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La crescente disuguaglianza economica è uno dei temi più urgenti del nostro tempo. Secondo un rapporto Oxfam, nel 2024 i miliardari hanno accumulato oltre 2.000 miliardi di dollari, mentre metà della popolazione mondiale vive in condizioni di estrema precarietà, con meno di 6,85 dollari al giorno. Questo divario non è un'anomalia del sistema capitalistico, ma una conseguenza strutturale delle sue dinamiche.

Il capitalismo, pur essendo celebrato per la sua capacità di generare ricchezza e innovazione, si dimostra inefficace nel distribuire equamente i benefici di questa crescita. Al contrario, perpetua le disuguaglianze attraverso meccanismi sistemici. Per comprendere le radici del problema e identificare possibili alternative, è necessario analizzare le fallacie del sistema attuale e considerare nuovi paradigmi economici.

Le fallacie del sistema attuale

L'illusione del Trickle-Down

Uno dei pilastri ideologici del capitalismo contemporaneo è la teoria del “trickle-down”. Questa prospettiva sostiene che, lasciando i più abbienti liberi di accumulare ricchezza, i loro investimenti e consumi genereranno una cascata di benefici per l'intera società. Tuttavia, i dati economici degli ultimi decenni dimostrano chiaramente che questa promessa è rimasta largamente disattesa.

In primo luogo, la ricchezza non solo non “sgocciola” verso il basso, ma tende a concentrarsi nelle mani di una minoranza sempre più ristretta. Le disuguaglianze economiche sono cresciute in modo esponenziale: secondo uno studio di Oxfam, l'1% più ricco della popolazione mondiale detiene oggi quasi il doppio della ricchezza posseduta dal restante 99%. Questo squilibrio non è semplicemente una questione di giustizia sociale, ma un ostacolo strutturale alla crescita economica sostenibile. Quando il denaro si accumula senza circolare, l'intera economia ne risente.

In secondo luogo, il divario tra ricchi e poveri continua ad allargarsi, alimentato da sistemi fiscali che, invece di riequilibrare, spesso favoriscono i più ricchi. Laddove i redditi delle fasce più abbienti crescono rapidamente, quelli della classe media e delle fasce più deboli stagnano o diminuiscono in termini reali, erodendo il potere d'acquisto e accentuando le disparità.

Infine, si osserva un preoccupante declino della mobilità sociale. In molte economie sviluppate, le possibilità di migliorare la propria posizione economica attraverso il merito e il lavoro si sono drasticamente ridotte. L'accesso a un'istruzione di qualità e a opportunità professionali rimane spesso legato alla classe sociale di origine, perpetuando un sistema che favorisce chi è già avvantaggiato.

Contrariamente a quanto postulato dal trickle-down, i miliardari non reinvestono automaticamente la loro ricchezza nell'economia reale. Una parte significativa di queste risorse viene indirizzata verso attività finanziarie speculative, come il trading di titoli e derivati, che arricchiscono ulteriormente i detentori di capitale senza produrre un valore tangibile per la società. Questa disconnessione tra ricchezza accumulata e benessere collettivo mina le basi stesse della narrazione capitalistica, evidenziando l'urgenza di un ripensamento strutturale.

Meccanismi di auto-perpetuazione

Il capitalismo contemporaneo non solo produce disuguaglianze, ma le perpetua attraverso una serie di meccanismi che rinforzano le posizioni di vantaggio. Uno di questi è il predominio del capitale sui redditi da lavoro. Come sottolineato dall’economista Thomas Piketty nel suo celebre studio sul capitale nel XXI secolo, il ritorno sugli investimenti (che comprende rendite immobiliari, dividendi azionari e altre forme di reddito da capitale) tende a crescere più rapidamente dei salari. Questo significa che chi già possiede capitale ha la possibilità di incrementare la propria ricchezza in modo più veloce e costante rispetto a chi vive esclusivamente del proprio lavoro.

Anche l’accesso diseguale alle opportunità educative e sanitarie gioca un ruolo chiave nel perpetuare le disuguaglianze. Le migliori scuole, università e servizi sanitari, spesso private, rimangono privilegio di pochi. Questo crea un circolo vizioso: i figli delle famiglie più ricche hanno maggiori probabilità di accedere a posizioni di prestigio e alto reddito, mentre le fasce meno abbienti rimangono intrappolate in condizioni di svantaggio. In molti Paesi, il costo dell’istruzione superiore o delle cure mediche è un ostacolo insormontabile per le famiglie a basso reddito, escludendo intere generazioni da opportunità di crescita sociale.

Un altro elemento fondamentale è l'influenza sproporzionata che i grandi capitali esercitano sulla politica e sulla legislazione. I miliardari e le multinazionali possono finanziare campagne elettorali, assumere costosi gruppi di pressione e plasmare le leggi in modo che favoriscano i loro interessi. Questo potere si traduce in politiche fiscali e normative che consolidano le loro posizioni di privilegio, rendendo quasi impossibile un cambiamento significativo.

Questi meccanismi si alimentano a vicenda, creando un sistema economico e sociale sempre più polarizzato. Affrontare queste dinamiche richiede non solo interventi correttivi immediati, ma una revisione strutturale che rimetta in discussione i principi fondamentali del capitalismo contemporaneo.

