criteri come l’equità sociale, la sostenibilità ambientale e il benessere collettivo. Ad esempio, una produzione industriale che riduca i costi a scapito dell'ambiente o delle condizioni di lavoro può essere “efficiente” nel capitalismo, ma sarebbe considerata altamente inefficiente in una Parecon, dove l'impatto sociale e ambientale è una priorità.

Scalabilità e modelli reali

Un'altra obiezione ricorrente è che il modello partecipativo non sarebbe scalabile su larga scala. Tuttavia, esperienze pratiche dimostrano il contrario. Un esempio di successo è rappresentato dalle cooperative Mondragón, un conglomerato di cooperative basato nei Paesi Baschi, in Spagna. Fondato nel 1956, Mondragón è oggi uno dei principali esempi di gestione democratica sul posto di lavoro, impiegando decine di migliaia di persone e dimostrando che i principi partecipativi possono funzionare anche in un contesto competitivo globale.

Analogamente, piccole comunità in America Latina e in altre parti del mondo hanno adottato approcci partecipativi per gestire risorse locali, dimostrando che la democrazia economica non solo è praticabile, ma può anche produrre risultati sostenibili e inclusivi.

Un modello per il futuro

L'economia partecipativa rappresenta una rottura radicale con le logiche dominanti del capitalismo, proponendo un sistema che combina giustizia sociale, democrazia economica e sostenibilità. Lontano dall’essere un’utopia teorica, il Parecon offre una visione concreta e attuabile di come ristrutturare le relazioni economiche per mettere al centro non il profitto, ma il benessere collettivo.

Attraverso l’autogestione democratica, la retribuzione equa e la pianificazione partecipativa, il modello Parecon propone un’alternativa sistemica che non solo risponde alle disuguaglianze del presente, ma getta le basi per un’economia più giusta e resiliente nel futuro.

Socialismo di Mercato: un equilibrio tra equità e dinamismo economico

Il socialismo di mercato rappresenta un modello economico che cerca di coniugare il meglio di due mondi: la giustizia sociale garantita dalla proprietà collettiva e l'efficienza allocativa assicurata dai meccanismi di mercato. Questa visione si colloca a metà strada tra i rigidi sistemi di pianificazione centralizzata e il capitalismo liberale, proponendo una struttura in cui la produzione e la distribuzione delle risorse sono finalizzate al benessere collettivo, senza sacrificare la flessibilità e l'innovazione.

Principi del socialismo di mercato

  1. Proprietà collettiva dei mezzi di produzione
    Nel socialismo di mercato, le imprese e le risorse chiave – come energia, infrastrutture e settori strategici – non appartengono a privati, ma sono detenute collettivamente, spesso attraverso forme di proprietà statale, cooperativa o comunitaria. Questo elimina il problema della concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi, garantendo che i profitti siano reinvestiti per il beneficio della collettività anziché accumulati da individui o gruppi privati.

  2. Democrazia economica
    A differenza del capitalismo, dove le decisioni strategiche sono prerogativa esclusiva di manager e azionisti, il socialismo di mercato promuove la partecipazione attiva dei lavoratori e delle comunità nelle decisioni economiche. Questo avviene attraverso strutture democratiche all'interno delle imprese, dove ogni lavoratore ha voce in capitolo su questioni come investimenti, politiche salariali e strategie produttive.

  3. Forte stato sociale
    Uno degli obiettivi principali del socialismo di mercato è garantire che i bisogni fondamentali di ogni cittadino siano soddisfatti. Sanità, istruzione, trasporti pubblici e altri servizi essenziali sono accessibili a tutti, senza barriere economiche. Questo sistema non solo riduce le disuguaglianze, ma crea anche una base di sicurezza economica che consente alle persone di partecipare pienamente alla società e all’economia.

Risposte alle critiche: soffocamento dell'innovazione e burocrazia inefficiente

Una critica frequente al socialismo di mercato è che, eliminando la competizione tipica del capitalismo, rischia di soffocare l’innovazione. Secondo questa visione, senza la prospettiva di guadagni personali straordinari, le persone avrebbero meno incentivi a sviluppare idee rivoluzionarie. Tuttavia, questa argomentazione ignora il ruolo fondamentale degli incentivi non monetari, come il riconoscimento sociale, la passione per la ricerca e l’aspirazione a risolvere problemi collettivi. Molte delle più grandi innovazioni del XX e XXI secolo, come Internet e i vaccini mRNA, sono emerse grazie a finanziamenti pubblici e a collaborazioni collettive piuttosto che a iniziative private.

Un'altra critica riguarda il rischio di inefficienza burocratica, spesso associato ai sistemi in cui lo Stato svolge un ruolo centrale. Tuttavia, il socialismo di mercato non elimina i meccanismi di mercato per l’allocazione delle risorse, ma li integra con un controllo democratico. Questo approccio consente di evitare sia il caos del laissez-faire sia le rigidità della pianificazione centralizzata, mantenendo la flessibilità necessaria per rispondere ai cambiamenti nella domanda e nell'offerta.

Esempi pratici e applicabilità

In alcune economie contemporanee, elementi del socialismo di mercato sono già stati implementati con successo. Paesi scandinavi come la Svezia e la Norvegia, pur mantenendo un’economia di mercato, hanno introdotto forti componenti di proprietà collettiva e redistribuzione attraverso un robusto stato sociale. Questi sistemi dimostrano che è possibile combinare dinamismo economico e giustizia sociale, riducendo le disuguaglianze senza soffocare l’iniziativa privata.

Un altro esempio significativo è la Cina, che ha adottato un modello ibrido in cui settori chiave dell’economia rimangono sotto il controllo statale, mentre i mercati regolano altre aree. Sebbene il sistema cinese presenti limitazioni sul piano democratico, dimostra la capacità del socialismo di mercato di generare crescita economica e modernizzazione rapida.

Un futuro fondato sull'equilibrio

Il socialismo di mercato non si presenta come un modello perfetto o universale, ma come un'alternativa pragmatica che combina equità e innovazione. Riducendo la concentrazione della ricchezza e promuovendo la partecipazione democratica nelle decisioni economiche, questo sistema rappresenta una visione del futuro in cui lo sviluppo economico non è più un fine in sé, ma un mezzo per migliorare la qualità della vita di tutti.

L’adozione di un socialismo di mercato richiederebbe cambiamenti significativi, ma non impossibili: una transizione graduale attraverso riforme che privilegino la redistribuzione, la partecipazione e la sostenibilità potrebbe costruire le basi per un’economia più giusta e resiliente.

Economia Circolare e del Bene Comune: un nuovo paradigma per sostenibilità e giustizia sociale

L'economia circolare e del bene comune è un modello che riformula profondamente le priorità economiche, spostando il focus dalla crescita illimitata al benessere collettivo e alla sostenibilità ambientale. Questo approccio affronta due dei principali problemi del capitalismo contemporaneo: l'esaurimento delle risorse naturali e la crescente disuguaglianza sociale.

A differenza dei modelli economici tradizionali, che spesso vedono la natura e il lavoro come semplici mezzi per massimizzare i profitti, l'economia circolare e del bene comune si basa su valori come la cooperazione, l'inclusione e il rispetto per i limiti del pianeta.

I principi fondamentali dell’economia circolare e del bene comune

  1. Focus sul riuso e sulla sostenibilità
    Al centro dell’economia circolare vi è il principio di chiudere i cicli produttivi, riducendo al minimo gli sprechi e prolungando la vita utile dei materiali. In questo modello, le risorse non sono consumate in modo lineare – dall'estrazione allo smaltimento – ma sono riciclate, riparate e riutilizzate, creando un sistema rigenerativo. Questo non solo diminuisce la pressione sulle risorse naturali, ma promuove anche la creazione di nuove opportunità economiche, ad esempio nei settori del riciclo e della riparazione.

    L’approccio circolare è già stato adottato da alcune aziende e città pioniere. Amsterdam, ad esempio, ha sviluppato un piano per diventare completamente circolare entro il 2050, riducendo i rifiuti e incentivando l'uso di materiali riciclabili nella costruzione e nell'industria.

  2. Valutazione delle imprese basata sull’impatto sociale e ambientale
    Nell’economia del bene comune, il successo di un’impresa non si misura esclusivamente in termini di profitti, ma anche in base al suo contributo al benessere collettivo. Questo approccio introduce nuovi criteri di valutazione: l’impatto ambientale, la creazione di posti di lavoro dignitosi, l’inclusione sociale e l’etica aziendale diventano parametri centrali per giudicare il valore di un’attività economica.

    Modelli come il Bilancio del Bene Comune, sviluppato dall’economista Christian Felber, sono strumenti concreti per implementare questa visione. Tali bilanci analizzano come un’impresa contribuisce a valori fondamentali come la solidarietà, la sostenibilità e la trasparenza, premiando chi opera nell’interesse della collettività.

  3. Limiti alla concentrazione della proprietà
    L’economia del bene comune si oppone alla concentrazione del potere economico nelle mani di pochi, che porta a disuguaglianze strutturali e alla monopolizzazione delle risorse. Questo modello incoraggia una distribuzione più equa della proprietà, sia attraverso il sostegno alle cooperative sia mediante la regolamentazione di grandi aziende e patrimoni.

    Ad esempio, le imprese potrebbero essere organizzate in modo che i dipendenti abbiano una quota della proprietà e partecipino attivamente alle decisioni strategiche. Questa struttura non solo riduce le disparità economiche, ma favorisce anche un senso di appartenenza e responsabilità collettiva.

