Storia di un inizio
Quando si gioca un titolo come Unpacking, spesso si tende a pensare che sia un semplice puzzle game, abbellito da suoni e musiche, con un gameplay che magari diverte, ma non ispira una vera e propria profondità. Questa era una premessa dovuta.
Come altre storie di videogiochi, anche questa comincia molto prima rispetto all'inizio vero e proprio dello sviluppo. Dobbiamo tornare a molti anni prima del 2018, quando i due sviluppatori australiani Tim Dawson e Wren Brier, in arte Witch Beam, ancora ragazzi, erano alle prese con innumerevoli traslochi. Si, perchè contrariamente a quanto premesso, Unpacking è tutto fuorchè un classico puzzle game, dove attraverso l'utilizzo del mouse si spostano oggetti da un punto A ad un punto B cercando di realizzare l'obiettivo finale.
Tim e Wren crescono quindi con il fardello di doversi spostare spesso, cambiando casa e inevitabilmente ripetendo spesso il gesto di impacchettare e spacchettare i loro oggetti più cari, perdendo o ritrovando tra di essi qualcosa che ha caratterizzato le loro esistenze.
Nel 2018, quindi, i due si trovano a lavorare nello stesso team. Tim Dawson ha acquisito nel tempo competenze nell'animazione di personaggi, lavorando per studi australiani come RatBag, Team Bondi, Pandemic ma soprattutto Sega Studios Australia. Wren Brier è una sviluppatrice UX/UI e ha principalmente lavorato per gli Half Brick Studios.
Il progetto che portano avanti nel 2018 tuttavia procede a rilento e in modalità part-time, cosa che cambierà nel 2019, quando i due decideranno di mettere corpo e anima nella creazione di questo titolo, lavorando full-time su di esso, per un totale di 3 anni e mezzo di sviluppo.
Racconto senza parole
Se vi chiedessi di raccontare una storia, ma senza dire neanche una parola... Che cosa fareste?
Questo è il limite che Witch Beam ha progettato di superare all'inizio dello sviluppo di Unpacking. Tutto ciò che il giocatore si trova davanti quando apre per la prima volta il videogioco è una stanza con delle scatole chiuse. Non c'è introduzione, non c'è tutorial, non c'è spiegazione. In questo, come in altri pregevoli esempi, è il design stesso che spiega cosa bisogna fare e come farlo. L'ambiente parla, gli oggetti non sono semplici soprammobili, ma molti di essi hanno un'anima che si svela solo andando avanti nel gioco.
E così, solo estraendo dalle scatole una serie di oggetti, scopriremo ad esempio che la protagonista della storia è una ragazza (all'inizio non è così scontato, perchè alcuni oggetti potrebbero appartenere tranquillamente a membri di entrambi i generi, ma un oggetto in particolare, ovvero il pacco di assorbenti igienici, non lascia spazio ad equivoci), e che nel primo anno in cui giochiamo, è molto giovane, probabilmente in età scolastica/adolescenziale. Inizialmente il progetto era diverso, e ogni stanza doveva appartenere ad una persona differente; idea poi cambiata in corso d'opera per favorire maggiore immersività e senso di appartenenza.
Wren Brier ha affermato:
Volevo creare qualcosa che permettesse di connettere le persone, di passare qualcosa a qualcuno che non ho mai incontrato
e ancora
Faccio giochi e faccio arte per connettere con le persone
Non è quindi così strano che tutti gli oggetti raccontino qualcosa, come se effettivamente avessero una voce.
Continueremo quindi a spacchettare, cambiando anche di volta in volta l'ambiente in cui lo faremo. Questo ci consente di capire che cosa sta succedendo alla nostra protagonista, anche e soprattutto attraverso l'uso di dettagli davvero deliziosi, come ad esempio un diploma di laurea, una serie di libri per bambini, o il semplice duplicarsi di alcuni oggetti di uso comune, quando è ormai ovvio che non siamo più soli. E' altresì incredibile il livello di profondità in cui scendiamo in alcuni momenti di gioco, come quando capiamo di aver messo fine ad una relazione apparentemente tossica (sottolineata dalla mancanza di spazi per poter mettere i nostri oggetti accanto a quelli del nostro partner) e per proseguire dobbiamo letteralmente chiudere dentro un armadietto una delle foto con il nostro ex-partner che abbiamo trovato dentro una scatola, oppure quando abbiamo malauguratamente deciso di appendere un dipinto troppo vicino alla porta del frigorifero, ed è evidente l'angolo danneggiato dalla sua continua apertura.
