Reader

Read the latest posts from log.

from COSE NUOVE

Una puntata leggermente in ritardo, è un periodo un po' impegnativo per me, ma la cosa bella è che non ce ne frega un pippero. Ad ogni modo, la mia attività preferita di riempire le mie wishlist/watchlist va comunque avanti. Vediamo cosa ci ha riservato febbraio!

GIOCHI

Il 6 febbraio è uscito Sheepy: A Short Adventure, un minigioco gratuito in cui un pupazzo viene portato in vita e si ritrova ad esplorare un mondo che sembra abbandonato e in rovina.

Il 12 febbraio è uscito Banishers: Ghosts of New Eden, gioco della Don't Nod (Life is Strange). Si tratta di un action rpg con una forte componente narrativa. È ambientato in un mondo pieno di magia, spiriti e maledizioni, lɜ due protagonistɜ sono chiamatɜ a decidere il fato di questi spiriti che infestano New Eden, un insediamento nella Nord America di fine '600.

Il 12 è uscito anche Airhead, un metroidvania in cui bisogna portare in salvo una testa piena d'aria prima che si sgonfi.

Il 12 è uscito anche Epic Party Quest, un party game che si gioca in multiplayer locale fino a quattro giocatori in cui ci si sfida in diversi minigiochi.

Il 13 febbraio è uscito Ultros, un metroidvania ambientato in un mondo molto colorato e pieno di vita. Ti risvegli in questo luogo dopo esserti schiantatə con la tua navicella e inizi a esplorarlo per scoprirne tutti i segreti. Il combattimento è alternato a momenti in cui semini nuova vita in giro.

Il 14 febbraio è uscito Lords of Exile, un action platformer a 8-bit dal sapore nostalgico.

Sempre sulla stessa onda nostalgica, il 14 è uscito anche The Adventures of The Black Hawk, un'avventura punta e clicca che dire che ricorda Monkey Island e le vecchie avventure grafiche anni 90 è un eufemismo.

Il 14 è uscito anche FROGUE. Solitamente mi tengo alla larga dai roguelite e dai bullet hell, ma questo è qualcosa che non ho mai visto (almeno io, poi magari ce ne sono migliaia simili che non conosco). È un roguelite, sì, ma la cosa particolare è che la capacità di fermare il tempo lo trasforma in un platformer a turni!

Il 20 febbraio è uscito Balatro, un deckbuilder roguelike che si basa sul poker stravolgendolo con carte e combinazioni speciali. Neanche questo rientra proprio nel mio genere, ma sta avendo parecchio successo e ha stuzzicato la mia curiosità.

Il 22 febbraio è uscita finalmente la versione 1.0 di Inkulinati, che era in early access ormai da più di un anno, o forse anche di più, non ricordo. È uno strategico a turni in cui si gioca con le miniature dei manoscritti medievali. Solo per l'idea originale andrebbe provato.

Il 22 febbraio è uscito anche Quick Quest, un platform roguelite con livelli generati proceduralmente dallo stile retro. Sembra molto ben fatto, lɜ autorɜ sono quellɜ di Garlic, un altro platformer che ho in lista, e soprattutto di Dragon Blazers, che arriverà l'anno prossimo credo.

Il 27 febbraio è uscito Terror at Oakheart, un'avventura horror ispirata ai film degli anni '80, con un serial killer in maschera sotto l'influenza di un mostro lovecraftiano.

Il 29 febbraio è uscito A Void Hope, sì, un'altra avventura in pixel art, questi sono i miei gusti, si è capito lol. Qui abbiamo un'ambientazione dark ed elementi puzzle, forse è leggermente più elaborato rispetto al gioco precedente. Anche le musiche non sembrano per niente male.

Il 29 febbraio è uscito anche la versione 1.0 di Secrets of Grindea dopo ben NOVE ANNI in accesso anticipato (e di cui non sapevo niente fino a poco tempo fa). Si tratta di un rpg giocabile in solitaria o in co-op fino a quattro giocatori, un'avventura piena di mostri, tesori, boss fight e minigiochi che sembra veramente ben fatta. Nove anni di lavoro meritano una chance.


FILM

Il 2 febbraio è uscito Orion e il Buio, diretto da Sean Charmatz, basato sul libro illustrato di Emma Yarlett e sceneggiato da Charlie Kaufman che, per chi non ce l'ha presente, è l'autore tra le altre cose di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Being John Malkovich e Anomalisa. Il film parte da una premessa semplice: un bambino deve affrontare la sua paura del buio. Il film non è stato accolto benissimo, ma solo per la presenza di Charlie Kaufman merita una chance.

Il 14 febbraio è uscito in Italia Past Lives, film A24 scritto e diretto da Celine Song. È la storia di due amicɜ d'infanzia che si perdono perché lei emigra dalla Corea del Sud agli Stati Uniti e si ritrovano dopo anni quando le loro vite sono andate avanti.

Il 22 febbraio è uscito in Italia La zona d'interesse (The Zone of Interest), film polacco-britannico diretto da Jonathan Glazer. Parla della vita di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz e della sua famiglia che vive a un passo da lì.

Il 29 febbraio è uscito in Italia La sala professori, film tedesco diretto da İlker Çatak in cui una professoressa affronta una situazione problematica a scuola, dove unə dellɜ suɜ studentɜ è accusatə di furto.


SERIE TV

L'11 febbraio è uscito Ninja Kamui, un anime originale prodotto da Adult Swim. Il protagonista è un ex ninja che si è ritirato a vita privata con la propria famiglia nascondendo la sua identità. Ovviamente non andrà tutto liscio. Ho visto le prime puntate e mi sta piaciucchiando. Il protagonista è doppiato da uno dei miei doppiatori preferiti: Kenjiro Tsuda, che se non sapete chi è vi dico qualche nome: Nanami di Jujutsu Kaisen, Kishibe di Chainsaw Man, Tatsu di La via del grembiule, ecc.

Il 15 febbraio è uscita la settima e credo ultima stagione di Young Sheldon, lo spin-off di The Big Bang Theory.

Il 23 febbraio è uscita The Second Best Hospital in the Galaxy, serie animata creata da Cirocco Dunlap (Russian Doll), con Stephanie Hsu, Kieran Culkin, Natasha Lyonne, Greta Lee e altrɜ. La serie è una commedia fantascientifica e lɜ protagonistɜ sono due medicɜ, come si può capire anche dal titolo.

Il 27 febbraio sono uscite le prime due puntate di Shogun, serie ambientata nel Giappone feudale in cui un marinaio inglese naufraga appunto in Giappone e si ritrova in questo paese con una cultura completamente diversa dalla sua. Le puntate successive usciranno settimanalmente.


LIBRI

Il 20 febbraio è finalmente uscita la traduzione italiana di Tatami Galaxy, romanzo di Tomihiko Morimi del 2004 dal quale è stata tratta la serie diretta da Masaaki Yuasa del 2010.

Il 23 febbraio è uscita l'edizione italiana di Mickey7, romanzo fantascientifico di Edward Ashton dal quale sarà tratto anche un film che dovrebbe uscire l'anno prossimo, diretto da Bong Joon-ho e con Robert Pattinson come attore protagonista (più altrɜ attorɜ incredibili nel cast).


FUMETTI

Il 14 febbraio è uscito il primo numero di The Displaced, miniserie in cinque numeri scritta da Ed Brisson con i disegni di Luca Casalanguida. La storia parte con la scomparsa di una città intera e di centinaia di migliaia di abitanti, di cui nessunə si ricorda, e anche lɜ sopravvissutɜ piano piano vengono dimenticatɜ. Dovranno cercare il modo di sopravvivere.

Il 15 febbraio è arrivato in Italia il primo volume di Uncle From Another World, manga di Hotondoshindeiru dal quale è stato tratto un anime molto carino che ho visto l'anno scorso. È uno stravolgimento del genere isekai, perché lo zio del protagonista dopo diciassette anni si è risvegliato dal coma con dei superpoteri, perché tutto quel tempo lo ha passato in un altro mondo.

Il 21 febbraio è uscito il primo numero di The Six Fingers, anche questa una miniserie in cinque numeri, scritta da Dan Watters e disegnata da Sumit Kumar. L'ambientazione è futuristica un po' dark e la storia parla di uno studente di archeologia che commette un omicidio di cui però non ha memoria.


Di tutte queste cose ho visto solo Past Lives, che mi è piaciuto ma non tanto quanto mi aspettavo, forse avevo aspettative troppo alte che spero non vengano disattese anche per La zona di interesse e La sala professori che andrò a vedere nei prossimi giorni, spero. Ho iniziato anche Ninja Kamui e Young Sheldon, ma sto solo alle prime puntate, nei prossimi giorni darò un'occhiata a Shogun per capire se davvero merita così tanto come dicono.

Di cose vecchie che ho recuperato non c'è niente degno di nota tranne Plaga Zombie (1997), visto in diretta su telekenobit insieme a uno dellɜ autorɜ!

Spero, come sempre, che qualcosa abbia stuzzicato il vostro interesse, da Cose Nuove è tutto per oggi, ciao! * sigla finale lalalalala *

Cose di gennaio 2024

 
Continua...

from basseaspettativepodcast

Ha fatto scandalo la notizia che Automattic venderà i dati di Tumblr.com e Wordpress.com a OpenAI e Midjourney.

https://readwrite.com/tumblr-and-wordpress-to-sell-user-data-to-train-ai-models/

Come è già successo in altri casi (Adobe, Instagram), il cambiamento è stato introdotto in sordina ed è un opt-in di default: significa che se NON si vuole che i propri contenuti finiscano nei dataset di training bisogna attivarsi per disabilitare l'opzione.

Purtroppo questa è solo l'ennesima puntata di una triste storia che sta vedendo le aziende web, già in crisi a causa del credit crunch, fare cassa in ogni modo possibile. L'“intelligenza artificiale” è dove girano i soldi e quindi ora si vendono i dati (anche) alle aziende che creano i modelli.

Anzi, quello che probabilmente sta succedendo è che si sta in un certo senso “regolarizzando” una pratica che era già in atto: i post di Wordpress e Tumblr erano con tutta probabilità già presenti nei dataset che avevano rubacchiato contenuti in giro per il web e ora Automattic cerca di guadagnarci qualcosa.