Un modello applicabile: esempi e potenzialità

L'economia circolare e del bene comune non è una teoria astratta: in tutto il mondo, comunità, città e aziende stanno adottando questi principi con risultati tangibili. Oltre al caso di Amsterdam, città come Copenaghen e San Francisco hanno introdotto politiche per ridurre i rifiuti, promuovere l’energia rinnovabile e incentivare la progettazione sostenibile.

Nel settore privato, aziende come Patagonia dimostrano che è possibile combinare profitto e sostenibilità. Questa azienda di abbigliamento outdoor ha introdotto programmi per riparare i prodotti usati e promuove attivamente la riduzione del consumo eccessivo, dimostrando che un modello di business rigenerativo può essere anche redditizio.

Anche in ambito educativo e politico, l'economia del bene comune sta guadagnando terreno. Università e governi locali stanno incorporando i principi del bilancio del bene comune nelle loro politiche, riconoscendo che la crescita economica da sola non basta per garantire il progresso sociale.

Sfide e opportunità di transizione

Il passaggio a un modello economico fondato sulla sostenibilità e il benessere collettivo richiede un cambiamento culturale e istituzionale significativo. Una delle principali sfide è rappresentata dall’opposizione delle élite economiche, che spesso beneficiano del sistema attuale e resistono a regolamentazioni più rigorose.

Tuttavia, le opportunità offerte da questa transizione sono immense. Un’economia circolare e del bene comune non solo affronta le sfide ambientali globali, come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, ma promuove anche una società più giusta e coesa. Creando posti di lavoro sostenibili, riducendo le disuguaglianze e migliorando la qualità della vita, questo modello può essere una risposta concreta alle crescenti insoddisfazioni verso il capitalismo tradizionale.

Verso un futuro sostenibile e inclusivo

L’economia circolare e del bene comune rappresenta non solo una critica al modello economico dominante, ma anche una visione positiva e concreta per il futuro. Coniugando sostenibilità, giustizia sociale e responsabilità collettiva, questo paradigma offre un’alternativa praticabile a un sistema che ha dimostrato i suoi limiti.

Investire in questo modello non è solo una scelta etica, ma una necessità per garantire la sopravvivenza delle risorse del pianeta e costruire una società in cui il benessere non sia più un privilegio di pochi, ma un diritto condiviso da tutti.

Decrescita: un modello per ripensare il benessere e la sostenibilità

La decrescita è un paradigma economico e sociale che si pone in aperta contrapposizione al principio della crescita infinita, che è alla base del capitalismo moderno. In un mondo con risorse limitate, l’idea che un'economia possa espandersi indefinitamente appare non solo insostenibile, ma anche dannosa per l’ambiente e per il benessere umano. La decrescita propone, quindi, una trasformazione culturale ed economica che metta al centro non l'accumulo di beni materiali, ma la qualità della vita, la sostenibilità ecologica e i valori comunitari.

I principi fondamentali della decrescita

  1. Rifiuto del paradigma della crescita infinita
    La decrescita nasce dalla consapevolezza che la crescita economica illimitata, basata sull'aumento continuo del PIL, non è compatibile con i limiti ecologici del pianeta. Questo modello ha portato al sovrasfruttamento delle risorse naturali, alla perdita di biodiversità e al cambiamento climatico. La decrescita propone di abbandonare l’ossessione per il PIL come indicatore di progresso, puntando invece su misure che valutino il benessere sociale e la salute ecologica.

  2. Riduzione programmata del consumo e della produzione
    Una delle idee chiave della decrescita è ridurre in modo selettivo e pianificato il consumo e la produzione, concentrandosi su ciò che è realmente necessario per vivere una vita dignitosa. Questo implica ridimensionare settori che contribuiscono all’inquinamento e allo spreco (come l’industria dei beni di lusso o la produzione eccessiva di plastica), a favore di un uso più efficiente e sostenibile delle risorse.

  3. Riorganizzazione intorno a valori non materiali
    La decrescita invita a ripensare la società, spostando l’attenzione dai valori materialistici – come il consumo e il possesso – verso la solidarietà, la condivisione e il tempo libero. Questo implica rivalutare il modo in cui lavoriamo, viviamo e interagiamo con gli altri, favorendo la cooperazione e le relazioni umane rispetto alla competizione e all’individualismo.

  4. Localizzazione dell'economia
    La globalizzazione ha creato sistemi economici complessi e dipendenti da catene di approvvigionamento internazionali, vulnerabili alle crisi e responsabili di alti livelli di inquinamento. La decrescita propone di rilocalizzare le economie, incentivando la produzione e il consumo locali per ridurre le emissioni di carbonio, rafforzare le comunità e accrescere la resilienza economica.

Risposta alle critiche: sfide e opportunità

Come ogni proposta radicale, la decrescita è stata oggetto di numerose critiche. Tuttavia, molte di queste si basano su fraintendimenti o visioni distorte del modello.

  • “Porterà alla povertà”
    Una delle obiezioni più comuni è che la decrescita equivalga a un impoverimento diffuso. In realtà, questo paradigma non propone una riduzione indiscriminata della ricchezza, ma una transizione verso un sistema più equo e sostenibile. Ad esempio, ridurre la produzione di beni superflui potrebbe liberare risorse per investire in servizi essenziali come la sanità, l’istruzione e la rigenerazione ambientale.

  • “Non è realizzabile”
    La decrescita viene spesso criticata come utopica o irrealizzabile su larga scala. Tuttavia, esistono già numerosi esempi di comunità che hanno adottato pratiche di vita sostenibile basate sui principi della decrescita. Villaggi ecologici, cooperative agricole e iniziative di economia solidale in tutto il mondo dimostrano che è possibile costruire società più resilienti e meno dipendenti dal consumo eccessivo.

  • “Danneggia l’occupazione”
    La riduzione della produzione non significa necessariamente una perdita di posti di lavoro. La decrescita prevede una redistribuzione del lavoro: ad esempio, riducendo l'orario di lavoro individuale, si possono creare opportunità per più persone, migliorando al contempo la qualità della vita. Inoltre, nuovi settori come la rigenerazione ambientale, il riciclo e le energie rinnovabili potrebbero offrire numerose opportunità occupazionali.

Un esempio di transizione: verso una società post-crescita

L’idea della decrescita non richiede necessariamente una rottura immediata e drastica con il sistema attuale, ma una transizione graduale che inizi con riforme mirate. Alcuni passi già praticabili includono:

  • L’introduzione di tasse sulle attività altamente inquinanti, come l’uso di combustibili fossili.
  • L’incentivo alla riduzione dell’orario di lavoro, favorendo un equilibrio tra vita professionale e personale.
  • La promozione di economie locali attraverso il sostegno alle piccole imprese e ai mercati regionali.
  • L’educazione a stili di vita più semplici e sostenibili, che valorizzino il riutilizzo e la condivisione.

Verso un futuro sostenibile e felice

La decrescita rappresenta una sfida ai paradigmi dominanti, ma offre anche una visione entusiasmante di un futuro in cui il benessere umano non è legato al consumo infinito, ma a una vita in armonia con i limiti naturali del pianeta.

Riducendo la pressione sulle risorse e ripensando le priorità sociali, la decrescita non solo affronta le crisi ambientali ed economiche, ma promuove anche una società più equa e felice, in cui la qualità della vita prevale sulla quantità di beni posseduti. In un mondo sempre più consapevole delle proprie fragilità, questo paradigma potrebbe non essere solo un’alternativa, ma una necessità.

Communalismo e Municipalismo Libertario: la rivoluzione dal basso

Il communalismo e il municipalismo libertario offrono una visione radicalmente diversa dell'organizzazione politica, economica e sociale, basata su un principio fondamentale: restituire il potere decisionale alle comunità locali attraverso meccanismi di democrazia diretta. Questa proposta, ispirata alle teorie di Murray Bookchin, cerca di superare i limiti dello stato-nazione e del capitalismo centralizzato, favorendo invece una rete confederata di municipi autogovernati.

Elementi chiave del communalismo e del municipalismo libertario

  1. Democrazia diretta a livello municipale
    Nel municipalismo libertario, le decisioni non sono prese da rappresentanti eletti o burocrati distanti, ma direttamente dai cittadini attraverso assemblee comunali. Questo sistema permette una partecipazione attiva della popolazione nelle questioni che riguardano la comunità, dal budget municipale alla gestione delle risorse locali. La democrazia diretta non solo aumenta la trasparenza, ma responsabilizza i cittadini, rafforzando il senso di appartenenza e di solidarietà.

  2. Confederalismo come alternativa allo stato-nazione
    Per evitare l’isolamento dei singoli municipi e per affrontare questioni che superano le competenze locali, come l’energia, il commercio o la sicurezza, il municipalismo libertario propone una rete confederata. I municipi si uniscono in confederazioni regionali e interregionali, coordinando le politiche attraverso delegati eletti dalle assemblee comunali. Questi delegati, tuttavia, non detengono un potere permanente o autonomo, ma agiscono come portavoce revocabili in ogni momento, garantendo il rispetto della volontà popolare.

  3. Economia sociale ed ecologica
    L’economia, in questo modello, è orientata non al profitto ma al soddisfacimento dei bisogni collettivi. Questo implica una forte enfasi sulla sostenibilità ambientale, la produzione locale e la riduzione delle disuguaglianze economiche. Le risorse sono gestite in modo democratico e trasparente, favorendo l’uso responsabile e rigenerativo dei beni comuni.

