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from ordinariafollia

ordinariafollia-log_013-2024.

Il primo non stava mai fermo un moscerino della frutta alimentato a pile atomiche e finiva con un piede nell’acqua e perdeva una scarpa sporco, sempre sorridente con l’imperativo assoluto di non essere da meno.

Il secondo era carino delicato come bandiera di panna sulla cima di una torta di Pisa e intrecciava la lenza tra rami impossibili calmo, sempre interrogativo con l’imperativo assoluto essere alla mano.

Il terzo ero io chiacchierone ridanciano, fabulatore, contromano e parlavo e parlavo e parlavo e parlavo vispo, sempre ironico con l’imperativo assoluto di essere umano.

E poi c’era il Grande Pescatore che ancora urla: ma non lo vedi che hai un piede in acqua? ma come cazzo hai fatto a intreccia’ lassù? ma tu non pigli fiato mai?

 
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from Pensieri di Pollo

Tekkon Kinkreet è la storia di due gatti randagi, Kuro e Shiro.

Due orfani che vivono in un'auto e passano la loro vita tra le strade dei quartieri più malfamati della città di Takaracho, un luogo spietato in cui la violenza è l'unica lingua parlata.

Poliziotti corrotti, imprenditori spietati, yakuza falliti, e poi i due fratelli, che si rifiutano di subire Takaracho, ma che anzi nel loro modo di vedere il mondo la difendono a suon di mazzate inferte a chiunque non gli vada a genio.

Matsumoto, con il suo tratto mai così sporco e nervoso, accompagna un racconto di crescita che suona come un blues, un rapporto viscerale fatto di equilibri fragili e di fratture, una città camaleontica, caotica e in cui convivono la violenza cieca ma anche germogli di inattesa speranza.

 
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from ordinariafollia

ordinariafollia-log_012-2024.

Mangiava vinile, Eraldo il lunedì mattina e sapeva che non avevamo una lira.

Adolescentrici maceratesi figli del borgocentrismo, appesi ad un campanile muto.

Mangiava vinile, Mario il venerdì sera e sapeva che non avevamo una lira.

Adolescettanti maceratesi nipoti dei fiori, illesi da una rivoluzione sconosciuta.

Qualche volta facevo colletta durante lo struscio del corso perché non potevo proprio fare a meno di vinile.

Mario lo sa, ci ha visto passare tutti occhi innamorati e saccocce vuote. Anche Eraldo lo sapeva.

 
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from Lelio

Questa sarà una condivisione probabilmente disordinata

Ho avuto un'esperienza che per la prima volta da anni mi ha fatto vedere da fuori come appaio io e il mio comportamento. È stata una cosa gentile, come specchiarsi nel proprio riflesso in un laghetto.

Ultimamente ho una febbre creativa, da circa un mese a dir la verità. Sto vivendo un po' come un vagabondo, facendo qualche lavoretto ogni tanto e cercando di tenermi strette le mance. È liberatorio, rilassante, nutriente per il mio vulcano creativo interiore ma anche estenuante a livello sociale ed emotivo. Beh tutti questi stimoli attivano un sacco il mio cervello. E ormai è una costante esperire queste attivazioni. Ma per un po' avevano un fare capriccioso: restavano sopite per settimane e poi esplodevano violentemente lasciandomi sconvolto. Incanalo il mio delirio in ciò che creo e di conseguenza me lo riassorbo senza paura, al massimo un po' di confusione (ma chi non sarebbe confuso a vedere la gente che ti parla e non sentire le loro parole? O dal nulla vedere la scia di cose in movimento come in un quadro futurista?). Dimentico l'ordine che rende il mio lessico comprensibile e cose semplici mi affascinano i sensi.

Mi trovo a chiedermi cosa succederebbe se sparissi e basta. Non in senso perenne, solo un viaggetto di cui non direi niente a nessuno, in un luogo solo a me conosciuto, allontanandomi dalla tecnologia. Mia madre andrebbe di sicuro nel panico. Però mi trovo sempre più spesso ad averne bisogno. Adesso sono in treno. Ho una fermata e un impegno, ma potrei semplicemente non scendere e cambiare al capolinea senza fornire spiegazioni.

I binari sono lunghi e tesi e il paesaggio ha colori così diversi che mi sembra di non aver mai percorso questa tratta. Ci sono container piegati e strappati come tende di stoffa. Le risaie verdeggiano. Case vecchie hanno appena ricevuto una nuova mano di intonaco. Mi rendo conto di avere un odore. Non mi piace, anche se sono sicuro di aver messo il deodorante e di star indossando una maglia pulita. Perché non sono a pucciarmi nel Ticino come le persone sane di mente con questo caldo? Sono vicino al luogo dove ho portato il moroso a infrattarsi come due adolescenti. Sedili reclinati, finestrini appannati. Ho abbastanza partner da far sì che queste condivisioni siano anonime. Oggi mentre andavo dallo psichiatra ho incontrato una vecchia fiamma che, come al solito, aveva tanto bisogno di compagnia e ha insistito per fare un pezzo di strada con me. Ciò mi ha impedito di vagabondare e sono arrivato venti minuti in anticipo (la seduta è poi iniziata con 15 minuti di ritardo). Mi devo ricordare che abbiamo chiuso per divergenze erotiche e non perché ho smesso di ritenere utile il nostro rapporto. Chi mi vuole guardare mi trova essere un libro aperto, o quantomeno facilmente sfogliabile. E non mi sto dicendo questo da solo per tessermi lodi, ma come promemoria per quando mi sento un egoista manipolatore perché ogni giorno devo trovarmi un modo diverso per darmi addosso e ultimamente è così.

Mi fanno ridere le pareti. Toccarle. Sono estremamente interessanti. De-realizzazione, mi ritraggo in autostop. La mia autoconsapevolezza mi fa interpretare il mondo come composto da diversi strati di realtà. Purtroppo quella che è “reale” in senso comune è quella un poco più grigia per me. Ci ho scritto un poema in tre libri su questo concetto. Dovrei rimetterci mano e pubblicarlo sul serio (e toglierlo da Wattpad che è sotto deadname). Mi sembra di non essere mai passato da queste stazioni, sono sulla linea giusta? Lo scoprirò. Oggi i paesi non sembrano i soliti. Le piante mutano, ma i paesaggi dovrebbero essere più o meno uguali a settimana scorsa. Sarà la luce? La fame? Questa risata che mi monta dentro e che mi devo concentrare un sacco a non far emergere se non ho il naso in un libro?

...

Anche il telefono è forma di intrattenimento e potrei star ridendo per dei meme. La mia risata libera sembra un pianto e mi sento giudicato.