Alternative sistemiche

Economia Partecipativa (Parecon): un modello di equità e democrazia economica

L'economia partecipativa, o Parecon (Participatory Economics), è un modello economico proposto da Michael Albert e Robin Hahnel che mira a superare le disuguaglianze sistemiche generate dal capitalismo e dai sistemi centralizzati di pianificazione economica. Al cuore di questo modello c'è un principio rivoluzionario: sostituire la gerarchia economica con una democrazia partecipativa che restituisca ai lavoratori e ai cittadini il controllo sulle decisioni economiche.

I principi dell'economia partecipativa

  1. Autogestione democratica
    In una Parecon, le decisioni economiche non sono prese da élite aziendali o burocrati centrali, ma da coloro che sono direttamente coinvolti nelle attività produttive e di consumo. Ogni individuo ha una voce proporzionata all'impatto che una decisione avrà su di lui o lei. Questo elimina le disparità di potere, promuovendo una governance collettiva delle risorse economiche.

  2. Retribuzione basata su impegno e sacrificio
    Contrariamente al capitalismo, dove la retribuzione è spesso determinata dalla proprietà, dalla produttività o dalla posizione di potere, la Parecon introduce un sistema in cui il compenso economico è proporzionato all’impegno e ai sacrifici personali. Questo approccio non solo rende il sistema più equo, ma valorizza anche lavori spesso sottostimati nel contesto capitalistico, come quelli manuali o di cura.

  3. Pianificazione partecipativa
    Le decisioni relative alla produzione e alla distribuzione non sono lasciate al mercato o a un’autorità centrale, ma sono il risultato di un processo collettivo e decentralizzato. Attraverso assemblee e negoziazioni tra produttori e consumatori, la pianificazione partecipativa riduce gli sprechi, affronta le priorità sociali e mira a massimizzare il benessere collettivo anziché il profitto individuale.

Efficienza ridefinita: rispondere alle critiche

Una delle critiche più comuni al modello Parecon è che sarebbe inefficiente rispetto al capitalismo, che viene spesso celebrato per la sua capacità di allocare risorse in modo “ottimale”. Tuttavia, questa visione è basata su una concezione limitata dell’efficienza, intesa esclusivamente in termini finanziari.

In una Parecon, l’efficienza viene ridefinita includendo criteri come l’equità sociale, la sostenibilità ambientale e il benessere collettivo. Ad esempio, una produzione industriale che riduca i costi a scapito dell'ambiente o delle condizioni di lavoro può essere “efficiente” nel capitalismo, ma sarebbe considerata altamente inefficiente in una Parecon, dove l'impatto sociale e ambientale è una priorità.

Scalabilità e modelli reali

Un'altra obiezione ricorrente è che il modello partecipativo non sarebbe scalabile su larga scala. Tuttavia, esperienze pratiche dimostrano il contrario. Un esempio di successo è rappresentato dalle cooperative Mondragón, un conglomerato di cooperative basato nei Paesi Baschi, in Spagna. Fondato nel 1956, Mondragón è oggi uno dei principali esempi di gestione democratica sul posto di lavoro, impiegando decine di migliaia di persone e dimostrando che i principi partecipativi possono funzionare anche in un contesto competitivo globale.

Analogamente, piccole comunità in America Latina e in altre parti del mondo hanno adottato approcci partecipativi per gestire risorse locali, dimostrando che la democrazia economica non solo è praticabile, ma può anche produrre risultati sostenibili e inclusivi.

Un modello per il futuro

L'economia partecipativa rappresenta una rottura radicale con le logiche dominanti del capitalismo, proponendo un sistema che combina giustizia sociale, democrazia economica e sostenibilità. Lontano dall’essere un’utopia teorica, il Parecon offre una visione concreta e attuabile di come ristrutturare le relazioni economiche per mettere al centro non il profitto, ma il benessere collettivo.

Attraverso l’autogestione democratica, la retribuzione equa e la pianificazione partecipativa, il modello Parecon propone un’alternativa sistemica che non solo risponde alle disuguaglianze del presente, ma getta le basi per un’economia più giusta e resiliente nel futuro.

Socialismo di Mercato: un equilibrio tra equità e dinamismo economico

Il socialismo di mercato rappresenta un modello economico che cerca di coniugare il meglio di due mondi: la giustizia sociale garantita dalla proprietà collettiva e l'efficienza allocativa assicurata dai meccanismi di mercato. Questa visione si colloca a metà strada tra i rigidi sistemi di pianificazione centralizzata e il capitalismo liberale, proponendo una struttura in cui la produzione e la distribuzione delle risorse sono finalizzate al benessere collettivo, senza sacrificare la flessibilità e l'innovazione.

Principi del socialismo di mercato

  1. Proprietà collettiva dei mezzi di produzione
    Nel socialismo di mercato, le imprese e le risorse chiave – come energia, infrastrutture e settori strategici – non appartengono a privati, ma sono detenute collettivamente, spesso attraverso forme di proprietà statale, cooperativa o comunitaria. Questo elimina il problema della concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi, garantendo che i profitti siano reinvestiti per il beneficio della collettività anziché accumulati da individui o gruppi privati.

  2. Democrazia economica
    A differenza del capitalismo, dove le decisioni strategiche sono prerogativa esclusiva di manager e azionisti, il socialismo di mercato promuove la partecipazione attiva dei lavoratori e delle comunità nelle decisioni economiche. Questo avviene attraverso strutture democratiche all'interno delle imprese, dove ogni lavoratore ha voce in capitolo su questioni come investimenti, politiche salariali e strategie produttive.

