Sono un musicista.
Lo sono da sempre e lo sarò per sempre, anche quando le mie mani sembreranno non essere più le mie mani. (E non manca molto... 🙄😅☺️)
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Lo sono da sempre e lo sarò per sempre, anche quando le mie mani sembreranno non essere più le mie mani. (E non manca molto... 🙄😅☺️)
from videogeco
Ma un gioco perfetto in generale, direi, conosciuto in Giappone come Big Tournament Golf.
In sala giochi, però, questo sentore di perfezione viene messo in dubbio in un caso specifico: dovete giocare e davanti a voi c'è qualcuno molto bravo. Aspetterete parecchio.
Giocato a casa, sul mitico sistema originale o coi poteri magici dell'emulazione, è perfetto e basta.
Siete soli sul green, il vostro alter ego è probabilmente Robert Landolt, il più grande golfista tedesco di sempre. La musica, a tratti, è come se ve la suonassero i Cassiopea a bordo campo, sovrastata solo dai suoni tipici dello sport. L'impatto della mazza con la pallina, il sibilo prodotto nel vento, il rimbalzo sui diversi terreni. Il rumore della pallina che impatta con le foglie, traiettoria sciagurata.
Siete a casa vostra o in giro, nell'intimo portatile di una retroconsole, avete quasi tutto il tempo che volete per calcolare l'impatto del vento, la necessità dell'effetto, l'altezza e la potenza del tiro.
Nessuno alle spalle che scalpiti, speranzoso di poter emanare influssi da menagramo, è solo il gioco a spingervi, con le buone prima e le cattive poi, a fare il vostro tiro.
Non avete problemi di gettoni, quindi potete sperimentare. Voglio provare a far rimbalzare la pallina su un terreno solido, su quella roccia in mezzo a uno specchio d'acqua. Voglio mandarla in buca da 30 iarde, fuori dal green, senza usare un putter. Voglio che l'effetto faccia sgommare la pallina in avanti o farla rotolare indietro. Voglio divertirmi e Neo Turf Masters me lo permette, oggi a casa come nel 1996 in sala giochi.
Diversi hole in one, nella mia carriera di golfista virtuale: sempre una grande soddisfazione.
Non ero pronto a una buca da cinque fatta in due tiri, invece, grazie a rimbalzo favorevolissimo e al colpaccio dal fairway, tipo con una mazza da 100.
Albatross? E che è?: la domanda sorta spontanea tra i presenti in fila, ero uno di quelli che giocava bene e a lungo. Non ci sono mai più riuscito, mai più vista quella scritta.
Nell'animazione iniziale del titolo, in modalità demo, si vede una pallina dirigersi verso il green. Solitamente. Rivedendola più volte di fila, nei rari momenti di inutilizzo del cabinato, si poteva assistere casualmente a un'animazione alternativa, con la pallina colpita evidentemente male, destinata a finire in una zona vietata all'uomo e, per estensione, anche ai golfisti. Ed era sempre divertente, anche dopo averla vista decine di volte.
#Anno1996 #Arcade #NeoGeo #SalaGiochi #SNK #Videogiochi
from kyoka
Porta i tuoi ricordi, lascia una traccia, e insieme a tutti gli altri contribuisci a creare un simbolo di collettività. Ti aspetto per creare insieme!
from Super Relax
Versione abbellita su Wordpress Panoramica su OpenStreetMap
La salita per Lenola è una costante di parecchi giri in bicicletta della zona, sia per la salita in sé che come tratto di trasferimento, per raggiungere Lenola e poi proseguire per altre mete, Pico, Castro dei Volsci e, in questo caso, Vallecorsa.
La salita vera e propria inizia all’incrocio tra la SR 637, via Provinciale per Lenola, e via Sant’Oliva, ovvero la SP 94 che inizia a Monte San Biagio, all’altezza del ristorante “Al Boschetto”.
Provenendo dalla zona di Terracina, è possibile percorrere la via Appia, SS 7, fino, appunto, a Monte San Biagio e la SP 94, oppure procedere sempre sulla statale fino a Fondi e all’intersezione con la SR 637 che, appunto, porta alla salita.
Dal centro di Fondi, oltre che dalla SR 637, è possibile iniziare dalla salita del Cocuruzzo, continuando poi per via Sagliutola e, infine, per la Provinciale per Lenola.
La strada di elezione, comunque, è quella che inizia dall’incrocio con via Sant’Oliva, ed è pure il tratto ufficialmente contemplato su Strava. Ci troviamo su una classica strada provinciale del Centro-Sud, piuttosto larga, in questo caso, solitamente sempre con un lato esposto al sole fino a Lenola. Qualche curvone e poche curve, nessuna delle quali realmente chiusa, ci conducono senza possibilità di errore fino alla fine della salita, all’incrocio di Lenola.
Prendendo la strada a sinistra, inizia la via che ci avvicina a Vallecorsa, dopo aver attraversato l’intero abitato di Lenola. Poco dopo il cartello che annuncia la fine del territorio comunale, c’è un incrocio che a destra conduce prima a loc. Ambrifi e poi, eventualmente, a Pastena.
Per seguire il nostro percorso, invece, si tratta, semplicemente, di seguire la strada principale, la SR 637, fino a destinazione.
Cosa portarsi dietro:
– Borraccia;
– Crema solare, si pedala lontani dall’ombra per buona parte del percorso;
– Coccodrilli o orsetti gommosi per un pizzico di dolcezza ma, prima ancora, spizzichi di carboidrati e zuccheri.
Fontanelle:
Una, di sicuro, all’ingresso del centro abitato di Vallecorsa. Dovrebbero essercene nella parte urbanizzata di Lenola, non ci ho ancora fatto caso.
Terreno e altimetria:
Il piatto forte del percorso è, ovviamente, la salita di Lenola: 7,5 km a una pendenza media del 4,4%, secondo Strava. Le percentuali più frequenti oscillano dal 4 al 6%, con qualche impennata in prossimità dei tornanti, attorno al 7-8% per qualche decina di metri.
Dopo l’incrocio che immette nel centro di Lenola, la salita continua, con pendenze massime attorno al 4%, fino a località Quercia del Monaco, superata la quale inizia la discesa per Vallecorsa, con brevi tratti in salita al 2-4%.
Approssimativamente, sono queste le pendenze che affronteremo lungo tutto il percorso, quindi non sono richiesti rapporti particolarmente agili. Bici da strada, gravel o mountain bike, tutto fa brodo.
L’asfalto non è dei peggiorni, ma neanche dei migliori.
Potenziali imprevisti, pericoli e cani aggressivi:
Vi capiterà di sicuro di incontrare numerosi ciclisti, specie nei giorni festivi e, in particolar modo, dopo aver oltrepassato lenola: anche decine e decine; in caso di imprevisti, dovreste poter contare su qualche anima pia.
Il tratto tra Lenola e Vallecorsa è desolato.
Non ho mai incontrato cani aggressivi o anche solo fastidiosi, ma attenzione a eventuali attraversamenti di volpi o cinghiali.
Il pericolo vero sono i motociclisti, che sfrecciano a velocità da ritiro della patente.
Variazioni del percorso:
Nessuna rilevante, se volete percorrere il tratto classico; tuttavia, è possibile raggiungere Lenola seguendo percorsi alternativi, come per esempio da via delle Fate, via Vignolo o dalla contrada di Passignano. Sono strade sicuramente meno trafficate, con maggiori possibilità di incontrare animali vaganti e con uno o più tratti in forte pendenza.
Ispirato dalle ultime story su Instagram del buon Kenobit, e anche da un paio di pensieri che mi frullano in testa da settimane, mi sono detto “massì, facciamo un servizio alla comunità scrivendo due righe a proposito della situazione Linux e gaming”.
Preciso una cosa: è vero, all'inizio l'idea di mandare a quel paese Windows (o, Winzozz, il vezzeggiativo che spesso si usa nell'ambiente) può far paura a tantissimi. Ci sono passato anch'io quando ai tempi provai l'ormai vetusto Ubuntu 9.10 su un vecchio laptop Toshiba che non ce la faceva a reggere l'allora nuovo Windows 7...eppure, nonostante qualche difficoltà iniziale, ho riscoperto quella gioia informatica che provavo quando smanettavo su MS-DOS sul 486 di papà nell'agenzia di viaggi di mio nonno, il tutto per avviare l'originale Prince of Persia e Arkanoid.