  4. Proprietà comunale delle risorse essenziali
    Le risorse chiave, come l’acqua, l’energia e i terreni agricoli, non appartengono a privati o a grandi corporazioni, ma alla comunità. Questo principio evita la concentrazione della ricchezza e del potere economico, garantendo che i beni essenziali siano accessibili a tutti e gestiti in modo sostenibile.

Risposte alle critiche: il communalismo è realistico?

Come ogni visione radicale, il communalismo e il municipalismo libertario sono stati oggetto di critiche, spesso basate su preconcetti o sulla percezione che si tratti di un’utopia irrealizzabile.

  1. “È troppo localista per affrontare sfide globali”
    Sebbene il municipalismo si concentri sulla governance locale, il confederalismo garantisce il coordinamento su larga scala. Attraverso reti di municipi interconnessi, è possibile affrontare questioni globali come il cambiamento climatico, il commercio e i diritti umani, senza dipendere da strutture centralizzate che spesso risultano lente e distanti dalle esigenze delle persone.

  2. “È un'utopia irrealizzabile”
    Questa critica ignora gli esempi storici e contemporanei di successo. L’esperienza del Rojava, nel Kurdistan siriano, rappresenta un caso emblematico: in un contesto di conflitto e caos geopolitico, le comunità locali hanno implementato un sistema basato su democrazia diretta, uguaglianza di genere ed ecologia. Allo stesso modo, movimenti municipali in Spagna, come a Barcellona sotto l’amministrazione di Ada Colau, dimostrano che il potere locale può essere un efficace strumento di cambiamento sociale.

  3. “È inefficiente rispetto alla centralizzazione”
    L’efficienza è spesso fraintesa come sinonimo di centralizzazione e tecnocrazia. Tuttavia, le decisioni prese a livello locale tendono a essere più rapide, adattabili e vicine alle necessità delle persone. Ad esempio, la gestione locale di risorse come l’acqua e l’energia ha dimostrato in diversi casi di essere più efficace rispetto ai grandi monopoli centralizzati, riducendo sprechi e corruzione.

Una visione per il futuro: costruire dal basso

Il communalismo e il municipalismo libertario non si propongono come modelli universali da imporre, ma come strumenti flessibili che le comunità possono adattare alle proprie realtà. La forza di questo paradigma risiede nella sua capacità di trasformare le strutture di potere esistenti, decentralizzandole e democratizzandole, senza sacrificare la cooperazione su scala più ampia.

Questa visione rappresenta una risposta concreta alle sfide della modernità: in un mondo sempre più segnato da disuguaglianze, crisi ambientali e alienazione sociale, restituire il potere alle comunità locali può essere un passo cruciale verso una società più giusta, sostenibile e partecipativa.

Investire nel communalismo significa non solo immaginare un futuro diverso, ma costruirlo dal basso, un municipio alla volta.

Verso un'Ecologia Sociale: una visione integrata di sostenibilità e partecipazione

L’ecologia sociale rappresenta una sintesi tra gli ideali della decrescita e i principi del communalismo, offrendo una prospettiva che integra sostenibilità ecologica, giustizia sociale e democrazia diretta. Proposta inizialmente da Murray Bookchin, questa visione pone al centro il rapporto tra umanità e natura, sostenendo che solo attraverso un cambiamento radicale nelle strutture economiche e politiche si possa raggiungere un equilibrio tra progresso umano e rispetto per l’ambiente.

Elementi fondamentali di un’Ecologia Sociale

  1. Riorganizzazione ecologica dell’economia
    Un sistema economico basato sull’ecologia sociale abbandona l’ossessione per la crescita illimitata e si orienta verso la sostenibilità a lungo termine. Ciò significa ripensare i processi produttivi per ridurre l’impatto ambientale, favorendo il riciclo, il riuso e la rigenerazione delle risorse naturali. La produzione è pianificata per soddisfare i bisogni reali delle comunità, evitando il consumismo e gli sprechi. L’agricoltura diventa locale e agroecologica, eliminando l’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti chimici.

  2. Democrazia diretta e partecipativa
    Nel contesto di un’ecologia sociale, le comunità locali hanno il controllo sulle decisioni economiche e politiche che le riguardano. La democrazia diretta, praticata attraverso assemblee cittadine e municipali, garantisce una gestione inclusiva e trasparente delle risorse. Ogni cittadino partecipa attivamente, contribuendo alla creazione di politiche che rispettino sia i bisogni umani sia i limiti ecologici.

  3. Scala umana delle istituzioni
    L’ecologia sociale sostiene che le istituzioni dovrebbero essere organizzate su scala umana, favorendo strutture decentrate e facilmente accessibili. Questo contrasta con le gigantesche burocrazie centralizzate, che spesso risultano alienanti e inefficienti. Una scala ridotta delle istituzioni non solo aumenta l’efficacia della governance, ma rafforza anche il senso di comunità e solidarietà tra le persone.

  4. Integrazione tra città e campagna
    Una società basata sull’ecologia sociale supera la separazione storica tra città e campagna, creando un rapporto armonioso e integrato tra aree urbane e rurali. Le città diventano centri sostenibili che producono parte del proprio cibo attraverso orti urbani, mentre le campagne sono gestite in modo cooperativo e sostenibile per garantire una produzione alimentare locale e rispettosa dell’ambiente. Questo approccio riduce la dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali e promuove economie locali resilienti.

L’ecologia sociale come alternativa sistemica

L’ecologia sociale non è semplicemente un insieme di idee, ma un progetto sistemico che mira a trasformare le strutture sociali ed economiche per affrontare le crisi interconnesse del nostro tempo: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e le disuguaglianze sociali.

Questo modello invita a vedere l’umanità come parte integrante dell’ecosistema terrestre, abbandonando la visione antropocentrica che ha dominato l'era industriale. Allo stesso tempo, riconosce che la sostenibilità ecologica non può essere raggiunta senza affrontare le ingiustizie sociali: povertà, oppressione e disuguaglianza sono ostacoli fondamentali alla transizione verso una società più armoniosa.

Rispondere alle critiche: pragmatismo e applicabilità

Alcuni potrebbero considerare l’ecologia sociale troppo idealista o poco pratica. Tuttavia, esistono già esempi concreti che dimostrano la fattibilità di questo approccio. Città come Curitiba, in Brasile, hanno implementato politiche di urbanistica sostenibile, trasporti ecologici e gestione responsabile dei rifiuti, dimostrando che un’organizzazione urbana sostenibile è possibile.

In campo agricolo, i movimenti di agroecologia in America Latina mostrano come le comunità rurali possano organizzarsi collettivamente per gestire la terra in modo equo e sostenibile. Inoltre, le esperienze del Rojava, menzionate nel contesto del communalismo, confermano che la democrazia diretta e la gestione collettiva delle risorse possono funzionare anche in situazioni di grande complessità politica e sociale.

Un futuro radicato nel locale, ma con uno sguardo globale

L’ecologia sociale offre una strada per costruire un futuro in cui il progresso umano non avviene a scapito del pianeta, ma in armonia con esso. Attraverso una riorganizzazione delle economie locali, il rafforzamento delle comunità e la transizione verso una gestione democratica e sostenibile delle risorse, questo modello propone una visione di benessere che non si misura in termini di PIL, ma di qualità della vita e salute ambientale.

In un’epoca di crisi ecologica e sociale senza precedenti, l’ecologia sociale rappresenta non solo una possibilità, ma una necessità per immaginare e realizzare un futuro equo, inclusivo e sostenibile.

Conclusione: costruire un futuro equo e sostenibile

La redistribuzione della ricchezza all’interno del sistema capitalistico si è dimostrata un’illusione, incapace di affrontare le crescenti disuguaglianze economiche, sociali ed ecologiche. Tuttavia, esistono alternative concrete e praticabili, che combinano giustizia sociale, sostenibilità ambientale e democrazia partecipativa.

La sfida principale non è di natura tecnica, poiché gli strumenti e le soluzioni sono già disponibili, ma politica e culturale: costruire il consenso necessario per un cambiamento sistemico e superare le resistenze delle élite economiche e politiche che traggono vantaggio dallo status quo.

La transizione verso un nuovo sistema economico richiede un approccio integrato e multilivello, che combini riforme immediate con cambiamenti strutturali di lungo periodo. Tra le prime misure vi sono l’introduzione di una tassazione più progressiva, un reddito di base universale, la democratizzazione delle imprese e il rafforzamento dei servizi pubblici. Queste riforme possono garantire una maggiore equità nel breve termine, gettando le basi per trasformazioni più profonde.

Sul lungo periodo, è fondamentale affrontare i nodi strutturali del sistema: riformare il settore bancario e finanziario per ridurre la speculazione e orientare gli investimenti verso l’economia reale; limitare la concentrazione della proprietà per evitare monopoli e oligopoli; e costruire un nuovo sistema di governance globale che metta al centro la cooperazione, la sostenibilità e la solidarietà internazionale.

L’obiettivo finale non è semplicemente correggere le distorsioni del capitalismo, ma creare un’economia e una società che servano il bene comune, in armonia con i limiti ecologici del pianeta. Questo significa abbandonare l’ossessione per la crescita infinita e costruire un modello che valorizzi la qualità della vita, la partecipazione democratica e la giustizia sociale.