  3. Forte stato sociale
    Uno degli obiettivi principali del socialismo di mercato è garantire che i bisogni fondamentali di ogni cittadino siano soddisfatti. Sanità, istruzione, trasporti pubblici e altri servizi essenziali sono accessibili a tutti, senza barriere economiche. Questo sistema non solo riduce le disuguaglianze, ma crea anche una base di sicurezza economica che consente alle persone di partecipare pienamente alla società e all’economia.

Risposte alle critiche: soffocamento dell'innovazione e burocrazia inefficiente

Una critica frequente al socialismo di mercato è che, eliminando la competizione tipica del capitalismo, rischia di soffocare l’innovazione. Secondo questa visione, senza la prospettiva di guadagni personali straordinari, le persone avrebbero meno incentivi a sviluppare idee rivoluzionarie. Tuttavia, questa argomentazione ignora il ruolo fondamentale degli incentivi non monetari, come il riconoscimento sociale, la passione per la ricerca e l’aspirazione a risolvere problemi collettivi. Molte delle più grandi innovazioni del XX e XXI secolo, come Internet e i vaccini mRNA, sono emerse grazie a finanziamenti pubblici e a collaborazioni collettive piuttosto che a iniziative private.

Un'altra critica riguarda il rischio di inefficienza burocratica, spesso associato ai sistemi in cui lo Stato svolge un ruolo centrale. Tuttavia, il socialismo di mercato non elimina i meccanismi di mercato per l’allocazione delle risorse, ma li integra con un controllo democratico. Questo approccio consente di evitare sia il caos del laissez-faire sia le rigidità della pianificazione centralizzata, mantenendo la flessibilità necessaria per rispondere ai cambiamenti nella domanda e nell'offerta.

Esempi pratici e applicabilità

In alcune economie contemporanee, elementi del socialismo di mercato sono già stati implementati con successo. Paesi scandinavi come la Svezia e la Norvegia, pur mantenendo un’economia di mercato, hanno introdotto forti componenti di proprietà collettiva e redistribuzione attraverso un robusto stato sociale. Questi sistemi dimostrano che è possibile combinare dinamismo economico e giustizia sociale, riducendo le disuguaglianze senza soffocare l’iniziativa privata.

Un altro esempio significativo è la Cina, che ha adottato un modello ibrido in cui settori chiave dell’economia rimangono sotto il controllo statale, mentre i mercati regolano altre aree. Sebbene il sistema cinese presenti limitazioni sul piano democratico, dimostra la capacità del socialismo di mercato di generare crescita economica e modernizzazione rapida.

Un futuro fondato sull'equilibrio

Il socialismo di mercato non si presenta come un modello perfetto o universale, ma come un'alternativa pragmatica che combina equità e innovazione. Riducendo la concentrazione della ricchezza e promuovendo la partecipazione democratica nelle decisioni economiche, questo sistema rappresenta una visione del futuro in cui lo sviluppo economico non è più un fine in sé, ma un mezzo per migliorare la qualità della vita di tutti.

L’adozione di un socialismo di mercato richiederebbe cambiamenti significativi, ma non impossibili: una transizione graduale attraverso riforme che privilegino la redistribuzione, la partecipazione e la sostenibilità potrebbe costruire le basi per un’economia più giusta e resiliente.

Economia Circolare e del Bene Comune: un nuovo paradigma per sostenibilità e giustizia sociale

L'economia circolare e del bene comune è un modello che riformula profondamente le priorità economiche, spostando il focus dalla crescita illimitata al benessere collettivo e alla sostenibilità ambientale. Questo approccio affronta due dei principali problemi del capitalismo contemporaneo: l'esaurimento delle risorse naturali e la crescente disuguaglianza sociale.

A differenza dei modelli economici tradizionali, che spesso vedono la natura e il lavoro come semplici mezzi per massimizzare i profitti, l'economia circolare e del bene comune si basa su valori come la cooperazione, l'inclusione e il rispetto per i limiti del pianeta.

I principi fondamentali dell’economia circolare e del bene comune

  1. Focus sul riuso e sulla sostenibilità
    Al centro dell’economia circolare vi è il principio di chiudere i cicli produttivi, riducendo al minimo gli sprechi e prolungando la vita utile dei materiali. In questo modello, le risorse non sono consumate in modo lineare – dall'estrazione allo smaltimento – ma sono riciclate, riparate e riutilizzate, creando un sistema rigenerativo. Questo non solo diminuisce la pressione sulle risorse naturali, ma promuove anche la creazione di nuove opportunità economiche, ad esempio nei settori del riciclo e della riparazione.

    L’approccio circolare è già stato adottato da alcune aziende e città pioniere. Amsterdam, ad esempio, ha sviluppato un piano per diventare completamente circolare entro il 2050, riducendo i rifiuti e incentivando l'uso di materiali riciclabili nella costruzione e nell'industria.

  2. Valutazione delle imprese basata sull’impatto sociale e ambientale
    Nell’economia del bene comune, il successo di un’impresa non si misura esclusivamente in termini di profitti, ma anche in base al suo contributo al benessere collettivo. Questo approccio introduce nuovi criteri di valutazione: l’impatto ambientale, la creazione di posti di lavoro dignitosi, l’inclusione sociale e l’etica aziendale diventano parametri centrali per giudicare il valore di un’attività economica.

