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from Il Taccuino

Lago di pergusa


Non chiedete più della fanciulla che abitava queste terre forse altrove è andata a cercare i fiori d'asfodelo. Non interrogate i pini, il vento, non importunate la poiana.

La folaga ha lasciato queste rive, l'airone ha rivolto le sue ali al di là della città.

Perché cercate tra i vivi ciò che è morto? Mai nessuno vi risponderà.

 
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from la tana di Belzebu

casa mia, casa tua...

Voglio raccontare la mia personale esperienza in merito alla proprietà privata, agli affitti ed alle implicazioni non elementari che il discorso comporta. Da circa un anno lotto con un inquilino che ha deciso i maniera arbitraria e capziosa di astenersi dal pagare l'affitto di casa, casa di cui io sono il proprietario non che locatore, con regolare contratto depositato in regime fiscale di cedolare secca, il relativo canone congruo secondo il calcolo medio che stabilisce un ente terzo rispetto a locatore e conduttore, nello specifico è indicato da Agenzia delle Entrate. Ciò premesso io ho cercato in una prima fase di parlare con in mio inquilino, ho concesso dilazioni ho proposto di annullare debiti pregressi offrendo alcuni mesi di locazione gratuita in cambio di una firma per una risoluzione del contratto ad una determinata data, tutte le mie proposte di mediazione sono andata disattese puntualmente, in tutto questo sia chiari che la tassazione sui canoni mai corrisposti mi viene comunque imposta almeno sino a quando l'ammanco non venga certificato da un tribunale per il signor Stato tu stai incassando un reddito e le tasse sono dovute... La mia unica colpa rispetto al capitalismo edilizio è quella di aver ereditato da mia nonna la casa che questa si è comprata con sacrifici facendo le pulizie e che ha deciso di lasciare a me in quanto unico ad averla assistita nel corso degli anni, e di aver contestualmente ereditato anche da mio padre la casa che quest'ultimo aveva acquistato con il suo stipendio da operaio specializzato nel porto di Genova, immobili sui quali sia chiaro tasse: IMU, ICI, Successioni, cazzi e mazzi sono sempre state pagate sino all'ultimo, senza condoni o altra cazzate simili. Spesso raccontando di questa situazione con altri, mezzi amici, mezzi parenti ed affini, il riscontro che ho è sempre quello di violento giudizio nei confronti di chi "abusivamente" sta in casa mia senza pagare, lo capisco è la via più facile per tutti, e lo è stata anche per me in alcuni momenti, soprattutto in quei momenti dove dovendo far fronte a scadenze di tipo economico mi sarebbe servito quel piccolo reddito per superarle un pochino più agevolmente. Ma se dobbiamo essere giraffe a tutti i costi ciò ci impone quanto meno un punto di vista più ampio, non credo sia facile per l'inquilino, giunti a questo punto, convivere con una istanza esecutiva di sfratto con mandato ad ufficiale giudiziario, ogni giorno può arrivare l'autorità e metterti alla porta se non di casa "tua" quanto meno di un posto dove ti rifugiavi dal freddo e dal buio, non posso certamente sentirmi solidale con l'inquilino perché il suoi bisogni io li ho compresi e mi sono reso diligente nei suoi confronti lui non ha fatto altrettanto ha messo in campo una scelta e le conseguenze ora sono a suo carico, ma non mi sento di aggredire ulteriormente chi è già, probabilmente, sbranato dai suoi mostri, ad un passo da un crollo che può essere definitivo. Non credo viva sereno anche se dovesse mostrare arroganza o collera io sono molto più sereno di lui, per mille motivi, sono stato più fortunato e ho cercato di aiutarlo in tutti i modi, può essere che lui abbia vissuto questa mia mano tesa come una dimostrazione di superiorità ? Può essere tutto... Ma quello che non può essere e che non deve essere è che le persone aggrediscano l'ultimo anello di una catena che è marcia dall'inizio, in Italia ci sono settecentomila persone che sono o potenzialmente sono fuori casa, questo non lo possiamo ignorare soprattutto la dove gli immobili di proprietà di enti pubblici/stato disabitati superano il milione, è un problema che va risolto, e non come dicono molti con metodi all'americana, esasperando il concetto di proprietà privata, ma aiutando le persone, tutte, si e soprattutto quelle che secondo i canoni odierni questo "aiuto" per molti non lo meritano nemmeno. il livello di stato di una società corrisponde a coloro che abitano a livello più basso, ed è tempo che coloro che hanno qualcosa si rendano conto di essere più prossimi a quelli che non hanno nulla rispetto a quelli che hanno troppo.

 
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from ordinariafollia

ordinariafollia-log_008-2024.

Facciamo finta che io

sia una vagabonda dello spazio alla guida di una Falchetta del Millennio alla ricerca del Diamante del Tempo.

Nella notte indefinita.

Facciamo finta che tu

sia un ballerino ammalinconicato che danza sgraziato sui fili del Fato.

Nella pioggia della vita.

Facciamo finta che la terza persona singolare

resti singolare

e nella sua matematica anomalia risplenda.

Facciamo finta che noi

inseguiti dalle Sturmtruppen dell'Impero Galattichen indossiamo solo una maglietta bianca con uno slogan volgare e per la gioia di coloro che apprezzano la natura morta quando è ancora viva: non abbiamo le mutande. Nemmeno le scarpe.