Noteremo anche il ritrovare alcuni oggetti degli anni passati, evidentemente rovinati dal tempo e dai continui trasporti (come il primo orsacchiotto che mettiamo a posto nella nostra stanza), oppure il luogo fisico dove andiamo ad abitare, guardando fuori dalle finestre e quindi intuendo che siamo in città o in campagna.
Il trasloco, in questo senso, diventa il narratore inconsapevole della vita di una ragazza, dal punto di vista professionale e personale. Da ciò che riposizioniamo siamo in grado di comprendere la sua età, le sue passioni, le sue attitudini, il suo grado di istruzione, il suo lavoro, ma anche le sue emozioni, le sue particolarità, i suoi momenti di gioia e quelli di sconforto, il tutto con una fluidità e una delicatezza raramente applicate in un videogioco.
I due sviluppatori hanno candidamente ammesso di aver volontariamente fatto concludere la storia nell'anno 2018, perchè non avevano idea di come poter affrontare quella che ormai conosciamo come la crisi sanitaria e sociale degli ultimi decenni, la pandemia di Covid-19 del 2020. Fermarsi prima ha permesso loro di dedicarsi allo sviluppo di una narrazione più semplice, con l'obiettivo di raccontare una vita priva di ostacoli così importanti.
E non credo di spoilerare nulla, arrivato a questo punto, se dico che nel finale avremo il coronamento dei nostri desideri, quando al termine del più lungo spacchettamento dell'intero titolo, saremo finalmente realizzati lavorativamente e avremo concretizzato il sogno di una famiglia felice, scoprendo oltretutto, la bisessualità della nostra protagonista, che inizia una relazione con un'altra donna, assieme a loro figlio.
Una tecnica sopraffina
C'è veramente molto da dire dal punto di vista della realizzazione estetica e delle idee che ci sono dietro allo sviluppo di Unpacking.
Iniziamo con un po' di numeri: il gioco è composto da 35 camere diverse, tutte realizzate manualmente, e più di 1000 oggetti, comprese le loro differenti “facce” dovute alle rotazioni. Parlando proprio delle rotazioni, Tim Dawson e Wren Brier hanno spiegato che il permettere di girare un oggetto è derivato anche da un'esigenza culturale, poichè certe popolazioni tendono a posizionarli in un certo modo piuttosto che in un altro (ad esempio, i giapponesi tendono a lasciare le scarpe appena dopo la porta di ingresso). Ciò consente a qualunque giocatore di mettere gli oggetti nel modo che secondo la sua personale volontà e cultura, rispecchia il suo modo di essere e di concepire gli spazi di casa.
Oltre alla rotazione, gli oggetti possono essere posizionati in diversi punti dello stesso spazio, e questo cambia anche a seconda della grandezza dell'oggetto stesso e della superficie su cui deve appoggiare. Per questo, nello sviluppo le stanze sono state divise in griglie, costituite da piccoli riquadri, che permettevano quindi agevolmente di poter scegliere dove mettere sia oggetti molto voluminosi (che avrebbero occupato molteplici riquadri), che oggetti molto piccoli (come il tagliaunghie, che a tutti gli effetti è uno degli oggetti meno voluminosi dell'intero gioco).
Per poter limitare il numero di oggetti da posizionare in un certo punto della stanza, gli sviluppatori hanno utilizzato un metodo chiamato “Stencil Buffer“: un buffer di dati (letteralmente “tampone”, ovvero una zona di memoria “temporanea”) che creasse una maschera, la quale vincolasse l'uso di alcuni oggetti in una determinata area. Per comprenderne il suo funzionamento, basta vedere il comportamento di alcune cose come gli asciugamani sulle aste del bagno o sulle maniglie del forno, oppure gli spazzolini all'interno del bicchiere sul lavandino del bagno.
Witch Beam, prima di Unpacking, ha sviluppato un altro gioco chiamato “Assault Android Cactus”, in cui il “clipping” (in parole povere il processo che determina l'area di visualizzazione e di sovrapposizione) dei personaggi non era così importante perchè il fulcro del gioco si basava su altro. Per Unpacking, il clipping è invece fondamentale perchè esso si basa sul posizionamento degli oggetti, e di conseguenza molto tempo di sviluppo è stato dedicato al suo miglioramento, proprio perchè molto più evidente al giocatore rispetto ad altri contesti videoludici.
Essendo, inoltre, un videogioco che punta ad un'esperienza rilassata e “rallentata”, è stata presa in considerazione una corretta gestione del tempo all'interno del gameplay stesso. Non ci troviamo, infatti, nè in una situazione di stallo temporale, nè real-time, ma il tempo scorre ogni volta che posizioniamo un nuovo oggetto. Quindi, se non facciamo nulla, noteremo che il tempo non scorre affatto, mentre alla fine dello spacchettamento, saremo a fine giornata. Questo possiamo notarlo dal paesaggio che si vede fuori dalle finestre: il diminuire del traffico stradale con l'arrivo delle ore serali, il mutamento del tempo atmosferico che indica lo scorrere della giornata, la transizione giorno/notte.