    Modelli come il Bilancio del Bene Comune, sviluppato dall’economista Christian Felber, sono strumenti concreti per implementare questa visione. Tali bilanci analizzano come un’impresa contribuisce a valori fondamentali come la solidarietà, la sostenibilità e la trasparenza, premiando chi opera nell’interesse della collettività.

  3. Limiti alla concentrazione della proprietà
    L’economia del bene comune si oppone alla concentrazione del potere economico nelle mani di pochi, che porta a disuguaglianze strutturali e alla monopolizzazione delle risorse. Questo modello incoraggia una distribuzione più equa della proprietà, sia attraverso il sostegno alle cooperative sia mediante la regolamentazione di grandi aziende e patrimoni.

    Ad esempio, le imprese potrebbero essere organizzate in modo che i dipendenti abbiano una quota della proprietà e partecipino attivamente alle decisioni strategiche. Questa struttura non solo riduce le disparità economiche, ma favorisce anche un senso di appartenenza e responsabilità collettiva.

Un modello applicabile: esempi e potenzialità

L'economia circolare e del bene comune non è una teoria astratta: in tutto il mondo, comunità, città e aziende stanno adottando questi principi con risultati tangibili. Oltre al caso di Amsterdam, città come Copenaghen e San Francisco hanno introdotto politiche per ridurre i rifiuti, promuovere l’energia rinnovabile e incentivare la progettazione sostenibile.

Nel settore privato, aziende come Patagonia dimostrano che è possibile combinare profitto e sostenibilità. Questa azienda di abbigliamento outdoor ha introdotto programmi per riparare i prodotti usati e promuove attivamente la riduzione del consumo eccessivo, dimostrando che un modello di business rigenerativo può essere anche redditizio.

Anche in ambito educativo e politico, l'economia del bene comune sta guadagnando terreno. Università e governi locali stanno incorporando i principi del bilancio del bene comune nelle loro politiche, riconoscendo che la crescita economica da sola non basta per garantire il progresso sociale.

Sfide e opportunità di transizione

Il passaggio a un modello economico fondato sulla sostenibilità e il benessere collettivo richiede un cambiamento culturale e istituzionale significativo. Una delle principali sfide è rappresentata dall’opposizione delle élite economiche, che spesso beneficiano del sistema attuale e resistono a regolamentazioni più rigorose.

Tuttavia, le opportunità offerte da questa transizione sono immense. Un’economia circolare e del bene comune non solo affronta le sfide ambientali globali, come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, ma promuove anche una società più giusta e coesa. Creando posti di lavoro sostenibili, riducendo le disuguaglianze e migliorando la qualità della vita, questo modello può essere una risposta concreta alle crescenti insoddisfazioni verso il capitalismo tradizionale.

Verso un futuro sostenibile e inclusivo

L’economia circolare e del bene comune rappresenta non solo una critica al modello economico dominante, ma anche una visione positiva e concreta per il futuro. Coniugando sostenibilità, giustizia sociale e responsabilità collettiva, questo paradigma offre un’alternativa praticabile a un sistema che ha dimostrato i suoi limiti.

Investire in questo modello non è solo una scelta etica, ma una necessità per garantire la sopravvivenza delle risorse del pianeta e costruire una società in cui il benessere non sia più un privilegio di pochi, ma un diritto condiviso da tutti.

Decrescita: un modello per ripensare il benessere e la sostenibilità

La decrescita è un paradigma economico e sociale che si pone in aperta contrapposizione al principio della crescita infinita, che è alla base del capitalismo moderno. In un mondo con risorse limitate, l’idea che un'economia possa espandersi indefinitamente appare non solo insostenibile, ma anche dannosa per l’ambiente e per il benessere umano. La decrescita propone, quindi, una trasformazione culturale ed economica che metta al centro non l'accumulo di beni materiali, ma la qualità della vita, la sostenibilità ecologica e i valori comunitari.

I principi fondamentali della decrescita

  1. Rifiuto del paradigma della crescita infinita
    La decrescita nasce dalla consapevolezza che la crescita economica illimitata, basata sull'aumento continuo del PIL, non è compatibile con i limiti ecologici del pianeta. Questo modello ha portato al sovrasfruttamento delle risorse naturali, alla perdita di biodiversità e al cambiamento climatico. La decrescita propone di abbandonare l’ossessione per il PIL come indicatore di progresso, puntando invece su misure che valutino il benessere sociale e la salute ecologica.

  2. Riduzione programmata del consumo e della produzione
    Una delle idee chiave della decrescita è ridurre in modo selettivo e pianificato il consumo e la produzione, concentrandosi su ciò che è realmente necessario per vivere una vita dignitosa. Questo implica ridimensionare settori che contribuiscono all’inquinamento e allo spreco (come l’industria dei beni di lusso o la produzione eccessiva di plastica), a favore di un uso più efficiente e sostenibile delle risorse.

  3. Riorganizzazione intorno a valori non materiali
    La decrescita invita a ripensare la società, spostando l’attenzione dai valori materialistici – come il consumo e il possesso – verso la solidarietà, la condivisione e il tempo libero. Questo implica rivalutare il modo in cui lavoriamo, viviamo e interagiamo con gli altri, favorendo la cooperazione e le relazioni umane rispetto alla competizione e all’individualismo.

  4. Localizzazione dell'economia
    La globalizzazione ha creato sistemi economici complessi e dipendenti da catene di approvvigionamento internazionali, vulnerabili alle crisi e responsabili di alti livelli di inquinamento. La decrescita propone di rilocalizzare le economie, incentivando la produzione e il consumo locali per ridurre le emissioni di carbonio, rafforzare le comunità e accrescere la resilienza economica.