Uno degli interrogativi più interessanti riguardo la questione è cosa succede nel caso in cui un blog decida di fare l'opt-out dopo che i dati sono già stati condivisi: esistono processi di Automattic per assicurarsi che i dati vengano effettivamente rimossi dal training set di OpenAI e Midjourney? E quanto tempo sarà necessario perché la rimozione si rifletta sui modelli pubblicamente disponibili?

Il trend dell'utilizzo dei dati degli utenti per l'allenamento di modelli si riscontra anche in quello che è successo a Reddit e Twitter, che hanno prima chiuso le API che permettevano di accedere ai contenuti e ora sono l'uno (Reddit) in trattativa per vendere i dati a Google e l'altro (Twitter) direttamente nel mercato dell'IA con X.ai/Grok. Per questo secondo caso c'è anche la ciliegina sulla torta di una causa intentata ai danni di OpenAI da Elon Musk, ufficialmente perché l'azienda avrebbe tradito il mandato di sviluppare l'IA “a favore di tutta l'umanità”, ma forse anche col fine di ostacolare un diretto concorrente di mercato.

In tutto questo l'Unione Europea, che al momento sembra l'unica entità interessata a tutelare gli utenti e regolamentare l'introduzione degli strumenti basati su “intelligenza artificiale” nella società non ha alcun tipo di protezione per questi casi in cui le aziende decidono di vendere i dati dei loro utenti per uno scopo che non era coperto dagli accordi utente stipulati inizialmente.

 
Continua...

from Parole

1/3/24

Scopro di giorno in giorno un Mastodon sempre più intimista, anche malinconico se non addirittura triste. C’è un denominatore comune: una gran voglia di raccontarsi, di “dire” il cuore. Operazione difficile ma bella e sana. Navighiamo in una melassa di ipocrisie, di piccole e grandi falsità. Scatta la rivalsa del mostrarsi, dentro l’anima, un po’ come certi selfie quando permettono di capire dentro.

Qui ci sono nick che nascondono sentimenti alti.

 
Continua...

from Lelio

Ultimamente mi sto rendendo conto di quanto io abbia bisogno di sfogarmi fisicamente per riequilibrare le mie energie. Quindi mi capita di arrampicarmi in cima al mio armadio.

Forse arrampicarmi è una parola grossa, visto che ho un letto a soppalco e mi basta scavalcare le sbarre e sgusciare sotto il soffitto per arrivare lassù. Però sopra il mio armadio c'è una grossa trapunta fatta a maglia da mia nonna su cui si sta molto comodi. O almeno, io sto molto comodo.

Ultimamente mi sto rendendo conto che mi piace stare in alto, accoccolato tra coperte calde e cose morbide, e osservare da lì il trapezio che è la mia casetta. Poi mi stiracchio e scendo un po', vago per casa, mangio qualcosa, ballicchio. Magari mi appendo al bordo del letto e mi dondolo un po', lasciando allungare la schiena.

E poi torno su, scrivo musica, faccio ricerche, gioco a Disco Elysium o a qualche altra cosa, mi spremo le meningi. A volte sto e basta e viaggio sull'onda dei pensieri seguendo le melodie di qualche canzone.

Ultimamente mi sto rendendo conto che sto dando sfogo con più libertà agli impulsi che sento provenire dal mio corpo. Magari sembro più un gatto che un essere umano, ma mi diverto di più.

 
Continua...

from Ro scattered words

Con alle spalle già un’opera di successo, nel campo internazionale (La Reina Orquídea), Borja debutta in Italia con Le Black Holes, uno dei suoi lavori più complessi, ora edito da Oscar ink, nuova collana Mondadori dedicata ai fumetti e alle graphic novel.

Le sue opere rivisitano gli immaginari fiabeschi dell’infanzia, mischiandoli con la realtà del presente, e così creando un vortice nostalgico dal fascino fiabesco.

Alla ricerca dei ricordi dell’infanzia e delle sue sensazioni, Borja ci trasporta in un mondo fantastico, dove il presente (il 2016) e il passato si incontrano in una notte stellata, dove tutto è possibile.

I personaggi da lui disegnati sono piccole sagome che si muovono in spazi infiniti, che li rendono semplici pedine di una storia a loro sconosciuta.

I personaggi di Borja sono volutamente senza volto, poiché il lettore non si deve infatuare delle loro forme, ma andare oltre, vedendo ciò che essi rappresentano realmente, uno stato d’animo.

L’autore lascia quindi che ogni lettore riempia quei volti, legandosi con empatia ad essi, attraverso il proprio intimo immaginario.

Il tutto risulta essere un racconto fatto di nostalgia, tempi lontani e fiabeschi, dove un gruppo di ragazze del 2016, che vogliono creare una band Punk, si incontrano e scontrano con personaggi del 19°secolo, che sono alla ricerca di avventure straordinarie, per scappare dalla monotonia del proprio tempo.

Cosmic radiation

 
Continua...

from nomadank

SPOILER WARNING: andate avanti a leggere solo se avete visto entrambi i film

Che cos'hanno in comune Past Lives e Perfect Days? Oltre al fatto che sono entrambi candidati agli oscar – motivo per cui sono andato a vederli al cinema, back to back – sono connessi da un filo invisibile che si rivela solo nel finale: entrambi si concludono infatti con un pianto da parte del/la protagonista. Il significato di questi pianti è molto diverso, ma in tutti e due i casi è questo il momento in cui si nasconde la chiave di lettura dell'intero film.

Past Lives è un film che racconta l'intesa che si può creare tra due persone, destinate allo stesso tempo a stare insieme e a non incrociarsi mai. È un film delicato e intimo, che esplode emotivamente nel finale, in cui il pianto struggente e liberatorio di Nora tra le braccia del marito contiene un mondo di significati. L'ultima volta che Nora aveva pianto era bambina e al suo fianco c'era Hae Sung, l'unico con cui si fosse mai sentita veramente se stessa. Il pianto segna allo stesso tempo la fine di una relazione che non c'è mai stata e l'inizio di una nuova fase in quella tra Nora e il marito. Ci comunica che lei ora è pronta a darsi pienamente, senza nascondersi. La bellezza e l'ironia sta proprio nel fatto che il matrimonio di Nora, al posto che sfaldarsi, ne uscirà rafforzato, anche grazie all'atteggiamento del marito, che non l'ha ostacolata in questa esperienza, incoraggiandola invece a viverla fino in fondo.

Anche la trama di Perfect Days è caratterizzato proprio dall'assenza delle lacrime, in quanto ogni giornata si apre con un sorriso, che però nel corso del film evolve di significato: se all'inizio sembra essere il simbolo della serenità che il protagonista, Hirayama, ha trovato nella sua (nuova) vita, ora della fine diventa quasi un gesto forzato, un'autoimposizione, un rituale per ricreare artificialmente una felicità che si sta ormai sgretolando tra le sue mani. A differenza di Past Lives però il pianto finale, se così si può chiamare, è il contrario di liberatorio e mette in scena tutto il conflitto interiore che Hirayama sta vivendo: giornate perfette non significano per forza una vita perfetta. Questa realizzazione arriva dopo un susseguirsi climatico di coinvolgimenti emotivi “forzati” che lo costringono a confrontarsi con il rimosso della sua vita: prima il collega e la sua amica, poi la nipote e la sorella e infine la donna di cui non ha potuto fare a meno di innamorarsi riportano alla luce un vortice di sentimenti che il protagonista aveva accuratamente represso. Ed è proprio la richiesta dell'ex morente di lei che lo pone di fronte a una decisione: intraprendere una relazione con lei significherebbe cambiare totalmente vita, rimettere in gioco il suo cuore. Questi incontri gli ricordando in un crescendo di intensità il prezzo della sua solitudine, a cosa sta rinunciando per poter vivere i suoi “giorni perfetti”.

 
Continua...

from Testudo Blues

riassunto delle puntate precedenti

musica jazz in lontananza

Bentornati, mascalzoni e sicofanti! In barba a ogni previsione, il vostro Danny Catenaccio è di nuovo in sella alla sua PodeRossa, con tutte le ossa al loro posto e la pellaccia quasi intera, pronto a lanciare nell'etere una nuova trasmissione in diretta da Lakeview!

Ci siete mai stati? Accidenti, da queste parti sembra di essere tornati all'epoca pre-isolamento. Qui si trova davvero di tutto: beni d'importazione, musica straniera, auto di lusso, roba che nel resto di Testudo non circola da almeno un decennio. Lakeview è un vero paradiso, il luogo in cui chiunque vorrebbe passare il resto della sua vita. Chiunque abbia le tasche abbastanza gonfie da permetterselo, a dire il vero, perché ogni cosa viene venduta a peso d'oro. Questo distretto è così esclusivo che non c'è bisogno né della legge, né dei poliziotti. Tutte le attività commerciali sono in mano a gangster e farabutti, gente che sa come farsi giustizia da sola. E così, per uno dei tanti paradossi di Testudo, Lakeview è il quartiere più corrotto e più sicuro della città.

Questa sera, quando ho parcheggiato la mia PodeRossa nel piazzale del Ranucci Jazz Club, per la prima volta non ho provato la minima ansia da separazione. Sapevo che la mia bellezza non correva alcun rischio. Ma non ho comunque lasciato le chiavi al parcheggiatore in divisa rosso e oro, che me le chiedeva con insistenza. Chi si credeva di essere, per salire sulla mia moto?

Ma torniamo a noi. Scommetto che state morendo dalla voglia di sapere come è finita la sporca storia della valigetta rubata. Beh, poco fa ci sono stati degli sviluppi che definire poco piacevoli sarebbe fargli un complimento.

Come stavo dicendo, parcheggio la mia PodeRossa, prendo quella dannata valigetta e vado dritto verso l'ingresso del Ranucci. Ma una mano di dimensioni colossali mi si appoggia sul petto con la forza di una badilata.

“E tu dove pensi di andare?” Mi chiede il buttafuori, un tizio pompato a steroidi con la faccia di un bufalo e all'incirca la stessa stazza, storcendo il naso alla vista del mio giubbino di pelle pieno di borchie.

“La vedi questa tromba?” Gli dico, alzando la valigetta e facendola oscillare davanti ai suoi occhi. “Devo sostituire un musicista per il concerto di stasera.”

“Il concerto di Madama 'Roo?” Domanda lui, soffiando tra i denti.

Solo in quel momento penso di controllare le locandine incollate sulla facciata liberty del club.