In un’epoca di crisi globali, dalla disuguaglianza al cambiamento climatico, la scelta non è tra cambiamento e immobilismo, ma tra un futuro costruito sulla cooperazione e uno dominato dal conflitto e dal collasso. La strada da percorrere è chiara: ora spetta alla volontà collettiva tracciare il percorso e rendere possibile ciò che è necessario.

 
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from pop e memorie


L'unica possibilità per abbassare l'età media di paesi obsoleti, come Italia e Giappone, è l'immigrazione: chiarito questo, posso andare avanti. Altre formule non ne ho, non sono stato in grado di salvare me stesso, non posso salvare l'Italia e neanche il Giappone, che è così lontano.

Quali sono gli incentivi reali messi sul piatto da questo Governo? Non dico proposte fantasiose, fesserie ideologiche, costrizioni spacciate per suggerimenti e altre mosse assolutamente ininfluenti: parlo proprio di come convincere una giovane coppia a generare una nuova creatura, che sia la prima, la seconda e così via. Qualcosa di solido, efficace, concepito come concreto. Qualcosa che non esiste e non esisterà.

Ne faccio un discorso molto pratico: una mancetta una tantum, dal terzo figlio in poi, non serve a nulla, poteva andare bene 150 anni fa. In linea con questi politici, bloccati a 100 anni fa su posizioni che, lasciatemelo dire, hanno avuto un secolo intero per rivelarsi come il capolavoro che sono.

Continuo dal punto di vista pratico, livello terra terra, parlo proprio il vile denaro che, ahimè, è indispensabile nel regime capitalistico che ci soffoca.

In una coppia, oggi un solo lavoro non basta, o basta per mangiare tra uno stipendio e l'altro. Servendosi dei discount. È un boom di occupati, ma sottopagati, soccorsi dai genitori: con gli stipendi della percentuale di occupazione più alta dai tempi di Garibaldi, ci si pagano affitto e utenze. Forse. Poi bisogna mangiare, pagarsi la sanità. Poi servirebbero i soldi per i figli, chiaramente al plurale perché al Governo brillano gli occhi quando si leggono quelle storielle sulla famiglia felice con 10 figli e un parto quadrigemellare quasi a compimento. Per una semplice questione matematica, quei soldi non ci sono.

Serve un'altra fonte di reddito, servono entrambi i coniugi. I genitori possono portare i figli a lavoro, in Italia? Ne dubito, dubito sia la norma. Come non è la norma la presenza di asili nido e strutture scolastiche adeguate, non è la norma perché ce ne saranno al Nord, ma al Sud è la desolazione. Il risultato: a questi ipotetici bambini deve badarci la mamma (siamo in Italia), mentre spolvera la cristalliera e prepara la cena per il maritino. Un quadretto che qualcuno trova edificante.

Ok, uno o più pargoli vedono la luce, infine, facciamo che uno dei genitori abbia la possibilità di dedicargli tutta la giornata, risparmiando i soldi per gli asili privati. Gli alimenti per i bambini, i pannolini, tutto quel che serve ai più piccoli costa una fucilata. Non sono pratico, non so cosa serva davvero, ma non ho dubbi sui costi eccessivi e sull'incapacità (e la volontà) governativa di incidere in tal senso.

Poi ci sono le scuole, ovviamente ancora una volta si spinge al privato, piuttosto che potenziare i servizi pubblici. Con l'attrezzatura, i libri. Le gite che non ci si può più permettere.

Infine, a questa nuova generazione vogliamo imporre la stessa povertà che, generalmente, ha afflitto quell precedenti? Perché sì, con gli standard odierni, quella che ho vissuto io (come milioni di miei coetanei), oggi è povertà. E qua chiudo la parte più materiale del discorso.

Come il presente, il futuro è un'enorme fonte di preoccupazione; tuttavia, è probabile che si percepisca il presente come qualcosa di personale e il futuro come un'eredità. Le eredità contemplano anche i debiti. Il futuro è un pagherò che trasmettiamo ai nostri successori, tanto noi nel frattempo saremo morti. Questo discorso non vale per me e non vale per tantissima altra gente.

L'eredità collettiva che ci stiamo preparando a lasciare è quella dei fascismi che ritornano, una malattia che non va mai in recidiva. Stanno apparecchiando un futuro di sconquasso climatico, col mondo che è già cambiato in tal senso e sembra proprio si voglia far finta, perniciosamente, che non stia accadendo nulla.

Stanno cercando di normalizzare il fascismo e la gente, che sostanzialmente nasce di destra, sembrava non aspettasse altro. Dico che la gente nasce di destra perché, semplicemente, è più facile vivere così: non ci si fanno troppe domande, per propria debolezza si delega la propria esistenza all'uomo forte, a ogni problema si oppone la soluzione più semplice e immediata, che è sempre quella sbagliata.

L'oligarchia sta spuntando anche in occidente.

Una parte enorme della ricchezza degli Stati finisce in armamenti, non si sa perché (cioè, si sa ma sarebbe meglio il contrario).

La potenza dei social, la più grande disgrazia degli ultimi decenni, è al culmine: l'opera di disumanizzazione della gente è completa. Lo affermo da tempi non sospetti, non mi son svegliato stamattina con questa idea.

Tutto è orientato alla privatizzazione, sanità e scuola pubblica andranno avanti non si sa per quanto tempo, non si sa in quale forma.

Si studiano e promulgano leggi liberticide per sopprimere la protesta, in tutte le sue forme, anche quelle date per scontate da sempre: gli studenti, i lavoratori, le categorie dimenticate o apertamente, furiosamente osteggiate.

Piuttosto che celebrare e riconoscere la diversità per quel che è, un bene prezioso, nonché la normalità mondata da sovrastrutture religiose e ideologiche, si fa di tutto per schiacciarla e tornare a una presunta epoca d'oro di immobilismo e pietrificazione culturale.

Stanno creando un mondo mezzo bruciato e mezzo allagato, spostando la ricchezza quanto più possibile verso chi non ne ha già alcun bisogno, tentando di creare un esercito di soldatini poveri a cui è vietato qualsiasi cenno di insofferenza.

Con queste prospettive, io non contribuirei mai a mettere una nuova creatura al mondo. Mi sentirei di averla condannata.

Intanto, vi dicono di fare figli. Ma. Ma non potete adottarli e non possono farli altri per voi, perché la gestazione per altri è un reato universale sotto una certa soglia ISEE: oltre i 200 miliardi di dollari non è reato, anzi.

 
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from Il Problema della Musica

Mi hanno insegnato che i cambiamenti sono comunque una cosa positiva. Sarà. Le terribili immagini di Valencia ci hanno confermato che questo è un Pianeta sovrappopolato, inquinato e preda di cambiamenti climatici che solo i mentecatti, gli opportunisti e i disonesti si ostinano a negare.

E in Usa sta per entrare in carica il comandante in capo dei mentecatti, degli opportunisti e dei disonesti, un delinquente ricco, golpista e razzista, il rappresentante della peggio umanità possibile, un negazionista fascista, fanatico e violento.

Finirà malissimo, per tutti, anche per quei nostri 4 dementi che tifano (e pure per i cosplayer padani); andrà malissimo anche, e soprattutto, per quei poveri che, incredibilmente, si illudono di trovare la soluzione magica votando un miliardario criminale e votando la peggior destra reazionaria, finanziata e sponsorizzata da miliardari (pericolosi) come musk (volutamente minuscolo).

Andrà malissimo alla democrazia, che sarà fatta a pezzi in America, e subito sarà seguito dai suoi emuli in Europa e Italia, che non attendono altro, che sono andati a prendere ordini.

Andrà bene solo per ricchi e ricchissimi, che infatti sono in processione da lui. E controllano il 90% di Internet, perché glielo abbiamo lasciato fare.

Io mi rifugio nel fediverso, in attesa di tempi migliori, ma nel mio piccolissimo continuerò a rompere i coglioni.

E per fortuna c'è sempre la Musica.

 
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from Il Taccuino

(Venuta la superbia viene anche l'infamia / ma la saggezza è con gli umili)

Avrei tanto voluto guardare il mondo dalla vostra altezza, senza dover chinar lo sguardo, reclinare il collo, e accontentarmi dell'orizzonte che disegna i confini della terra, segna il limite delle colline verdi e quotidiane, il biancogrigio delle pietre e l'azzurro quasi timido del cielo. Meglio sarebbe stato strisciare sulle foglie e in mezzo ai sassi come i vermi, accontentarmi dell'odore del terriccio, del rinvigorente muschio, e non aspirare ad altro, se non all'eterno ritorno di tutto ciò che è eterno. Tuttavia non scorre brezza nel mio sangue, ma tempesta. Nessuna mia parola può giungere a voi che m'ascoltate, ché essa si leva in alto, superba sopra le montagne, custodi immoti del giorno e della notte, e rigonfia il cielo di nembi di burrasca, rovescia su di voi le ardenti piogge di quest'ira sconfinata che mi distrugge e mi consuma. Se vi guardo mi apparite come comiche formiche e solo basterebbe un passo per schiacciarvi, ridendo in cuore di questa tremenda mia albagìa che mi condanna a esser ripa, roccia, scogliera, tormentata dalle onde, ma sempre fiera con lo sguardo fisso a sfidare l'orizzonte. Eppure m'atterrisce la notte che m'aspetta, quest'oscurità che mi abbraccia come un manto, questo infinito, terribile silenzio. Nessuno potrà mai trovarsi insieme a me quando questa pur odiata terra sotto di me spalancherà le crepe delle rocce. Mi vedrete forse accasciarmi, come un elefante vinto dalle lance e cosa sarà di me se non la carcassa di un gigante, una maestosa solitudine senza vita?