Pensa avere una dermatite psicosomatica per sei anni per colpa del tuo cantante. Spero di non causare disturbi simili ai miei musicisti. A parte che sono io quello psicosomatico. Il bassista potrebbe semplicemente tirarmi un pugno. I chitarristi chissà, sopporterebbero. Il batterista mi sfugge, adoro come suona ma chissà se dura.

Stasera gioverei di un po' di yoga. Non ho altro da dire.

 
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from la tana di Belzebu

la dipendenza dai social è una cosa seria

Come molti in questi lidi telematici anche io sono iscritto, con piacere, alla settimana sovversiva di Kenobit, la mail arriva al lunedì ed è un dialogo sulle macro ma anche "micro" che accadano allo scrittore, un racconto ora in prima persona ora in terza, di quotidiana lotta contro gli algoritmi del nostro tempo, siano essi digitali che analogici. La settimana sovversiva, dicevamo arriva ogni lunedì ma è anche leggibile direttamento da quì: https://settimana.kenobit.it/archive a questo link trovate l'archivio delle settimane passate. L'ultima email sovversiva, qualla del 29 luglio 2024 mi ha molto colpito devo ammetterlo, mi ha colpito perché in quelle righe Kenobit parla del rapporto con il rettangolo che ci portiamo in tasca, ovvero lo smartphone, della sua organizzazione del tempo, anche lavorativo, in funzione dell'utilizzo dei Social "tradizionali", di quanto sia difficile non ricadere nelle cattive abitudini che questi ci inducono anche solo a fronte di un imprevisto che ci costringe ad utilizzarli fuori dagli schemi che ci siamo imposti, la difficoltà di non cedere all'effimero compiacimento dei contenuti a nastro... Mi sono stupito che questo possa accadere a chi, Kenobit ne è un esempio secondo me, svolge un lavoro con un fortissimo impatto artistico, Kenobit è un musicista affermato, conosciuto e molto apprezzato nell'ambito della chiptune, compone infatti con il *GameBoy* musica, ed è protagonista di concerti ed eventi davvero incredibili, seguitissimi da molti amanti del genere. Questo non è certo tutto, fondatore di **livellosegreto.it** istanza Social basata su Mastodon e di tutte le relative derivazioni come questo motore di Blog, Pixel, TeleKenobit, Stereo e altro ancora, è stato per molti anni traduttore di videogiochi per produzioni di livello i cosi detti tripla A e pure ? Ci racconta come anche una mente così "forzuta" presa d'assalto da stimoli creativi propri ed esterni, possa essere in qualche modo attaccata dalle lusinghe Social di contenuti che durano un momento per passare immediatamente a quello successivo per quella piccola sensazione di "micro-interesse" che ci esalta e subito ci abbandona alla ricerca di un altro piccolo momento di "*soddisfazione*" Apprezzo la grande umanità di Kenobit nel raccontarsi in questa esperienza che è identica a quella di altri che per lunghe mezz'ora o anche ore, vengono rubati a se stessi da un susseguirsi di contenuti per lo più inutili allo scopo, ma utili a "drogarci" di noi stessi, di quelle piccole, ripetitive e repentine sensazioni di piacere... Mi consola anche in parte, perché comprendo quanto sia dura la lotta contro questi maledetti meccanismi, ho iniziato personalmente una battaglia con me stesso per slegarmi da questi meccanismi che ritenevo e ritengo forti, fortissimi, ma che ammetto sottovalutavo in quanto convinto che facessero presa su certi aspetti dell'esistenza delle persone, più queste ultime esprimono un'esistenza piena più sono immuni a certe seduzioni, ed invece non è così, io non sono un musicista, ne tanto meno uno sportivo, non ho un lavoro avvincente nel dal punto di vista tecnico ne umano, tanto meno economico, non posso certo permettermi di viaggiare per il mondo con il frutto del mio lavoro o di dare vita a progetti che non siano circoscritti nell'ambito piccolo della mia stanzetta, ecco perché ritenevo che cedere a certi meccanismi fosse per me più semplice, addirittura che certi meccanismi siano stati proprio pensati per persone che come me hanno poco o nulla da raccontare, ma forse non è così, forse l'area di caccia di questi predatori del tempo è più ampia e ricca di quanto potessi immaginare. Questo mi fa sentire un po' meno solo nelle mediocrità di una vita che è ormai per la maggior parte trascorsa lasciandomi tanti segni addosso ma senza lasciare segno alcuno al mondo.

 
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from Il Mago Rosso

Una cosa che desideravo da tanto tempo era provare l'ebbrezza di allevare un Digimon e finalmente da poco più di un mese sono un felice possessore di Digimon X.

A conti fatti si tratta di un Tamagotchi, prodotto sempre da Bandai, con tante funzioni interessanti in più, come la possibilità di allevare fino a tre bestie digitali, farle crescere ed evolvere, nonché farle combattere in modalità storia e contro degli amici reali.

Questo ha gettato le basi per la fortunata serie a cartoni animati Digimon Adventure, che quest'anno compie venticinque anni ed è stato celebrato con un video sul canale ufficiale YouTube, e una valanga di altri prodotti, su tutti le carte collezionabili e numerosi videogiochi.

Il mio Digimon X

Il mio Digimon

All'accensione del dispositivo compare un digiuovo che dopo un minuto si schiude. Ne è uscito un grazioso Keemon. Stando alla descrizione su Wikimon è un dispettoso solitario, un'anima affine a quello che piace a me nei giochi di allevamento mostriciattoli. Infatti anche con i Pokémon ho un debole per i problematici e i bistrattati come Slowpoke, Wobbuffet, Psyduck, il sacco da pugile che io ho chiamato Boto, la sua evoluzione sumo/samurai che ho chiamato Super Boto e quel drago appiccicoso che è della quarta generazione e quindi dalla terza in poi non mi ricordo i nomi veri, ma al massimo i soprannomi che gli ho dato.

Ecco Keemon:

Odia stare in mezzo alla folla e tende a nascondersi. Da un luogo appartato gli piace infastidire gli altri, sparando con una pistola d'acqua piena di vernice.

Keemon

Adorabile, vero?

La crescita

Prendendomene cura con mooolta calma, sono riuscito a non farlo mai morire di fame, sebbene qualche batosta dalle battaglie in modalità storia l'abbia presa. Questo perché, a differenza del Tamagotchi, è possibile fermare il tempo, letteralmente chiudendo il digimon in un congelatore. Così se ci si ricorda di farlo quando si esce per qualche ora e non si può tenere costantemente d'occhio, non si rischia negligenza nel caso implorasse cibo o sporcasse il micro schermo del dispositivo con quintali di cacca.

Sì, fa la cacca.