Da allora l'informatica si è evoluta, noi siamo cresciuti, e sono cresciuti pure Windows e Linux: peccato che il primo abbia intrapreso una strada che non mi piace per niente; quella del bloatware, delle telemetrie, dell'IA e degli spyware spacciati per “funzioni innovative” (sì, Recall, sto parlando di te).
In questo momento sto scrivendo da un Thinkpad T460p ricondizionato che ho preso circa 3 anni fa su eBay da un'azienda di settore: pagato esattamente 368€, un'ottima cifra per un laptop aziendale del 2016 con un buon processore (un Intel Core i5-6440HQ). Le uniche spese aggiuntive sono state una batteria più capiente e il secondo banco aggiuntivo di RAM da 8gb, portando così il totale a 16gb.
Ora veniamo al sodo: com'è Linux nell'uso giornaliero? ci puoi giocare? Risposte: molto più comodo di Windows, e sì, ci gioco.
Come avete visto dall'immagine qua sopra, dopo un annetto e mezzo di Windows 10 su questo laptop ho deciso di passare a Linux e, dopo un periodo di cosiddetto “distro hopping” tra EndeavourOS e MX Linux alla fine mi sono accasato su Manjaro. Vi posso dire che funziona tutto out of the box tranne una cosa...il sensore di impronte digitali. Solo perché ho avuto la sfiga di beccare l'unico con i driver bloccati: se vi interessa la questione potete controllare su fprint
Sicuramente uno degli elefanti della stanza per i neofiti Linux è la frammentazione del mercato: al contrario di Windows e OSX, Linux è solo una “base” su cui poggiare, per il resto i gusti da scegliere nell'immensa gelateria delle distribuzioni (da qui in poi distro) sono tanti (anche troppi, onestamente) e posso capire che il discorso risulti complicato. Nella mia discreta esperienza con il mondo Linux però posso suggerire qualche distro tra le più gettonate:
Fra l'altro, ultimo inciso, una delle cose più belle di Linux è che potete provare la distro di vostra scelta senza formattare tutto: basta semplicemente flashare una chiavetta USB (mio consiglio spassionato: usate chiavette da tagli che vanno dagli 8gb fino ai 32gb massimo. Dai 64gb in poi se usate tool come Ventoy) con il programma di vostra scelta (io preferisco Balena Etcher, ma anche altri come Ventoy appunto o Rufus sono scelte validissime!) e poi avviando il vostro pc dal bios selezionate quella chiavetta USB e godetevi Linux in modalità LIVE. È super super consigliato soprattutto per vedere in primis se la distro vi piace, e poi per vedere se funziona tutto out of the box. Personalmente non ho mai avuto problemi su tutte le macchine che ho usato, a parte una volta su un vecchio laptop della mia fidanzata dove non funzionava il Wi-Fi, ma quello purtroppo è un problema delle schede di rete Mediatek, se non erro...
Ok: avete scelto la vostra distro Linux. Ora, come ci gioco?
Niente di più semplice: Steam, addirittura in alcune distro è pure installato di base! In caso contrario, basta aprire il vostro software manager di riferimento (nel mio caso su Manjaro uso Pamac), cercare Steam, mettere una spunta e poi dare l'ok. È semplicissimo e al massimo vi chiede di inserire la password che avete scelto per il vostro sistema. Niente di diverso da quello che succede su Mac o sui vostri smartphone. Al primo avvio Steam è praticamente identico alla versione su Windows, l'unica differenza che troverete nella vostra libreria è quella di vedere meno giochi pronti al lancio, visto che di base vengono selezionati i giochi Steam Play (ovvero quelli compatibili con i tre sistemi operativi desktop). E adesso? Si evoca Proton!
E che diavolo è Proton? Per farla in breve, Proton è un layer di compatibilità: vedetelo come una sorta di “traduttore” che opera traducendo un gioco nativo Windows come nativo Linux, permettendovi di giocare senza problemi! E vi dirò di più, esiste un sito meraviglioso chiamato ProtonDB dove potete vedere come girano i vari giochi tramite Proton, sulla base di vari punteggi: da un minimo di “bronzo” al massimo di “platino”. Escludendo ovviamente i punteggi “nativo” e “rotto” che penso non abbiano bisogno di spiegazioni. Come dicevo poco più su, non ho un pc da gaming o abbastanza recente, però gioco senza problemi ad un titolo in early access come Drill Core proprio grazie a Proton.
Ok, con Steam siamo a posto. E con gli altri launcher tipo Epic o Amazon? Nessunissimo problema: esiste Heroic Games Launcher, un programma di terze parti che applica il layer Proton anche alle vostre librerie Epic, Amazon e GOG. Per esempio gioco giornalmente a Football Manager 2024 (regalato qualche mesetto fa su Epic Store) dal mio portatile usando Heroic: ha le stesse prestazioni che avrei su Windows, l'unica cosa è che ha solo un leggerissimo bug sulla tastiera che non va se fai “alt+tab”, ma è una roba super risolvibile cliccando sulla barra centrale di ricerca nel gioco e poi funziona tutto. E se volete di più esiste anche Lutris che fa la stessa cosa anche per EA, Ubisoft e...udite udite, anche alcuni wrapper di emulatori console come Dolphin e Retroarch!
Fra l'altro, se siete dei retrogamer Linux è praticamente il paradiso tra emulatori e soprattutto ottima compatibilità con i titoli vecchi di 20-30 anni fa, cosa che su Windows vi porta il più delle volte a scervellarvi a mai finire. Per l'emulazione Windows il mio consiglio è usare uno tra Wine e Bottles: fanno la stessa cosa, ma dipende dai programmi installati ho avuto prestazioni ed uso diversi. C'è chi funziona meglio su Wine, chi su Bottles...insomma, c'è da provare.
Va bene, per i titoli single player ci siamo, ma a me piace giocare online: su Linux va tutto liscio come l'olio? Ecco, questo è l'unico punto dolente. Di base l'unico vero problema del gaming su Linux è rappresentato dai sistemi di anticheat, che il più delle volte o non sono compatibili con il kernel di Linux o proprio lo schifano apertamente come Vanguard: quindi scordatevi di giocare a League of Legends o Valorant su Linux. Ma non tutto è perduto: in nostro soccorso arriva Are We Anti-Cheat Yet? un comodissimo sito con vari aggiornamenti riguardo a tantissimi giochi online. Certo, non va proprio tutto tutto, visto che i “broken” sono più dei “supported” e dei “running” messi insieme, diciamo che bisogna dare una controllatina sia su questo sito che su ProtonDB ed eventualmente testare sul campo.
Va bene, per il gaming ci siamo: e per il resto?
Dipende dall'uso che volete fare della vostra macchina: l'elefante nella stanza è, ahinoi, la suite Adobe.
Diciamo che va a vostro gusto personale: personalmente tra le varie alternative a Photoshop preferisco Photopea (o GIMP se sono offline), e per il resto ho avuto esperienze solo con l'audio (Audacity, che uso da anni anche su Windows), video (per DaVinci Resolve stesso discorso di prima, anche se so che su Linux non gira bene come su Win. Ho sentito parlar bene di Olive e Kdenlive, ma non li ho ancora provati), e DAW (LMMS è letteralmente I-D-E-N-T-I-C-O a FL Studio). Il resto è tutto nativo o quasi, dove quel “quasi” magari sono dei programmi tipo Onlyoffice che trovo solo su AUR (il motivo per il quale amo le distro basate su Arch Linux, ma è un discorso troppo lungo...), ma davvero, su questo portatile uso praticamente gli stessi programmi che ho su Windows: dall'instant messaging (Telegram e Discord sono nativi Linux, per Whatsapp invece uso WasIstLos che si trova su AUR, ma ci sono programmi alternativi oppure basta usare la versione web) passando per la registrazione desktop (OBS è nativo), la riproduzione video (VLC è nativo e nella stragrande maggioranza delle distro anche preinstallato!), browser (Firefox nel mio caso, anch'esso preinstallato in tante distro)...e vi dirò di più, il mio workflow su Linux è pure migliore rispetto a W10: su quest'ultimo per avere un'esperienza simile a quella che ho su Manjaro ho dovuto installare un programma chiamato TaskbarX che si bugga spessissimo: invece su KDE Plasma (il desktop environment che uso su Manjaro) ho dovuto letteralmente mettere una spunta nelle impostazioni della taskbar e nulla più, risparmiando tempo e rotture di scatole.