Facciamo finta che voi

avete ancora trent'anni e vi guardate l'amore negli occhi, sulla spiaggia di una vecchia fotografia

tornate indietro senza passare dal Via. E siete belli e siete forti.

Facciamo finta che loro

siano l'oro

per un'ora, perdutamente, siano di nuovo tutti bambini.

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Zosima capì non più tardi, il potere è nascosto, è pura prospettiva, dare gli esatti nomi alle cose non è democratico, durante il fascismo probabilmente non sarebbe stato antifascista, c’era sicuramente da ascoltare e pensare e riflettere e vivere, schierarsi fa gli interessi di qualcun altro sì ma gli interessi di tutti dove sono è vero anche questo essere vivente e lo Starec Zosima si dispiacque, alla fine il fascismo ha vinto se c’è tutto questo disinteresse, il fascismo è controllo e violenza, è facile dare la colpa fuori ma guardatevi dentro esseri viventi omertosi giudicate con fermezza ma come farete se siete così poveri di ogni tipo di ricchezza se vi hanno tolto tutto pure voi stessi ma quali altri esseri viventi Zosima lo Starec al limite della sua trasformazione disse “Gli esseri viventi si modellano sulle loro esigenze, oggi impazzisco” una volta tornato dal sonno e sentì odore di fiori, fiori da funerale odore di morte e passando per sette risvegli incontrò per la prima volta il Buddha e passando per l’inferno trovò come la storia si ripete e ancora storie di proiezioni e nella ricerca assistette di nuovo ai frammenti del Buddha e ammirò segnali non percepiti, i sensi erano così pochi e poco attivi e ancora frantumi e pregò che fosse davvero una scoperta e che fosse pura e ancora polvere e storie e storie polverose e polvere così antica da essere raccontata e tutto facente parte del tutto ma solo una volta percepito e pianse e fu felice. Zosima lo Starec camminò tra gli esseri viventi umani e esseri viventi non umani per la società di esseri viventi umani e esseri viventi non umani le strade percorse le piazze di incontro tra esseri viventi umani tra di loro e esseri viventi non umani tra di loro e con esseri viventi umani erano parte fondamento nonostante la pazzia e i fiumi e i laghi e l’acqua sporca di vita e lì guardò sorridere e ringraziò. Lo Starc Zosima affacciatosi ad un burrone alto scosceso con grossi massi di pietra chiara volse lo sguardo oltre un orizzonte tranquillo, prometteva un abbraccio e un caldo tepore ma sempre dopo e sempre una lunga attesa, avverrà però in un attimo nel mentre l’alchimista cercherà ancora e ancora di capire e accrescere il godimento estremo e solo la luce rimarrà e solo una domanda “continuerò a perdermi nei miei pensieri?” L’amore sapeva bene l’alchimista Zosima fu inventato tempo fa dalla sua mancanza dall’imposizione dal bisogno di fuggire lontano dagli obblighi nati per assecondare ambizioni di avi, ad anch’essi furono imposti e vollero fuggire lontano dagli obblighi nati per assecondare ambizioni di avi ma poi vollero dimenticare, ora gli obblighi erano loro e l’onore e l’essere escluso e questo bisogno di affetto, tutti sono soli e tutti vogliono respirare aria fresca quella mattutina di una primavera dopo molti giorni di pioggia e sole infine. Lo Starec Zosima capì, dopo varie eternità di matrimoni combinati nacque l’amore come rifiuto dell’obbligo anch’esso sì nato dall’amore dei padri e della condivisione reciproca della sofferenza delle madri e fratelli e sorelle e traumi e ancora lacrime ma poi la salvezza in città fortificate in vecchie cantine con ragni grandi almeno la metà di un essere umano vivente medio nella moda frequenza statistica guassiana curva con molta varianza e poca libertà, è tutto scritto e questo libero arbitrio ti libera solo da alcune fatiche ma ovviamente non da tutte e non dalle principali e amore solo per fuggire e per viaggiare lontano sempre. E Zosima l’alchimista capì, la fiamma e altri modi per alterare la coscienza per alterarla così tanto così bene così a fondo così da scavare scavare trovando gemme ma serve la luce per vedere quanto brillino serve l’occhio per vedere serve il sangue che scorre e un cuore che batte e che le mani possano toccare che le dita possano essere al loro posto e serve sì stare in piedi e continuare a barcollare e conoscere e perdersi perdersi e finalmente trovarsi.

 
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from Il Taccuino

Degas, photography nude study (E. Degas, Studio di nudo femminile, fotografia)


Sul marmo liscio quasi ghiaccio che si incrina i tuoi piedi scivolavano, ti libravi come una falena notturna e con gli occhi chiusi ti lasciavi trasportare. Le tue labbra rosse appena socchiuse lasciavano intravedere i denti bianchi e il volto era rapito dall'orgasmo musicale. Le gambe si rincorrevano tra sacadas, ganchos e paradas quasi giocavano a un gioco scandaloso nella luce soffusa della notte. Bianche, le tue cosce, si stringevano a quelle del tuo hombre mentre il bandoneon sospirava nel suo gergo sessuale.