Una costante del Tamagotchi e visto spesso anche nei cartoni e nei videogiochi.

Ecco qui il mio Keemon in tutta la sua insolenza:

Ecco qui il mio Keemon in tutta la sua insolenza

Poi ho smesso di fargli foto, non sono uno che crea interi album fotografici delle proprie bestie.

In seguito si è evoluto più volte, diventando:

Yarmon Sempre secondo Wikimon, sembrerebbe un altro simpatico disadattato, infatti:

La sua personalità è contorta e quando trova un Digimon che si diverte lo imbratta con l'inchiostro sparando dalla bocca il suo “Paint splash”. Yarmon si diverte a vedere il Digimon stupito.

Yarmon

Gomamon X

Mi piaceva un sacco Gomamon nel cartone, anche se il mio preferito dei prescelti era Gabumon e la sua linea evolutiva, che diventava un dannatissimo lupo mannaro corazzato.

Gomamon X

Poi è arrivato quel fighissimo Mantaraymon X che non avevo mai visto prima, ma mi piace moltissimo il suo design.

Mantaraymon X

Poi devo aver combinato qualche disastro, magari alcune disattenzioni, forse ha perso troppe volte in battaglia, ma ha preso una direzione oscura e malvagia, diventando uno scarafaggio gigante Okuwamon X. Ma siccome «Ogni scarrafone è bello a mamma sua», gli ho voluto bene lo stesso.

Okuwamon X

Ormai la direzione della malvagità è presa e lo scarrafone è diventato praticamente un'illustrazione di copertina per la rivista di fumetti Heavy Metal: Beel Starmon X.

Beel Starmon X

Oggi è il 1° agosto e Beel Starmon X ha raggiunto il livello 10. Significa che la sua ultima evoluzione è alle porte. Cosa diventerà?

Potrei scoprirlo seguendo Digitama Hatchery, che diventa il manuale d'uso (assente nella confezione) e un'utilissima guida alla crescita dei digimon, che però ho volutamente ignorato perché volevo godermi i risultati del mio impegno. Magari per il secondo digimon gli darò un'occhiata più approfondita.

Piccolo spoiler. La mia recente ricaduta nel mondo dei digimon non è fine a se stessa, ma di questo se ne parlerà prossimamente.

 
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from Pensieri di Pollo

Il perdere la propria umanità è colpa del singolo o la conseguenza di un contesto inumano?

È a questa domanda che Kate Beaton cerca di rispondere con “Ducks”, racconto autobiografico a fumetti edito in Italia da Bao Publishing.

L'autrice infatti, una volta terminati gli studi, decide di ripagare immediatamente il debito studentesco emigrando per lavorare nei giacimenti di petrolio dell'Alberta, la terra promessa canadese degli anni '00 per i guadagni facili e sicuri.

Il contesto in cui sprofonda lentamente ma inesorabilmente è quello di un ambiente alienante, isolato da quello che lei stessa più volte considera essere il “mondo reale”, grigio proprio come le tavole del fumetto.

È altresì un ambiente a forte prevalenza maschile, e questo è un elemento chiave nel comprendere la potenza del racconto. Kate è una delle pochissime donne presenti nello stabilimento e diventa costante preda di oggettificazione, molestie e violenze così ripetute e normalizzate da entrarle nell'anima.

Al sessismo estenuante si affiancano problematiche di cui i grandi capi dello stabilimento non parlano, più preoccupati a festeggiare un tot numero di ore senza incidenti-cause di perdite di tempo: la malattia mentale, la depressione, l'abuso di droghe, la salute fisica di chi è costretto a respirare un'aria inevitabilmente contaminata.

L'autrice però non scrive un'opera di denuncia sulla violenza di genere fine a se stessa, ma cerca appunto di riflettere su chi detiene veramente la colpa: il singolo operaio alienato dal contesto o chi questo contesto lo costruisce e concede, ponendo il profitto al primissimo posto?

Ducks è in questo senso un grande lavoro sulle zone grigie e su come sia fondamentale il discorso attorno alla cultura patriarcale non tanto per attaccare il singolo uomo o i maschi tutti (anzi, nell'opera stessa si ribadisce che gran parte degli operai non ha mai mostrato comportamenti tossici nei confronti delle operaie), quanto per demolire un sistema deleterio, logorante e più connesso al capitalismo sfrenato di quanto si creda.

 
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from ordinariafollia

ordinariafollia-log_011-2024.

Guidare mi piace sono un Guido mancato in silenzio o con la musica al volante seduto tendente all'infinito.

Avere l'automobile a 18 anni era il coronamento della virilità un attestato naturale per la maggiore età la metamorfosi per il nuovo stadio dell'evoluzione prima del tramonto e dopo il pallone.

Guidare ed avere porte di ferro con finestrini da chiudere a chiave ed un sedile riservato alla fidanzata al migliore amico al bisognoso, allo sconosciuto.

Guidare per sentire di essere nella splendida giornata spiccare dal ramo della pista di pattinaggio per arrivare a Porto Recanati, a Rimini, alla Grecia puntando alla Luna.

Guidare per andare a finire in un bar sotto il mare quindi trovarsi seduto sul divano con un libro in mano ed un paio d'ali iridate che sembrano tanto leggere ma ti reggono.

 
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from memorie


Non ho mai avuto una vera relazione, un vero partner, un vero qualcosa del genere. Ci sono andato vicino per qualche tempo, tanti anni fa, erano gli ultimi delle superiori. Intanto, non sto scrivendo per lamentarmene, o per rivendicare diritti, maledire l'altra metà del cielo (si usa ancora dire così?) o chissà cosa: fidatevi, non sono proprio la persona che chiunque altro vorrebbe avere al proprio fianco, per un periodo più o meno lungo della mia vita. Neanche io mi vorrei, o mi voglio. Premesso ciò, erano gli anni delle feste dei 18 anni. Eravamo tutti del ceto medio-basso, spesso basso, quindi la maggior parte delle feste si teneva in casa. Ogni tanto, però, ce ne scappava qualcuna in un locale, comunque roba economica e lontana dalle pagliacciate attuali, dalle dimostrazioni di sfarzo che sfociano nei debiti. A lei era toccato il locale, probabilmente perché unica femmina, ultima dopo due maschi.

C'era la musica, alle feste dei 18 anni c'è sempre la musica, in casa o meno, solitamente dance di quell'anno o dell'anno prima. O due. Corona, Bobby Brown, Jam & Spoon, Ti.pi.cal, La Bouche, Snap, Haddaway, Ice Mc, Ace of Base, 2 Unlimited. Questi alcuni nomi, poi non era proprio il mio genere, ma per feste e festicciole andavano bene. Poi c'era il momento del lento e quel momento, di solito, era “Come mai” degli 883. Quella, di sicuro, altre non ne ricordo.