SOLO PER STASERA la straordinaria MADAMA 'ROO si esibirà per voi in un emozionante concerto per voce sola.

Impreco tra i denti. Un errore da principiante, ma non è certo il momento di buttarmi giù di morale. Bisogna cambiare strategia.

“Senti, amico,” gli dico, appoggiandogli una mano sulla spalla e sibilando le parole direttamente nel suo orecchio. “Il signor Ranucci mi sta aspettando. Ho qualcosa che gli appartiene.” Faccio scattare le chiusure della valigetta e la apro quel tanto che basta per fargli capire che è piena zeppa di soldi. Gli occhi del bufalo aumentano di due taglie e per un momento mi sembra di vedere un bagliore di vita al loro interno, ma poi tornano ad essere due capocchie di spillo nere e vuote. Con un cenno della testa verso il portone, mi ordina di entrare.

“Aspetta qui,” dice lui, indicandomi l'unico sgabello libero all'interno del locale, di fronte a uno dei tanti banconi dove baristi in smoking servono intrugli esotici di cui ignoro il nome e la composizione. L'aria è densa di energia, un'energia che vibra sulle note di una strana musica. È come se ogni componente della piccola band che si sta esibendo sul palco suonasse un concerto per conto suo, ma il risultato è in qualche modo un tutt'uno, armonico e stravolgente, una musica che trasmette un senso di libertà, un desiderio ribellione. Dunque è questo che chiamano jazz? Adesso capisco perché il sindaco Carter lo ha messo fuori legge.

Ma la cosa più straordinaria è che qui nessuno gli presta attenzione. I ricconi che frequentano il locale sono presi in altre faccende: discutono tra loro, leggono contratti, si vantano davanti a donne bellissime e bevono quegli stupidi cocktail. Così capisco anche perché il jazz non sia fuorilegge qui a Lakeside: queste persone sono così soddisfatte delle loro inutili vite che non hanno niente contro cui ribellarsi.

Mentre sono preso in questi pensieri, il barista mi infila sotto al naso un bicchiere alto e stretto, con dentro un liquido color rosso sangue. “Offre la casa,” mi dice, mettendo giù la cornetta di un telefono attraverso la quale, evidentemente, ha ricevuto degli ordini ben precisi da un suo superiore. Che gli abbiano detto di avvelenarmi?

“No, grazie,” ribatto. “Non bevo mai quando la mia vita è in pericolo. E capita più spesso di quanto si possa immaginare.”

Allontano il bicchiere e mi godo la musica, ma il buttafuori non tarda a fare la sua ricomparsa. “Da questa parte,” mi dice, facendo sporgere la testa da una porticina dorata alle spalle del bancone.

Il mio cuore comincia a battere all'impazzata. Infilo una mano in tasca e stringo l'impugnatura della pistola per tranquillizzarmi, poi mi alzo dallo sgabello, giro intorno al bancone, saluto il barista con un rapido cenno e apro la porta. Succeda quel che deve succedere, mi dico. Basta che succeda in fretta. Non sopporto tutta questa tensione.

 
Continua...

from nomadank

Ok parliamo di Sora, come spunto per parlare dell'IA, ma anche della tecnologia in generale. Quali sono le criticità di questa tecnologia? – si basa sullo sfruttamento di opere già esistenti usate senza il permesso di chi le ha create – è causa di una potenziale perdita di posti di lavoro su vasta scala – può essere usata per il revenge porn o in generale nella generazione di pornografia senza consenso – può essere usata dallo Stato come strumento di controllo per legittimare l'oppressione e la discriminazione

Questi però non sono problemi intrinseci a questa tecnologia, ma riguardano la società in cui viviamo: – dove l'unico modo di sopravvivere facendo arte è essere remunerati con il sistema del copyright che è esso stesso uno dei più grandi freni al progresso e all'arte – dove non avere un lavoro significa non avere diritto di esistere – dove la mentalità patriarcale pervade ogni aspetto della cultura – dove siamo sudditi di un sistema oppressivo e discriminatorio che limita la libertà personale

La soluzione a tutto questo non è frenare la diffusione dell'intelligenza artificiale (che sarebbe tra l'altro impossibile), ma rivoluzionare la società. Anzi, lo sviluppo di tecnologie che ci mettono di fronte a problemi etici e sociali di questo tipo devono invece essere uno stimolo a rivedere profondamente il mo(n)do in cui viviamo.

Detto questo, ovvio che OpenAI è merda capitalista, ma il disfattismo che si propaga con ogni innovazione tecnologica è più un segno dell'incantesimo realista capitalista che ci intrappola, piuttosto che dell'effettivo valore potenziale di una data tecnologia.

Immaginate Sora in una società liberata. Pensate all'ampliamento esponenziale nel numero di persone che avranno accesso al videomaking. Al tempo risparmiato per creare contenuti necessari per un certo fine, ma privi di ogni spinta creativa. Ma anche, al contrario, alla possibilità di dare vita a opere immaginifiche che invece richiederebbero un enorme utilizzo di risorse per essere create in maniera “tradizionale”. Potrebbe essere la nascita di un neo-surrealismo di massa.

Questo esercizio di immaginazione è fondamentale come strumento di lotta contro la distopia tardocapitalista: vuol dire iniziare a dare forma al futuro che davvero desideriamo, il primo passo per la sua realizzazione.

È liberando noi stessi che libereremo la tecnologia, e non viceversa.

 
Continua...

from Ro scattered words

L’alba era appena iniziata e ormai l’odore del sangue si mischiava a quello della rugiada.

I primi raggi del sole tingevano timidamente quella buia distesa, della cui forma –inizialmente perfetta– ormai non vi era più memoria né vita.

I corpi dei soldati giacevano sparsi. Il ferro delle armi e dei cannoni si fondeva in un tutt’uno con le loro membra, creando un’onda straziante.

Quella calma sembrava essere innaturale, quasi poetica, dopo la furia insorta in quel luogo.

Lenti e quasi timidi, nel disturbare quei corpi, i corvi banchettavano.

In mezzo a quella folla inerme vi era ancora qualche cavallo ferito, non ancora pronto a morire, e neanche a rialzarsi, come se un solo movimento potesse risvegliare quella battaglia ormai perduta.

Le piccole viole, sparse nel campo, si erano svegliate, accarezzate dai raggi del nuovo giorno e lentamente si facevano strada tra quei corpi dilaniati.

Sembrava come se, durante la battaglia, si fossero nascoste sottoterra, per poi sbocciare solo alla luce del sole; erano sopravvissute alla notte di gelo grazie a quel rosso e caldo abbraccio che lentamente aveva smesso di scorrere poche ore dopo che il sole del giorno prima era calato, ma che la vicinanza dei corpi era riuscita a mantenere ancora tiepido.

Solo un respiro caldo sovrastava quella vista.

Un uomo, ormai privo di vana gloria, aveva vegliato tutta la notte i suoi caduti, in attesa che il nuovo giorno potesse baciare un’ultima volta quei corpi, benedicendoli con ultimo calore prima che la loro memoria si perdesse per sempre nel tempo.

Ognuno di loro era stato amante, marito, padre; ma ora non era altro che un brandello di una vita spezzata, abbandonato in quella valle di sangue, sudore e lacrime.

Solo il suo respiro lo distingueva dai morti, immobile, con gli occhi socchiusi, era seduto sulla terra smossa dagli zoccoli di mille cavalli.

Le sue ciglia erano bagnate di rugiada, come la pelle del suo viso. Nessuno avrebbe mai creduto che quelle potessero essere lacrime.

Nessun dolore traspariva da quel volto, solo rabbia per la sconfitta, ma ormai neanche il più fulmineo e astuto dei pensieri avrebbe potuto evitare quella sconfitta, segnata per sempre nella storia.

La voce di un soldato lo destò dai suoi pensieri, ma il suo corpo non si mosse.

La sua carrozza era pronta, pronta a riportarlo nella polvere da cui faticosamente si era ridestato con forza e vigore.

Ma questa volta sarebbe stata l’ultima, il mare e la solitudine lo attendevano nuovamente, e per sempre.

Questo racconto partecipa alla challenge di dicembre del Circolo di Scrittura Creativa ̴̴ Raynor’s Hall

Circolo di Scrittura Creativa Raynor’s Hall.

 
Continua...

from Oliviabenson2

Gli XFiles di Cabot Cove – Parte 4

(Il racconto che state per leggere è una fanfiction che vede il crossover di due serie Tv: “Xfiles” e “La signora in Giallo”. Conosco entrambe, ma sono più preparata con “la signora in giallo”. Siete quindi invitati a segnalarmi qualsiasi errore commetta con i personaggi di Xfiles inseriti nella storia. L’ho scritta su ispirazione di un post su LivelloSegreto di @lookacomics, con passione e amore per queste serie e senza alcuno scopo di lucro. Questa è la quarta parte e spero possa piacervi)

Parte 1: https://log.livellosegreto.it/oliviabenson2/gli-xfiles-di-cabot-cove-parte-1-racconto-fanfiction

Parte 2: https://log.livellosegreto.it/oliviabenson2/gli-xfiles-di-cabot-cove-parte-2-racconto-fanfiction

Parte 3: https://log.livellosegreto.it/oliviabenson2/gli-xfiles-di-cabot-cove-parte-3-racconto-fanfiction