Non ho mai osato incrociare i tuoi occhi e forse nessuno quella sera ha inteso il tuo mistero. Gli uomini che ti stringevano e sentivano la tua pelle che tremava calda quasi come un animale addormentato che sussulta, sapevano forse di tenere tra le braccia Ecate che quella sera ritornava tra i mortali? In cuor mio lo sentivo e quando di sfuggita mi guardasti capii che era vana ogni speranza che nei tuoi occhi scuri e fondi era scritta, incancellabile, ogni mia condanna.

 
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from pop


Nulla a che fare con le piogge che stanno martoriando il Nord, in questo periodo (inizio estate 2024). È un articolo vecchio, lo ripropongo ora.

Il brano che vorrei ascoltare per il resto della mia vita, se mi imponessero di sceglierne uno e uno solo. Ho una confessione da fare, però: ho scoperto solo November rain solo 10 anni dopo. Tiratemi anche dei pomodori virtuali, perché tirare quelli veri ormai è roba da ricchi. Non conoscevo la canzone, pur avendone ascoltate diverse nei Guns, all’epoca. Incredibilmente, il lettore dovrà dare per vere le mie parole, non ero mai neanche incappato nel video su MTV, pur passando quotidianamente ore su quello che era un canale leggendario. Ripeto, sembra impossibile, ma impossibile può essere la vita e, in ogni caso, la colpa è solo parzialmente mia. Ho vissuto un periodo della mia vita lontano dalla musica, il periodo che va dalle musicassette dei cartoni animati all’esplosione di MTV, appunto.

Passano gli anni, 10 son tanti, inizio a prendere lezioni di chitarra, strumento che non imparerò mai a suonare. Sbircio i newsgroup tematici, con gente che stila classifiche di gruppi, assoli di chitarra, eccetera. Leggo un titolo ricorrente, “November rain dei Guns N' Roses”, spesso integrato da una noticina, “il primo/secondo/terzo assolo”. Ok, mi dico, fammi andare a vedere, vado su Youtube che ancora non era il leviatano odierno, ma c’era questo video da 9 minuti e passa. Non l’avessi mai fatto; non l’avessi mai fatto così tardi.

La folgorazione. Non ho più smesso di ascoltarla, da allora: a novembre, a luglio, nel terzo mese del calendario Maya. Non ho intenzione di smettere, finché avrò l’udito e qualcosa per riprodurla. Ho il singolo in vinile originale dell’epoca, sta lì, a un metro da me, mi basta alzare gli occhi. Non ho un giradischi e non ce lo farei girare comunque.

Questo è tutto. November rain è la canzone della mia vita.

 
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from la tana di Belzebu

farfalle alla nascità

adoro la mente dei bambini, la adoro perché è chiara, pulita nel senso che è priva di scorie, semplice, tutt'altro che scontata o elementare. Al contrario di altre specie noi nasciamo farfalle per divenire vermi... farfalla

 
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from la tana di Belzebu

la responsabilità perduta

Viviamo in un'epoca dove la responsabilità è altrove, distante da noi, nessuno è responsabile per gli altri, non si è più responsabili nemmeno per se stessi, la responsabilità che male esercitata può divenire colpa nei suoi riflessi è ripudiata, messa all'indice in un vortice individualista che ci mette a capo di tutti i poteri di tutti i punti di vista, l'unica via di fuga possibile è l'IO ed in questo nostro essere dominati da un ego quantificabile in 10^27 non c'è spazio per la valutazione sbagliata che porta ad un errore, che badate bene è sacrosanto, umano anche giusto in un ossimoro logico non così parabolico come potrebbe sembrare. Con questo cappello mi riferisco all'eliminazione tardiva e meritata della nostra squadra nazionale di calcio dal torneo europeo, non sono un appassionato di calcio, lo sono stato in un'età più giovane, ma in un paese come il nostro il calcio ha un peso politico, la cosa ci può infastidire, anche fondatamente, ma non possiamo non prenderlo in considerazione, non è certo un bene ma è così, anche l'escalation popolare che ha portato Silvio Berlusconi al mito in vita e alla beatificazione in morte è, in parte, anche riferita ad un periodo di presenza nel mondo del calcio che ha certamente lasciato il segno, l'appellativo presidente che gli viene tutt'ora tributato a prescindere da presidente di che! E' da riferirsi alla presidenza del Milan che rimanda agli strepitosi risultati sportivi di quegli anni. La nazionale non ha una vera e proprio collocazione politica, o meglio ce l'ha ma è troppo sottilmente complicata da decifrare e quindi la lasciamo li in fondo al cassetto come un libro interessante si, ma che alla fine non abbiamo tutta sta voglio di leggere... Dicevamo la nazionale è politica, mentalità nazionale è una lieson tra il popolo e la classe dirigente, la crema sportiva e non solo, della società, l'esprimersi della nazionale è insomma pacificatrice tra chi ha tutto, salute, talento, ricchezza e felicità e chi ha poco ho nulla e sogna una rivalsa dal tavolino di un bar, con una vita mezza vuota dietro una bottiglia di Peroni ghiacciata... Quando qualcosa non funziona qualcosa si rompe, quando non solo non si vince ma nemmeno ci si esprime qualcosa in questa unione in questa comunicazione tra Dei e mortali si spezza ed è l'abisso. Le vite mezze vuote si scagliano contro le divinità illusorie e tutto si tinge di una realtà grigia e fredda aconr più della Peroni che resta li a sgasare sul bancone. architetti Abbiamo perso, malamente, ma la colpa non è di nessuno, perché la responsabilità è evanescente, perché i giovani non erano abbastanza giovani, bontà loro, il progetto è ancora in fase di stesura, perché insomma dai... Le facce abbronzatissime della dirigenza ci raccontano di mezze responsabilità, di mezze colpe, di mezze cose che non hanno funzionato, un po' come funziona nel nostro paese, è colpa dell'Europa, ma no è che il governo precedente... No però si deve capire che il quadro è cambiato... Ma la realtà alla fine è che in questa marea di quadri che cambiano la parete sullo sfondo è sempre più scassata è tra intonaco che gonfia, stucco che non arriva, muratori ed imbianchini che non ci sono più, centinaia di architetti in stile Fuffas prendono misure e parlano di design su macerie di una casa che non esiste quasi più... Di tutto questo si salva solo, per ora, la Peroni ghiacciata... Salute!