Spero di esser stato abbastanza chiaro e spero anche di avervi acceso un po' di curiosità riguardo al gaming su Linux: ormai i tempi sono maturi. Fatevi un giro su Distrowatch, guardate qualche video (a tal proposito consiglio i canali Youtube di Morrolinux, The Linux Experiment e ETA Prime che ultimamente prova spesso dei miniPC con Bazzite) e poi provate in prima persona la distro che avete scelto, sia tramite macchina virtuale che, ancora meglio, tramite chiavetta USB in modalità live...l'importante è che non andate mai su r/Unixporn, rischiate di cadere in un rabbit hole pericolosissimo.
from videogeco
Ero disoccupato e lo sarei stato ancora per diversi mesi, quindi avevo tutto il tempo per giocare a quella meraviglia. ALl'introduzione sui binari eravamo pronti, ne avevamo avuto un assaggio col primo episodio, e pure quello fu un momento epocale della storia dei videogiochi.
Non eravamo pronti, non io, a lasciare la stazione e venire catapultati tra gli ambienti di City 17, specie gli esterni. Momenti che definiscono un prima e un dopo.
E una mattina da disoccupato, mentre giocavo sul fido CRT grigio o beige, col case grigio o beige, la tastiera... beh, all'epoca i computer erano ancora grigi e beige, come i loro accessori, mentre giocavo, citofono: è un amico mio, teoricamente dovrebbe star lavorando anche lui, di mattina.
Invece no, disoccupato temporaneamente anche lui, come per telepatia sapeva di potermi trovare a casa.
E giocavo a HL2, lui guardava senza annoiarsi, non è una cosa scontata.
Ancora oggi, penso che il Source possa tranquillamente essere usato per qualsiasi videogioco
Quell'estetica mi basta, mi appaga.
#Anno2004 #HalfLife2 #HL2 #PC #Valve #FPS #Videogiochi
from la tana di Belzebu
mi chiedo se la regina di Argyll descritta come un anello di congiunzione tra l'umano ed il divino possa avere e rivendicare i peli, si perché nel popolare brano di Andy M. Stewart membro della band Silly Wizard viene elogiato lo status di bellezza e grazia di una donna, una donna potente ed unica nel suo genere. Ispirazione probabilmente per l'utente "biscotto ai mirtilli", ispirazione certo ma non rappresentazione... Questo personaggio da migliaia di follower per lo più maschi, spiegheremo di seguito perché il genere dei follower è importante, e dai pochi like rispetto ai contenuti condivisi, è una sorta di "femminista", non me ne vogliano le attiviste e le intellettuali che si battono per davvero per quelle che sono ancora pieghe reali e penose nei diritti ostacolati per le donne, il nostro biscotto ai mirtilli, dicevamo, è tutt'altro che dolce, ed è tutt'altro che onesta nella difesa dei diritti, chi sa se le hanno spiegato che anche Andy l'autorE del testo che le piace tanto è un maschio, anche lui colpevole di stupro, omicidio ed altre indicibili azioni che quotidianamente vengono messe in atto da TUTTI gli uomini, particolarmente se maschi, bianchi ed eterosessuali, nei confronti delle donne, il biscottino ai mirtilli avvelenato risponderà che le statistiche e i media ce lo raccontano ogni giorno, che ogni giorno ci sono donne ammazzate dagli uomini e tanto basta perché tutti gli uomini siano complici, carnefici, rei dei cirmini a loro (tutti) ascritti, la regina di Argyll giudice in cielo ed in terra emette la sua sentenza definitiva. Non accetta osservazioni di alcun genere e porta in dote violenze subite in passato da maschi prevaricatori, verbalmente e fisicamente agressivi, odia de facto chi con la violenza non ha mai avuto a che fare, statisticamente i più, ma in questo caso le statistiche non le importano più. Non sa, per impreparazione o per capsiosità che le statistiche si devono leggere con più "livelli" di profondità e che soprattutto in quelle che riguardano temi sociali questa profondità è un fattore difficile da inquadrare e da interpretare, densa di elementi spesso mutevoli e interpretabili nel contesto. La regina biscotto dà agli aguzzini del suo immaginario diritto di replica circoscritto, non è possibile rispondere "non tutti..." nemmeno pianficare una situazione nei suoi dettagli, lei ha la verità ma non te ne fa dono, ti lascia nel tuo personale oblio di crudele benevolenza e consapevolezza del fatto che le cose, "ahime!" sono più complicate di come sembrano, quasi sempre. Quando gli argomenti del boscottino vengono a mancare maledice la tua natura si rammarica per le persone che hai vicino e come un biscotto si scioglie nel latte caldo, so che il latte caldo la urterà in quanto vegana, ma nel momento non mi vengono altri paragoni, chiude la porta, blocca il tuo utente e continua il suo esistere di post deliranti, tra scarpette da danza irlandese ordinate su internet e foto che la ritraggono vestita da lolita nell sala d'attesa della "psyke".
Le righe sopra sono quanto meno astiose ed acide, ma meritate per una persona che è arrivata a sostenere, parlando a nome di tutte le donne di non sopportare l'apprensione di mariti, padri, fratelli e fidanzati quanto questi si preoccupano per le congiunte, in quanto questo sentimento di preoccupazione sarebbe derivato da un senso di possesso ancor prima dell'amore per il prossimo vicino. Questa regina si crogiola in un presunto credito maturato nei confronti del mondo per il solo fatti di esser femmina, senza comprendere fino in fondo che al mondo "ahime!" frega davvero poco o nulla.
Nelle discussioni antecedenti alla sua definitiva chiusura con un blocco ed un comportamento non proprio corretto che ha visto la cancellazione di interi thread dove io mai mi sono permesso di insultarla, mi permetto ora di radicalizzare quello che posso dire nel mio spazio che è mio e sacrosanto, una mentecatta da centodieci e lode, una minus habens che non ha capito nulla di se stessa ma pretende di far comprendere il mondo agli altri, nello stesso istante in cui questi altri vengono esclusi a priori dal mondo piccolo dei suoi interlocutori, che sono, restano e resteranno sempe prossimi allo zero come il feedback ai suoi deliri.
Vive nella paura e nel terrore e questo alla fine mi spiace anche se tutto sommato, beh son cazzi suoi...
from KSGamingLife
Al bar con Stilgar: i migliori whisky delle 5 regioni della Scozia
Per la serie “Al bar con Stilgar”, eccovi la mia personalissima selecta dei migliori whisky per ciascuna regione della Scozia.
Facciamo innanzi tutto un po' di background.
Se non conoscete la terminologia specifica degli whisky, e nello specifico degli scotch, vi rimando a questo articolo che ho scritto tempo fa', potrà tornarvi utile per stabilire alcune definizioni: https://log.livellosegreto.it/ksgaminglife/al-bar-con-stilgar-come-leggere-unetichetta-di-un-whisky
Veniamo a noi: quando si dice “regioni”, in questo contesto, parliamo delle aree in cui tradizionalmente la produzione di scotch si è sviluppata seguendo specifici filoni di modalità produttiva, tipologia di ingredienti, e generalmente di gusto e preferenza.
Le regioni sono dunque:
Tecnicamente, ci sarebbe anche la regione delle Islands, ma generalmente viene sempre inclusa nelle Highlands. A me le convenzioni non piacciono, e quindi includerò la non-regione delle isole nella mia lista.
Ogni regione, a eccezione delle più piccole Lowlands e Campbeltown, ospita decine e decine di distillerie, che producono decine e decine di whisky. La mia lista non vuole essere esaustiva, si limita a ciò che ho provato, ciò che può facilmente essere reperito, e che abbia un costo accessibile anche considerando le difficoltà di reperimento causate dalla Brexit. Ovviamente tutti i link non sono sponsorizzati.