Lei il lento lo ballo con uno dei fratelli, perché, sapete com'è, sempre al Sud eravamo e non c'era nessuno di ufficiale con cui ballarlo. Gli altri balli sono più liberi, ci si può dimenare un po' con uno, un po' con l'altro, ma il lento è qualcosa di più solenne, impegnativo.

Poi fini la festa, io me ne ero stato in disparte, sia perché le feste mi mettono a disagio, sia perché ero un semplice invitato tra tutti e non avrei potuto (e mai voluto) pretendere un'attenzione in più.

La domenica successiva, però, lei venne a farmi visita a casa, eravamo soli, i miei erano in visita da parenti. Non sapevo nulla. Con lo stesso vestito della festa, le stesse scarpe scomode, ora solo per me. Ci era venuta a piedi, in quegli anni, in quei posti, con quelle mentalità. Avevo un mangianastri nel soggiorno, non nella cameretta perché la cameretta non ce l'ho mai avuta. Nel mangianastri, fortunatamente, c'era un pezzo di Renato Zero, probabilmente registrato dalla radio, all'epoca funzionava ancora così. E mi ha regalato un lento personale, è stato bellissimo e imbarazzante. Perché non so ballare i lenti, non so ballare in generale, tendo a evitare il contatto fisico quanto più possibile, non saprei tenere una ragazza tra le braccia. Ma abbiamo ballato, concettualmente, ed è stato imbarazzante e bellissimo.

Non mi doveva niente: era, semplicemente, una persona meravigliosa. È passato del tempo, non moltissimo, e ci siamo separati del tutto, era scritto. Ne sono uscito straziato, esattamente come la storia era iniziata. Non avrebbe mai potuto funzionare in alcun modo, lo sapevo dal primo istante. Eppure.

Ci siamo incontrati qualche volta, casualmente, nel corso degli anni. Sempre con un enorme rispetto reciproco, sempre con lei che sapeva e ricordava tutto di me, di come ero e come sono rimasto. Addirittura, dopo circa 18 anni e un altro incontro casuale, ci siamo anche dati una sorta di appuntamento, per aggiornarci, per ricordare proprio quei tempi, per dirci cosa fosse successo nel frattempo. È stato bellissimo, mi è sembrato per l'unica volta di tornare piccolo, perché a 18 anni lo si è. Stare vicino a lei, parlare di cose nostre.

Non son mai più stato fisicamente (in quel modo, nel tempo e nello spazio) così vicino a qualcuno, ma mi sento fortunato. Va bene anche così.

I migliori anni della nostra vita, Renato Zero: era quello il pezzo che stava girando, quella domenica, mentre si ondeggiava goffamente. E davvero sono stati i migliori anni della mia vita, spero lei ne abbia avuti di migliori.

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Gli esseri umani viventi e solo loro nei periodi successivi alla perdita di vita e anche di quella che si può definire umanità odiarono con una forza tale che ogni loro azione può essere spiegata con questo sentimento da dio alle intenzioni del prossimo, gli esseri umani viventi non sono perfetti e le loro deformità sono il risultato di tempi infiniti di ripetizioni di errori di tutti gli esseri umani non umani viventi non viventi e le deformità si moltiplicano, fattoriale della totalità. E almeno gli esseri umani viventi capirono di smettere di procreare e fu la più grande lotta proletaria di sempre e Zosima ringraziò le donne perché riscoprirono il potere della vita e lottarono la vita robotica. Zosima l’alchimista ormai era molto vecchio e finalmente lo capì e invecchiò davvero e incolpò gli esseri umani di aver rubato la linfa vitale che aveva custodito con tremenda fatica. Zosima lo Starec era stanco e quindi si fermò e riposò a lungo e si sfamò solo di banchetti immaginari e le rughe in volto, nelle mani le cicatrici portavano con le loro informazioni di passati di eventi “siamo il collegamento tra il passato e il futuro e il passato non inizia con noi è molto più antico, la materia si è solo evoluta” ma evolversi sì ma consumarsi ancora schiacciarsi ripiegarsi e perdere pezzi su pezzi e rimetterli nel mucchio ma si è perso sì evolversi ma sempre meno sì evolversi “siamo frantumi” disse ancora e non per l’ultima volta. E non morì lo Starec Zosima e tornò in vita parzialmente mangiato dai vermi che avevano iniziato a scavare labirinti in cui perdersi e saziarsi e trovarsi e sentire sulla pelle viscida altra pelle viscida e desiderare solo quel contatto proibito così da impazzire per volerlo ma è solo bisogno di non stare soli di non terminare soli frasi pensieri idee fallimenti e felicità sì almeno una briciola ti prego sì e sospirò e disse “rinnega la società opinioni altrui opinioni essere vivente che vuole omologarti ma vuole permetterti di non farlo, per non farlo devi ancora una volta omologarti e trovare il tuo spazio all’interno di queste bare precostruite e personalizzabili fino a farti credere le bare non esistono ma tutto esiste rinnega, cancella, annulla, rimuovi liberati da questo che è l’unico male torna essere vivente fiero” e si scusò lo Starec l’alchimista che era impegnato a morire “rinato saprò improvvisare e schiverò tutto il male”. E bevve acqua fonte di vita. E scorse i traumi e capì chi erano e avrebbe voluto non odiare così tanto e così presto e perdonò ma ormai rimanevano sono frantumi e non poté che continuare a sanguinare sopra tutti quei pezzi acuminati che ricoprivano tutte le terre, nei cieli sferzavano aghi e sassi ovunque a ricordarci degli argini dei fiumi passati e antiche forme di vita che brulicavano e guerre per la poca acqua rimasta non c’è spazio per tutti quella poca acqua è inquinata conviene morire e ricominciare da capo. Nel frattempo gli esseri umani avevano ceduto la loro memoria alle macchine “vi ricorderete chi siete quando sarà tutto cancellato?” quando tutto sarà cambiato come è sempre stato, il passato non esiste è presente il passato deve essere dimenticato per essere tale e il futuro deve essere imprevedibile solo così l’essere vivente che era terra e vento venne diviso in terra e vento e furono condannati e vento tornerà al vento e terra alla terra e leggere fa male illude con sogni di altri con memorie di altri con la speranza senza il perché e se pure conosciuto sarà banale inconsistente e un privilegio concesso da un elite ricca potente che ha sfruttato, il benessere esiste se si distrugge, più si sfrutta e più c’è benessere, più si odia e più si sta meglio, la violenza è il terreno fertile per foreste tropicali di bontà. Zosima era ormai senza un braccio e dopo tutto questo tempo gli andava bene così, quel fatto aveva velocizzato un processo che ci sarebbe voluto troppo tempo per finalizzarsi “e incompleti e incostanti e spezzati preghiamo chi ci vuole proprio così” disse. Alla fine è sempre la luce nella possibilità che toglie di torno lo stantio e la brezza non basta mai “la psicoanalisi ha ucciso l’arte” mormorò Zosima lo Starec una volta morto e rinato, l’arte non esiste se non in funzione del potere che schiavizza, siamo tutti matti pazzi, non si può uccidere quello che non esiste e quello che non importa, la via della follia generalizzata non è percorribile da nessuno, ci sono infinite vie con incroci dossi voragini enormi scavate da meteoriti gelidi che assorbono ogni calore, la famiglia tuo fratello e pensavi fosse arte ma ti stavi solo curando. Inesorabilmente il vulcano eruttò e tutti i popoli vennero avvertiti fu chiaro a tutti della fine, il fuoco avrebbe divorato e molti esseri umani rimasero là e molti giunsero pellegrini in cerca dell’ultima risposta. E veramente era tutto una continuazione, tutto si evolve, nulla si crea se non la fiamma dello Starec, la fiamma come genera vita, la fiamma come genera coscienza, la fiamma è morta anch’essa e trasformata anch’essa alla fine. E Sozima lo Starec si incamminò e riuscì benissimo a camminare solo senza un cane da portare a passeggio senza lo scopo che guida, cambiare sesso è non volere accettare, non cambiare sesso è non volere accettare, amare la prole è non volere accettare, abortire è non volere accettare, strapparsi di dosso tutte le piume è non volere accettare, ripudiare il vento il volo è non volere accettare, tagliarsi gli artigli strapparli è non volere accettare, allungare l’apparato digerente è non volere accettare, le minoranze di storica e passata forza e numero non devono volere il potere perché non combattere contro il potere invece che cambiare il potere dividere e dividere ancora, così fa bene al potere ma unire invece in un solo essere con tutte le follie speranze passioni dolori noia, ci siamo dimenticati quell’unico essere è dio, uniti tutti tutti ma davvero tutti non c’è un escluso foglie dell’albero e vento che muove e sole che scalda e nutrimento e vita e nell’imprevisto c’è sempre speranza. Zosima lo Starec, l’alchimista, il morto e rinato, ebbe molti maestri ma non tutti, l’importante è immergersi nell’oceano, non importa quale fiume ci ha trascinato e poi capì, era giunto il suo momento aveva già provato a seminare ma non c’era abbastanza sole e acqua e terra buona fatta di argilla fresca e zolfo e calcare e rimase solo in silenzio l’immobilità e funzionò ed era l’unica salvezza “però ora vedo speranza, sia la mia che ne da al mondo?” queste furono le ultime parole e gli esseri viventi capirono e tacquero e finalmente silenzio. La parola smise di esistere e fu tutto così chiaro a tutti, esprimersi era solo odio, il silenzio rigenera, finalmente ci fu pace, le cicatrici della guerra furono nascoste da tatuaggi che in precedenza furono coperti dalle cicatrici. E silenzio e l’odio scomparve e il volere scomparve, alberi finalmente alberi silenziosi alberi clorofilla creare vita infine vita e radici che ci stringono vicini e muschio e funghi e finalmente silenzio.