 
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from ordinariafollia

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Se nasci gatto prima o poi una donna bellissima ti trova e 11 volte su 10 ti trasforma in uomo.

Quando sei uomo satollo sul divano nell’ammollo superpomeridiano 11 volte su 10 stai in silenzio.

Quando stai in silenzio una piccola parte dei tuoi pensieri si avvia scodinzolando indolente e 11 volte su 10 arriva in un giardino segreto.

Quando sei nel giardino segreto non puoi fare a meno di toccare tutto e 11 volte su 10 fai una collana.

Quando fai una bella collana dopo averla ammirata con compiacimento 11 volte su 10 ne fai dono alla donna che ti ha fatto uomo.

 
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from Il Taccuino

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Dalla finestra aperta sei entrata stamattina piccola mosca, e mi ronzavi intorno. Ogni tanto ti sentivo sulle gambe o sulla testa camminare con le tue leggerissime zampette e quasi picchiettavi sui miei pensieri gravi. Oh, piccola mosca, perché hai deciso di farmi compagnia? Sarebbe stato meglio per te ronzare sui tetti e sui balconi, visitare i davanzali delle finestre che già odoravano di cibo buono. Eppure sei venuta da me e la mia malinconia non ti ha potuto perdonare. Con un vecchio giornale arrotolato ti ho colpito, ma non era abbastanza ferma la mia mano, ancora ti agitavi e sentivo disperato il tuo “bzzzz” mentre tentavi invano di volare. Come un lampo è sceso il secondo colpo, e non ti sei più mossa. Ho raccolto il tuo corpicino e con un peso sul cuore al di là del balcone l'ho gettato sulla strada. “Ho fatto ciò che andava fatto” Ma non mi davo pace.

Quando qualche ora più tardi ho visto un corpo senza vita che giaceva nella bara ho pensato a te, piccola mosca. “Come siamo simili io e te” avrei voluto dirti, e avrei voluto chiamarti sorella, assieme a tutte le creature che passano su questa terra. Eppure, forse, la tua fine fu più bella. Non verrai sigillata in una scatola per essere inghiottita dalla terra, ma ti ha accolto il giorno che risplende portata via dal vento, e senza nome, né fotografia sei adesso indistinguibile tra tutte le cose che sono e che saranno. Potessi raggiungerti così, piccola mosca, amica, sorella mia, potessi anche io smarrire il nome e le sembianze, quando sarà l'ora.

 
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from basseaspettativepodcast

Il problema del doppio premio ai partiti

Nell'ultima puntata abbiamo parlato del sorteggio come alternativa alle elezioni.

https://podcasters.spotify.com/pod/show/basse-aspettative/episodes/13--Una-cura-radicale-per-la-democrazia-e2kv2k3

Tra le varie cose, abbiamo citato uno studio di alcuni ricercatori italiani che proponevano di andare a votare, ma con l'opzione – in alternativa di dare il voto a uno dei partiti – di iscriversi ad una lista da cui verrebbero estratti a sorte cittadini per “completare” il parlamento, a rotazione, per una singola proposta di legge.

Durante la registrazione abbiamo espresso alcune perplessità (che rimangono) e abbiamo citato un altro ricercatore che avrebbe assegnato semplicemente la percentuale corrispondente agli astenuti a dei cittadini sorteggiati a caso tra tutta la popolazione.

Riflettendoci, però, pare evidente che in questa situazione i partiti potrebbero contare sia sui parlamentari eletti con le elezioni normali, sia su quelli sorteggiati che magari hanno votato (o simpatizzano) per quello stesso partito, di fatto raddoppiando i loro rappresentanti ed erodendo i posti messi a disposizione di persone che, invece, non si sarebbero allineate con nessun partito e che già oggi non sarebbero rappresentate.

 
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from ordinariafollia

ordinariafollia-log_006-2024.

C'è stato un periodo in cui essere sociale era un'esigenza, una necessità.

Uscivo di casa appena fatto pranzo e mi piantavo alla pista di pattinaggio nel mezzo della profonda notte del primo pomeriggio maceratese. L'olfatto cerebrale lanciava i miei pensieri per centinaia di chilometri di piste di possibilità. Intanto che aspettavo.

Entusiasmo, nel freddo degli inverni che non facevano alcuna paura.