Iniziamo dunque con...
Campbeltown è una piccola regione, localizzata in una penisola nel sud ovest della Scozia. Anticamente, era una vera e propria capitale della produzione del whisky, con tantissime distillerie attive e eccellenti. Negli anni ´20 però gli effetti della Prima Guerra Mondiale avevano causato una forte depressione economica, e i consumatori si concentrarono su un altro tipo di prodotto, causando la chiusura della maggior parte delle distillerie di quest'area. Oggi ne rimangono 3, tra cui Springbank. Lo Springbank 15 è, a parer mio, uno dei migliori scotch non torbati in circolazione. La produzione è purtroppo molto limitata in termini di quantità, ma vale assolutamente la pena recuperarne una bottiglia prima o poi. Invecchia esclusivamente in botti di ex-sherry, e ha un'aroma fruttato ma allo stesso tempo incisivo, leggermente affumicato e dai sentori esotici. Si trova a intorno 120-140 euro a bottiglia, ma non è disponibile ovunque. Ne ho trovata una qui: https://shop.rivoldrink.it/springbank-15-years/
Le Highlands sono la regione più grande. Si può quasi dire che tutte le regioni siano ben definite, e poi le Highlands includono tutte le altre. Per questa ragione, le distillerie di questa macro-regione sono molto eterogenee, sia per tecniche di produzione, che per dimensioni, che per gusto. Quella che vi propongo è la più piccola distilleria della Scozia. Ci lavorano pochissime persone, e producono due tipologie di whisky: Edradour e Ballechin. Il primo non torbato, il secondo decisamente più affumicato, caratteristica rara per la posizione in cui la distilleria sorge. SFTC significa Straight From The Cask, ovvero sta a significare un prodotto non diluito, di gradazione alcolica significativa, ma che pertanto conserva interamente le caratteristiche del legno della botte. Ce ne sono tanti, di svariate tipologie, e sono tutti eccezionali. Sono scotch fatti alla vecchia maniera, come appunto ci si può aspettare da una distilleria sostanzialmente ancora artigianale. Personalmente suggerisco quello invecchia in botti di ex-porto, o ex-sherry, ma sono tutti comunque eccezionali. Hanno un prezzo che varia dagli 80 ai 200 a bottiglia (attenzione, sono bottiglie più piccole del solito), ma e vi consiglierei di stare su quelli più economici, tipo https://amzn.eu/d/ckDF9Kv
Islay, la patria della torba, l'isola più sfruttata in assoluto dalle mega-distillerie e martoriata dai camion che trasportano in continuazione ettolitri di distillato per soddisfare tutti gli appassionati del mondo. Ci sono tante distillerie in questa piccola isoletta, troppe anzi, e la popolazione non le vede particolarmente di buon occhio sebbene diano lavoro a sostanzialmente chiunque scelga di viverci. Lo fanno però a caro prezzo per l'ambiente e l'ecosistema dell'isola, è quindi la regione con più controversie. Sarà per questo che tutto ciò che viene prodotto a Islay ha un sapore così deciso. Qui c'è davvero l'imbarazzo della scelta, ma personalmente vi consiglio lo scotch che personalmente porterei nella proverbiale isola deserta. Si tratta del prodotto base della linea torbata della mia distilleria preferita. Bruichladdich infatti produce tre tipologie di scotch: appunto Bruichladdich (non torbati), Port Charlotte (decisamente robati), Octomore (i più torbati al mondo, si tratta di prodotti pressoché sperimentali e assurdi). Il PC10 che vi consiglio si trova a prezzi tutto sommato accessibili, e lo reputo davvero incredibile. È forse l'unic scotch che non deve mai mancare in casa mia. Ce ne sono tantissime varianti, a produzione limitata ed esclusiva, ma provate quello base, invecchiato per 10 anni, prodotto esclusivamente con malto di Islay. Lo trovate abbastanza ovunque, tipo qua https://amzn.eu/d/apHL1k6
Le Lowlands sorgono nella parte più meridionale della Scozia, si tratta di una regione spesso sottovalutata a causa della spiccata delicatezza degli whisky qui prodotti, che non appellano ai palati della maggior parte dei consumatori. Ma d'altronde, la maggior parte dei consumatori non capisce niente di whisky. Vi propongo un singolare prodotto di quella che è considerata una delle distillerie più autentiche delle Lowlands e forse di tutta la Scozia, l'antica Bladnoch. Il Samsara è uno scotch molto particolare, con doppio invecchiamento in botti di vino rosso e bourbon, che gli conferiscono unn corpo e una rodondità davvero memorbili. Si trova per esempio qua: https://amzn.eu/d/0w4fF2S
Speyside è una piccola regione, ma forse è la più famosa di tutte, a causa della dimensione delle principali distillerie di quest'area. Qui ha luogo una vera e propria produzione su scala industriale dello scotch, con distillerie come Glenfiddich, Macallan e Glenlivet. Questa straordinaria produzione è dovuta alla presenza del fiume Spey (Glen infatti significa “valle”), che da sempre fornisce acqua alle distillerie che sono sorte sulle sue rive. Vi consiglio però un prodotto di una delle distillerie più piccole di questa piccola zona. Aberlour, pur avendo una produzione impressionante per le sue dimensioni, mantiene a mio modo di vedere un'autenticità che in pochi altri hanno, qua a Speyside. L'A'bunadh è il loro cask strenght, ovvero il loro scotch imbottigliato così come esce dalla botte, con gradazione decisamente alta, ma con una sorta di granata a frammentazione caricata a sherry pronta ad esplodervi in bocca. Specialmente con qualche piccola goccia d'acqua nel bicchiere, diventa un'esperienza sensoriale davvero incredibile. Si trova generalmente a molto meno di 100 euro, tipo per esempio qua: https://amzn.eu/d/7OlrXoJ
Le isole scozzesi sono molte, e tutte diverse, tutte con le proprie caratteristiche territoriali. La produzione qua è relativamente giovane, con tante distillerie interessanti che promettono decisamente bene pur non avendo ancora una produzione particolarmente florida e variegata. Questo è vero tranne che per la famosissima Talisker di Skye, e per Highland Park, che a sua volte sorge nelle isola Orcadi. Le Orcadi sono isole particolari dal punto di vista territoriale: i pochissimi alberi non permettono la produzione della torba come accade nel resto della Scozia e principalmente a Islay, e gli whisky prodotti qua hanno conseguente un gusto molto particolare, quasi sapido. L'Highland Park 18 che vi propongo, seppur non si tratti di una bottiglia particolarmente economica, incorpora forse meglio delle decine e decine altre etichette di questa famosa distilleria pe proprietà specifiche di queste isole. Immaginate miele, cilegia, con in fondo una boccata di fumo tipica dei falò in riva al mare, ed ecco che vi rendete conto dove sono andati a finire i 150-180 euro che dovrete pagare. Si trova anche qui: https://amzn.eu/d/1LqQlSG
Buon divertimento, e fatemi sapere quali vi sono piaciuti!
from Racconti spontanei che attraversano l'autore
Non c'è fretta, infante, non c'è fretta. Non desiderare così intensamente di essere amato, gli esseri umani non capirebbero, sono così impegnati a guarirsi in modo errato, aggiungono invece di togliere, e anche tu infante, rimuovi finché puoi. Piangi il più possibile, svuotati di lacrime, le librerie sono così piene di autori che non hanno saputo ascoltare; bisogna smetterla di parlare, emettere, condizionare, che tu sia felicemente in contemplazione del nulla. Si può scrivere solo una volta morti, si può morire solo una volta risorti. I raggi del sole ci guidano, il calore è conoscenza infinita. Puoi scegliere se annegare dopo aver finalmente visto la base del relitto, o morire con la testa fracassata da scogli appuntiti a pochi metri dalla riva. Raccontare non è per noi, la vita non è per noi, costretti in mura piene di muffa e grovigli di spine alle finestre e feci, montagne almeno, che coprono casolari antichi, dove sì, si moriva di fame e gli inverni erano molto più rigidi e il fuoco non bastava per scaldare, serviva aprire la porta degli inferi e sprigionare il peccato. La vita è semplice, infante, va vissuta lenta, che lento è lo scorrere del tempo immaginario. Lo sappiamo, l'abbiamo provata più e più volte tanto da pensala nostra, da crederla parte di noi, ma ci avevano ingannati così bene, a farci credere nelle occasioni, non serve a niente vedere il deserto se non riconosci l'abete nel bosco, infante, figlio di una terra che muta più di te e che è benissimo in grado di andarti oltre, superarti e sopravviverti, sopra le carcasse nasceranno muschi e licheni. I popoli sono fatti da esseri umani, e i loro desideri comuni non fanno che manifestarsi. Vi piacerebbe mentire ancora di più, ma la colpa è sempre degli esseri umani e della loro inadeguatezza che sfocia in barbarie sempre più tollerabili. La strada è ancora una volta sgombra e i cumuli delle nuove macerie sono indistinguibili da quelle passate; tutti gli esseri umani vivono contornati da macerie, la nostra preziosa eredità.