Risposta alle critiche: sfide e opportunità

Come ogni proposta radicale, la decrescita è stata oggetto di numerose critiche. Tuttavia, molte di queste si basano su fraintendimenti o visioni distorte del modello.

  • “Porterà alla povertà”
    Una delle obiezioni più comuni è che la decrescita equivalga a un impoverimento diffuso. In realtà, questo paradigma non propone una riduzione indiscriminata della ricchezza, ma una transizione verso un sistema più equo e sostenibile. Ad esempio, ridurre la produzione di beni superflui potrebbe liberare risorse per investire in servizi essenziali come la sanità, l’istruzione e la rigenerazione ambientale.

  • “Non è realizzabile”
    La decrescita viene spesso criticata come utopica o irrealizzabile su larga scala. Tuttavia, esistono già numerosi esempi di comunità che hanno adottato pratiche di vita sostenibile basate sui principi della decrescita. Villaggi ecologici, cooperative agricole e iniziative di economia solidale in tutto il mondo dimostrano che è possibile costruire società più resilienti e meno dipendenti dal consumo eccessivo.

  • “Danneggia l’occupazione”
    La riduzione della produzione non significa necessariamente una perdita di posti di lavoro. La decrescita prevede una redistribuzione del lavoro: ad esempio, riducendo l'orario di lavoro individuale, si possono creare opportunità per più persone, migliorando al contempo la qualità della vita. Inoltre, nuovi settori come la rigenerazione ambientale, il riciclo e le energie rinnovabili potrebbero offrire numerose opportunità occupazionali.

Un esempio di transizione: verso una società post-crescita

L’idea della decrescita non richiede necessariamente una rottura immediata e drastica con il sistema attuale, ma una transizione graduale che inizi con riforme mirate. Alcuni passi già praticabili includono:

  • L’introduzione di tasse sulle attività altamente inquinanti, come l’uso di combustibili fossili.
  • L’incentivo alla riduzione dell’orario di lavoro, favorendo un equilibrio tra vita professionale e personale.
  • La promozione di economie locali attraverso il sostegno alle piccole imprese e ai mercati regionali.
  • L’educazione a stili di vita più semplici e sostenibili, che valorizzino il riutilizzo e la condivisione.

Verso un futuro sostenibile e felice

La decrescita rappresenta una sfida ai paradigmi dominanti, ma offre anche una visione entusiasmante di un futuro in cui il benessere umano non è legato al consumo infinito, ma a una vita in armonia con i limiti naturali del pianeta.

Riducendo la pressione sulle risorse e ripensando le priorità sociali, la decrescita non solo affronta le crisi ambientali ed economiche, ma promuove anche una società più equa e felice, in cui la qualità della vita prevale sulla quantità di beni posseduti. In un mondo sempre più consapevole delle proprie fragilità, questo paradigma potrebbe non essere solo un’alternativa, ma una necessità.

Communalismo e Municipalismo Libertario: la rivoluzione dal basso

Il communalismo e il municipalismo libertario offrono una visione radicalmente diversa dell'organizzazione politica, economica e sociale, basata su un principio fondamentale: restituire il potere decisionale alle comunità locali attraverso meccanismi di democrazia diretta. Questa proposta, ispirata alle teorie di Murray Bookchin, cerca di superare i limiti dello stato-nazione e del capitalismo centralizzato, favorendo invece una rete confederata di municipi autogovernati.

Elementi chiave del communalismo e del municipalismo libertario

  1. Democrazia diretta a livello municipale
    Nel municipalismo libertario, le decisioni non sono prese da rappresentanti eletti o burocrati distanti, ma direttamente dai cittadini attraverso assemblee comunali. Questo sistema permette una partecipazione attiva della popolazione nelle questioni che riguardano la comunità, dal budget municipale alla gestione delle risorse locali. La democrazia diretta non solo aumenta la trasparenza, ma responsabilizza i cittadini, rafforzando il senso di appartenenza e di solidarietà.

  2. Confederalismo come alternativa allo stato-nazione
    Per evitare l’isolamento dei singoli municipi e per affrontare questioni che superano le competenze locali, come l’energia, il commercio o la sicurezza, il municipalismo libertario propone una rete confederata. I municipi si uniscono in confederazioni regionali e interregionali, coordinando le politiche attraverso delegati eletti dalle assemblee comunali. Questi delegati, tuttavia, non detengono un potere permanente o autonomo, ma agiscono come portavoce revocabili in ogni momento, garantendo il rispetto della volontà popolare.

  3. Economia sociale ed ecologica
    L’economia, in questo modello, è orientata non al profitto ma al soddisfacimento dei bisogni collettivi. Questo implica una forte enfasi sulla sostenibilità ambientale, la produzione locale e la riduzione delle disuguaglianze economiche. Le risorse sono gestite in modo democratico e trasparente, favorendo l’uso responsabile e rigenerativo dei beni comuni.

  4. Proprietà comunale delle risorse essenziali
    Le risorse chiave, come l’acqua, l’energia e i terreni agricoli, non appartengono a privati o a grandi corporazioni, ma alla comunità. Questo principio evita la concentrazione della ricchezza e del potere economico, garantendo che i beni essenziali siano accessibili a tutti e gestiti in modo sostenibile.

Risposte alle critiche: il communalismo è realistico?