Scese le scale nel buio e andò verso la cucina dove si prese un bicchiere d’acqua. Sul tavolo c’erano i resti della “cena fredda” che Jessica Flatcher aveva preparato e consumato insieme a loro: sandwich ripieni e succo d’arancia, seguiti da una fetta di una torta fatta in casa di cui aveva spiegato per filo e per segno la ricetta. Era stata una cena veloce, che Mulder aveva consumato in silenzio, ascoltando le chiacchiere della scrittrice che sembrava ricordare ogni singola tempesta avvenuta a Cabot Cove; Dana aveva preso la parola più volte, ma solo per fare qualche domanda pertinente o raccontare anche lei qualche episodio inerente il brutto tempo. Fuori la pioggia ancora cadeva forte, ma almeno non si sentivano più i tuoni. Forse anche per questo, all’improvviso la luce ritornò. Cucina e salotto si illuminarono e Fox Mulder si sentì all’improvviso molto più calmo. “Adesso esplorare la casa sarà semplice.” Diede un’ultima occhiata indagatrice alla cucina e sbirciò sia nella credenza che nell’armadietto sotto al lavandino. Ma non trovò nulla. Nulla di sospetto almeno. La lampadina sfarfallò un po' e così l’uomo decise di prendere la scatola di fiammiferi e portarsi appresso il candelabro. Tornò così nel salone: il camino ormai era spento e solo delle brillanti braci rosse in mezzo alla cenere nera confermavano l’esistenza del fuoco. Fox osservò nuovamente la caotica biblioteca della signora Fletcher e solo allora notò una foto incorniciata: la donna era evidentemente Jessica da giovane e come aveva immaginato, era molto bella; l’uomo invece era probabilmente suo marito, il fu Frank Fletcher. Era una foto in bianco e nero e vedeva i due in una posa da ballo ma con lo sguardo al fotografo. Sentì un fruscio e percepì con la coda dell’occhio un movimento: alzando lo sguardo vide la padrona di casa che arrivava dal buio delle scale e sobbalzò. Anche la donna fu spaventata e lanciò un piccolo urlo seguito da una risatina allegra. “Ahaha! Mi ha spaventata agente Mulder! Mi scusi, non pensavo fosse qui!” Mulder, che si era teso e ancora teneva in mano la foto, cercò la scusa più rapida: “Mi scusi… Non riuscivo a dormire, sono venuto a prendere un libro e… e all’improvviso la luce è tornata.” “Sì per fortuna. Ero venuta giù proprio per spegnerle e per provare a chiamare lo sceriffo… Però la pioggia ancora molta vedo…” disse la signora Fletcher avvicinandosi alla finestra. La signora Fletcher, che indossava una lunga vestaglia chiara, ricordò a Mulder l’immagine della copertina di un libro di fiabe che aveva da bambino: una nonna vestita di bianco, seduta a leggere un libro a tanti bambini. Nulla di minaccioso. Quando la donna si voltò verso di lui scrutò la mano che teneva la fotografia. Fox gliela porse subito: “Non ho potuto farne a meno. È una bellissima foto.” La signora Fletcher la prese in mano e la osservò sorridendo teneramente: “La mia prima foto con Frank… ci eravamo conosciuti da una settimana quando è stata scattata. Pensi” si sedette sul divano e Fox con lei “che credevo di averla persa. E invece, mettendo a posto delle scartoffie qualche settimana fa, l’ho ritrovata! È stato bellissimo riaverla tra le mani! Qui eravamo all’Appleton Theater, dove ai tempi lavoravo per mantenere i miei studi e farmi le ossa. Mi sarebbe piaciuto diventare giornalista, ma… alla fine ho seguito un’altra strada.” “Mi sembra una strada migliore…” disse Mulder. “Sicuramente lo è stata al fianco di Frank.” Jessica Fletcher appoggiò la foto sul tavolino di fronte a loro e sospirò. Mulder continuava ad osservarla, in cerca di qualcosa che attirasse la sua attenzione: un’espressione, un cenno, un difetto del viso che confermassero qualche presenza o coscienza negativa nella donna. Eppure, non la trovava. A parte il lampo di rabbia mostrato dopo l’accenno alla sua continua presenza in casi di omicidio, Jessica Fletcher sembrava un essere incapace di sentimenti negativi. Anche in quel momento, mentre osservava la foto di lei e del marito, sembrava più persa nella nostalgia e nella commozione, che nella disperazione. Gli occhi azzurri della donna si erano fatti lucidi e sopra uno di essi, dove si stava formando una lacrima, vi passo il dorso della mano per asciugarla. “Le chiedo scusa…” “Non si preoccupi, signora Fletcher.” “Posso farle una domanda?” Mulder fu colto di sorpresa, ma dopo quella conversazione, sentì di non potersi rifiutare: “Ma certo…” “Non ho capito esattamente qual è il vostro ruolo nell’FBI.” Fox Mulder si era preparato a una domanda del genere: “Io e la mia collega Scully siamo agenti speciali, lei è nel ramo della medicina forense, io sono più per l’azione e la burocrazia.” “Agenti speciali, ha detto?” “Esattamente. E non posso fornire altre informazioni.” La signora Fletcher apparve confusa. Si portò una mano sotto il mento e assunse un’aria pensierosa. “Qualcosa non va?” “Non riesco ancora a capire perchè per una comunicazione come quella che mi avete portato siate dovuti venire proprio voi dell’FBI.” Mulder si era preparato anche quella risposta: “Non c’è nessun motivo in particolare signora, se non che durante una nostra raccolta di dati il suo nome è venuto fuori più e più volte. Sa, una volta è un caso, due volte una coincidenza, tre volte un indizio… o non è questo il proverbio dei gialli?” La signora Fletcher rise: “Ho sentito qualcosa del genere, ma non è il proverbio dei gialli! Ma… Avete davvero letto tutti i miei libri in quattro giorni?” “Sì. Ero molto… molto curioso.” “Mi lasci indovinare: voleva vedere se mi ero ispirata a qualcuno dei casi in cui sono rimasta coinvolta, per scrivere i miei romanzi.” Mulder non se lo aspettava, così come non si aspettava che gli occhi della donna, ora socchiusi, potessero emanare una luce di furbizia e soddisfazione così forte. Perché sì, aveva fatto centro, anche se non era l’ispirazione che lui era andato a cercare. “Ammetto che ho avuto una curiosità simile.” Replicò l’agente cercando di non scomporsi. “Oh, le posso assicurare che faccio del mio meglio per tenere separate realtà e fantasia. Anche se ammetto che sì, una volta, con il mio romanzo ‘Il latitante’ sono andata molto vicina alla realtà, senza volerlo fare davvero. E ho così inavvertitamente risolto un omicidio!” Mulder chiuse gli occhi e ripassò a mente le informazioni acquisite sulla signora in quei giorni: “Ah sì! Il caso Navarro (1)! Sì avevo letto parti del fascicolo! E dire che tra i suoi romanzi è quello che mi è piaciuto meno.” La signora Fletcher parve restarci male, ma poi fece le spallucce. “Non volevo dire che era brutto!” si affrettò a dire Mulder “Ma solo che non è stato il mio preferito!” “Oh, c’è chi considera tutti i miei libri spazzatura. E non posso biasimare questo giudizio: anche io che ho studiato e amato tanto la narrativa, riconosco nella letteratura di genere una componente commerciale e di bassa categoria. Non è poesia, non è Shakespear. È un romanzo giallo, oppure un noir, o una storia poliziesca… e non deve piacere a tutti. Però le dirò, quando scrivo mi piace molto immaginare quello che può succedere e soprattutto come rovesciare le situazioni. E voglio che tutto sia preciso, chiaro, comprensibile… voglio che i miei lettori si divertano e che amino le mie trame proprio come le ho amate io mentre scrivevo.” Mulder annuì: “Immagino dunque… che anche partecipare a un caso vero possa essere d’aiuto da un certo punto di vista…” Jessica Fletcher parve seccata: “Agente Mulder, le posso assicurare che la mia presenza in così tanti casi di omicidio è solo una coincidenza.” “Io non credo alle coincidenze, signora Fletcher.” Un lampo esplose all’esterno, illuminando per un attimo l’intera casa e le stanze ancora avvolte nel buio. Il tuono però non si udì subito. Esplose dopo alcuni secondi. Segno che anche se ancora pioveva, almeno i fulmini era ormai lontani dalla casa. “In che senso non crede alle coincidenze, signor Mulder?” domandò la signora Fletcher, che però aveva aspettato pazientemente l’esplosione del tuono. “Spesso, quelle che noi chiamiamo coincidenze, non lo sono. Spesso c’è una spiegazione razionale…oppure incredibile, ma comunque slegata dal nostro concetto di ‘caso’. Spesso le cose accadono perché c’è… qualcosa che le ha fatte accadere. E lei stessa, signora Fletcher, mi scusi se mi permetto, ma ha saputo abilmente utilizzare la sua razionalità per dimostrare che certi eventi non erano semplice coincidenze ma prove importanti.” “Quindi lei pensa che io vada a cercarmi gli omicidi in giro per il mondo?” “Non ho modo di comprovare una cosa del genere… ma sono un uomo che non si ferma al concetto di coincidenza… Sono un agente dell’FBI e ne ho viste tante di coincidenze che non erano tali. Non ce l’ho con lei, signora; ma mi conceda il sospetto.” Questa volta, la signora sembrò accogliere meglio quell’accusa. Non si arrabbiò, ma rimase seduta in silenzio con aria pensierosa. Poi si alzò e disse solennemente all’agente, fissandolo negli occhi: “Signor Mulder, credo che lei almeno in parte abbia ragione. È vero, sono una persona che si fa coinvolgere facilmente. Ma le posso assicurare che lo faccio sempre a fin di bene.” “Non ho mai messo in dubbio la sua etica.” Mulder si sentiva sempre più imbarazzato. Sembrava impossibile spiegare la sua teoria senza nominarla esplicitamente, ma se lo avesse fatto… sapeva benissimo quali sarebbero state le conseguenze. In quella missione non era solo: c’era anche Scully e un capo che gli aveva dato degli ordini precisi. In più, c’era un problema ancora più grande che lo metteva in una posizione scomoda: più stava vicino a quella signora e più non riusciva a trovare in lei nulla di negativo. Se non fosse stata circondata da tutti quei casi di omicidio, sarebbe sembrata semplicemente una simpatica nonnina del Maine, abile nel raccontare storie sanguinose, ma anche nello sfornare dolci e fare conversazioni amabili e interessanti. “E sì… ammetto che… ci sono state delle volte in cui… ho messo a rischio molte persone, inclusa me stessa. E le dirò… mi sono quasi abituata a questo continuo coinvolgimento. Tanto che quando avete detto che gli omicidi sono centinaia, mi sono seriamente preoccupata. Solo che, ammetto che non saprei in che modo intervenire su questa coincidenza.” Sembrava veramente dispiaciuta mentre lo diceva. Mulder cominciava a sentirsi in imbarazzo. Cosa poteva dire alla signora dopotutto? “Resti a casa e non si muova più perché è evidente che ovunque va, la morte la segue.”? Sembrava assurdo anche a lui dirsi quelle parole nella testa. “Non posso fare altro che promettere a lei e alla sua collega di non farmi più coinvolgere in alcun modo, sia che mi sia richiesto o che mi trovi nel luogo per caso.” Proseguì la scrittrice sospirando “Certo, sarebbe brutto se poi per una mia mancanza una persona innocente finisse in galera… però, credo che sia la cosa migliore e anche la più semplice. Dopotutto gli omicidi non vengono certo a bussare alla mia porta.” Fu allora si sentì bussare alla porta. Colpi veloci e forti. “Oh cielo! E chi è adesso!?” esclamò la signora Fletcher avviandosi alla porta. Colto da un brutto presentimento, Fox Mulder la seguì. Quando la donna spalancò la porta, davanti a loro comparve Michael Sting, che però non indossava il cappuccio del suo impermeabile giallo a strisce nere. Il volto fradicio dell’uomo era stranamente gonfio. Fece un passo avanti ed emise un rantolo prima di cadere in avanti, rivelando un pugnale infilzato nella schiena.