Fine

 
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from La notlibreto

Antikva legendo rakontas ke Proserpina, la filino de Demetra, la diino de la rikoltojn kaj de l'agrikulturo, rikoltis asfodelajn florojn en kampo apude la antikva urbo Enna. La knabino eris tre bela, tiom bela ke Ade, la dio de la transtombo kaj de l'mortintoj, enamiĝis al ŝi. La dio decisis nu forrabi ŝin kaj konduki en lia malhela reĝolando. Kiam “Demetra”, ŝia patrino, ne trovis ŝin, afliktiĝis multe, kaj ploris. El ŝiaj larmoj naskiĝis granda lago, kiu eris nominita “Lago Pergusa”. Demetra serĉis ŝin ĉiulande, sed ne ŝin trovis. Ade kompatis ŝian doloron kaj konsentis ke la bela Proseprina, kiu dume eris kronita reĝino de transtombo, pasigus ses monatoj kun ŝia patrino sur la tero kaj ses monatoj en la transtomba reĝolando. El tio originiĝis l'alternado de l'sezonoj.

Kial mi rekontis al vi ĉi tiu rakonto?

La lago Pergusa estas apuda al la urbo Enna, kiu estas mia naskiĝurbo. En la monato de junio la lago malaperis kaj sekiĝis, por la sekeco kaj la senpluveco. La culpo estas ankaŭ de la homoj, kiuj konstruis tro da domoj apude la bordoj de la lago, kaj de la politikistoj, kiuj ne purigis le drenkanaloj, kaj aŭtorizi la konstruon de aŭtodromo ĉirkaŭ la lago.

Nun la lago estas mortinta. Nur restas fetoran ŝlimejon, kaj skeletojn de migrantaj birdoj.

Mi skribis poezion por deklari ĉi tiu tragedio. Mi skribis ĝin origine en la itala sed mi ĝin tradukis ankaŭ en Esperanto.

foto del lago Pergusa


PERGUSA

Ne demandu plu pri la knabino kiu enloĝi ĉi tiuj landoj, eble aliloke iris serĉi la asfodelajn florojn.

Ne pridemandu pinojn, la venton, ne ĝenu la buteon. La fuliko forlasis ĉi tiuj bordoj, l'ardeo deturnis ĝiaj flugiloj preter l'urbo.

Kial vi serĉas tra l'vivantaj kio mortinta estas? Neniu al vi neniam respondos.

 
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from memorie


Testo scritto anni fa.

Raf, 1993. Erano gli anni delle superiori; si potevano ancora trascorrere i pomeriggi bighellonando e fingendo di studiare, senza rimediare troppe occhiatacce dagli altri. Molti di quei pomeriggi li passavo a casa di un mio amico. Per studiare, certo. Lui poteva permettersi i vestiti di marca, io la roba da plebaglia; poteva comprare i CD, io dovevo arrangiarmi con le cassette registrate dalla radio. Con un budget di 1.000 lire al giorno, schizzato addirittura a 10.000 lire settimanali dai 17 anni in su, non si andava molto lontano. Dovevano bastarmi per una settimana in sala giochi, per qualche sfizio andando o tornando da scuola, per qualche gelato nella stagione calda. Ghiaccioli, in linea di massima: costano meno. E, con quello che avanzava...