Come ogni visione radicale, il communalismo e il municipalismo libertario sono stati oggetto di critiche, spesso basate su preconcetti o sulla percezione che si tratti di un’utopia irrealizzabile.

  1. “È troppo localista per affrontare sfide globali”
    Sebbene il municipalismo si concentri sulla governance locale, il confederalismo garantisce il coordinamento su larga scala. Attraverso reti di municipi interconnessi, è possibile affrontare questioni globali come il cambiamento climatico, il commercio e i diritti umani, senza dipendere da strutture centralizzate che spesso risultano lente e distanti dalle esigenze delle persone.

  2. “È un'utopia irrealizzabile”
    Questa critica ignora gli esempi storici e contemporanei di successo. L’esperienza del Rojava, nel Kurdistan siriano, rappresenta un caso emblematico: in un contesto di conflitto e caos geopolitico, le comunità locali hanno implementato un sistema basato su democrazia diretta, uguaglianza di genere ed ecologia. Allo stesso modo, movimenti municipali in Spagna, come a Barcellona sotto l’amministrazione di Ada Colau, dimostrano che il potere locale può essere un efficace strumento di cambiamento sociale.

  3. “È inefficiente rispetto alla centralizzazione”
    L’efficienza è spesso fraintesa come sinonimo di centralizzazione e tecnocrazia. Tuttavia, le decisioni prese a livello locale tendono a essere più rapide, adattabili e vicine alle necessità delle persone. Ad esempio, la gestione locale di risorse come l’acqua e l’energia ha dimostrato in diversi casi di essere più efficace rispetto ai grandi monopoli centralizzati, riducendo sprechi e corruzione.

Una visione per il futuro: costruire dal basso

Il communalismo e il municipalismo libertario non si propongono come modelli universali da imporre, ma come strumenti flessibili che le comunità possono adattare alle proprie realtà. La forza di questo paradigma risiede nella sua capacità di trasformare le strutture di potere esistenti, decentralizzandole e democratizzandole, senza sacrificare la cooperazione su scala più ampia.

Questa visione rappresenta una risposta concreta alle sfide della modernità: in un mondo sempre più segnato da disuguaglianze, crisi ambientali e alienazione sociale, restituire il potere alle comunità locali può essere un passo cruciale verso una società più giusta, sostenibile e partecipativa.

Investire nel communalismo significa non solo immaginare un futuro diverso, ma costruirlo dal basso, un municipio alla volta.

Verso un'Ecologia Sociale: una visione integrata di sostenibilità e partecipazione

L’ecologia sociale rappresenta una sintesi tra gli ideali della decrescita e i principi del communalismo, offrendo una prospettiva che integra sostenibilità ecologica, giustizia sociale e democrazia diretta. Proposta inizialmente da Murray Bookchin, questa visione pone al centro il rapporto tra umanità e natura, sostenendo che solo attraverso un cambiamento radicale nelle strutture economiche e politiche si possa raggiungere un equilibrio tra progresso umano e rispetto per l’ambiente.

Elementi fondamentali di un’Ecologia Sociale

  1. Riorganizzazione ecologica dell’economia
    Un sistema economico basato sull’ecologia sociale abbandona l’ossessione per la crescita illimitata e si orienta verso la sostenibilità a lungo termine. Ciò significa ripensare i processi produttivi per ridurre l’impatto ambientale, favorendo il riciclo, il riuso e la rigenerazione delle risorse naturali. La produzione è pianificata per soddisfare i bisogni reali delle comunità, evitando il consumismo e gli sprechi. L’agricoltura diventa locale e agroecologica, eliminando l’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti chimici.

  2. Democrazia diretta e partecipativa
    Nel contesto di un’ecologia sociale, le comunità locali hanno il controllo sulle decisioni economiche e politiche che le riguardano. La democrazia diretta, praticata attraverso assemblee cittadine e municipali, garantisce una gestione inclusiva e trasparente delle risorse. Ogni cittadino partecipa attivamente, contribuendo alla creazione di politiche che rispettino sia i bisogni umani sia i limiti ecologici.

  3. Scala umana delle istituzioni
    L’ecologia sociale sostiene che le istituzioni dovrebbero essere organizzate su scala umana, favorendo strutture decentrate e facilmente accessibili. Questo contrasta con le gigantesche burocrazie centralizzate, che spesso risultano alienanti e inefficienti. Una scala ridotta delle istituzioni non solo aumenta l’efficacia della governance, ma rafforza anche il senso di comunità e solidarietà tra le persone.

  4. Integrazione tra città e campagna
    Una società basata sull’ecologia sociale supera la separazione storica tra città e campagna, creando un rapporto armonioso e integrato tra aree urbane e rurali. Le città diventano centri sostenibili che producono parte del proprio cibo attraverso orti urbani, mentre le campagne sono gestite in modo cooperativo e sostenibile per garantire una produzione alimentare locale e rispettosa dell’ambiente. Questo approccio riduce la dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali e promuove economie locali resilienti.

L’ecologia sociale come alternativa sistemica

L’ecologia sociale non è semplicemente un insieme di idee, ma un progetto sistemico che mira a trasformare le strutture sociali ed economiche per affrontare le crisi interconnesse del nostro tempo: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e le disuguaglianze sociali.