(1) Riferimento all’episodio “Il Latitante” della decima stagione de “La signora in giallo”, dove Jessica Fletcher viene accusata di calunnia da un ex-galeotto per alcune scelte narrative del suo nuovo romanzo.

 
Continua...

from nomadank

Egghead si riconferma essere una delle saghe più coinvolgenti di tutta l'opera. Pregna di azione, emozioni, rivelazioni, nuovi misteri, il ritmo è incalzante, come quello dei tamburi della liberazione. In particolare il 1107 è uno di quei capitoli che esplode sia di informazioni che di momenti epici. Per chi è invasato come me è il momento della proliferazione di nuove teorie e della revisione di quelle vecchie. Ma andiamo con ordine.

  • Confermato (sembrerebbe) che i giganti sanno di Egghead dai giornali, ma non come hanno saputo che Luffy è Nika. L'hanno riconosciuto dalla taglia perché sanno che aspetto ha joyboy in quanto la sua incarnazione precedente era un gigante (il che spiegherebbe il cappello di paglia gigante nella stanza di Imu)? Gliel'ha detto Shanks (che secondo me sa fin dall'inizio che quello era il frutto di Nika)? Altro?

  • Luffy colpito ma NON immobilizzato da Saturn. Perché? C'entra con l'haki del re conquistare? Oppure il potere non ha effetto sulla discendenza della D? Di fatto per ora solo Kuma era rimasto immune. Comunque che goduria vedere Saturn massacrato di pugni da Nika.

  • SANJI CHE BLOCCA CON UN CALCIO IL LASER DI KIZARU (mentre Zoro arranca contro Lucci, godo). Vista la reazione incredula di Borsalino più che haki direi che c'entra la tecnologia del germa. Questo, insieme all'essersi preso un pugno in faccia da un Seraphim senza battere ciglio, sta rivelando il suo nuovo e devastante potere.

  • Finalmente si è visto chi c'è della ciurma di Barbanera, anche qui con un'entrata in scena spettacolare. Catarina Devon TOCCA solamente Saturn e la missione è conclusa. Che cazzo mi sta a significare? Basta il tocco per permettere a Teach di rubare i poteri? Non deve farlo neanche lui direttamente? C'entra qualcosa il frutto di lei, la volpe a nove code? Altrimenti che senso ha? Maledetto e meraviglioso Oda che risponde a una domande e te ne apre altre 100.

  • Io ho da tempo una teoria, cioè che Teach e Orso siano della stessa razza, questo ancora prima che quest'ultimo si rivelasse un bucaniere. Quindi mi sono soffermato molto sul momento in cui Saturn dice di conoscere la stirpe di Teach. La parola usata dall'astro di saggezza in giapponese vuol dire stirpe nel senso di albero genealogico ma anche razza, solamente che per quest'ultima nel resto del manga si è sempre usata un'altra parola. Quindi magari sta semplicemente dicendo che è della D? Oppure che ha una discendenza segreta? È figlio di Rocks? P.s. l'hype sulla ciurma di Barbanera continua a salire, soprattutto grazie a momenti con questo

  • ADORO che Caribou si riveli essere per Teach letteralmente quello che Barto è per Luffy

Insomma, la quantità di cose che avvengono nel capitolo è notevole. Oda è un maestro in questo: ci inonda di informazioni per farci dimenticare momentaneamente tutto il seitan che c'è al fuoco e poi... BOOM, ci coglie alla sprovvista ogni volta.

E il mio mantra continua: Ma quanto è bello One Piece?

 
Continua...

from Oliviabenson2

Vi presento “L'uomo vascello” (Autopromozione)

Pochi mesi fa, mentre ero in attesa di concludere il mio percorso universitario, stavo pensando di smettere per sempre con la scrittura. Avevo completato la tesi, ero in attesa delle ultime correzioni e del completamento delle pratiche burocratiche. Avevo fatto tutto il dovuto e dovevo aspettare i “comodi” degli altri. Nel frattempo due cose erano successe: avevo chiuso un rapporto con un editore che si era rimangiato delle promesse e stavo osservando dei movimenti nel mondo dell’editoria che non mi piacevano. C’erano anche altri problemi (alcuni ancora presenti), ma non starò qui ad elencarli anche perché non riguardavano strettamente la scrittura. La cosa che più mi dava fastidio era il senso di totale passività che provavo in quel momento, perché nonostante io avessi fatto il mio dovere, c’erano altre cose che dovevano muoversi e io non potevo contribuire al loro movimento: l’università e i miei relatori agivano indipendentemente da me e se per un qualsiasi motivo ci fosse stata una decisione opposta da parte di una di queste “entità”, un ritardo o anche solo un errore, io rischiavo di dover rimandare ulteriormente la tesi, prolungando l’attesa di altri mesi e costandomi anche a livello economico. La stanchezza mentale di quelle giornate mi rendeva difficile scrivere qualsiasi cosa, perfino il mio diario e anche questo mi faceva pensare che forse non dovevo più toccare una penna. Avevo fatto inoltre dei colloqui di lavoro abbastanza disastrosi con delle redazioni/case editrici. In questa situazione di profondo sconforto, un personaggio prese forma nella mia testa. In realtà, lo avevo conosciuto un po' di tempo prima, ma non avevo mai avuto di approfondirlo. Ho già raccontato (qui: https://log.livellosegreto.it/oliviabenson2/se-non-fossi-corrotta-non-esisterebbe-in-difesa-di-nikita-personaggio ) che spesso i personaggi si mostrano a me come fossero persone vere. Non posso parlare realmente di processo creativo, perché a volte mi sembra che siano più loro a raccontarmi la loro storia che il contrario. Mi piace in questo senso immaginare che la mia testa sia una specie di bar, dove pensieri/idee diverse, assunta una forma personificata, si incontrano e iniziano a parlare tra loro o direttamente a me, la barista. Se poi la storia che raccontano mi piace, decido di mettermi al lavoro sulla stessa e allora inizia un processo di confronto diverso. Se invece la storia non mi convince o non posso lavorarci, i personaggi non vanno via. Restano nel bar “a disposizione”, come attori in attesa del loro turno sul palcoscenico. Questo personaggio apparteneva alla seconda categoria. Di genere maschile, ma senza nome, era uno degli esseri più passivi che avessi mai creato/incontrato. Una volta mi ero domandata se fosse effettivamente possibile raccontar la storia di qualcuno totalmente passivo e lui si era presentato rispondendomi di sì. Non ha mai avuto un nome proprio, alla fine l’ho nominato: l’uomo vascello. Faccio però fatica a identificarlo come un essere umano: è infatti un essere profondamente odioso, nei modi e nei pensieri, come nelle poche azioni che svolge; vede gli altri come un problema, nel peggiore dei casi; nel migliore, diventano uno strumento che usa con il fine egoistico di concedersi un po' di piacere fisico o mentale; chi legge la sua storia può erroneamente vederlo come un personaggio bisessuale, ma la verità è che non ha mai avuto preferenze particolari, o comunque non le ha mai indagate; non è in grado di amare le altre persone, in nessuna circostanza. Non mi piaceva, per questo non avevo mai raccontato la sua storia: era un essere intelligente e lucido ma mentalmente immobile, in balia di eventi abbastanza terribili da cui però traeva segretamente un senso di controllo e potere sugli altri. Questa cosa a me personalmente dava molto fastidio, ma in quel periodo di profondo dolore, era l’unico personaggio che sembrava mostrare al meglio quello che era il mio senso di attesa e frustrazione profonda. Anche se, mentre per me la stessa si trasformava in notti insonni o popolate da incubi e giornate passate seduta al PC a ricaricare la casella di mail universitarie, per lui la sofferenza fisica e l’insonnia erano una cosa di rutine, l’attesa e la costrizione all’essere alle dipendenze degli altri custodivano la promessa di un potere più grande. Quando lessi della chiamata narrativa della rivista “Il lettore di fantasia” (Per la rivista: https://www.illettoredifantasia.it/ Per il bando della chiamata narrativa: https://mailchi.mp/b5e292a4f409/call23inv ), volevo partecipare ma l’unica cosa che avevo in testa era la storia, da raccontare in prima persona, di questo gigantesco str0nz0, questo “vascello” carico di veleno e cattiveria. Alla fine, qualche giorno dopo il completamento delle ultime pratiche e la conferma che sì, mi sarei laureata, ma ancora non si sapeva in quale giornata, decisi di mettermi a scrivere di quest’uomo orribile, se non altro nella speranza che mi avrebbe lasciata in pace. Né uscì fuori un racconto horror con elementi che rimandavano al mondo lovercraftiano che intitolai appunto “L’uomo vascello”. Non riuscivo ad amare quello che avevo tirato fuori, rileggere il racconto mi aveva quasi spaventata: c’era sofferenza, rassegnazione, rancore, cattiveria… neanche un’ombra di sentimenti positivi. Anche il titolo mi pareva brutto, mi immaginavo chi lavorava in redazione leggere “L’uomo vascello” e scoppiare a ridere per l’imbarazzo della bruttezza di un titolo così. Stavo anche pensando di non mandarglielo, per non fargli perdere tempo. Stavano partecipando in tanti, più qualificati di me sicuramente, mi dicevo, poi io stavo pure pensando di lasciar perdere la scrittura quindi non aveva nemmeno tanto senso partecipare; ma ormai avevo completato il lavoro. Ci avevo impiegato circa due giorni (notti incluse) e mi sarebbe dispiaciuto non provarci nemmeno, anche se ero sicurissima che non sarebbe andato. Dopo un ultimo editing, inviai il racconto. Non lo dissi a nessuno, o forse accennai qualcosa, ma ero talmente sicura che quello sarebbe stato il mio ultimo racconto che non feci troppa pubblicità sulla mia partecipazione. Passarono le settimane, mi laureai, passai delle feste serene e ripresi un po' la scrittura (a mano) e quasi mi dimenticai di quel mostruoso personaggio che aveva infestato la mia mente per un tempo che a me sembrava infinito. Il 7 gennaio del 2024 però ricevetti una mail: il mio racconto avrebbe fatto parte dell’antologia. E avrei anche ricevuto un compenso! La redazione del “Lettore di Fantasia” è stata molto professionale nello svolgimento di tutto il processo: dal bando, al contratto, all’editing dell’ebook (dove se troverete delle stranezze è solo per via dell’impaginazione dello stesso) e ha reso noi autori partecipi di tutto, rispondendo sempre e in modo professionale a ogni domanda posta e hanno regalato una copia dell’antologia a tutti gli iscritti al loro patreon. Ma le storie non possono restare una cosa d’élite. È con grande piacere dunque che vi annuncio l’uscita dell’antologia su Amazon, dove può essere ora acquistata: https://www.amazon.it/dp/B0CVNLVTX1 Comprandola sosterrete tanto la realtà de “Il lettore di fantasia”, quanto me e tutti gli altri autori che vi hanno partecipato. Oltre al mio “vascello”, infatti, troverete tanti altri personaggi con le loro avventure. Inutile poi dire i risvolti che questa avventura mi ha portato: ho deciso alla fine di non smettere di scrivere e di continuare a provarci. “L’uomo vascello” mi ha dimostrato che anche se un lavoro può non essere propriamente “bello e buono”, può comunque riuscire ancora a trasmettere qualcosa a chi lo legge. Abbastanza da essere accettato a fianco di altri lavori (belli).