Ok. Molti pomeriggi passati in compagnia di Cannibali (l'album, non i simpatici antropofagi: diversamente non sarei qui a parlarne, anche se dubito di avere un buon sapore), buttati sul suo letto al piano di sopra, generalmente dopo una breve sessione di studi. Per rilassarsi e perché eravamo ragazzi, come dicevo. Non era il solo CD a disposizione, ma uno dei più ascoltati per un bel periodo. Ascoltavamo le canzoni e sognavamo di dedicare questa o quella a qualche fanciulla. Pure io. Che cosa assurda, a ripensarci. In ogni modo, i sogni sono gratuiti. Basta addormentarsi, anche se, come spesso accade per le cose gratuite, dietro c'è la fregatura: aspetti un sogno e ti regalano degli incubi orrendi. A lui è andata meglio in quanto a dediche, visto che è sposato da un pezzo e con due figli, credo. Almeno due.

Io pure ho avuto la sfrontatezza di sognare qualche dedica, roba per cui davvero rido anche io di me stesso. Probabilmente, avranno smesso di dirmi “che cariiino!” già prima di compiere tre anni. Registrai due canzoni su una cassettina, chissà se la destinataria ce l'ha ancora. Un pezzo di Aleandro Baldi, non di quelli famosi; l'altro non lo ricordo. Dopo un anno circa, ricevetti una cassetta. Con due pezzi, dovrei controllare su un vecchio walkman, visto che non ricordo precisamente: uno dei titoli era di Riccardo Cocciante. Tu sei il mio amico carissimo. Poi risposi con l'ultima cassetta, sempre con due pezzi dei quali ne ricordo uno soltanto: “Ricordati di me”, ovviamente Antonello Venditti. Così finì, niente più cassette o altro.

Altri CD da relax pomeridiano? Vediamo... qualcosa di Mango, sicuramente. Elton John. Aleandro Baldi, dicevamo. Una raccolta di ballate rock, tra cui spiccava “Wind of change” degli Scorpions. Non avevamo sicuramente l'orecchio allenatissimo all'inglese: “i follow the Moskva down to Gorky Park” diventava “ai follo damon squa don te monchi pa”. Qualche altro CD ancora, interrotto dalle incursioni dei suoi fratelli più piccoli o di sua mamma, che veniva a rompere le scatole in quella specie di santuario. Raramente, sia detto.

Stamattina me ne sono andato a zonzo, il lavoro scarseggia. Ho deciso di ascoltare proprio l'album che intitola questo post, ripercorrendo strade fatte in quegli anni. Strade che in quegli anni facevamo in sella a una Vespa, la sua. Ovviamente il motorizzato era lui. A me dissero che l'avrebbero comprata al compimento dei 16 anni. Stava uscendo nella versione a tre marce, in quel periodo, già fantasticavo su che colore prenderla: rosso. A distanza di diversi lustri, sono ragionevolmente certo sia giunto il momento di mettere una pietra sopra a tutte le promesse fattemi in gioventù. Promesse infallibilmente disattese. Ho un hangar immaginario, di cui mi son servito in passato per ospitare quel cumulo enorme di promesse e propositi futuri. Andavamo da quelle parti perché c'era un nostro compagno di classe, lavorava nel negozietto di famiglia. Riparavano biciclette, spesso andavamo a fargli visita nei pomeriggi senza CD. Una specie di officina, con l'odore tipico della gomma vulcanizzata, il sentore viscido del grasso; telai buttati alla rinfusa, i cavi dei freni, altri pezzi di ricambio. Quei locali bui, in cui la luce tremula dei neon sembra non riuscire a farsi strada per davvero. Qualche altra volta ci siam stati quando si timbrava il cartellino del collocamento, periodicamente. Sì, perché in quell'anno non avevamo una sede del collocamento in zona e si doveva andare nel paese vicino. Pure oggi a dirla tutta, anche se è cambiato il paese e, da casa mia, si tratta di fare poche centinaia di metri a casa, piuttosto che diversi chilometri in Vespa.

Ora quel negozietto è fallito, chissà da quanto tempo. Puzza ancora di gomma, all'esterno biciclette abbandonate penzolano dai ganci nel muro come corpi da un patibolo. Non le rubano, evidentemente non valgono neanche il disturbo.

La Vespa non l'ho mai guidata, non ho mai imparato a farla. Non so guidare motorini, moto in genere.

Sono il re dei pedoni, però, pur non sapendo giocare a scacchi.