Graficamente parlando, per evitare che le finestre facessero l'effetto “quadro”, è stata utilizzata una tecnica che abbiamo già visto in Shadow of the Beast, ovvero il parallasse. Diversi livelli di parallasse hanno permesso di rendere al meglio l'idea di profondità tra l'interno e l'esterno della casa.
Parliamo infine dell'audio di gioco: le musiche sono state tutte scritte e composte da Jeff Van Dyck, che nell'industria videoludica ha creato le colonne sonore di giochi come Alien: Isolation, Hand of Fate e Hand of Fate 2, alcuni giochi sportivi ma soprattutto alcuni fra i titoli più apprezzati della serie Total War. E' vincitore di alcuni BAFTA Awards proprio per le musiche di 2 di questi ultimi titoli e ha collaborato attivamente in entrambi i titoli di Witch Beam, grazie anche all'aiuto di sua moglie Angela e di sua figlia Ella. E', inoltre, batterista della band australiana Fuzzpilot. Insomma, un curriculum di tutto rispetto.
Le musiche composte si adattano perfettamente ai singoli livelli di gioco, e quello che sembra essere spesso un vuoto tra la fine di una musica e un'altra, è stato un effetto voluto per dare ancora di più la sensazione di rilassamento e lentezza. Inoltre, caratteristica molto apprezzata in pochissimi giochi (uno su tutti Portal di Valve), la canzone finale è stata creata appositamente per questo titolo (tra l'altro, canzone davvero molto bella e toccante).
Ma se le musiche sono meravigliose, il sound design ha qualcosa di eccezionale. Oltre 14000 (si, quattordicimila) suoni sono stati campionati tramite il sistema Foley, collaudato e utilizzato molto anche nel cinema, con il quale si registrano suoni di tutti i giorni per essere utilizzati in un contesto non reale. Tutti gli oggetti di gioco sono stati messi a contatto con tutte le superfici presenti, per ricreare fedelmente tutte le possibili combinazioni oggetto/superficie presenti all'interno di Unpacking. Un lavoro enorme, di grande pregio, che rende davvero tutto molto realistico e altamente immersivo.
Spacchettare le emozioni
Dopo 3 anni e mezzo intensi di sviluppo, Unpacking ha visto la luce sugli stores digitali, inizialmente su PC, Nintendo Switch e Xbox One, per poi essere portato anche su PS4 e PS5. Una versione fisica è stata distribuita da Limited Run Games tra Marzo e Maggio 2022.
Poco dopo la sua uscita, il gioco ha ricevuto il plauso dei giocatori e della critica, che hanno visto negli sforzi profusi una realizzazione egregia e una profondità inaspettata per un puzzle game.
Negli anni successivi, Witch Beam e Unpacking hanno ricevuto numerosissimi premi, tra i quali si annoverano: il “Best narrative EE Game of the Year” award ai BAFTA del 2022, “Game of the Year 2021” agli Australian Game Developer Awards, il premio “Excellence in Accessibility”, il “Best Audio” e “Innovation Award” ai Game Developers Choice Awards, il “2D Animation” e “2D Environmental Art” ai IGDA Global Industry Game Awards e tanti altri.
Non meno importante, il gioco è stato molto apprezzato per la sua apertura verso le tematiche LGBTQ+, proprio in virtù della storia sentimentale della protagonista, vincendo i premi “Best LGBTQ Indie Game” e “Authentic Representation” ai Gayming Awards 2022.
Insomma, Unpacking è un gioco che accontenta tutti coloro che ammirano le esperienze rilassanti e immersive.
Inoltre, dà un grande insegnamento a tutti noi, ovvero che tramite opportune scelte di design, è possibile raccontare una storia migliore di quanto non possano fare tante linee di dialogo o cutscenes. Personalmente, mi sono ritrovato più di una volta spiazzato e stupito di quello che capivo dagli oggetti che guardavo, dagli ambienti in cui mi ritrovavo, dalle scelte stilistiche che potevo apprezzare, e hanno reso questo gameplay un piacere intimo e caloroso, completo e appagante.
Non posso che consigliare, in finale, a chiunque di giocarci, perchè è un titolo tutto sommato breve, che vi impegnerà poche ore e che potete trovare davvero a due soldi, ma che vi scalderà il cuore e potrà essere un piacevolissimo intermezzo fra un Soulslike e un Metroidvania.