Questo modello invita a vedere l’umanità come parte integrante dell’ecosistema terrestre, abbandonando la visione antropocentrica che ha dominato l'era industriale. Allo stesso tempo, riconosce che la sostenibilità ecologica non può essere raggiunta senza affrontare le ingiustizie sociali: povertà, oppressione e disuguaglianza sono ostacoli fondamentali alla transizione verso una società più armoniosa.

Rispondere alle critiche: pragmatismo e applicabilità

Alcuni potrebbero considerare l’ecologia sociale troppo idealista o poco pratica. Tuttavia, esistono già esempi concreti che dimostrano la fattibilità di questo approccio. Città come Curitiba, in Brasile, hanno implementato politiche di urbanistica sostenibile, trasporti ecologici e gestione responsabile dei rifiuti, dimostrando che un’organizzazione urbana sostenibile è possibile.

In campo agricolo, i movimenti di agroecologia in America Latina mostrano come le comunità rurali possano organizzarsi collettivamente per gestire la terra in modo equo e sostenibile. Inoltre, le esperienze del Rojava, menzionate nel contesto del communalismo, confermano che la democrazia diretta e la gestione collettiva delle risorse possono funzionare anche in situazioni di grande complessità politica e sociale.

Un futuro radicato nel locale, ma con uno sguardo globale

L’ecologia sociale offre una strada per costruire un futuro in cui il progresso umano non avviene a scapito del pianeta, ma in armonia con esso. Attraverso una riorganizzazione delle economie locali, il rafforzamento delle comunità e la transizione verso una gestione democratica e sostenibile delle risorse, questo modello propone una visione di benessere che non si misura in termini di PIL, ma di qualità della vita e salute ambientale.

In un’epoca di crisi ecologica e sociale senza precedenti, l’ecologia sociale rappresenta non solo una possibilità, ma una necessità per immaginare e realizzare un futuro equo, inclusivo e sostenibile.

Conclusione: costruire un futuro equo e sostenibile

La redistribuzione della ricchezza all’interno del sistema capitalistico si è dimostrata un’illusione, incapace di affrontare le crescenti disuguaglianze economiche, sociali ed ecologiche. Tuttavia, esistono alternative concrete e praticabili, che combinano giustizia sociale, sostenibilità ambientale e democrazia partecipativa.

La sfida principale non è di natura tecnica, poiché gli strumenti e le soluzioni sono già disponibili, ma politica e culturale: costruire il consenso necessario per un cambiamento sistemico e superare le resistenze delle élite economiche e politiche che traggono vantaggio dallo status quo.

La transizione verso un nuovo sistema economico richiede un approccio integrato e multilivello, che combini riforme immediate con cambiamenti strutturali di lungo periodo. Tra le prime misure vi sono l’introduzione di una tassazione più progressiva, un reddito di base universale, la democratizzazione delle imprese e il rafforzamento dei servizi pubblici. Queste riforme possono garantire una maggiore equità nel breve termine, gettando le basi per trasformazioni più profonde.

Sul lungo periodo, è fondamentale affrontare i nodi strutturali del sistema: riformare il settore bancario e finanziario per ridurre la speculazione e orientare gli investimenti verso l’economia reale; limitare la concentrazione della proprietà per evitare monopoli e oligopoli; e costruire un nuovo sistema di governance globale che metta al centro la cooperazione, la sostenibilità e la solidarietà internazionale.

L’obiettivo finale non è semplicemente correggere le distorsioni del capitalismo, ma creare un’economia e una società che servano il bene comune, in armonia con i limiti ecologici del pianeta. Questo significa abbandonare l’ossessione per la crescita infinita e costruire un modello che valorizzi la qualità della vita, la partecipazione democratica e la giustizia sociale.

In un’epoca di crisi globali, dalla disuguaglianza al cambiamento climatico, la scelta non è tra cambiamento e immobilismo, ma tra un futuro costruito sulla cooperazione e uno dominato dal conflitto e dal collasso. La strada da percorrere è chiara: ora spetta alla volontà collettiva tracciare il percorso e rendere possibile ciò che è necessario.

 
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from Il Problema della Musica

Mi hanno insegnato che i cambiamenti sono comunque una cosa positiva. Sarà. Le terribili immagini di Valencia ci hanno confermato che questo è un Pianeta sovrappopolato, inquinato e preda di cambiamenti climatici che solo i mentecatti, gli opportunisti e i disonesti si ostinano a negare.

E in Usa sta per entrare in carica il comandante in capo dei mentecatti, degli opportunisti e dei disonesti, un delinquente ricco, golpista e razzista, il rappresentante della peggio umanità possibile, un negazionista fascista, fanatico e violento.

Finirà malissimo, per tutti, anche per quei nostri 4 dementi che tifano (e pure per i cosplayer padani); andrà malissimo anche, e soprattutto, per quei poveri che, incredibilmente, si illudono di trovare la soluzione magica votando un miliardario criminale e votando la peggior destra reazionaria, finanziata e sponsorizzata da miliardari (pericolosi) come musk (volutamente minuscolo).

Andrà malissimo alla democrazia, che sarà fatta a pezzi in America, e subito sarà seguito dai suoi emuli in Europa e Italia, che non attendono altro, che sono andati a prendere ordini.

Andrà bene solo per ricchi e ricchissimi, che infatti sono in processione da lui. E controllano il 90% di Internet, perché glielo abbiamo lasciato fare.

Io mi rifugio nel fediverso, in attesa di tempi migliori, ma nel mio piccolissimo continuerò a rompere i coglioni.

E per fortuna c'è sempre la Musica.