from videogeco
Il mio primo pg, un paladino. I miei primi giorni in quel mondo fantastico e le prime professioni, di raccolta: era rilassante andare in giro a raccogliere fiorellini o picconare miniere, tranne quando non arrivava qualcuno un attimo prima di te e ti soffiava il nodo davanti agli occhi.
A quei tempi, e per diverse espansioni, la raccolta di piante e minerali era condivisa col mondo, quindi alloggiava meglio chi arrivava prima. E le miniere dovevano essere anche picconate più volte, qualche volta anche le piante necessitavano di una seconda operazione di raccolta.
Poi è diventato tutto più facile, ogni giocatore vedeva i suoi nodi e poteva usufruirne.
Non avevo un'idea precisa su come impiegare i frutti delle mie professioni di raccolta, poi col tempo avrei fatto qualche progresso. Passavo parte della notte, fino all'albeggiare perché all'epoca andava così, quando il giorno dopo non dovevo lavorare giocavo a WoW fino alle 5:00, 5:30. A far che? Niente di particolare, ma agli albori era ancora bellissimo così. Esplorare, perdersi in un altro mondo.
Era un'alba di un sabato o di una domenica, giravo senza meta per le Wetlands, probabilmente una zona compatibile col mio livello; non che ci badassi più di tanto, al limite scappavo dai dinosauri che popolavano la zona, fino a quando perdevano interesse per il mio paladino. Raccolsi un peacebloom, ancora all'epoca non c'era la localizzazione italiana, che non ho mai usato. Aveva un'icona bellina, questo fiorellino bianco. Lo mandai a una persona, pensando che a questo servissero queste simpatiche piantine: fare un pensierino, come regalare un mazzetto di fiori.
I frutti delle miniere non li ho mai mandati, non tutta la saggezza viene con l'età, già allora ero abbastanza saggio da capire che sassi e minerali non sono granché come regali. Se non per geologhe e geologi, o appassionati della mineralogia, professionisti o amatori.
#Anno2006 #PC #Videogiochi #WorldOfWarcraft #WoW
from videogeco
Testa di limone era il nipote di un gestore di una sala avversaria a quella che frequentavamo solitamente: non che non trascorressimo ore e ore in altre sale, ma ne avevamo una nostra, quella del cuore. Avversaria, forse, un termine azzardato: i rapporti erano di sana rivalità, ecco, sulla qualità dei giochi e sul numero di gettoni corrispondenti alle classiche mille lire; sulla guerra dei gettoni, ritornerò.
Testa di limone, chiamato così sia per la sua chioma bionda (sicuramente rara da quelle parti), sia per evocare una sorta di similitudine tra la sua stupidità e il suddetto frutto. Non so neanche perché certi vegetali, tra cui limoni e cetrioli, siano considerati stupidi, ma tanto era e tanto è. Di certo, i limoni non contano balle a ogni pie' sospinto, a differenza del protagonista di questo scritto: appena si metteva a parlare di videogiochi, ne saltavan fuori di tutti i colori. Schede rarissime arrivate con voli privati da località tecnoesotiche, tipo “l'America” o il Giappone; titoli inesistenti, prestazioni videoludiche oltre le capacità umane e le possibilità degli stessi videogiochi e così via.
Ebbene, assuefatti alle sue narrazioni alternative, alla sua voglia di stupire, data per scontata la sua stupidità, pari solo a quella di un limone (?!), una volta l'abbiamo sottovalutato. Lui guardava oltre, noi miseri ci accontentavamo di un orizzonte temporale di due o tre giorni al massimo.
Siamo in questa sala avversaria, è un pomeriggio qualsiasi in un orario in cui i coetanei, solitamente, studiano. Non essendo studenti particolarmente convinti, stavamo giocando a Mortal Kombat, il primo, versione non censurata: erano i primi tempi del gioco, la versione censurata era ancora quella più diffusa, estinguendosi dopo poco per la voglia di brutalità innata nell'essere umano. Mortal Kombat era già abbastanza noto, per due semplici motivi: il primo, i personaggi digitalizzati come in Pit-Fighter, un gioco che da noi ricordato solo per la particolare grafica e mai amato davvero, probabilmente per la legnosità del tutto. Il secondo, ovviamente, era la violenza barocca delle fatality, il sangue, un pavimento trapunto di lame eccetera. Nessuno, tuttavia, poteva immaginarne l'uscita di innumerevoli seguiti, nel corso dei decenni: era, semplicemente, ancora troppo presto.
Arriva Testa di limone, dal nulla, parla senza un vero interlocutore, quindi a tutti: “a mio zio tra poco arriva la scheda dall'America di Mortal Kombat 3, è una scheda particolare, si mettono dei dischi piccoli, una specie di CD musicali, con dentro altri personaggi, coi colori diversi, con altri quadri e altre mosse, questa scheda nessuno ce l'ha, poi vi faccio vedere la settimana prossima”.
Neanche Mortal Kombat 2, direttamente il 3. Dopo qualche secondo di silenzio, si scatena l'ilarità generale. Tutti noi, stolti, ne ridevamo. Testa di limone ci indicava i DLC e il futuro dei videogiochi, noi guardavamo il dito.
#Arcade #MortalKombat #SalaGiochi #Videogiochi
from ordinariafollia
segni sulla carta o dove capita, traiettorie intime che precedono il pensiero e lo sorpassano, e si ammucchiano e si perdono e ritornano.
segni sulla carta e dove capita, movimenti meccanici dell'indimostrabile che fa capolino, e cambiano e si travestono e ritornano.
from Testudo Blues
Crepitìo radio
Qualcuno si schiarisce la voce
Bentornati all’ascolto, mascalzoni e sicofanti. Una splendida giornata di sole splende sulla città isolata di Testudo, e il vostro umile centauro Danny Catenaccio è ancora qui, vivo e vegeto. Vi starete chiedendo come ho fatto a sopravvivere al maledetto pasticcio in cui mi ero cacciato e la risposta è semplice: ho trovato un buon amico, che a sua volta aveva dei buoni amici. Nessuno sopravvive da solo, in questo mondo crudele, ficcatevelo bene in testa. Non posso raccontarvi ogni cosa nei dettagli, ma sappiate che, qualche giorno fa, il signor Ranucci si è visto recapitar, da uno dei suoi musicisti jazz, una piccola scheda di memoria che conteneva un video in cui sua moglie affermava di volerlo morto. La scheda era infilata in una busta con un biglietto che diceva: “dai suoi amici Bronco e Catenaccio.” E così la nostra condanna a morte è stata revocata. Quanto alla moglie del nostro amico, beh, una gang di adolescenti l’ha catturata mentre cercava di fuggire da Fast-food Lawn e ci ha chiesto cosa volessimo farcene. Bronco ha detto di avere un’idea. L’avrebbe fatta arruolare nel Branco, una comunità di banditi che vive nell’estrema periferia di Testudo. Il leader di questa comunità, un temibile bandito chiamato “il Coyote”, è molto rispettato nel sottobosco criminale della città. In questo modo, la signora Ranucci avrebbe avuto una nuova vita e forse non sarebbe finita ammazzata per opera di suo marito. A quel punto Bronco mi ha chiesto di accompagnarla dal Coyote e io ho – contro ogni dettame del buon senso – accettato. Lo so, mettermi in viaggio con la donna dei miei sogni, che suo marito vuole uccidere per colpa mia, non sembra esattamente una buona idea. Ma al cuor non si comanda. Pensate che finirò nei guai? Beh, è proprio ciò che mi è appena successo. Per colpa del mio inguaribile spirito romantico, mi sono ficcato in un guaio grande come l’intera città di Testudo. Ma questa è un’altra avventura e ve la racconterò un’altra volta. Chiudo la trasmissione di oggi con un consiglio di pubblica utilità: occhio ai predoni travestiti da gentiluomini che negli ultimi tempi infestano i quartieri alti. Questa città diventa ogni giorno più pericolosa, ma in qualche modo troviamo sempre il modo di andare avanti. Alla prossima avventura, cari i miei mascalzoni.