agostinoarrivabene_hybris (A. Arrivabene, Hybris, 2021, olio su lino 150 x 120 cm)

 
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from Giardino Videoludico

La scelta del personaggio

Less is more (anche nei videogiochi)

Uno degli obiettivi nella vita di ognuno di noi, è di fare della propria passione un lavoro, questo è un dato di fatto ed è innegabile. Non molti ci riescono, ma quei pochi che lo fanno si ritengono (a ragione) estremamente fortunati, oppure semplicemente hanno lavorato sodo per arrivare a fare ciò che più piace loro. Riad Djemili e Johannes Kristmann sono tra coloro che possono vantare di aver raggiunto questo traguardo. Il duo tedesco, chiamato Maschinen-Mensch, ha trasformato la passione per le avventure, per le spedizioni, per la storia, in un videogioco, un prodotto di successo, che ha fatto la loro fortuna dopo anni di sviluppo di videogiochi più o meno travagliato. Riad, laureato in Computer Science (l'equivalente della nostra facoltà di Informatica) è un programmatore e game designer, e dapprima si è occupato di sviluppo su dispositivi mobili, per poi partecipare attivamente allo sviluppo di Spec Ops: The Line, videogioco in terza persona del 2012, con la Yager Development. Johannes ha invece frequentato la Game Development School, è un art e game designer, e nella sua carriera si è occupato principalmente di sviluppo di giochi con interfaccia in Flash e per il web, prima di approdare anche lui alla Yager Development per partecipare allo sviluppo di Spec Ops: The Line. Lavorando per un team grande, e per tanti anni nella stessa azienda, Riad Djemili e Johannes Kristmann hanno detto:

Grandi team hanno meno influenza sugli individui

Poi:

E' difficile fare qualcosa di speciale, per sè stessi e per gli altri

E ancora:

Alto budget vuol dire appeal mainstream

Non è difficile quindi capire le motivazioni che hanno spinto i due a uscire dalla Yager nel 2014 e fondare i Maschinen-Mensch, con l'obiettivo di fare piccoli giochi con grande passione, rimanendo un team di ridotte dimensioni e indipendente.

I paesaggi sono variegati e dettagliati

Appassionati di spedizioni

Quando Riad e Johannes hanno fondato questo team indipendente, il primo problema è stato su cosa basare il loro primo videogioco. La risposta è arrivata piuttosto velocemente, in quanto entrambi hanno scoperto di avere una passione molto particolare, quella per le esplorazioni (una delle personalità storiche preferite di Riad è infatti Richard Francis Burton, inserito poi nel gioco come personaggio utilizzabile). Le influenze principali per le idee che hanno poi dato vita a Curious Expedition sono stati i film di Indiana Jones e le vicende legate al periodo del colonialismo. Ovviamente tutto ciò non è stato sufficiente, perchè c'era bisogno anche di inserire personaggi, creature, e in generale dinamiche che ruotassero attorno all'idea iniziale di una serie di esplorazioni in ambienti complessi e selvaggi. Per questo, molte delle ispirazioni legate alle spedizioni (per lo più del periodo del XVIII secolo) derivano dai libri di H.P. Lovecraft, così come le varie creature sono state prese in prestito dai testi di Jules Verne, tra cui “L'Isola Misteriosa”, “Viaggio al Centro della Terra” e “Il Giro del Mondo in 80 Giorni”, da cui i Maschinen-Mensch hanno estrapolato l'idea di mettere in competizione tra loro una serie di esploratori. Nelle prime fasi dello sviluppo di Curious Expedition, quando ancora era in fase embrionale, il videogioco era un semplice browser game sviluppato in Coffeescript, una variante del più popolare Javascript. Con il procedere dello sviluppo, Riad Djemili e Johannes Kristmann hanno pensato di implementare la generazione dinamica di testo e di inserire personaggi fittizi invece che realmente esistiti. La prima delle due idee è stata scartata quasi subito perchè risultava poi estremamente complicato fare la traduzione dei testi in altre lingue, quindi il testo è diventato statico e predeterminato. Per quanto concerne la seconda, ha continuato a prendere piede (con l'aggiunta di alcuni personaggi famosi come easter egg) fin quando, dopo la pubblicazione delle prime immagini, l'entusiasmo del pubblico per il progetto ha fatto in modo che gli sviluppatori decidessero di inserire personaggi realmente vissuti come selezionabili, anche per poter apprendere le loro vite e il contributo che hanno dato da un punto di vista storico. Per coinvolgere il pubblico e tenerlo al corrente dello sviluppo di Curious Expedition, i Maschinen-Mensch hanno pensato di partecipare, inizialmente con molta disillusione, all'hashtag #screenshotsaturday su quello che una volta era chiamato Twitter, con un successo inaspettato, coadiuvato anche dalla partecipazione del duo ad una delle jam più famose del web, ovvero Ludum Dare #29, dove hanno sviluppato un piccolo videogioco chiamato Planetcorp, ora giocabile tramite browser sul sito degli sviluppatori.

Un semplice combattimento contro due tigri

Generazione procedurale

La cosa più evidente che notiamo quando facciamo partire Curious Expedition, è la grafica in pixel art, molto pulita e ben rifinita. Una scelta coraggiosa, nel 2016, ma che non sorprende visto l'exploit di giochi con questo tipo di scelta artistica, tornata in auge nell'ultimo decennio. Avere una grafica stilizzata, permette al giocatore di concentrarsi molto di più sul gameplay, che sarà il fulcro dell'intera opera del duo Maschinen-Mensch, ma allo stesso tempo sorprenderà per la sua accuratezza e la sua bellezza, specialmente nella creazione di strutture e di paesaggi. Dal punto di vista sonoro, le musiche non sono molte ma sono ben curate, così come il sound design, che comprende alcuni dettagli come i passi dei personaggi, il suono delle armi, il rumore delle montagne che emergono e altri effetti ambientali. Non c'è nulla di eccezionale, ma è tutto al posto giusto e abbiamo la netta sensazione di essere immersi completamente all'interno della spedizione. La cura messa nei dettagli dei personaggi è seconda solamente a quella delle varie location che verranno messe a disposizione di chi vorrà intraprendere una o più spedizioni, impreziosite da un dithering moderno creato tramite giochi di colori, che strizza l'occhio alle produzioni di 30 anni fa. Percorreremo lande desertiche, zone artiche, giungle fittissime, steppe aride e desolate, terre preistoriche e addirittura mondi paralleli, e ognuno di questi luoghi sarà rappresentato da strutture ben definite e un misto di flora e fauna tipici di ognuno di essi. Scendendo ancora più nel particolare, all'interno di ogni zona ci saranno decine di punti di interesse diversi da visitare, come villaggi, capanne di sciamani, residui di altre spedizioni, altari, caverne, stazioni polari, cascate, strutture fatte di pietra, templi, santuari e tanto altro. Ognuno di questi luoghi sarà fondamentale per il proseguo della nostra spedizione, o ne potrà decretare la fine immediata, per cui bisogna attentamente valutare se è necessario visitarli o meno. Non solo, ma anche durante il nostro cammino, sarà molto frequente incontrare la fauna locale, che spesso e volentieri sarà ostile e vorrà ucciderci. Sarà estremamente fondamentale conoscere il nemico e considerare attentamente la possibilità di evitare lo scontro qualora possibile, o di affrontarlo se si ha bisogno di cibo o oggetti da scambiare e si ha una squadra forte nei combattimenti. Potremo incontrare da semplici animali come iene, tigri o pantere, fino a granchi giganti, dinosauri o possenti gorilla, e più il nemico è forte e resistente, migliore sarà la ricompensa al termine del combattimento, ma anche più complicato sarà rimanere in salute e sopravvivere. Il combattimento si svolge tramite tiri di dado e la scelta di essi o di una loro combinazione. Ci sono 4 tipi di dado: rossi (attacco), verdi (difesa), blu (ibridi), viola (magici). Ogni personaggio ha uno o più tipi di dado da poter lanciare in ogni turno, e ogni dado presenta una o più facce. Combinando le facce uscite ad ogni tiro, è possibile eseguire attacchi più o meno potenti, mosse difensive più o meno efficaci, o tattiche come la provocazione, l'avvelenamento o la confusione. Anche in questo caso, c'è un fattore RNG da considerare, ma anche una buona dose di strategia. Una menzione particolare va fatta per i santuari. Essi costituiscono l'obiettivo delle nostre spedizioni, in quanto contengono sempre dei tesori, che ci permettono di guadagnare fama o denaro, e sperare di proseguire ed entrare nella classifica dei migliori esploratori del club. Ma i santuari sono luoghi sacri, e non si può pensare di saccheggiare un luogo sacro senza scatenare un qualche tipo di maledizione. Difatti, ognuna di queste strutture, se visitata e privata dei manufatti che vi sono all'interno, causa un cambiamento climatico che può variare dalla semplice comparsa di alcune montagne, fino all'apertura totale del terreno sotto i nostri piedi, che in pochi secondi può provocare la sconfitta del nostro intero party. Anche in questo caso, si possono conoscere in anticipo le conseguenze del saccheggio di quel particolare santuario, e scegliere se si vuole rischiare di affrontarle o semplicemente allontanarsi. Fidatevi, quando vi dico che spesso e volentieri l'esito di un'intera spedizione dipende da una decisione come questa, per quanto banale possa sembrare.