Comunicare è bello, specie per chi ama la propria voce. A volte penso che ululare alla luna sia più gratificante rispetto allo spiegare per quale motivo sia importante la diagonale difensiva oppure come si calcola il letame di scorta di una stalla.

Ululare alla luna senza altro motivo dell'esprimersi.

Cavo fuori da me segni e aggiungo qualche colore, da qualunque me.

Per te.

Sulla panchina della pista di pattinaggio, protetto dai pini e dal vento che viene a giocare. In un livello segreto del metaverso. Nella scia di nubi d'alta quota di Nettuno.

Con la stessa esigenza di spremere fuori giaggioli dai bei vividi fiori. Da qualunque me.

Per qualunque te.

 
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from Il Taccuino

Tramonto sul mare (solitudine) Tramonto sul mare (solitudine), foto digitale. Licensed under CC BY-NC-ND vedi su Pixelfed


Se stasera fossi insieme a me, amore mio, mi sembrerebbe forse meno triste l'incedere scarlatto della sera d'estate. Ma non è solo per me che t'invoco, ignoto amore, né è gran cosa la mia malinconia, ma è per ogni pietra, per ogni ramo, che chiamo il tuo nome, e la dura terra, senza di te, non potrebbe germogliare.

Ché insieme potremmo risanare le piaghe degli alberi, tornare a far rinverdire i deserti, discoprire le ombre scure della notte, potremmo consolare i sogni inquieti degli uomini affannati, cogliere il manto grandioso delle stelle per portarlo in ogni casa, in ogni stanza afflitta dal dolore

Così sarebbe il nostro amore il riscatto di ogni tristezza, e tutto abbraccerebbe, si stenderebbe oltre i confini della terra per sanare ogni disperazione, ogni ingiustizia che si consuma sotto il sole.

Eppure non ci sei, e sembra frantumarsi il cielo adesso che sento incombere la notte, mentre in me riposano le solitudini di tutti gli uomini.

 
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from memorie


È stata tormentata dagli schiamazzi per la “ritirata” del santo patrono; a parte questo, non ho vissuto il periodo degli esami come chissà quale momento mitologico di transizione. Era solo la fine di un ciclo scolastico. Spiego cosa sia la ritirata di un santo, per chiunque abbia sempre vissuto in un posto più civile. C'è un santo, patrono o percepito come tale (non è importante che lo sia, anzi: nel posto dove vivevo, ancora non hanno capito quale sia il vero patrono della città) ; questo santo, o meglio, una sua riproduzione in due o tre dimensioni, una volta all'anno catalizza l'attenzione del popolino per un numero variabile di giorni, nel mio caso credo tra i 6 e gli 8. La sua effige viene portata in processione per le vie cittadine, stazionando ogni giorno in un posto diverso, fino a tornare al punto di partenza: quella è la ritirata.

Ovviamente, la procedura è accompagnata dalle pratiche più rumorose possibili: bande di fiati stonati e percussioni, cori di preghiere stonate, botti e esplosioni varie. Tipica la figura del fuochista: è un tizio, solitamente in canottiera, con la sigaretta accesa in bocca e una lunga fila di petardi in spalla, che avanza con sicumera spacciata da una “stazione” all'altra, come se da fuoco e polvere pirica non potesse scaturire niente di male. Le stazioni sono punti intermedi delle processioni dove, solitamente a opera dei fedeli più fieri di vedere i loro soldi andare letteralmente in fumo, si trovano delle batterie di fuochi da far detonare, così, per interrompere la noia della camminata e delle preghiere. Il fuochista si ferma, srotola una certa quantità di esplosivi, li poggia a terra e poi dà fuoco alle polveri, con la sigaretta di cui dicevamo. Si sentono dei botti, finiscono, i trogloditi applaudono e si continua.

Ebbene, finché tali dimostrazioni di preistoria si tengono in tarda mattinata o in pomeriggio inoltrato, diciamo che il disturbo è accettabile: tuttavia, il culmine della ritirata è di notte, perché il buio valorizza particolarmente i fuochi artificiali, quelli che la luce del giorno ha temporaneamente oscurato. Quindi, di notte, è il gran finale: luci, scariche di esplosioni, detonazioni su detonazioni di veri e proprio ordini, così si concludono questi giorni di riti tribali contemporanei.

Ebbene, ancora: quella notte di ritirata è stata la mia notte prima degli esami, quindi tutti gli studenti della zona hanno dovuto attendere che i selvaggi facessero i loro comodi, fino alle 3 e oltre. Sì, in quegli anni si finiva a quell'ora circa, poi dopo, molto dopo, troppo dopo, penso abbiano anticipato la chiusura.

Non ero uno di quei quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla (capisco le necessità della metrica, ma Venditti probabilmente avrebbe dovuto averlo visto un pianoforte in vita sua): ero uno che voleva riposare per il giorno del tema, ma le necessità del singolo muoiono davanti alle istanze della collettività.

Qualche ora dopo la chiusura delle feste, ero a scuola, con una polo blu e un jeans di stoffa molto chiara, che odiavo perché mi dava molto fastidio, infatti l'avrò indossato quattro volte in tutto. La traccia non me la ricordo, comunque ando bene. Andò tutto bene, fino alla pubblicazione degli esiti: io ero un 60/60 sicuro, non andò così.