from Testudo Blues
Qui il consueto riepilogo della storia
I suoni di Fast-Food Lawn filtravano nella bottega dello zio Archiebold attraverso le pareti di lamiera, assumendo una consistenza metallica. All’improvviso, la quiete fu interrotta da un colpo. Una manata contro la saracinesca abbassata. “Preparatevi. Ranucci è capace di tutto. Per quanto ne sappiamo, là fuori potrebbe esserci un’orda di artificieri pronta a far esplodere l’intero quartiere.” Il pessimismo fatto persona, forse avrei dovuto lavorare come titolista in un giornale. A dire il vero, non credevo che la resa dei conti sarebbe arrivata così presto. Al momento eravamo solo in tre, nel retrobottega: il vostro umile centauro Danny Catenaccio, un novantenne con un fucile a canne mozze e un idiota con due semiautomatiche. Il detective Bronco era uscito a cercare rinforzi, ma non avevamo più avuto notizie da lui. Mi sono avvicinato alla saracinesca per guardare attraverso la minuscola fessura che faceva da spioncino. E per poco non mi è venuto un colpo. Là davanti, invece di un predone del deserto armato fino ai denti, c’era la donna più bella della città di Testudo: una visione paradisiaca, una Venere vestita di pelliccia, la mia donna dei sogni, nonché la moglie del signor Ranucci. “Che diavolo ci fai qui?” Le ho gridato attraverso la saracinesca. “Sono qui per offrirvi un lavoro.” Alla sua risposta, il decrepito zio Archiebold è scoppiato in una fragorosa risata. “Balle!” Ha detto, attraverso i suoi denti marci. “Sei qui per ammazzare il mio nipotino!” “Se fossi qui per uccidervi sarei venuta da sola? E avrei portato con me un milione di corazze?” Come al solito, la menzione del denaro è bastata per far abbandonare ogni cautela al mio ex-socio Johhny Rumble. “Falla entrare,” mi ha sussurrato, gattonando fuori dalla sua copertura – un tavolo di metallo rovesciato su un fianco, dove lo zio Archibold era solito tagliare la sua preziosa mercanzia con sostanze di infima qualità. “Sentiamo cosa ha da dire.” Io scuoto la testa e carico il mio fucile da caccia, avvicinandolo alla saracinesca per farle sentire lo scatto. “Vattene, prima che ti faccia saltare la testa.”
Non immaginate nemmeno quanto sia difficile minacciare di morte la donna per cui avete una cotta, vero? Beh, allora non siete cresciuti nei quartieri bassi di Testudo, dove anche le ragazze più carine possono rivelarsi spietate assassine. “Voi due mi piacete, dico sul serio. Non… non certo in quel senso, però mi piace il vostro stile. È per questo che sono venuta qui. Voglio proporvi di eliminare mio marito una volta per tutte. Io erediterò il suo impero e voi lavorerete per me.” “Avanti, l’hai sentita! È sincera.” Un milione di corazze e un lavoro per la donna più ricca di Testudo. Ce n’era a sufficienza per mandare fuori di testa il vecchio Johnny Rumble. “Apri quella diavolo di saracinesca, Catenaccio!” La cosa che mi turbava di più era il fatto che sembrasse davvero sincera. Insieme al terribile pensiero che uccidere il vecchio Ranucci fosse l’unico modo per sfuggire alla sua furia assassina. Ed è stato proprio in quel momento che ho avuto una delle migliori idee che il mio cervello a scolapasta potesse partorire. “Dimmi un po’, Zio Archie, ce l’hai ancora quella telecamera davanti all’ingresso?” “Per tutte le sanguisughe mutanti del lago Michigan, certo che ce l’ho ancora!” Lo zio Archiebold aveva novant’anni, ma sapeva ancora come mandare avanti un’attività in un quartiere pericoloso come quello. Anzi, due attività. Un negozio di copertura e una rivendita di droga. “Un vero gioiellino, corazzata e a prova di esplosione, collegata a un sistema d’allarme che potrebbe svegliare il sindaco Carter in persona. È l’unico modo per evitare che quei dannati teppisti cerchino di entrare ogni notte. Vuoi sapere cosa ho fatto all’ultimo ladruncolo che mi ha scassinato la serranda?” “Non ora,” gli ho detto, tagliando corto. “Puoi caricare il video su una scheda di memoria?” “Ma certo! Ne ho comprata una cassa da un predone che le aveva rubat… ehm… che le aveva acquistate all’ingrosso.” Girando di nuovo la testa verso la serranda, mi rivolsi alla moglie di Ranucci. “Hai sentito, tesoro? Ti venderò a tuo marito, per fargli capire che sono dalla sua parte. Mi dispiace da morire, credimi, ma è così che deve finire questa storia. Ti conviene cominciare a fuggire, perché nessuno si salva dalla furia di Ranucci.” “Maledetto,” ringhiò la donna dei miei sogni dall’altra parte della saracinesca. “Io mi fidavo di te. Ma questa città rende tutti dei bastardi.” Un colpo di mano sul metallo, come un ultimo saluto, e la moglie di Ranucci scomparve per sempre dalla mia vita. Ma le visite, per quel giorno, non erano ancora finite.
***
Stavo ancora pensando a come recapitare la scheda di memoria al signor Ranucci, quando un altro genere di colpo si infranse contro la saracinesca della bottega. Un colpo di fucile. “Vieni fuori, vigliacco!” La voce roca e sgraziata appartiene a un tizio che ho incontrato poco tempo prima. Un tizio con l’aspetto di un bufalo. “Sì, vieni fuori. Devo ancora ringraziarti per avermi azzoppato.” Il commento proviene da una voce identica alla prima, che probabilmente appartiene al suo fratello gemello, sforacchiato dalla pistola del mio amico Bronco. Un altro colpo di fucile apre una breccia nella saracinesca. Il buco piuttosto piccolo, ma riesco a intravedere la brutta faccia di uno dei due tizi. Sparo un colpo di avvertimento, ma i pallettoni del mio fucile non riescono a oltrepassare il metallo del serramento e non sono così fortunato da centrare il foro. Ricarico in fretta, ma il gemello è già pronto ad aprire di nuovo il fuoco. Il suo fucile anticarro oltrepassa il ferro come se fosse burro. Il buco nella saracinesca si allarga ancora. E il fratello ci infila dentro una granata. “Bomba!” Grido, vedendo scivolare l’ordigno all’interno del retrobottega, mentre comincio a correre verso l’uscita sul retro – una pesante porta tagliafuoco. “Tutti fuori!” Dice lo zio Archie, spingendo sul maniglione antipanico della porta d’acciaio e precipitandosi fuori con l’agilità di un ventenne. Johnny lo segue a ruota e io vengo sbalzato all’esterno dal fragore dell’esplosione. La bottega dello zio Archiebold è stata sventrata dalla bomba. Assieme al legno marcio e alla lamiera di cui era composta, probabilmente, sono andate perdute anche diverse migliaia di corazze sotto forma di droghe illegali. E la scheda di memoria? Spero davvero che lo zio Archiebold non l’abbia lasciata da qualche parte là dentro, dopo averci copiato il filmato che poteva salvarci la vita. Sempre se riuscirò a sopravvivere, s’intende. Sono stordito dall’esplosione. Mi fischiano le orecchie. Ho la vista annebbiata. Sento lo zio Archie e il suo amato nipote dire qualcosa, ma le parole mi arrivano ovattate. Delle mani mi toccano, si infilano nelle tasche del mio giubbino di pelle. Sento qualcuno che comincia a correre. Mi stanno derubando? Se hanno preso la chiave della mia PodeRossa, tornerò come fantasma per divorarli, lo giuro. Volto la testa verso la baracca in macerie e vedo, in mezzo al fumo e alle fiamme, emergere due forme scure. I gemelli-bufalo. Uno di loro solleva verso di me il suo fucile e si prepara a portare a termine la missione. La mia unica speranza è che il detective Bronco mi salvi di nuovo da quell’uomo, come ha già fatto una volta. Ma non succederà mai. Anche lui mi ha abbandonato, fingendo di andare a cercare rinforzi per salvarsi la vita. Faccio un respiro profondo e mi preparo a morire. Non pensavo che sarebbe finita così, giustiziato da uno sgherro qualunque nel bel mezzo di Fast-Food Lawn. Ma in fin dei conti tutta la mia vita è stata volgare e banale. Perché mai sarei dovuto morire da eroe? Chiudo gli occhi. Quanto ci vorrà, prima che sia tutto finito?