 
Continua...

from Giardino Videoludico

Big Box

Da dove tutto è iniziato

Quello del Commodore Amiga è stato un percorso ad ostacoli, ma costellato da gemme di grande qualità, di videogiochi che per un motivo o per un altro hanno fatto la storia dell'home computer ed in generale. Uno di questi videogiochi è Shadow of the Beast, sviluppato da Reflections Interactive (che nei successivi anni porteranno al grande pubblico classici come Brian the Lion, Ballistix e Driver, fra i tanti) e pubblicato nel 1989 dalla storica Psygnosis. Al timone, Paul Howarth e Martin Edmondson per il design e il coding, e David Whittaker per il sonoro. Il gioco ebbe un clamoroso successo, soprattutto in virtù delle incredibili caratteristiche grafiche (12 livelli di parallasse e texture grandi e definite) e sonore (ancora oggi i brani rappresentano un classico nelle colonne sonore di Amiga). Shadow of the Beast venne poi convertito per altri home computer (C64, Spectrum, PC Engine) e console casalinghe (Sega Mega Drive, Sega Master System, Atari Lynx), proprio grazie al plauso che ricevette da giocatori e da critica. Nel 1990 uscì quindi il secondo capitolo, sempre progettato dal duo Howarth-Edmondson, musicato stavolta dai fratelli Lee e Tim Wright e graficamente ideato da Cormac Batstone. Il passo indietro, stavolta è evidente, sia dal punto di vista estetico che sonoro, oltre che della giocabilità ai limiti dell'impossibile. Anche in questo caso Shadow of the Beast II viene convertito per altre piattaforme come FM-Towns, Sega Mega Drive e Sega Mega CD. Ad Ottobre 1990, i due programmatori storici della saga si mettono al lavoro per progettare quello che sarà il terzo e ultimo episodio, il quale vedrà la luce nel 1992, quasi 2 anni dopo.

Parallasse

Un po' di storia

Ma di cosa parla Shadow of the Beast? La storia narra di Aarbron, un uomo che, nato settimo figlio di un settimo figlio, quando ancora in fasce viene rapito da Zelek, il mago-bestia, suddito e braccio destro di Maletoth, il Re delle Bestie, sovrano tirannico di Kara-Moon. Aarbron viene cresciuto ed allevato dai mostri schiavi di Maletoth, con l'utilizzo anche di sostanze velenose che contaminano il sangue del bambino e lo trasformano lentamente in una bestia deforme e spaventosa. Una volta divenuto adulto, diventa lo schiavo più fedele di Maletoth, per il quale ucciderà e massacrerà chiunque si ponga sul suo malefico cammino. Tuttavia, un giorno, Aarbron assiste al sacrificio di un uomo da parte del suo padrone, che in un attimo di umana lucidità riconosce come suo padre. Risvegliato e accecato da una furiosa vendetta, Aarbron decide di perseguire ed assassinare Zelek e Maletoth, responsabili del massacro della sua famiglia. Nel primo capitolo, Aarbron non riesce nell'intento, ma dilaniando le forze oscure di Maletoth, acquisisce ancora un po' più di umanità, divenendo un essere a metà fra uomo e bestia, con l'obiettivo di liberarsi del tutto dalla sua maledizione. Nel secondo capitolo, Maletoth rapisce la sorellina di Aarbron, e nonostante il ragazzo riesce finalmente ad uccidere Zelek, terminando quindi la sua trasformazione e tornando ad una forma del tutto umana, sa che non sarà finita finchè non prenderà anche la vita del Re delle Bestie. In questo terzo capitolo, quindi, Aarbron viene contattato da Rekann, un vecchio che una volta era il Mago del Re, e che per un'imperizia è stato catturato da Maletoth. Solo grazie all'uccisione di Zelek, Rekaan riesce a liberarsi temporaneamente della sua schiavitù e comunicare con Aarbron, al quale spiega di dover raccogliere 4 oggetti, i quali gli daranno accesso all'antro di Maletoth, dove finalmente potrà affrontarlo ed ucciderlo:

  • Il teschio di Louq-Garou
  • La Mazza di Pendek
  • La Quintessenza dell'Essere
  • I Cristalli di Hodag

Ed è proprio questo quindi il nostro obiettivo... Attraversare le 4 zone di Kara-Moon, raccogliere i 4 oggetti, e sconfiggere Maletoth in un'unica gloriosa battaglia finale.

La Mazza di Pendek

La struttura tecnica

Shadow of the Beast III è un action/adventure, dove ad alcune sezioni beat 'em up si alternano dei puzzle come azionamento di leve, spostamento o reperimento di oggetti, trabocchetti ingegneristici ed altro. Dopo il “lieve” passo falso di Shadow of the Beast II, Paul Howarth e Martin Edmondson decidono di tornare alle origini, e riproporre quello che nel primo capitolo è stato un cavallo di battaglia, ovvero la grafica in parallasse. Con ben 8 livelli di parallasse e texture ancora più raffinate e variegate (elaborate su un Amiga 3000 tramite l'utilizzo di Deluxe Paint IV), il dettaglio estetico di Shadow of the Beast III lascia letteralmente a bocca aperta. I boss giganti e le varie ambientazioni arricchiscono un paesaggio che già di suo è molto affascinante. Non avremo il ritorno di David Whittaker alla composizione musicale, tuttavia ritengo personalmente che il lavoro fatto da Tim Wright è di elevata eccellenza. Le 24 tracce, per un totale di ben 800K di sola musica composta su un Korg M1/R, tengono il giocatore letteralmente incollato allo schermo e al joystick per ore, senza mai annoiare. I brani sono tutti diversi l'uno dall'altro e si adattano perfettamente ai vari livelli di cui il videogioco è composto. Personalmente, ho adorato e continuo ancora oggi ad ascoltare, anche al di fuori del gioco stesso, la traccia finale intitolata “As a new day dawns”, veramente un grandissimo pezzo. In un'intervista, i due sviluppatori hanno affermato che:

Gli sfondi sono stati creati prima di essere implementati nel gioco, al fine di testare il contrasto e il colore che avrebbero mostrato una volta inseriti.

Ed inoltre:

Graficamente, Shadow of the Beast III ricorda molto il primo episodio, ma dal punto di vista del gameplay è più affine a Shadow of the Beast II, sebbene i puzzle siano stati enormemente semplificati.

Howarth ed Edmondson hanno inoltre ammesso di aver avuto inizialmente delle difficoltà, in quanto da europei, programmavano su un sistema a 50 Mhz, ma gli americani lo testavano a 60 Mhz, e per questo motivo molte textures si sovrapponevano le une alle altre, costringendoli ad una serie di adattamenti. Anche perchè, sempre su loro ammissione, hanno voluto prima pensare al comparto grafico, e poi dedicarsi a smussare le caratteristiche tecniche che riguardavano la velocità e le performance di gioco. Il risultato, come detto, è stato straordinario, anche se molti utenti hanno notato una minore varietà di animazioni del personaggio principale, rispetto al primo episodio della saga, dove Aarbron aveva più movenze e pose.

Il puzzle dei pesci

Una grande eredità

In fin dei conti, se lo si conosce bene, Shadow of the Beast III può essere finito in un quarto d'ora (ci sono speedrun da 12 minuti). E' una caratteristica di molti dei videogiochi degli anni '90, davvero molto difficili, ma che una volta conosciuti, hanno una rigiocabilità bassa perchè effettivamente molto brevi. Tuttavia, se ci si avvicina al gioco per la prima volta, l'impatto è abbastanza forte, sia a livello tecnico, come dicevamo, che di gameplay. Racconto brevemente un aneddoto, leggermente spoiler, quindi lo metterò sotto forma di citazione così da poterlo saltare se non si vogliono anticipazioni:

La prima volta che giocai Shadow of the Beast III ero pre-adolescente, quindi le meccaniche mi erano del tutto sconosciute. Oltretutto, internet era del tutto assente, e l'unico modo per scoprire come avanzare e superare alcuni passaggi era aspettare la rivista di settore che pubblicava la soluzione, oppure chiedere ad amici o parenti che lo avevano giocato. Ricordo bene che, per capire come passare il punto in cui, al primo livello, c'è il bestione chiuso nella cella che deve andare a mangiare il pezzo di carne sotto la trappola, dovetti chiedere aiuto ad un collega di mio padre, il quale era riuscito a capirlo e ad andare avanti.

Sicuramente rispetto al secondo capitolo, c'è stato un notevole alleggerimento della difficoltà degli enigmi, che in Shadow of the Beast II potevano davvero inchiodare il giocatore per settimane. C'è ovviamente da usare un po' di logica, come nel caso dello scivolamento del blocco di cemento nel terzo livello, o quello del barile nel secondo, ma in generale con un po' di tentativi si riesce serenamente a completare tutti e 4 i livelli e a terminare la serie.