Nella mia classe, c'era la figlia di un assessore, in quota al partito di rappresentanza dei fascisti di quel tempo: ebbene, era stato deciso che quella persona avrebbe dovuto avere il voto più alto della classe. La sua storia scolastica non avrebbe permesso, in alcun modo, di raggiungere il massimo dei voti, ragion per cui le fu assegnato un impossibile 52 e tutti noialtri, tra i quali non spiccavano altri figli di cotanti padri, a scendere; 52 pure per me che, ripeto, ero da 60 senza neanche pensarci, altri amici con un discreto curriculum furono artificiosamente portati al 40 circa.

Finiscono gli esami, gli scrutini, tutto; è il momento di andare a vedere i quadri, così si faceva all'epoca, penso non più: i risultati venivano esposti in un qualche locale dell'edificio scolastico, solitamente l'ingresso. Vado e trovo questo misero 52, assieme a un 52 enorme per quella persona. Nei dintorni, trovo alcuni dei miei professori riuniti in un capannello, vedono avvicinarmi con gli occhi lampeggianti di furia, non ho neanche bisogno io di chiedere: sono loro a dirmi di quel pasticciaccio brutto. Mi suggeriscono, con dei musi lunghi così, di fare ricorso, per rifare l'esame.

No, grazie, e aggiungo: non voglio rifare niente e non voglio vedervi mai più, e così è stato. Per quanto fossero onestamente contriti, perché lo erano, il rapporto di fiducia ormai era andato in frantumi. Per imposizioni dall'alto, vero, ma non mi interessava.

Ok, a parte questo, vedo una mitologia enorme costruita sugli esami di maturità, non la capisco, forse sono arido o chissà cosa. Non la capivo adesso come ora, quindi sarò stato sempre arido o chissà cosa. L'unica cosa che vedo, in questi esami, è il fastidio: dover dimostrare cosa, che non sia già stato dimostrato negli anni scolastici? Non so gli altri, ma quel che avevo da dire, io l'avevo detto.

Fine di una fase della vita? Questo sì, ma la vita è fatta a fasi, prima lo si capisce e meglio è.

Mi mancano quegli anni? Sono, o no, i migliori della vita? Che fine fanno le amicizie maturate in quel quinquennio? Materiale per un altro articoletto.

Intanto, la mia notte prima degli esami volevo passarla a dormire, senza santi esplosivi e senza pressioni.

 
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from Pensieri di Pollo

Già, ci sono cascato: ho comprato una retro-console portatile. Per i meno esperti, si tratta di macchinetta macina-emulatori in grado di far girare qualsiasi gioco uscito fino alla PS1. Certo, qualunque telefono può fare lo stesso e anche di più, ma portarsi in tasca un dispositivo dedicato e dotato di tasti fisici, fidatevi, è tutta un'altra vita.

Come è ovvio, con milioni di giochi virtualmente a mia disposizione, la mia scelta è andata sulla seconda generazione di Pokémon. D'altro canto sono esattamente quel tipo di persona che ordina sempre gli stessi precisi ingredienti sul Poké e, si sa, da Poké a Pokémon il passo è breve (questa me la dovete passare).

Non avevo però messo in conto una cosa: siamo nel 2024 e di generazioni di giochi Pokémon, anche escludendo i vari remake, ne sono passate sette dai tempi di Oro/Argento/Cristallo.

Sette generazioni, quasi un quarto di secolo e tante innovazioni e migliorie che non hanno risparmiato una serie pur notoriamente fin troppo tradizionalista. Dunque, facciamo insieme questo gioco: quali sono i pro e i contro di giocare Pokémon Cristallo a trent'anni suonati e a quasi venticinque anni dalla sua uscita?

CONTRO:

  1. È tutto estremamente lento. Io sinceramente non ricordavo che tutto, dal movimento del personaggio alle animazioni dei combattimenti fosse così tedioso e così poco scattante. Per fortuna l'emulazione consente di accelerare il gioco nella sua totalità, andando però a sacrificare una delle cose più belle dei vecchi titoli Pokémon: la colonna sonora. Accelerare il gioco significa infatti accelerare anche la musica, che diventa una cacofonia in stile nightcore decisamente insostenibile. Un compromesso di cui in parte mi pento perché non mi ha consentito di rivivere appieno quelle sensazioni, obbligandomi a giocare a volume spento. Ma, fidatevi, credo sia impossibile oggi giocare a Pokémon Cristallo senza accelerare il tutto, e non c'è Bicicletta che tenga.

  2. Il sistema dei box. Forse non ve lo ricordate, ma fino alle generazioni Pokémon del GBA la gestione dei Box era un inferno. Per depositare dei Pokémon al PC di Bill occorreva infatti assicurarsi che ci fossero slot liberi nel Box. In caso contrario, era necessario SALVARE IL GIOCO (non sto scherzando) e muoversi tra gli altri box liberamente. Non finisce qui: immaginate di essere in giro per Johto e di catturare un Pokémon. Alla fine della battaglia, Bill ti telefona e ti dice “ehi, hai finito lo spazio! Vieni al centro Pokémon e cambia Box o non potrai più catturare altri Pokémon!”. Ecco immaginate di essere in mezzo all'erba alta e di non avere a disposizione un Pokémon con la MN Volo (su questo torno fra poco). Ecco, adesso immaginate di camminare verso il centro Pokémon più vicino e di vedervi comparire un fierissimo Entei selvatico e di non potergli tirare una ball perché il Box è pieno. Bene signore e signori, vi ho appena raccontato uno dei primi ricordi traumatici della mia infanzia, riemerso non appena ho premuto il pulsante “Cambia Box” nel corso di questa nuova partita.