***
Sento delle voci di bambini. Sembra che si stiano divertendo. Il paradiso è un posto strano, mi dico. Ci rifletto ancora un momento. Con i miei trascorsi, come diavolo ho fatto a finire in paradiso? Forse dovrei aprire gli occhi e scoprire se queste grida appartengono a tanti angioletti o a un esercito di giovani diavoli. Mi faccio coraggio e sollevo le palpebre. Sono decisamente dei diavoli. La scena che mi si presenta davanti è davvero assurda. Un fiume di ragazzini ha assalito i due sgherri di Ranucci. Ci sono adolescenti e bambini che saltano da tutte le parti, urlando a squarciagola e ridendo di gusto. Due di loro stanno litigando per il fucile dell’uomo-bufalo, che devono avergli strappato dalle mani. Una piccola squadra sta legando strette le due guardie del corpo con delle funi da pesca. Nel mezzo di questa follia collettiva, riconosco il mio salvatore che avanza col petto gonfio d’orgoglio, maestoso come la statua di un santo e ugualmente pronto a ricevere la mia adorazione. “Bronco,” gli dico, quando è abbastanza vicino da potermi sentire. “Come diavolo ci sei riuscito?” “Per fare l’investigatore privato, devi avere qualche contatto con le gang di strada, no? Le baby-gang di Fast-Food Lawn sono facili da corrompere. A proposito, hai un debito con loro: cinquecento hamburger sintetici e duemila corazze di mancia.” “La mia vita vale così poco?” Gli domando. “No, ma loro non lo sanno,” ribatte Bronco, ridacchiando. “In ogni caso, Ranucci tornerà a cercarci. Siamo spacciati. È un vero peccato, ero quasi riuscito a guadagnarmi il suo perdono. C’era un video che poteva salvarmi, ma credo che sia andato distrutto. Dobbiamo andarcene di qui. Forse troveremo un modo per fuggire da Testudo.” Infilo in tasca la mano per controllare se il mio portafoglio è davvero sparito, e le mie dita urtano un piccolo oggetto di plastica. Una scheda di memoria.
from 513023
IL GIOCO DEL CALCIO
“After years of waiting nothing came as your life flashed before your eyes you realize I'm a reasonable man get off, get off get off my case”
Se me lo chiedi non so nemmeno perché mi trovo qui, a notte fonda in una città che non è la mia, stretto sul sedile posteriore di questa calda e asfissiante Peugeot 106 bianca, in mezzo a ‘sta gente più giovane di me di almeno dieci anni, bicchiere grande di cartone in mano e cannuccia, la testa che a ogni sobbalzo sbatte contro la lamiera del tettuccio ormai privo di tappezzeria e poi rimbalza sul vetro del lunotto laterale che, naturalmente, non si può aprire.
La storia con Lei è finita soltanto qualche mese fa, poco prima dell’estate. Così un bel giorno, ritornando in patria, ho preso il bus che dall’aeroporto mi ha riportato a casa sua – casa nostra– e lei non mi ha nemmeno aperto la porta. O meglio, la porta l’ha aperta ma non mi ha fatto entrare, dicendomi che non potevo, che non dovevo, occhi gonfi ma decisi a lasciarmi lì interdetto, sbigottito e incredulo, mentre dentro c’è qualcuno fra le sue lenzuola – le nostre – al posto mio. Sembra durare un’eternità, mi crolla il mondo addosso al rallentatore mentre cerco di capire perché, ma il perché lo so già. Diciamo che cerco di capire perché adesso, perché in questo modo, perché non prima. Durante il mio viaggio di ritorno non ho fatto altro che pensare a noi, a come le cose si sarebbero aggiustate, a quanto ti amo, a quanto sei l’unica persona di cui mi importa, a quanto vorrei potere entrare in questa casa e chiederti di vivere tutta la vita insieme. Invece sono qui e piango e piangi e sento che tutto sta finendo. Mi viene da vomitare.
Fatto sta che finisce davvero e non mi resta altro da fare se non trovare un modo per smettere di pensarci, di odiarla, di dimenticarla. Ma si può odiare ciò che si è amato tanto follemente, così da un momento all’altro? Non lo so, faccio un esperimento: decido di provare ad amare qualcosa che ho sempre odiato. Il calcio. Sì, il gioco del calcio. Comincerò a tifare per una squadra, mi lascerò travolgere da questa passione, ma non soltanto, no: non sarò un tifoso qualsiasi, e non terrò nemmeno alla squadra di calcio della mia città, tiferò invece per la squadra rivale. E lo farò come si deve. Sarò profondamente onesto e devoto, ci crederò con tutto me stesso. Comincio così a seguire tutte le partite –le poche rimaste alla fine del campionato- a imparare i nomi dei calciatori e la storia di ciascuno di loro. Il gioco lo conosco, ne conosco le basi, non sono del tutto ignorante in materia, anzi a dire il vero il gioco in sé un tempo mi piaceva pure, poi ha cominciato a starmi sul cazzo perché mi stavano sul cazzo gli altri ragazzini che lo praticavano. Così faccio e per dirla in breve, termina il torneo nazionale e incomincia l’estate. E con essa un altro campionato: quello internazionale. E prendo a frequentare questo bar della piazza principale in città praticamente sempre da solo. Questo perché durante gli anni vissuti fuori le amicizie si sono rarefatte; certo alcuni amici restano ma in un modo o nell’altro si allontanano geograficamente, e questa è l’estate in cui siamo tutti lontani. Al bar però c’è una nuova ragazza, bellissima, occhi accesi, sulle braccia tatuaggi floreali dai colori tenui che si amalgamano benissimo con la sua pelle chiara. Ogni sera quindi occupo da solo lo stesso tavolo e ordino sempre lo stesso drink, due, tre, numero imprecisato di volte fino alla fine della partita, e guardo il calcio con gli occhi di un innamorato ma il calcio non ricambia e inizio a sospettare che questo amore probabilmente non durerà. Forse non sono fatto per amare uno sport, forse sono fatto per amare una persona, per essere amato a mia volta. E arriva lei, la ragazza del bar, che mi chiede se ne prendo ancora uno e io dico sì e lei portandomelo mi sorride, e io ricambio. Finisce la partita, sono pressapoco ubriaco, mi nutro soltanto di snack e noccioline da settimane d’altronde; mi alzo e cerco di non cadere mentre mi avvicino al banco per pagare ma lei mi sorride ancora e mi dice che stasera io non pago. Le chiedo, ricambiando ancora una volta il sorriso, se faccio davvero così pena e mi risponde di non pensarci. Allora le domando se le va di vederci quando smonta da lavoro, mi dice forse, le scrivo il mio numero sopra il blocchetto delle comande e cerco di ritornare a casa, barcollante. Nel cuore della notte squilla il telefono, un numero che non ho in rubrica, con la bocca impastata dall’alcol rispondo: è lei. Mi chiede dove abito e mi dice fatti trovare giù che andiamo a fare un giro insieme e indosso di corsa una maglietta pulita e scendo inciampando per le scale e lei è già lì che mi aspetta dentro l’auto porta aperta salgo e parte fra le luci della notte – della strada e delle stelle – con l’odore dell’asfalto che col caldo sale e pervade le narici e ci porta dritti ad un locale sulla spiaggia fra il vociare della folla e la musica la inseguo e bevo a farle compagnia e lei mi si racconta mentre il mondo la saluta mi presenta a tutti, nessuno escluso: questo è il mio ragazzo. Non so se mi sento ancora ragazzo dico; quindi, mi prende per la mano e mi porta in riva al mare a fare l’amore sotto la luna.