Un santuario può decidere il destino della spedizione

Questione di scelte

Eh si. Se c'è un videogioco dove le scelte sono fondamentali, è proprio Curious Expedition. E non intendo solamente un personaggio piuttosto che un altro, un luogo invece di un altro.. Intendo davvero qualsiasi piccola e apparentemente innocua mossa. Cominciamo ogni spedizione dovendo scegliere in quale ambiente dirigerci, e già questo è fondamentale e richiede strategia, perchè dobbiamo capire se abbiamo gli oggetti giusti per affrontare una tipologia di ambientazione piuttosto che un'altra. Successivamente, dobbiamo scegliere se assumere qualcuno, ed eventualmente chi assumere, e questo può influenzare enormemente l'andamento della spedizione, perchè un personaggio potrebbe essere più adatto di un altro, sia in combinazione con il nostro che con gli altri componenti della squadra. Poi c'è la scelta dell'equipaggiamento da acquistare e da portare con noi, e probabilmente da questa dipende la sorte della nostra esplorazione, perchè dobbiamo equilibrare cibo, armi e strumentazione varia con i soldi che abbiamo, che spesso e volentieri non sono sufficienti per acquistare tutto. Frequentemente ci troveremo a dover scegliere che tipologia di oggetti acquistare e quali lasciare, e di conseguenza affrontare la spedizione in un modo piuttosto che in un altro. Ad esempio: se non avremo armi, forse dovremo evitare gli scontri con la fauna locale, per evitare di arrivare impreparati ed essere presumibilmente uccisi. E questa è solo la preparazione. Una volta approdati nel territorio da esplorare, ogni turno ci consentirà di muoverci di un numero di passi proporzionale alla quantità di sanità mentale che abbiamo in quel momento. La sanità mentale è un parametro fondamentale, rappresenta la nostra energia fisica e psicologica per spostarci nel paesaggio, quindi dovremo sempre averne un po' a disposizione, per evitare l'accadere di imprevisti che possono andare dal perdere qualche oggetto, alla morte di uno o più membri della squadra, quindi è importantissimo decidere di volta in volta quale luogo della mappa visitare, se approfondire l'esplorazione di alcuni punti di essa, oppure tralasciare alcune sezioni per arrivare il prima possibile alla destinazione finale: la piramide dorata. Nel frattempo, qualsiasi luogo esplorato ci mette di fronte a delle situazioni dove potremo decidere se parlare con determinati personaggi, saccheggiare cadaveri di animali o di precedenti esploratori, aprire sarcofagi che potrebbero contenere tesori oppure pericolosissime mummie, attraversare caverne con o senza l'ausilio di luci e tante, tantissime situazioni generate proceduralmente dal gioco. Anche il semplice riposare durante la notte può costituire un pericolo per i nostri esploratori. La gestione dell'inventario è altresì cruciale nello svolgimento delle spedizioni, perchè sarà limitato e vi obbligherà a decidere cosa portare con voi e cosa lasciare per strada, spesso scegliendo fra materiale necessario alla sopravvivenza e oggetti utili per la vendita o per la cessione in cambio di fama; in questi casi avere una visione della situazione a 360°, prevedere in un certo senso situazioni future e valutare attentamente lo stato del proprio gruppo sono le uniche strategie che potranno determinare, nel bene o nel male, l'esito della run. Al termine di ogni esplorazione, potremo vendere o donare gli oggetti recuperati, in cambio di soldi (per l'acquisto di altri oggetti nella successiva spedizione) o di fama (per ottenere un vantaggio nella classifica degli esploratori). Come accennavo, i personaggi principali sono molto diversi fra loro e consentono di cambiare modalità di approccio alle spedizioni, passando da quello più aggressivo fino a quello più pacifista. Di conseguenza, è possibile modulare il proprio stile di gioco per avere delle partite sempre diverse fra di loro e sempre nuove. Non è stato così inusuale che, fra le mie innumerevoli run, mi fossi trovato a stupirmi di scelte fatte e delle loro conseguenze, anche dopo tante ore di gioco. In conclusione, posso affermare che Curious Expedition è un prodotto che prende meccaniche roguelike già collaudate con successo da altri videogiochi, ma le eleva all'ennesima potenza, variegando in maniera esponenziale e permettendo al giocatore di avere tante ore di divertimento senza mai stancarsi, con un livello di difficoltà alto che richiede una strategia fine e dettagliata fino al minimo particolare, e che sebbene possa frustrare molto, può dare anche grandissime soddisfazioni, risultando un titolo virtualmente infinito e incredibilmente sorprendente, da non farsi assolutamente sfuggire.

L'obiettivo finale... E' la gloria!

 
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from pop e memorie


Sentita stamattina da una persona nata in un podere, ricompensa per il nonno, partecipe dell'impresa abissina. Partecipe suo malgrado, come molti altri soldatini.

Radunavano persone in un posto e le tritavano con le mitragliatrici, questa sarebbe una guerra, questa è la guerra. Al ritorno, il nonno inizio a bere, fino all'alcolismo e l'alcolismo fu la sua fine. Lasciando quel podere a chi non aveva avuto la fortuna di partecipare all'impresa.

Ho sentito della prossima introduzione della storia d'Italia come materia alle scuole medie, chissà se storie come questa saranno raccontate. Più probabilmente, si inventerà dell'impresa.

 
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from Racconti spontanei che attraversano l'autore

Il potere è sfrenata individualità che ignora il presente continuamente proiettato in un futuro di distruzione dal quale sarà lontano a crogiolarsi e a dire “la colpa è vostra”. Il percorso è tracciato con chiarezza, ignoranza della sconfitta e dell’oblio. Gli esseri umani hanno smesso di amarsi, tollerarsi, capirsi, sono selvaggi tornati al primo ululato. Hanno smesso di includersi, differenziarsi, etnicizzarsi, diventare minoranza, ora sono una sola cosa e non conta altro se non quello che c’è nel mezzo, hanno smesso con gli alberi e le radici, diventano finalmente batteri proliferanti ammassati e ammassanti, una follia febbrile divagante, fauci tanto aperte da spaccare le mandibole. E non importa se hanno perso la memoria, costruiranno nuove storie su quello che rimane delle vecchie immagini dimenticate, con un linguaggio nato per dare ordini e non per fare arte o filosofia. Vivono nel virtuale, che è tutto ciò che vedono i loro tre occhi individuali, si parlano addosso autocitandosi e nell’immaginare il futuro non dimenticare; gli esseri umani reagiscono.

 
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from ordinariafollia

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è stato subito chiaro che questa intima scatola d'acciaio avrebbe fatto di me un uomo o una donna più dei baffi o della gonna più della cravatta e della valigetta, più delle rose, del bancomat o della fretta.

è stato subito chiaro che questa amante a scoppio avrebbe fatto di me un albero libero o una roccia libera più della carta di identità più delle processioni e delle lavanderie a gettoni, più dei colori delle bandiere o del pin.

 
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from Super Relax


Versione abbellita su Wordpress Panoramica su OpenStreetMap

È la strada che conduce alla parte più alta di Vallemarina, una delle frazioni di Monte San Biagio. Una zona di campagna, senza attrazioni particolari ma dove è molto piacevole pedalare, affrontando pendenze poco impegnative (generalmente), circondati da una natura non eccessivamente antropizzata, con pochi agglomerati veri e propri di abitazioni che cedono presto il passo alle singole abitazioni.

Che si provenga da Fondi, Terracina o Monte San Biagio, l’accesso principale è sempre lo stesso: l’incrocio che dalla SS 7 Appia immette in via Macchioni, all’altezza del cimitero di Monte San Biagio. Volendo, da Terracina è possibile accedere sia da via Epitaffio, strada non asfaltata, che da via di Mezzo, 500 metri più avanti. Provenendo da Fondi, è possibile evitare la maggior parte del tratto sulla statale seguendo due percorsi: il primo, consiste nella sequenza via San Magno, via Rene, via Provinciale San Magno, viale Europa e, infine, 2,7 km di statale, fino a via Macchioni.
L’altra strada passa per le vie parallele ai binari: via della Ferrovia, via Sotto Ferrovia, via Parallela della Stazione e, infine, via Bufalari per immettersi sulla SS 7, tornare indietro di circa 300 metri e poi inserirsi in via Macchioni.
Ahinoi, questa opzione prevede possibili incontri con cani, mi è capitato di imbattermi in due maremmani: uno tranquillo e disinteressato, l’altro scappato da una recinzione e molto aggressivo, che ha tentato di aggredirmi nonostante fosse presente il proprietario, che cercava di calmarlo senza alcun risultato.

Il tratto iniziale, via Macchioni, è sostanzialmente pianeggiante, con qualche salita e discesa di lieve entità. Dopo 1 km abbondante, c’è il primo incrocio e, volendo, potete andare a destra per percorrere qualche stradina secondaria, per il gusto di farlo.
Per arrivare in via Viola, invece, dovete semplicemente proseguire sempre dritto, seguendo quella che sembrerebbe una strada principale. Lo è.
A un certo punto, ci si imbatte nell’incrocio con via Cervelloni o Cervellone: la toponomastica ufficiale dovrebbe essere al plurale, ma l’indicazione è al singolare, quindi chissà; in ogni caso, svoltando a sinistra si raggiunge uno spiazzo dominato da una fontanella, appunto Fontana di Cervellone.
Proseguendo dritti, invece, siamo finalmente in via Valle Viola, dove la salita vera e propria inizia.