Non si parla mai abbastanza di Shadow of the Beast, anche se lascia un'eredità notevole, perchè pioniere di un genere e di una tecnica stilistica altamente avanzata. Le recensioni del settore, già ai tempi, furono quasi tutte concordi sulla pregevole fattura di questo terzo capitolo, per molti migliore dell'intera saga, grazie al suo equilibrio fra il comparto grafico del primo e la complessità del secondo. Concludo questa mio excursus sul videogioco dando un mio parere e raccontando brevemente la mia storia. Sono sempre stato un “amighista”, e non ho avuto mai l'occasione di affrontare i primi due capitoli della saga, sebbene poi nel tempo abbia recuperato dei gameplay e acquisito molte informazioni a riguardo, trovandomi poi fortemente appassionato alla serie. Possedevo quindi, piratato, questo terzo capitolo, che ho stragiocato per anni, finendolo tantissime volte, e portandolo come gameplay sul mio canale Odysee/LBRYIl Giardino Videoludico”. Sono anche, attualmente, il detentore del record mondiale di speedrun di questo gioco con 10 minuti e 15 secondi. Dal canto mio vi consiglierei, armandovi di molta pazienza, di cominciare da Shadow of the Beast, per capire meglio la storia, non solo a livello di trama, ma proprio di concepimento e realizzazione, di come Paul Howarth e Martin Edmondson hanno creato e portato alla gloria questa grande saga.

 
Read more...

from Oliviabenson2

Gli XFiles di Cabot Cove: Parte 3 – (Racconto-Fanfiction)

(Il racconto che state per leggere è una fanfiction che vede il crossover di due serie Tv: “Xfiles” e “La signora in Giallo”. Conosco entrambe, ma sono più preparata con “la signora in giallo”. Siete quindi invitati a segnalarmi qualsiasi errore commetta con i personaggi di Xfiles inseriti nella storia. L’ho scritta su ispirazione di un post su LivelloSegreto di @lookacomics, con passione e amore per queste serie e senza alcuno scopo di lucro. Questa è la terza parte e spero possa piacervi)

Parte 1: https://log.livellosegreto.it/oliviabenson2/gli-xfiles-di-cabot-cove-parte-1-racconto-fanfiction Parte 2: https://log.livellosegreto.it/oliviabenson2/gli-xfiles-di-cabot-cove-parte-2-racconto-fanfiction

L’abbondante riserva di candele che la signora Fletcher aveva in casa, venne giustificata dalla stessa signora: “Capita spesso, durante le tempeste, che la luce vada via. Anche per questo quando sono qui preferisco la macchina da scrivere al computer.” Mulder, che non aveva ancora perso il pallore acquisito alla notizia dell’ennesimo lutto che faceva parte della vita della Fletcher, stava in piedi vicino a lei, illuminando con la candela il telefono che però si rivelò presto anch’esso fuori uso. “Avevamo separato l’attacco del telefono apposta… Tutto inutile…” Mormorò la signora Fletcher poi prese dalle mani di Mulder la candela “Beh, torniamo in cucina, in fondo manca ancora molto all’ultimo autobus. Magari poi la pioggia smette… Ma lei è pallido come un lenzuolo! Venga si metta a sedere!” “Sto bene, sto bene….” Mulder indietreggiò terrorizzato dall’idea di essere toccato dalla signora Fletcher. Dana intervenne subito, aiutandolo a sedersi. Poi si avvicinò alla Fletcher e sussurrò: “Io e il mio collega abbiamo dovuto affrontare un caso molto importante di recente… c’erano di mezzo dei bambini.” (1) “Ah…” La signora Fletcher fece un piccolo cenno con il capo. “Questo è il nostro primo incarico dopo la licenza. Dobbiamo ancora riabituarci. Il pensiero di un ragazzo senza genitori deve avergli riportato alla memoria quanto abbiamo visto…” “Capisco… Ho una camera per gli ospiti, vuole portarlo lei a stendersi lì?” “No, signora Fletcher, ma apprezzo il pensiero. Vorrei chiederle però di preparare, se riesce, un caffè caldo. Lo calmerà di sicuro. Io lo porto di là in salone e provo a parlargli.” “Va bene.” Dana prese un piccolo candelabro a tre manici e poi fece un cenno a Mulder di andare verso il salotto. Lui, sempre pallido, la seguì senza fare storie. Anche quando si sedettero sul comodo divano, davanti al camino ancora acceso e rumoreggiante a causa delle goccioline che superavano, spinte dal vento, la copertura del comignolo, l’uomo non potè fare a meno di girare la testa verso la porta della cucina, osservandola preoccupato. “Qui non può sentirci.” Sussurrò Dana con tono severo. “La morte circonda quella donna…” mormorò Mulder. “La morte circonda tutti noi! Non puoi comparare dei lutti personali a degli omicidi!” “Omicidi nei quali lei è sempre presente.” “Quanti omicidi vengono commessi in tutto il mondo ogni giorno?” “In quanti di questi omicidi si ritrova sempre la stessa persona coinvolta?” Il bagliore della candela proveniente dalla cucina si fece più vivido. “Sssh! Eccola!” E infatti la signora Fletcher comparve con un sorriso e una tazza di caffè fumante in mano. “Mi sono permessa, signor Mulder, di aggiungere del miele, che non viene mai messo nel caffè ma le assicuro che fa un effetto strepitoso!” disse con un tono allegro ma dolce, che ricordava proprio quello di una nonna che porta ai nipoti una merenda “Questo miele è di Cabot Cove, lo produce il signor Sting che è venuto qui apposta per fare l’apicoltore!” “Un apicoltore di nome Sting?” domandò incredulo Mulder. Anche Scully si sorprese. “Oh! Ci scherza sempre anche lui!” (2) disse la signora Fletcher “Ne vuole una anche lei?” “No grazie.” Rispose Dana. “Signora Fletcher… Vorrei farle una domanda che spero lei prenda nel migliore dei modi, perché mi rendo conto che può sembrare un’accusa.” Fece Mulder tutto d’un fiato mentre con la mano tremante prendeva in mano la tazza “Ma lei si è mai domandata come mai finisce sempre coinvolta in casi di omicidio?” La domanda colse evidentemente di sorpresa la scrittrice. Lei rimase con lo sguardo vuoto e gli occhi spalancati per diversi secondi prima di allargare le braccia in un plateale gesto di confusa rassegnazione: “Non lo so e ammetto che non mi sono posta troppe domande. C’è una mia certa inclinazione alla curiosità… Che sicuramente ha un ruolo. Però ho smesso di domandarmelo più o meno dopo il terzo caso che mi sono ritrovata ad affrontare… Tuttavia ci tengo a dirvi, per ricollegarmi anche a quello che mi avete detto voi prima, che il più delle volte non sono io a trovare gli omicidi, ma sono gli omicidi che trovano me.” Mulder, che ancora non aveva avuto il coraggio di bere, fissò intensamente la donna: “E la cosa non la infastidisce?” “Non mi rende felice, se è questo che vuole sapere.” Il tono della Fletcher si incrinò per la prima volta da che erano entrati in casa sua: non più calmo, accogliente, simpatico, ma piccato e deciso. Anche gli occhi, illuminati dalla calda luce della fiammella, brillarono per un attimo di quella che pareva una rabbia autentica. Mulder annuì e si prese un lungo sorso di caffè: “Il suo caffè è ottimo… e il miele ci sta molto bene. Non volevo offenderla. Mi scusi.” La signora Fletcher annuì e sembrò quasi rattristarsi, come pentita di quel breve momento di furia: “Dovete scusarmi voi: io capisco il vostro lavoro e il vostro avviso lo prendo molto sul serio.” Poggiò la sua candela sul tavolino e si sedette in poltrona, dirimpetto a loro. Rimasero tutti e tre in silenzio, ad ascoltare il fruscio della pioggia, il crepitare del fuoco e i lenti sorsi di Mulder. Dana lo osservava cercando di capire se almeno quello scambio di battute avesse effettivamente calmato la sua tensione, o se invece ne aveva solo generata dell’altra. Jessica Fletcher, invece, scrutava la finestra ed era evidentemente preoccupata. Fuori, le gocce di pioggia erano così intense che rendevano invisibile la strada. Li riscosse un improvviso rumore: qualcuno che bussava alla porta. “Con questo tempo!? E chi può essere!?” Jessica Fletcher prese la candela, si alzò e andò ad aprire. Fecero ingresso due uomini con in mano delle torce elettriche: uno piuttosto imponente nell’aspetto, coperto da un impermeabile grondante di colore verde scuro. L’altro magrissimo, con un impermeabile giallo a strisce nere. “Oh Seth! E Michael Sting! Cosa ci fate qui?” “Sting l’apicoltore?” domandò Mulder. “Affermativo!” rispose allegramente l’uomo con l’impermeabile giallo a strisce nere alzando il braccio “Con chi ho il piacere di parlare?” Mulder non rispose subito, perché affondò la testa fra le mani, dopo aver poggiato la tazza ormai vuota. E Dana, questa volta, non lo biasimò: perché anche lei cominciava a infastidirsi di tutte quelle coincidenze. “Jessica ti abbiamo disturbata?” L’uomo dalla stazza imponente si era tolto il cappuccio, rivelando un volto anziano, ma paffuto, con due occhiali in montatura nera. “No Seth, non preoccuparti, questi signori sono…” “FBI” intervenne Dana alzandosi “in visita alla signora per un problema di statistiche. Sono Dana Scully, lui è il mio collega, Fox Mulder.” “Seth Hazlitt, medico della città. Piacere…” strinse la mano di Dana chinando rispettosamente la testa. Non sembrava né sorpreso né allarmato dalla loro presenza in casa di Jessica. “Michael Sting! Apicoltore!” il magrissimo Sting si esibì in un baciamano piuttosto goffo “Jessica ora lavori anche per l’FBI?” Jessica rise: “No, ovviamente no.” “Anche…” mormorò Mulder che era rimasto seduto. “Non siamo qui per… o meglio siamo qui per lavoro ma non per chiedere alla signora una collaborazione. Comunque abbiamo finito e vorremmo ripartire con il prossimo autobus.” “Lei deve essere pazza!” esclamò senza esitazione Seth Haztlitt “Nemmeno un carro armato potrebbe girare con un tempo del genere!” “Ma… Noi dobbiamo tornare…” “É fuori discussione signora, anzi, io sono qui proprio per questo: volevo verificare se avevate bisogno di qualcosa; mezza città è senza elettricità, e l’altra metà ha le cantine allagate. Per questo sono con il signor Sting: stiamo portando degli attrezzi in città!” “Santo cielo!” esclamò Jessica. “Invito tutti voi a non uscire di casa.” “Ma noi dobbiamo tornare a Washington!” protestò Dana. “Domani. O dopodomani. Non dovete muovervi da qui finchè la tempesta non sarà finita.” Insistette il dottor Hastlitt. “Potete dormire nella mia stanza. Ha un solo letto, un matrimoniale, ma se vi accontentate potete restare, mentre io andrò nella camera degli ospiti…” disse Jessica Fletcher. Dana si voltò verso Fox e i due si scambiarono una lunga occhiata silenziosa. “Direi che per una sera non è poi una brutta idea…” disse allora Fox, ma la voce era chiaramente nervosa. “Molto bene. Jessica, se succede qualcosa, qualunque cosa, chiamami al cerca persone. In quanto a voi signori, volete che porti un messaggio allo sceriffo da parte vostra?” “Come fa a sapere che abbiamo parlato con lo sceriffo? Lo ha intuito forse?” Pensò Fox Mulder. Ma non lo chiese ad alta voce, anche perché Dana stava già parlando: “Sì per favore: gli dica di mettersi in contatto con il nostro superiore e di informarlo della situazione.” “E per favore, Seth, se trovi dei ricambi per questi signori, portali. Anche se spero che si tratti solo di una nottata…” “Signora Fletcher non dovete…” “Molto bene. Noi ora andiamo, ma non esitate a contattarci. Jessica, signori, buonanotte.” Disse il dottor Hazlitt. “Buonanotte a tutti!” esclamò Michael Sting baciando di nuovo la mano di Dana. Fox si limitò a fare un cenno restando seduto.