L’estate e il campionato volgono al termine, le ho raccontato tutti i dettagli di questa mia neonata, folle fissazione per il calcio, lei mi ha detto del suo ex, quello che l’ha tatuata, che sono rimasti in buoni rapporti e che lui è il capo degli ultras della mia nuova -a quanto pare- squadra del cuore e che se ho voglia e non mi infastidisce possiamo andare a trovarlo per la prima che giocheremo in casa. Volentieri.
Così giungemmo alla città avversaria, un sabato di fine agosto, giorno prima della fatidica partita. Prima tappa la sua casa universitaria dove mi presenta le coinquiline che mi subissano immediatamente di domande d’ogni tipo. Stasera andiamo prima a fare aperitivo e poi a ballare, mi invita poi una di queste come a sondare il terreno delle mie intenzioni con lei -con loro- e di che pasta sono fatto. Non batto ciglio, sorrido e faccio cenno di sì. Ma prima, dice Lei, passiamo dallo studio che ti presento lui. Il tempo di sistemare le mie cose nella sua camera e siamo fuori, noi tre, diretti al suo studio, le altre ci raggiungeranno dopo cena, dicono. Quando arriviamo lì lui sta lavorando, lo vediamo attraverso la parete a vetro. Sotto gli aghi una ragazza mezza nuda e che non è la sua prima volta si nota da come affronta con aria calma e rilassata le sollecitazioni dell’elettrodermografo e di tutti i nostri sguardi. Lui concentratissimo, ha fatto soltanto un cenno a Lei quando ci ha visto entrare. Cerco di immaginarli insieme, lanciando sguardi all’una e all’altro, proiettandoli mentalmente in un passato in cui dicevano di amarsi. Non ce li vedo, come d’altronde non vedo futuro per noi due; è come se le nostre vite si fossero incrociate per un brevissimo momento in cui a entrambi stiamo bene, come se stando insieme avessimo trovato una sorta di equilibrio che ci tenga vivi. Dopo lavoro lui si presenta, completamente diverso nell’atteggiamento ora spavaldo e quasi sfidante, in particolare nei miei confronti. Non fa altro che cercare di infastidirmi e infastidirla, e insiste perché lasciamo lì la nostra auto e andiamo in giro tutti insieme, con la sua. Pertanto, ci stipiamo come sardine in quella macchina minuscola, lui e la ragazza mezza nuda davanti, noi tre dietro, Lei nel mezzo. Un viaggio da un girone all’altro dell’inferno, dove raccattiamo piano piano anche tutte le altre: per ogni tappa qualcosa da bere e una nuova frecciatina, ma poi pian piano qualcosa cambia e lui mi prende quasi a cuore e l’intravedo, fra le sovrastrutture della personalità, fra una steccata al biliardo e una palpata ai culi della sua e della “mia” lei, nella calca in discoteca, che cerca di stimolare in me qualcosa, prepotente eppure fragile, come Swayze fa in Point Break. Ci ritroviamo fuori dal club per fumare una sigaretta e mi racconta tutto ciò che ci aspetterà domani, allo stadio. Come di quella volta in cui riuscirono a portare in curva il motorino rubato al capo della tifoseria avversaria e a buttarlo giù, in fiamme, dal secondo anello, senza pensare di subirne le conseguenze. Mi tranquillizza dicendomi che nessuno si farà male e dandomi una pacca sulla spalla mi fa che ha bisogno di tirarsi un poco su: che domani ci divertiamo! Si appressa l’alba ormai e decidiamo di andar via, la musica si è esaurita e così anche le nostre forze. Esausti entriamo in quella 106, bicchieri con cannucce in mano, residui della notte appena trascorsa. Lui è ancora su di giri, dopo tutta la C che si è tirato, noi cerchiamo di convincerlo a gran voce che è l’ora di tornare a casa e dopo un po’ , finalmente, ci riusciamo.
Ma a un semaforo, di ritorno sui viali, un’auto si affianca alla nostra e da quella, poche parole urlate fra gli affondi di un pedale vestono un guanto di sfida. Lui allora fa rombare il motore, quell’altro ancora di più, noi quattro invece ci guardiamo preoccupati ma non abbiamo neanche il tempo di aprire bocca che scatta il verde
Sotto il manto di stelle, l'asfalto è un mare nero, e motori, ruggenti, sfidano il silenzio della notte placida. Quali navi veloci guidate da remi, così le auto scattano, lanciate in una danza di fuoco e fiamme, ardenti come Etna. I due folli piloti, animo teso e sguardo fiero, si lanciano nell'agone sfidando il destino con mano sicura. Le gomme stridono, l'aria si carica di un tuono senza fine mentre le vetture sfrecciano, rapide come dardi. Un duello di sorpassi, destrezza e ardore Cloanto insegue Mnesteo, il suo bolide come un fulmine, Mnesteo non cede, la sua guida è pura arte. Cloanto con furore, tenta di riprendere il comando, ma il destino è già scritto, e il traguardo è ormai vicino.
E mentre la città dorme ignara del fragore delle passioni noi ci schiantiamo su di un’auto ferma che, come la nostra in maniera figurata, letteralmente va a puttane; e ciò che vedo, prima del buio pesto, è una colonna di fumo ergersi imponente dal cofano dell’auto nostra, fra lo stridore degli pneumatici che si squarciano sul selciato.
from Racconti spontanei che attraversano l'autore
Fantine, vorrei dirti di aspettare, di sperare, un giorno l’umanità costruirà una macchina per prenderti e attraverso il non considerabile e il non percepibile, attraverso l’indecisione e gli infiniti modi per sbagliare, errare, infine salvarti e portarti nel presente ipotetico e prometterti che da quel momento in poi tutto sarà un dolce abbraccio, vapore oltre l’orizzonte, brezza fresca, ma non esisterà mai quel presente. Forse è presto per dirtelo, forse una speranza ancora rimane nel reciproco futuro, ma purtroppo ho smesso da tempo con la speranza. Vogliono sminuirci, mortificarci, siamo impermeabili, la nostra pace è idrorepellente di fronte al loro mare di odio e inadeguatezza. Gli esseri umani sono feroci e il destino, che è la somma di tutte le loro malvagità, non può che investirti, cara Fantine, non può che prenderti, ecco la malvagità sì può, oltre tutto e oltre ogni bene, essa muove e muoverà. Ho visto più dittatori malvagi, pieni di pregiudizio, superbia, altezzosità altalenante mista a ilare sfogo bagnato dal vino, come i direttori in teatri dove si professa l’arte che libera, tutto questo non è per noi, che in centri specializzati di ordigni, dove il senso di colpa è un masso sul fianco di una collina e basta un temporale, ne basta uno solo ancora, per staccarlo e distruggere il villaggio là a valle, un villaggio di buoni agricoltori, buoni a pestare i figli con rami duri di alberi duri. E tu Fantine lo sai bene, il mondo è così semplice ma loro hanno imboccato la strada sbagliata. E vorrei sussurrarti dolci parole, resuscitarti, rinascere insieme, spostare delicatamente i fili d’erba per i nuovi percorsi dimenticati, non far riconoscere il nostro passaggio, accarezzare le ali delle libellule e volare con loro e spingerci sempre più lontano e abbracciare, vogliamo solo un caldo abbraccio. Fantine, rimane così poco alla fine dell’umanità, non c’è che il sogno collettivo, noi siamo svegli, lucidi, pragmatici, l’umanità ha sbagliato tutto, e come sempre siamo solo noi ad averlo capito.