Finite le salitone, brevi ma intensissime nella parte conclusiva, si giunge all’incrocio con via Pozzo Cipolla ed è lì che termina questo itinerario. A destra, via Valle Viola prosegue ancora per un po’, finendo nei cortili di alcune abitazioni; continuando a sinistra, ci imbattiamo in una sbarra con divieto di accesso ai veicoli. Eppure, sembra che non tutti i ciclisti rispettino il segnale, probabilmente usufruendo del cancelletto pedonale alla destra della sbarra, superato il quale ci si dovrebbe immettere su una strada sterrata per poi raggiungere il pozzo che dà il nome alla via, evidentemente locato in una proprietà privata.

Dopo aver percorso il tragitto al contrario, ci si ritrova all’incrocio di via Macchioni con la SS 7 Appia, dove scegliere di proseguire per Terracina, Monte San Biagio o Fondi (rifacendo il percorso inverso o passando per le zone del lago).

Cosa portarsi dietro:
– Borraccia;
– Crema solare, si pedala lontani dall’ombra per buona parte del percorso;
– Coccodrilli o orsetti gommosi per un pizzico di dolcezza ma, prima ancora, spizzichi di carboidrati e zuccheri.

Fontanelle:
Percorrendo via Provinciale San Magno, ci imbattimo alla solita fontanella al semaforo. Come anticipato, nello spiazzo di via Cervelloni ne troviamo un’altra, non so se sia potabile o no. Dovrebbe: non ci sono indicazioni contrarie, comunque non me ne sono mai servito.

Terreno e altimetria:
Secondo Strava, via Valle Viola è una salita di 4,14 km, pendenza media del 5,6%: non ho particolare motivo di dubitarne, ma questo valore può trarre in inganno sulla difficoltà complessiva. Le pendenze sono moderatamente dolci per buona parte del tempo, con qualche breve rampa all’8-10% e un po’ di saliscendi.
Il tratto più difficile ci attende alla fine, con pendenze a due cifre in alcune rampe, anche del 15%: non nego di essermi fermato, una volta, per abbassare il ritmo cardiaco, prima di ripartire per le ultime centinaia di metri. Per i ciclisti meno allenati, come me, consigliati rapporti molto agili, da mountain bike.
L’asfalto è molto buono all’inizio, in via Macchioni, poi diventa progressivamente meno curato, con un numero di solchi e rattoppi crescente. Vista la scarsità di traffico, difficilmente il manto stradale sarà rifatto a breve.

Potenziali imprevisti, pericoli e cani aggressivi:
In salita, poco da segnalare, a parte l’asfalto poco curato di prima. La discesa è da affrontare con cautela nella parte iniziale, per via delle pendenze elevate che vi catapultano velocemente a circa 50 kmh: ci sono alcuni incroci, curve su carreggiate strette con scarsa visibilità e tratti di strada con della ghiaia di troppo, quindi meglio procedere con cautela e evitare inchiodate coi freni, perdite di aderenza o incontri troppo ravvicinati coi pochi automezzi in circolazione.
Non incontrerete gruppi di ciclisti, probabilmente non ne incontrerete neanche uno, se non dopo esser tornati sulla SS 7; in ogni caso, non si è in mezzo al nulla e ci sono case abitate lungo tutto il tragitto.
Cani aggressivi non ne ho mai incontrati, anzi: fate attenzione a eventuali gatti e cani di piccola sdraiati in mezzo alla strada, intenti a godersi la tranquillità del posto.

Variazioni del percorso:
La salita di via Valle Viola presenta un solo versante e non c’è altro modo di percorrerla; tuttavia, siete liberi di perdervi nelle stradine laterali che la precedono, quelle senza via d’uscita sono poche.

Traccia su Komoot

 
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from Il Problema della Musica

Siamo sempre stati, o siamo diventati?

Eppi niu iar, italiani brava gente!

Sarebbe da scriverci un libro, fare uno studio, esaminare, guardare, analizzare il tutto, perchè il fenomeno colpisce duro, ed è difficile comprenderne le cause. In più, terrorizza.

Mentre è in corso la terribile, assurda, ingiusta vicenda di Cecilia Sala, basta farsi un giro sotto i post di una qualunque testata online che ne parli. “E i #marò?” (sembra di essere tornati indietro, in un cerchio senza fine)

E' bastata l'imbeccata di un rotolo di carta igienica destrorso, che l'ha additata a “nemica” perchè 13 anni fa aveva fatto un tweet non favorevole ai due tizi citati (aveva 18 anni...).

Apriti cielo! sta venendo fuori tutta la melma del Paese, che invoca pene severissime per la Sala, e chissà mai perchè dal momento che non ha fatto niente: eh già bravo, ma lei ha osato criticare i marò (che, quantomeno, uccisero delle persone, è provato). Quindi, lei è nemica, va additata, disprezzata, ingiuriata.

Ora, conosciamo bene lo schifo e l'abiezione di certi giornalini di destra (strano eh...), bravissimi a fomentare queste pecorelle; in sostanza, questo serve a distrarre il popolino, tipicamente destrorso, dalle nefandezze e dai disastri causati dal loro governetto; sia mai se ne accorgano, no no, diamogli un nuovo nemico con cui tenere l'attenzione occupata, e via, si fa lo stesso con i migranti del resto (per fortuna c'è chi “difende i confini” ...). (mi domando come mai l'Ordine dei Giornalisti non dica una parola, e va beh, a cosa serve non lo sa nessuno).

Sei un mediocre? hai una vita di merda? sei un fallito? sei un perdente invidioso? ti diamo occasione di sfogarti contro una persona preparata, di successo, che guadagna più di te, tiè!

Il problema vero nasce nel momento in cui ti accorgi che, in questi commenti, trovi persone che, incontrando nella vita reale, definiresti “qualunque” :

  1. vecchi boomers semianalfabeti, che non sanno scrivere un commento senza commettere grammaticidio
  2. nonnine con il presepe nella foto del profilo, e figli e nipotini...
  3. uomini vestiti bene, che paiono d'affari, che sembrano acculturati
  4. gattare e/o animaliste, con il profilo pieno di dolci micetti o canniolini
  5. persone cattolicissime, piene di post di santini e amen
  6. mamme con foto dei pargoli in bella evidenza

Tante donne! Tante! Ma perchè? Perchè tutta sta istigazione alla violenza, sti insulti gratuiti? sta disumanità? ma cosa siamo diventati? A me questo abisso fa paura, tanta.

Temo non basterà il ricambio generazionale; qui abbiamo tanta gente a cui è andato in pappa il cervello, e che, con assoluta indifferenza e cattiveria, augura torture, sofferenza, morte. La replica di “Gesù o Barabba”? Il pollice verso delle arene dei gladiatori?

Ma come siamo diventati cosi? O siamo sempre stati cosi?

 
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from manuel

Introduzione

Film commentati
	├─── Venom The Last Dance
	├─── Oceania 2
	├─── Kraven Il Cacciatore
	└─── La stanza accanto

Ho raggruppato tutti i miei post inerenti ai film che ho visto al cinema negli ultimi mesi con voto e un breve commento. Alcuni di essi conterranno spoiler di qualsiasi tipo.

Buona lettura.


Venom – The Last Dance

Voto: 4/10

Un'accozzaglia di inutilità mista a dialoghi imbarazzanti e personaggi plasticosi che non sanno nemmeno come rapportarsi tra di loro.

Tom Hardy è passabile ed è l'unica cosa buona del film. Gli altri attori... boh, te li dimentichi.

Knull è stato sprecato solo per dire agli spettatori “tornerò ma più avanti”.

Ha qualche momento bello, ma dura una manciata di secondi.


Oceania 2

Voto: 6/10

Va bene mostrarmi lo stomaco psichedelico di una bestia marina. Va bene farmi vedere la versione femminile di Batman che scaglia pipistrelli veri anziché batarang. Va bene farmi sentire delle canzoni.

Ma non puoi:
– farmi sentire due canzoni nel giro di 3 minuti;
– mostrarmi 3 personaggi dimenticabili che si “attivano” solo alla fine;
– far morire e resuscitare Vaiana;
– fare una scena post credit in stile MCU.


Kraven Il Cacciatore

Voto: NC (Non Classificabile)/10

Incommentabile. Tutto quanto è sbagliato.

Personaggi, logica, CGI, ANIMALI IN CGI e, ultimo ma non da ultimo, MACOS SU UN CAZZO DI SURFACE.

Le scene d'azione sono al limite del concepibile. Dialoghi scritti da uno che non sa come si parla. Sceneggiatura orrida. Carisma zero. Tanti, ma tanti, addominali.

Inoltre, questo film è educativo: ho imparato a contare fino a tre e parlare in russo.


La stanza accanto

Voto: 8/10

A differenza degli altri film, su questo ho poco da dire: mi è piaciuto.

Unica pecca: qualche dettaglio in più sul passato di Martha. Non che sia stato poco menzionato, sia chiaro, mi sarei aspettato qualcosina di più per comprenderla meglio.

Per il resto è una storia che sensibilizza il tema dell'eutanasia e di come influenzi molto le persone che ti stanno attorno o accanto.

