Il coraggio di essere cristiani
Tanti anni fa, quando io avevo circa otto anni, tutte le persone del mio paese si professavano cristiane. Tanti andavano in Chiesa, facevano parte di gruppi parrocchiali, partecipavano alle processioni e alla festa del Santo Patrono. Non c'era quasi scelta, tutti ma proprio tutti appartenevano alla fede cattolica.
Poi con gli anni, con la venuta di immigrati e lavoratori stranieri, ci siamo resi conto che esistevano anche altre religioni ed altre fedi. All'inizio era buffo vedere queste persone vestite secondo la loro cultura, ma poi, piano piano, ci siamo abituati. Purtroppo però, anche in questo tempo attuale, non abbiamo instaurato quel rapporto di conoscenza reciproca, che porta arricchimento e comprensione, principi fondamentali per vivere in pace.
Man mano che passavano gli anni, con l'avvento degli smartphone e soprattutto dei social network, le pubblicità aggressive ci hanno portato a desiderare sempre più oggetti e a volerli subito. I negozi ed i centri commerciali cominciavano a fare aperture domenicali, e costringevano il personale a lavorare anche di Domenica. Di conseguenza anche la catena produttiva (fabbriche, laboratori, ecc.) era costretta a lavorare anche la Domenica.
La Domenica è diventata ormai un giorno qualsiasi, e il tempo per la fede non c'è quasi più.
Nei tempi attuali, la fede nel Signore è stata sostituita nella fede negli oggetti, nella fede nel danaro.
E così sono nati tanti dèi, il dio danaro principalmente, il dio lavoro, per guadagnare più danaro, il dio social network per guadagnare più followers e numeri, il dio calcio, che ci tiene sul divano a vedere tutte le partite del campionato.
Con tanti dèi in giro, il Signore è stato messo in un angolo. Anzi, ormai ci si vergogna a dire di essere cristiani praticanti. Non è raro incontrare persone che si recano in chiesa come se andassero ad un incontro di una associazione segreta. Ogni giorno devono sorbirsi le critiche alla Chiesa, al Vaticano, al Papa, al singolo sacerdote senza poter replicare perché apparirebbero ingenui, sempliciotti, pupazzi manipolati che si bevono qualunque favoletta.
La questione è abbastanza seria, forse non è ancora venuta fuori in modo completo, ma una verità è certa: ci si vergogna a dire di essere cristiani.
Per paura di essere attaccati, a volte preferiamo seguire Cristo in silenzio, di nascosto, evitando che gli altri se ne accorgano. Ma qual'è veramente il messaggio del Signore: “seguitemi di nascosto senza farvi scoprire?”.
Oppure il messaggio è: “aprite il vostro cuore ed annunciate il Vangelo al mondo?”.
“Non si accende una lampada per tenerla sotto il tavolo”. Queste sono le parole del Signore. Ma voi, vi sentite luce o tenebra? e se siete luce, perché vi nascondete sotto il tavolo?
Ci sono dei paesi in cui professarsi cristiani è pericoloso, ma per fortuna in Italia esiste ancora la libertà di parola e la libertà di culto. Ci sono religioni che lottano tutti i giorni per affermare il loro diritto all'esistenza, prendiamo esempio da loro. Testimoniamo la Parola senza vergogna, portiamola nei luoghi dove viviamo tutti i giorni. Perché non è vergogna essere cristiani, non è vergogna testimoniare la pace, non è vergogna insegnare il perdono, non è vergogna esercitare la carità.
Alla fine, se qualcuno deve prenderci in giro, lo farà lo stesso, solo perché i loro dèi non sono i nostri dèi, il loro smartphone non è come il nostro, la loro busta paga non è come la nostra e i loro vestiti firmati non sono come i nostri.
Noi abbiamo un unico Dio, misericordioso, che porta la pace. Abbiamo un unico cuore dove il primo posto è per Lui. Noi apparteniamo all'umanità libera e attenta al proprio prossimo. Non nascondiamolo, se possiamo.
Namasté