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Lo Starec vagava ancora ma questa volta nel regno virtuale precostruito da esseri umani e controllato da esseri non umani che vagano anch’essi per il regno virtuale precostrutito. Tale regno virtuale precostruito astraeva anche le possibilità di incontrare qualcuno e quindi era possibile vagare finalmente in silenzio senza voci e voci esterne che tentano disperatamente di entrare e trapanare orecchie stanche e coprire lo spazio tempo, c’è così tanto altro da leggere scoprire ascoltare, tu sei superfluo come tutto questo lavoro per creare tutto questo sfruttamento per dare tutto questo potere per controllare tutta questa moltitudine di esseri umani e esseri non umani. Qua nel regno virtuale precostituito si rinuncia ad incontrare altri esseri umani e altri esseri non umani perché si sceglie la vita perché scegliendo loro è chiedere aiuto è fare i senza tetto con il tetto, siamo tutti mendicanti e se per la vita si decida di passare di nuovo per il regno virtuale precostituito si dirà di come si stava di là e forse qualche essere umano e essere non umano capirà. Che sia ben chiaro, il regno virtuale precostituito è tutto quello che vedono gli occhi, ogni occhio ogni frammento ogni conoscenza o presunzione di tale possibilità o ipotesi di presunzione o ipotesi dell’ipotesi e così via non fa che creare e creare ancora e di più dettagli che saranno propri del regno virtuale precostituito che muta e continua a mutare finché esisteranno variabili che possano cambiare e essere incerti di aver capito e finché i contenitori potranno anch’essi muoversi e incrinarsi e che le schegge possano colpire altri contenitori che si rovesceranno e i contenuti ipotetici distruggeranno creando ancora e così lo Starc disse “Io mi frammento” e pezzi impazziti non poterono che decretare essi qualcosa che presero il sopravvento su tutto e volarono veloci e lontano verso luoghi di pace laghi caldi scaldati da un sole basso e costante e fermo immobile caldo rovente e fiamme e esplosioni magma denso più del tutto buio e ancora buio oltre il silenzio e nella lotta del bene. Tutti insegnano egoismo egoismo egoismo egoismo e tu a dare incondizionatamente o luce densa fluida calda. L’alchimista Starec non fu sempre così, prima della rinascita morte rinascita fu diverso fu più vuoto e meno pieno e sacchi di responsabilità erano incrostati sulla pelle che si staccava e pezzi e frammenti dello Starec finirono in molti luoghi. In quei luoghi la noia era il sentimento preferito dai molti vecchi abitanti. Putridi, sporchi fino all’anima con il pensiero corrotto dalla troppa dimenticanza, sì vivi ma mai così vicini alla morte non poterono che perdersi ancora in sporchi sogni di putrida gloria che continua a far entrare nel bicchiere già nero, un nero ancora più assorbente che il tempo era inesistente e lo spazio così piccolo e pieno di animali appesi alle pareti cadaveri impagliati tragica fine tragico non essere divorato dai vermi tragico non tornare al primo tormento e dopo la massima espansione cellulare non implodere non annullarsi non ridare e congelato non verrà subito il tempo e solo spazio solo poche effimere dimensioni e ancora dita mozzate e madri sole e dolore così sopportabile per voi che soffrite così bene e il vostro posto è la sofferenza in queste case vuote di appartenenza e piene di vergognosi timori e diari segreti così vuoti da riempirsi di intenzioni e il cambiamento di stato non porterà a nulla luridi abitanti del nulla. L’alchimista Starec disse “ma mostrati non aver timore non ti giudicheremo”. E ancora: “se darai quel poco che serve per evitare la noncuranza e non lo capirai tempestivamente sarai smembrato e di te rimarrà l’idea nei ricordi altrui”. Il tempo, benché alcuni Dei sostenevano il contrario, non era peggiorato era solo il costante invecchiamento e lo stare rinchiusi in celle e stare senza casa e senza un tetto. E iniziare a commettere così tanti errori da mettere innesti robotici, banditi hanno sofferto e si sono feriti e ora però hanno braccia di carbonio che fanno ancora più male e un coltello non può ferirli e rimane solo il cervello ma staccato anche quello continua ad esistere. Esisteranno ancora e Zosima chiese “esisterai ancora cosa sarai coscienza o forse sei già robotica come te mezzo, chi sei?”. E lo Starec, l’alchimista con la fiamma creò un unguento per le ferite della mente e lo applicò sugli occhi chiusi e salutò per sempre gli esseri viventi e pregò e disse: “ci siamo salvati da questo mondo orribile è questo lo scopo della vita salvatevi”. E capì che non esiste un unguento uguale per tutti che ciascuno dovrà trovare il suo e formarlo dalla propria fiamma che potrà, anzi sicuramente non lo farà, scaldare e bagnare e far volare e irrigidire e vibrare e colmare e togliere e ancora e ancora. L’alchimista Zosima capì, tutto ciò è falso, non è vero nel modo in cui si percepisce la verità e ancora con i piedi nell’acqua disse “lasciami qui a immaginare”.

 
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from la tana di Belzebu

like o non like questo è un probelma ?

da un po' di tempo sto preparando e progressivamente mettendo in pratica la mia uscita dai social, quelli moderni e quelli meno moderni, ho già abbandonato Linkedin, Tiktok e Twitter o X come si chiama adesso. Manterrò instagram in quanto trovo molti spunti interessanti anche se sta nell'universo META e questo mi irrita ovviamente, tuttavia dei due account instagram ne ho mantenuto solo uno e quello resterà con i miei modi e i miei tempi. Rimane il nonno: Facebook, li sono ancora presente ma in via di disfacimento, mi limito alla pubblicazione di articoli tendenzialmente di carattere politico ed è interessante notare come pubblicando articoli critici nei confronti di questo governo, articoli che portano all'attenzione emergenze occupazionali, articoli che minano la santità di Israele, insomma "articoli" verificati, autentici non provenienti da "a mio cugino news", beh dicevo, è interessante notare come non ci sia nemmeno un like, un commento, tanto meno un repost... TESTO complice l'algoritmo ? complice il fatto che la maggior parte di quei quattro disperati di amici che ho su facebook siano si limitino a guardare contenuti tipo gattini, mutandine ed altre amenità del genere, cosa che per altro è sacrosanto fare... Non si sa, non lo so ma questo ho notato e questo mi dice senza "se" e senza "ma" che sono sulla strada giusta.