 
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from la tana di Belzebu

La libertà sempre e per sempre

Il potere degli assegni è indicutibilmente persuasivo, e per assurdo lo è con coloro che meno di altri ne dovrebbero essere sedotti, tuttavia il denaro come il sapere rende consapevoli di quanto più se ne acquisisca e più comprendi di non averne e che non ne avrai mai abbastanza. Ed è cosi che canzoni popolari appartenenti alla storia personale di molti di noi, storia magari finita in tragedia, mai espressa, violentata, calpestata a derisa vengono reinventate dal capitalismo cieco. Mangia tutto, anche e sopratutto la capacità di dire no a chi potrebbe dirlo senza tremare, senza l'incubo del trenta del mese, e pure... La libertà colonna sonora di uno spot per Autostrade, beh, è ammirevole il coraggio di certe aziende che espresso dai maghi del marketing sconfina ben oltre il senso del pudore, oltre l'umano sentimento della vergogna, io suggerico per la prossima campagnà pubblicitaria "uno su mille ce la fa" con la voce del suo cantante naturale Morandi, così da avere una bella ed estesa dichiarazione di inenti. Il capitalismo che tutto divora che tutto vuole e noi, noi, le persone in file, scalpitando di gioia, per il macello, ma con l'assegnino, anche "ino", tutto si supera, si supera la decenza, la dignità la propria e quella altrui. Buon anno a tutti, vi auguro di saper resistere, anche dove resistere è facile, perché ormai nessuno resiste più a nulla, non resistiamo alle lusinghe di plastica tossica di Temu, non resistiamo a niente, vogliamo tutto e diamo in pasto i sogni, le idee, le anime e le fate a mostri ciechi che vedono solo ciò che vogliono afferrare e divorano tutto. il capitalismo

 
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from fili ritrovati: re-fabric Zwirn-schen uns

Nuovo atelier!

mi trovate in via Antonio Rosmini, 23

se non ci sono o per pianificare la visita, i miei contatti sono nella sezione ❓🗣️✉️@📞 .

New location!

you can find me at 23, Antonio Rosmini street

if i'm not there or you wat to plan a session, my contacts are in the ❓🗣️✉️@📞 section.

Neuer Standort!

Sie finden mich in der Antonio Rosmini Straße 23.

Wenn ich nicht da bin oder Sie eine Sitzung planen möchten, finden Sie meine Kontakte im ❓🗣️✉️@📞 Abschnitt.

 
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from la tana di Belzebu

Di Censis, auto elettriche, di classe dirigente e di niente

Il rapporto annuale del Censis che il buon Vecchioni a definito un vecchietto, impolverato aggiungo io, che sta dietro ad una scivania a tirar giù dato statistici da non si sa dove, è anche quest'anno impietoso, gli italiano sono analfabeti funzionali con una percentuale spaventosa che supera ampiamente il 70%, non sammpiamo chi era Mazzini non sappiamo un sacco di cose... Va bene così, del resto per fottere il prossimo speculando sulla pelle dei malati, facendo leva sul il cuore analfabeta della persone non occorre sapere chi era Mazzini, questo non ci salva dagli errori di comunicazione, errori che ci fanno guadagnare milioni di euro in panettonni. "Ah! approffitto dell'occasione per porgere ai miei lettori un sentito augurio di un sereno Natale..." Ma torniamo al 76% di persone non in grado di comprendere un testo scritto, mi piacerebbe conoscere la dispersione di questa percentuale, o meglio come questa sia distribuita sull'intera popolazione, ovvero come i caproni ignoranti siano presenti in tutti gli strati della società cosiddetta civile, si perché sentendo "haime!" spesso parlare politici e classe dirigente non mi pare che questi siano estranei a questo 76%. Basti pensare alle sparate su piazze e libri del nostro ex ministro dell'istruzione, alle paraboliche sortite del nostro ministro dell'interno su chiodi sinistri che attentano alle nostre infrastrutture d'avanguardia ma anche ad una pletora di economisti ed esperti di mercato, soprattutto nell'automotif che non comprendono come mai non si vendano più le auto, elettriche principalmente, ma anche tutte le altre, "classiche" in generale, auspicando interventi mirabolanti quanto improbabili da governi esautorati e privi ormai di qualsiasi forma di autorità ancor che di autorevolezza. Sul sito di Fiat, Stellantis o quel che è, poco importa, possiamo approssimarci all'acquisto di una city car elettrica come, ad esempio una bella 500, macchina carina, dal design riuscito, design del 2007, ricordiamocelo, per poi scoprire che, volendo acquistarla con un conveniente finanziamento, verseremo € 2.500 subito, per poi procedere con comode rata da € 199 al mese per 36 mesi con una maxi rata finale pari a € 14.616,35, (Tan Fisso 2,99% Taeg 4,81%) lascio a voi il conteggio. Poniamo che una persona abbia un reddito pari ad € 40.000 lordi annui, con un impatto fiscale, del 60%, perché si le tasse non sono soltanto quelle che ci ritroviamo nella busta paga, abbiamo bolli, canoni, Tari, imu e altri mille mila balzelli, senza contare IVA etc... Dicevamo, un impatto fiscale del 60% i nostri 40K lordi annui diventano 16.000 euro, da suddividersi per 13, ma facciamo dodici mensilità per uno stipensio mensile pari ad € 1.330... Che falciato da un mutuo che, soffiando sul vento dell'ottimismo, abbiamo ad un tasso fisso per trent'anni che ci porta ad una ratadi € 350 andoamo a € 980 con i quali dovremmo mangiare, vestirci, vivere dignitosamente, sperando di non aver un mal di denti urgente o chel'amministratore non scappi con i soldi sull'isola dei panettoni con una bionda che si sente libera... Beh amici miei economisti, manager, esperti in marketing di sto ...zo i soldi per la 500 elettrica, green che salva il mondo gli analfabeti funzionali da 1.330 euro al mese non li hanno. Gli analfabeti funzionali, ignoranti, razzisti omofobi, assassini se maschi bianchi eterosessuali, servono solo ad arricchire queste cime di ...zo sesquipedali. Il governo dalla super potente Giorgia Ia convoca il patron di Stellantis a riferire dopo la fuga da cento milioni di euro di Tavaers, e la crisi che invitabilmente porta a tagli da esercitare a svantaggio dei lavoratori, "che strana sta cosa eh!?) Elkan declina l'invito dicendo che riferirà quando avrà qualcosa da dire, sostanzialmente ha fatto spallucce... E meno male che questi sono quelli della destra, quelli del governo forte e patriota... O si rimette il lavoro, remunerato in maniera congrua, al centro della vota delle persone, ma non nella narrazione del lavorare per performare per produrre mille volte di più di quello che sarebbe necessario, ottimo e abbondante. Il lavoro come motore per una società che sia ricca per tutti, che sia condivisa nell'intento di migliorare.

 
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from Il Problema della Musica

Ho letto un po' di cose in giro, in questo periodo, per cercare di capire se tutto il pessimismo che circonda la Musica, anche per l'avvento delle nuove tecnologie, sia davvero fondato. Non viviamo tempi esaltanti, dal punto di vista musicale, questo è evidente a chiunque se ne occupi, ma davvero non c'è speranza?

Ben evidente è anche il declino delle grandi major discografiche, che si sono trasformate in sterili aziende di pura gestione della proprietà intellettuale, perdendo il contatto con la creatività. E' un male? forse no, ci sono già molti esempi di una maggior connessione tra artisti e ascoltatori, connessione diretta, e tutto questo potrebbe evolvere nei prossimi anni, grazie anche a piattaforme alternative e, perchè no, tecnologicamente avanzate, che permettano un sempre più semplice contatto diretto con gli artisti.

Magari è una speranza, ma la creatività potrebbe trovare nuovi sbocchi proprio grazie alla moltiplicazione di canali e di generi musicali, proprio a scapito delle major ingessate nella loro omologazione. In fondo, parliamo di arte!

Oggi, chiunque ha la possibilità di creare la propria musica, e renderla disponibile a tutti, senza spendere cifre folli ne legarsi a contratti capestro.

L'omologazione ha reso i pezzi e i dischi tutti uguali, ma è questo che cerca davvero l'ascoltatore? O cerca qualcosa di nuovo? Potrebbe trovarlo in questo magma di arte “decentralizzata” e più dinamica, e non è uno scenario cosi inverosimile, già accade.

Le piattaforme di streaming tendono ad appiattire il tutto su logiche algoritmiche, e non fanno innovazione: l'innovazione musicale viene da “outsiders”, dai margini della società, dalle scene live, dai club e dalle piattaforme alternative, e in questo non si differenzia dal passato, è sempre stato cosi.

Ecco, la musica live può essere un motore importante di questa evoluzione : l'energia e l'emozione non possono essere replicate dalle app, e questo i fans vogliono, e, come la cronaca dimostra, pagano anche cifre elevate pur di essere “presenti”.

La creatività, l'energia, la passione, la voglia di qualcosa di nuovo, e la connessione diretta, il tutto mescolato in un nuovo ecosistema decentralizzato e creativo, dove la qualità prevalga, insieme ad una partecipazione più coinvolta.

Decentralizzazione e creatività

Ripeto, stiamo parlando di arte! La musica troverà strade nuove, la musica non può essere solo questa di oggi, cercate bene, ci sono delle perle nascoste, e credo (e spero) che tutto questo esploderà in qualcosa di grande e stimolante, dove tornerà a regnare la bellezza.

 
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