  3. Lo zaino. Fino all'epoca GBA lo zaino non aveva slot infiniti per gli oggetti, ma era anzi molto, molto limitato. Capita quindi già a metà avventura di trovarselo pieno di bacche e ghicocche, di arrivare davanti a uno strumento casuale trovato per terra e di ricevere il messaggio “ehi, lascialo qui, il tuo zaino e pieno”. Quindi, come per i box, dover tornare al centro Pokémon, depositare un po' di monnezza nel PC e tornare a piedi fino allo strumento selvatico per raccoglierlo. Lo senti il fastidio?

  4. Le MN. A me pare folle che fino al 2016(!) i giochi Pokémon basavano la meccanica esplorativa sulle MN, mosse Pokémon utilizzabili fuori dalla battaglia per interagire con l'ambiente e sbloccare nuove zone, un po' come accade nei metroidvania o negli Zelda a due dimensioni. Qual è il problema? Forse non vi ricordate che queste mosse dovevano essere insegnate ad un Pokémon, che tale Pokémon doveva essere in squadra al momento dell'utilizzo della MN e che questo tipo di mosse non sono dimenticabili se non passando da un tizio specifico a Ebanopoli. Quindi cosa succede? Anche ai tempi c'erano due scuole di pensiero: o ti portavi dietro il Rattata e il Goldeen al livello 2 di turno, a cui insegnare più MN possibili (inermi creature sacrificali conosciuti già ai tempi come poveri MN Slave), o correvi avanti e indietro ogni volta dai Centri Pokémon per depositare e ritirare il Pokémon con la MN necessaria per tagliare un alberello o spostare un sasso. Se la prima scelta sacrifica uno o due slot su sei della squadra Pokémon, la seconda è semplicemente una grandissima e fastidiosissima perdita di tempo. A voi la scelta.

  5. Le MT. Già anche le Macchine Tecniche ai tempi antichi avevano i loro problemi: erano monouso. Qua potremmo discutere che fosse una scelta di design, ma ancora non so se pentirmi o meno di aver insegnato Rotolamento a Togetic quando adesso in squadra ho deciso di mettere un Sudowoodo.

  6. Non esisteva la distinzione tra mosse fisiche e speciali. O meglio, non esisteva la distinzione come la conosciamo dal GBA in poi. Banalmente, alcuni tipi di mossa, tipo il Lotta, erano fisiche ed altri, tipo lo Psico, erano speciali. Io non sono mai stato infognato con il gioco competitivo, tutt'ora dimentico costantemente gli schemi di debolezze e resistenze, ma questa logica rivista dopo venti anni mi ha fatto esplodere il cervello.

  7. Quando un Pokémon sale di livello e cerca di imparare una nuova mossa, non c'è alcun modo di capirne gli effetti. Il gioco ti fornisce solo il nome, chiedendoti al volo quale mossa far eventualmente dimenticare. Ora, io credo che il mio cervello sia occupato al 65% da informazioni sui giochi Pokémon (e il restante equamente diviso tra la sceneggiatura completa delle Follie dell'Imperatore, le puntate delle prime venti stagioni dei Simpson e le descrizioni delle carte tarocche di Yu-Gi-Oh tipo Drego dell'Ala), ma ammetto che certe volte avrei voluto un piccolo aiuto perché sinceramente non ricordo quale mossa sia più potente o precisa tra Ventogelato e Raggioaurora.

PRO

Sì, non ci sono solo cose negative nel rigiocare alla seconda generazione nel 2024

  1. La pixel art. Sarà un parere soggettivo, ma tutto, dagli sprite dei Pokémon al mondo di gioco è più caratteristico, più stimolante, più, banalmente, bello in pixel art. Io ancora non ho digerito la svolta 3D della serie Pokémon, anche perché i risultati dal punto di vista tecnico parlano da soli. Sono infatti tra la schiera di persone che vorrebbero tanto un ritorno alle origini dal punto di vista grafico, un nuovo capitolo in pixel art, magari sfruttando le possibilità della tecnologia HD-2D vista ad esempio in Octopath Traveler. Però fidatevi, dal punto di vista stilistico i vecchi giochi mangiano ancora in testa ai nuovi, e non credo che siano solo le lenti della nostalgia a parlare.

  2. L'esplorazione. Una volta non c'era una cutscene ogni dieci passi. Non c'erano dialoghi non skippabili a ripetizione. «Questo è il tuo Cyndaquil, tante care cose ciaooo». Il gioco era comunque fattibilissimo con i pochi dialoghi messi a disposizione, non capitava mai di non sapere dove andare e cosa fare, ma neanche di essere presi per mano ai limiti del tutorial continuo. La magia dell'esplorazione, il sense of wonder, l'eccitazione per una nuova scoperta stava tutto lì, nell'interpretare qualche indizio sentito qua e là e sbloccare qualcosa di unico nel gioco. Un gameplay che, tra le altre cose, snellito di dialoghi e cutscene, fila via liscio come l'olio...al netto dei contro menzionati prima, ovvio!