Era una bella stanza la camera degli ospiti della signora Fletcher. Fox si prese il suo lato del letto, si sedette e rimase immobile, mentre Dana si sistemava come poteva. “Queste lenzuola pulite profumano come quelle della casa di nonna.” Disse la donna. Forse voleva cercare di sdrammatizzare. Ma non funzionò. Fox rimase dritto seduto sul letto, immobile. “Io spengo la candela adesso.” Disse Dana. “Io mi sposto di sotto. Vado a dormire sul divano.” Fox prese il suo candelabro e si alzò. “Mulder?” “Sì?” “Tutto bene?” Fox non rispose. Si limitò a fare un sorriso asciutto e poi disse: “Buonanotte Scully.” Chiudendosi alle spalle la porta della stanza. Anche se sapeva che non avrebbe dormito, accumulando così ulteriore stanchezza, quella ennesima coincidenza fortuita gli forniva la possibilità di esplorare meglio la casa di quella scrittrice. E non voleva sprecarla.

(1) : Non ricordo se e in quale episodio di XFiles erano coinvolti dei bambini. Se non fosse un’idea giusta per i tempi in cui è ambientata la storia, come in generale perché nessun episodio di XFiles riguardava dei bambini, la cosa può essere interpretata come una bugia di Scully, inventata sia per coprire il vero caso sia per togliere dall’imbarazzo Mulder. (2) La parola “Sting” in inglese, significa “puntura”.

 
Continua...

from allibragi

Harriet era rannicchiata sotto il tronco enorme dell'albero caduto. Il sapore di sangue in bocca, il puzzo di sudore e di zolfo le entrava nella testa provocandole fitte dolorose. “Stanno arrivando, state fermi immobili” sussurrò Rhonda al gruppo. E così fecero i quattro maghi. Ok, tre maghi e un bardo, per essere precisi. Fermi immobili, rannicchiati sotto l'enorme tronco mentre i dissennacosi, con i loro lunghi mantelli, perlustravano il piccolo rilievo in cerca di nuove emozioni di cui nutrirsi. E fu così che stettero, per minuti che parvero ore. “Se ne sono andati” disse Roberto con il suo inconfondibile accento dell'Avana, facendo capolino da dietro il tronco. “Pensavo fiutassero i nuestros sentimenti o qualcosa del genere.” “Per fortuna l'autore di questa fanfiction ha visto Il signore degli anelli e non il film da cui è tratta la nostra storia,” commentò Snabe “ma non saremo sempre così fortunati.” Harriet osservò in silenzio il suo ragazzaccio: se ne stava in posa plastica a osservare i meandri della foresta proibita. La leggera brezza della sera muoveva la sua camicia facendola aderire al suo petto muscoloso, gli ultimi raggi del sole al crepuscolo riflettevano il sudore sulle sue scaglie mettendo in risalto i suoi lineamenti possenti da parasaurolophus. Come faceva a essere così figo anche in una situazione del genere? Lei era conciata da sbattere via, esausta e ricoperta di fango. “Sono sicura che quello che hai detto abbia qualche senso, ma ora che facciamo?” Rhonda si lisciò il pelo arruffato. La donna-cane era rimasta seduta assieme ad Harriet sotto il tronco e stava controllando il contenuto di uno zaino. “Non abbiamo molte provviste, e siamo ancora lontani dalla scuola di magia.” “No te preocupes, mi amor” le disse dolcemente Roberto, stringendo le mani alle sue. “Ce la faremo.” Detto questo la aiutò ad alzarsi. Per sfuggire agli scagnozzi di Colei-che-non-può-essere-nominata procedevano cambiando spesso direzione, tornando sui propri passi, cercando di non lasciare tracce. Questo li rallentò molto e ben presto calò la notte. A guidare il gruppo era Rhonda, conosceva bene la foresta proibita e con i suoi sensi, più sviluppati di quelli di un umano, poteva accorgersi del pericolo ben prima degli altri. Per lo stesso motivo Snabe chiudeva il gruppo, lui non era mai stato alla scuola di magia ma grazie al suo essere un parasaurolophus antropomorfo ci vedeva bene al buio. “O forse no, ma l'autore non ne capisce di dinosauri e ha deciso così” aveva spiegato al gruppo per giustificare la sua posizione nella formazione. Rhonda e Roberto lo avevano guardato con fare spaesato ma Harriet li aveva subito rassicurati: “Snabe è un metabardo e per tanto è a conoscenza di informazioni che vanno oltre la nostra conoscenza e il nostro spaziotempo. Fidatevi di me, ormai ho imparato a capirlo. Se ci dice che ci vede al buio, è vero.” Harriet lo frequentava ormai da qualche anno e, sebbene la maggior parte delle volte non capisse il senso delle sue parole, aveva imparato a conoscere e a capire l'uomo dietro esse, quindi non aveva del tutto mentito.

Ore dopo Rhonda fece cenno al gruppo di fermarsi mentre annusava nervosamente l'aria. “Dissennacosi!” gridò “Dietro di noi!”. Roberto, bacchetta in pugno, evocò delle luci attorno al gruppo per permettere a tutti di capire meglio la situazione: tre figure incappucciate stavano avanzando velocemente verso di loro lasciandosi dietro una scia di fumo nero. Harriet fece qualche passo di lato, per rompere la fila, evocò dei dardi di forza e gli scagliò contro i nemici per ostacolare la loro carica. Un dissennacoso fu preso in pieno e si dissolse all'istante in una nube di fuliggine, gli altri due continuarono la loro planata per colpire il gruppo. Snabe intonò un motivetto che aveva lo scopo di erigere una barriera tra loro e i nemici. L'idea funzionò solo parzialmente: il primo dissennacoso riuscì a passare e a scagliarsi contro Rohonda mentre il secondo si schiantò contro il canto del bardo e incontrò il suo creatore. Il mostro teneva la donna-cane per la gola e, con gli occhi brillanti di odio, si nutriva dei suoi respiri togliendole a poco a poco l'essenza vitale dal corpo. Il giovane cubano raccolse un grosso sasso e si scagliò furiosamente contro il nemico. Lo colpì ripetutamente alla schiena finché non mollò la presa. Il dissennacoso emise un rantolo di dolore. Cercò di allontanarsi dai due emettendo piccoli sbuffi di miasma; cosa che non gli riuscì perché Harriet e Snabe erano già pronti con un potente sortilegio che lo carbonizzò.

Mi amor!” esclamò Roberto stringendo Rhonda a sé e baciandole il pelo della fronte. “Sei ferita? Stai bene?” “Sto bene… credo” rispose la ragazza, rigoli di lacrime le solcavano il viso. “Scusatemi. Non li ho sentiti arrivare in tempo. Sono un disastro, avreste potuto morire per colpa mia.” “No, mi amor. Non parlare così. Ci hai salvato con il tuo fiuto sopraffino e ci guiderai fuori da questa foresta. Arriveremo alla scuola e racconteremo al preside quello che è successo.” Gli occhi dei due maghi si incontrarono ed entrambi videro lo sguardo di un amico, un amante, un complice che non avrebbe mai abbandonato l'altro. Si baciarono appassionatamente per poi posare la fronte tra di loro e rimasero così, abbracciati, ad ascoltare il proprio respiro. Il nemico era stato sconfitto, per il momento, ma avrebbero potuto arrivarne di altri perciò Harriet, con fare imbarazzato, cercò di separare i due; Snabe la fermò, appoggiandole delicatamente una mano sulla spalla, poi un'occhiata, seguimi. Poco più in là la foresta si apriva su un precipizio che dava su uno scorcio della valle. All'orizzonte il castello della scuola di magia spiccava infuocato dal sole che sorgeva dietro di esso, nel naso l'odore della rugiada mattutina e nelle orecchie il risuonare della foresta. “Siamo salvi, Porber” sussurrò il parasaurolophus abbracciandola. “L'alba?” chiese Harriet ridacchiando dal piacere poiché Snabe la stava baciando sul collo. “È il tema della challenge, vuol dire che il racconto è finito” continuò lui abbassandosi per assaggiare altre parti di lei.



Anno nuovo, nuovo post che partecipa al Circolo di Scrittura Creativa Raynor’s Hall, maggiori informazioni qui. Questo racconto credo si possa considerare la prima fanfiction che scrivo. Tra tutti i racconti, libri, settings, universi o come volete chiamarli non avrei mai pensato che avrebbe avuto proprio questo. C'est la vie.

 
Continua...