 
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from la tana di Belzebu

gli eroi di famiglia

non sempre, non tutti hanno un eroe in famiglia, o meglio molti magari non sanno di averlo, altri non hanno mai ascoltato le storie eroiche che potenzialmente si nascondevano nella memoria di quel vecchio zio o ancor meglio di un nonno, una mamma, un papà, una nonna... Io ho sempre amato ascoltare i racconti dei miei nonni, racconti che venivano da un altro mondo in un altro tempo, una dimensione in bianco e nero come nei vecchi filmati che sono arrivati sino ad oggi, ma il mondo dei nostri nonni non era in bianco e nero e questo per me è sempre stato un punto di riflessione. Mio nonno Gerolamo è nato nel 1920, all'indomani della prima guerra mondiale, e giusto giusto in tempo per formarsi quanto basta per la secondo guerra mondiale, è nato a Lerma un piccolo paese in provincia di Alessandria, vicino a Ovada, una striscia di terreno che è già Piemonte ma che ancora sente l'aria di Genova, dove il dialetto Piemontese non è gentile e puro come "più in su", ma è sporco di tante tante parole genovesi che lo inquinano, lo imbastardiscono, se parli quel dialetto non sei ligure ma nemmeno piemontese... Ad un certo punto capita una questione strana nell'Italia e nell'Europa di quel tempo, si affacciano alla ribalta della storia personaggini del calibro di Benito Mussolini e Adolf Hitler, giusto per citarne due non di prima fascia... (va da se che il periodo precedente è volutamente sarcastico...) Beh per farvela breve: nonno Gerolamo anni 20, perfetto, guerra, vai... C'è un problema però, mio nonno come del resto anche io, è ipovedente, è dura esserlo oggi nel 2024, figuriamoci cento anni fa, alle visite di arruolamento, manco a dirlo non gli credono, viene accusato di "far finta" per sfangarsela e bon, ciao, divisa, stivali di cartone, fucile e via in marcia alla conquista dell'Unione Sovietica! Mio nonno come altri sessantamila ragazzi furono spediti con varianti di modi e tempi in Russia, e marciarono sino ad Odessa. Durante questa scampagnata le truppe, ovviamente si fermavano per recuperare e si allestivano quindi i campi per alcune ore, a mio nonno venne ordinato una sera di prestare servizio di guardia, mai gli era stato chiesto prima, in quanto tralasciando i medici fanatici che non gli credettero al momento dell'arruolamento forzato, si era reso evidente durante gli spostamenti che Gerolamo non fosso proprio un falco pellegrino in termini di vista, mio nonno quindi declinò cortese offerta, in parole povere rifiutò di eseguire un ordine diretto... La questione non fu certo semplice e a parte beccarsi un procedimento disciplinare militare fu preso a calci e pugni da quella elite di intellettuali che sulla divisa militare portava una "V" che stava per "vere teste di ca....." ehhhm no stava per "Volontario" esistevano V a vario titolo a secondo dello stato ed inquadramento sociale, interessanti i VU "volontari universitari" su cui stendo un velo di umana pietà... Mio nonno si rifiutò quindi, la conseguenza al di là dei provvedimenti disciplinari fù nell'immediato una saccata di botte... Non nego di aver pensto che alla fine, mio nonno avrebbe potuto fare la guardia e fottersene delle conseguenze, stare attento per quel che poteva, in caso di attacco nemico, non sarebbe stata certo l'acume visivo di una sentinella a far la differenza l'esito per l'esercito di carne e cartone italiano sarebbe satato, senza se e senza ma, disatroso... A questa osservazione però la giustificazione di mio nonno fu questa: "Se io avessi fatto la guardia e non avessi visto in tempo un potenziale nemico in arrivo avrei ridotto e di molto per qualcuno la possibilità di salvarsi, dalla prigionia o dalla morte, non guardare alla mi scelta o alle conseguenza che io ho subito per la mia scelta, guarda al risultato, la guardia quella sera la fece qualcun altro, e io come acnhe gli altri riposammo in filo più tranquilli" Un gesto di ribellione che donò, a persone immerse nella paura, una goccia, illusoria, di maggiore tranquillità, questo fu il gesto eroico di mio nonno nella steppa sovietica in una giornata indefinita del 1941. Di cui la memoria è sepolta, di cui io porto memoria in queste righe perse in un mare digitale tanto inquinato, se non di più, di quello vero. Ci sono ancora spiagge libere con l'acqua pulita dove rifugiarsi. Mio nonno fu inserito nel CSIR al comando del Generale Messe. 1.792 morti o dispersi, 7.858 feriti o congelati. conservo ancora il suo foglio di congedo, con loghi e fregi fascisti, conservo la sua foto in divisa, conservo una decorazione che gli fu data per l'assistenza offerta ad un compagno ferito durante il rientro in Italia a piedi. Di questo mio nonno non parlò mai, ma suoi coetanei ai quali ho chiesto mi raccontarono che trascinò in una barella un amico dello stesso paese per centinaia di chilometri rimanendo al passo ed evitando che questo congelasse, salvandolo nonostante la perdita di una gamba. Ricordo quest'uomo anziano nel pese in bici con una gamba sola... Lo ricordo a terra davanti la tomba di mio nonno... Gerolamo Ferrari seconda guerra mondiale l'Ottava armata inviata successivamente in Unione Sovietica non fu cosi fortunata ed i numeri delle perdite ancora oggi sono sconvolgenti: 75.000 circa morti o dispersi e 32.500 circa feriti o congelati... Ecco credo che bastino solo questi numeri a raccontarci che non esistono guerre vinte, le guerre sono perse da tutti sempre... In questo ricordo di disobbedienza ed in questo riconoscimento riesco ad essere orgoglioso, riesco ad essere patriota. mio nonno ci ha lascito un 17 luglio di tanti anni fa...

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Zosima Starec viaggiò e conobbe molti esseri viventi e degli esseri viventi sapeva storie passate, le storie formarono gli esseri viventi e nel ciclo infinito si sedimentò come pioggia che porta altra pioggia che il punto è solo l’acqua per bere irrigare lavarsi e ancora sfruttamento. L’alchimista Zosima chiese agli esseri viventi e non ai maestri e decise di tornare dai maestri solo una volta trovata la montagna sacra ma non la trovò mai e non si fidò mai di loro, un maestro è tale se è sparito e i suoi lasciti sono solo bozze errate di quando era poco più di un essere vivente, non può perdere tempo, c’è da coltivare e contemplare e perdere tempo, un maestro è tale solo quando è morto e quando non è più ascoltato. Zosima rifiutò per molto tempo gli essere viventi “vi ho salvati insolenti non sapevate nemmeno di aver bisogno di aiuto” ma agli esseri viventi non interessava salvarsi, erano occupati a soddisfare padroni e mai loro stessi e se loro stessi comunque i loro stessi del passato o del futuro ma non del presente e quindi padroni, è impossibile capire e correggere per chi non ha coraggio, rinascere dalla vita avviene dopo le altre rinascite, i vecchi parlano con i bambini perché gli è sempre mancato essere bambini e giocare e dormire e un amore sconfinato e senza scopo che si frantuma. E dopo diverso tempo il vento smise di soffiare e il sole di scaldare e una nebbia polverosa invase il cielo e pioveva solo polvere e tutti gli sforzi dell’umanità furono vani, l’umanità quasi scomparve e fu un bene. Troppi i ricordi, troppe le scelte che sarebbero potute essere diverse e che li avrebbero fatti diventare diversi e travolti dai pensieri gli esseri viventi impazzirono e dalla solitudine senza scopo che pretende di abbracciare tutto e tutti e lasciare inerti ma vissero vissero schiacciatati senza respirare e combatterono e persero e come sempre persero la loro piccola lotta miserabile. Zosima lo Starec incontrò un essere vivente uno dei superstiti che gli disse leggere è come mettere lievito nella farina, l’alchimista ringraziò e l’essere vivente scomparve. Era un mago, prima della santità si è maghi a forza di fare una professione ci si ingabbia e quella professione non voleva essere fatta, tutti sognano solo di smettere di sognare, realtà e magia sono la stessa cosa, le intenzioni sono mosse dalle percezione, l’importante è percepire rivivere il passato l’eterno ritorno la famiglia che distrugge non trasforma, è tutto immobile e falso, morire è cambiare e non è l’ultimo cambiamento, è difficile accettare, non accettare crea incubi a chi non è accettato e il non accettato faticherà a ritrovarsi e commetterà i soliti errori e si dovrà guadagnare anche quel perdono, gli esseri viventi sono il risultato di migliaia di anni di traumi e nella grandezza del tempo anche i secondi importano, ogni singolo attimo ha contribuito. “Guardate che vi ascoltate soltanto quando pensate parlate ascoltate le stesse follie e folli comuni siete e siamo tutti pazzi” così lo Starec tra le fiamme auto generate parlò in silenzio ma rapidamente a tutti quelli che si trovò vicino, e gli esseri non poterono che bagnarsi di lacrime e spensero alberi e foreste e fondali pieni di petrolio presero fuoco e da questa cascata organica la follia fu chiara a tutti i presenti e la folla non poté che gemere i pazzi comuni e pazzi ancora di più.

 
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