  3. La mancanza di extra. Ok, lo ammetto, questa è un'opinione fortemente personale, ma per me il fulcro dei giochi Pokémon è: macinare avversari e catturare bestie. Stop. Il resto è orpello. Quindi ben vengano il campeggio con i Pokémon, pettinare i Pokémon, ma anche andando più indietro le basi segrete, le gare Pokémon, il sottosuolo: ho sempre avuto la sensazione che, semplicemente, rompessero il ritmo. Però ehi, almeno sono tutti elementi completamente ignorabili, ma avete idea di cosa significhi convivere con le mamie di completismo e delle modalità extra completamente ignorate? Già mi sembra eccessiva la presenza del casinò di Fiordoropoli...

  4. Gli incontri casuali. Se quella di prima era un'opinione fortemente personale, quest'ultima è un'opinione fortemente controversa. Gli incontri casuali sono all'unanimità riconosciuti come il Male nei giochi di ruolo. Ad apprezzarli rimaniamo credo io e i fan più sfegatati di Dragon Quest. Eppure vi dirò: provate a entrare nell'erba alta e ad aspettare che termini l'animazione dell'incontro casuale per capire se avete beccato un Pidgey oppure qualche bestia più succosa. Ecco, quella amiche ed amici, si chiama dopamina, e se non associata alla ludopatia o ad altre deleterie dipendenze legate proprio a questo meccanismo, beh, è una bella sensazione. Sensazione assolutamente non replicabile se il Pokémon te lo vedi scorrazzare davanti e puoi decidere se andargli o meno incontro, come accade nei nuovi giochi. “Vabbè ma così ti ritrovi con uno Zubat addosso ogni due passi!”. Vero, ma il Repellente è sempre tuo amico.

Bene, mi sembra di aver detto tutto, adesso vado a sconfiggere Misty. Ah già, forse non ve lo ricordate, ma la seconda generazione ha il plot twist più incredibile di tutta la serie, nonché uno dei motivi per cui ad oggi è la mia preferita: dopo Johto puoi visitare tutta Kanto. Double the fun!

 
Continua...

from Pensieri di Pollo

Ho finalmente recuperato l'ultima incarnazione nipponica della lucertola gigante, Godzilla Minus One. Faccio una premessa importante: non ho mai assolutamente avuto tempo né voglia di spararmi le dozzine di lungometraggi giapponesi usciti dal dopoguerra ad oggi, ma mi piace comunque definirmi un appassionato di Godzilla e potrei passare ore a parlare delle forti metafore che porta avanti da settanta e passa anni.

Morte, ineluttabilità del destino, guerra, bomba nucleare, divinità insensibile, terrore puro, vendetta della Terra: sono solo alcuni dei simboli che si celano dietro le scaglie di Godzilla. Tutto sembrava essere stato già raccontato sul re dei kaiju, eppure in Godzilla Minus One succede una magia: si tifa per l'umanità.

Esatto, inutile negarlo: esiste qualcuno che nei film di mostri giganti tifa per le persone? Sinceramente non ne conosco. C'è un fatto però che esalta questa presa di posizione: laddove la messa in scena è concentrata su bestioni che schiacciano tutto e si menano tra loro, va per foza di cose a morire la scrittura di trama e personaggi; tutte cose che, sinceramente, non mi era mai interessata in film del genere e anzi, se presenti, risultano forzate e noiose (vedi alla voce Monsterverse), futili orpelli che spezzano il ritmo e la piacevolezza di bestiali mazzate senza logica, unico vero motivo per cui bruciarsi retine e neuroni dietro ai film meno raffinati della storia del cinema.

La magia di Godzilla Minus One è invece proprio quella di raccontare una storia, una storia in cui Godzilla c'è, si vede e si sente, con un bagaglio di potenza e ferocia che trasmette un senso di terrore puro. Però è una storia in cui ci sono anche le persone. Non carne da macello, non fastidiosi espertoni, soldati, tuttologi o quant'altro serva ad allungare il brodo e giustificare la sezione cast sulla pagina di Wikipedia. Persone disperate, traumatizzate da una guerra, la seconda mondiale, appena conclusa nel peggiore dei modi, addolorate da lutti, sensi di colpa, paura.

Ecco quindi l'empatia, questa (fin'ora) sconosciuta. Quella che ci fa tifare quasi sempre per chi con tracotanza cerca di sconfiggere gli dei, sfidando la sorte e il buon senso. Per chi lotta per la vita in un contesto in cui la vita stessa si scopre essere una cosa piccola e fragile, eppure così preziosa per i legami che si porta dietro e per chi quegli dei, alla fine, li sconfigge davvero.

Godzilla Minus One è la prova visiva che una scrittura solida, dei personaggi profondi e un mostro alto come una montagna possono convivere nello stesso film, e che, anzi, questa convivenza regala una sorta di dignità ad un genere, spesso anche giustamente, così bistrattato. Il tutto non rinunciando a trovate esagerate e fuori di testa come dinosauri che sputano raggi termici e trappole sottomarine ai limiti dei corti di Tom e Jerry.

La magia del cinema, signore e signori.

 
Continua...