 
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from Giardino Videoludico

La scelta del personaggio

Less is more (anche nei videogiochi)

Uno degli obiettivi nella vita di ognuno di noi, è di fare della propria passione un lavoro, questo è un dato di fatto ed è innegabile. Non molti ci riescono, ma quei pochi che lo fanno si ritengono (a ragione) estremamente fortunati, oppure semplicemente hanno lavorato sodo per arrivare a fare ciò che più piace loro. Riad Djemili e Johannes Kristmann sono tra coloro che possono vantare di aver raggiunto questo traguardo. Il duo tedesco, chiamato Maschinen-Mensch, ha trasformato la passione per le avventure, per le spedizioni, per la storia, in un videogioco, un prodotto di successo, che ha fatto la loro fortuna dopo anni di sviluppo di videogiochi più o meno travagliato. Riad, laureato in Computer Science (l'equivalente della nostra facoltà di Informatica) è un programmatore e game designer, e dapprima si è occupato di sviluppo su dispositivi mobili, per poi partecipare attivamente allo sviluppo di Spec Ops: The Line, videogioco in terza persona del 2012, con la Yager Development. Johannes ha invece frequentato la Game Development School, è un art e game designer, e nella sua carriera si è occupato principalmente di sviluppo di giochi con interfaccia in Flash e per il web, prima di approdare anche lui alla Yager Development per partecipare allo sviluppo di Spec Ops: The Line. Lavorando per un team grande, e per tanti anni nella stessa azienda, Riad Djemili e Johannes Kristmann hanno detto:

Grandi team hanno meno influenza sugli individui

Poi:

E' difficile fare qualcosa di speciale, per sè stessi e per gli altri

E ancora:

Alto budget vuol dire appeal mainstream

Non è difficile quindi capire le motivazioni che hanno spinto i due a uscire dalla Yager nel 2014 e fondare i Maschinen-Mensch, con l'obiettivo di fare piccoli giochi con grande passione, rimanendo un team di ridotte dimensioni e indipendente.

I paesaggi sono variegati e dettagliati

Appassionati di spedizioni

Quando Riad e Johannes hanno fondato questo team indipendente, il primo problema è stato su cosa basare il loro primo videogioco. La risposta è arrivata piuttosto velocemente, in quanto entrambi hanno scoperto di avere una passione molto particolare, quella per le esplorazioni (una delle personalità storiche preferite di Riad è infatti Richard Francis Burton, inserito poi nel gioco come personaggio utilizzabile). Le influenze principali per le idee che hanno poi dato vita a Curious Expedition sono stati i film di Indiana Jones e le vicende legate al periodo del colonialismo. Ovviamente tutto ciò non è stato sufficiente, perchè c'era bisogno anche di inserire personaggi, creature, e in generale dinamiche che ruotassero attorno all'idea iniziale di una serie di esplorazioni in ambienti complessi e selvaggi. Per questo, molte delle ispirazioni legate alle spedizioni (per lo più del periodo del XVIII secolo) derivano dai libri di H.P. Lovecraft, così come le varie creature sono state prese in prestito dai testi di Jules Verne, tra cui “L'Isola Misteriosa”, “Viaggio al Centro della Terra” e “Il Giro del Mondo in 80 Giorni”, da cui i Maschinen-Mensch hanno estrapolato l'idea di mettere in competizione tra loro una serie di esploratori. Nelle prime fasi dello sviluppo di Curious Expedition, quando ancora era in fase embrionale, il videogioco era un semplice browser game sviluppato in Coffeescript, una variante del più popolare Javascript. Con il procedere dello sviluppo, Riad Djemili e Johannes Kristmann hanno pensato di implementare la generazione dinamica di testo e di inserire personaggi fittizi invece che realmente esistiti. La prima delle due idee è stata scartata quasi subito perchè risultava poi estremamente complicato fare la traduzione dei testi in altre lingue, quindi il testo è diventato statico e predeterminato. Per quanto concerne la seconda, ha continuato a prendere piede (con l'aggiunta di alcuni personaggi famosi come easter egg) fin quando, dopo la pubblicazione delle prime immagini, l'entusiasmo del pubblico per il progetto ha fatto in modo che gli sviluppatori decidessero di inserire personaggi realmente vissuti come selezionabili, anche per poter apprendere le loro vite e il contributo che hanno dato da un punto di vista storico. Per coinvolgere il pubblico e tenerlo al corrente dello sviluppo di Curious Expedition, i Maschinen-Mensch hanno pensato di partecipare, inizialmente con molta disillusione, all'hashtag #screenshotsaturday su quello che una volta era chiamato Twitter, con un successo inaspettato, coadiuvato anche dalla partecipazione del duo ad una delle jam più famose del web, ovvero Ludum Dare #29, dove hanno sviluppato un piccolo videogioco chiamato Planetcorp, ora giocabile tramite browser sul sito degli sviluppatori.

Un semplice combattimento contro due tigri

Generazione procedurale

La cosa più evidente che notiamo quando facciamo partire Curious Expedition, è la grafica in pixel art, molto pulita e ben rifinita. Una scelta coraggiosa, nel 2016, ma che non sorprende visto l'exploit di giochi con questo tipo di scelta artistica, tornata in auge nell'ultimo decennio. Avere una grafica stilizzata, permette al giocatore di concentrarsi molto di più sul gameplay, che sarà il fulcro dell'intera opera del duo Maschinen-Mensch, ma allo stesso tempo sorprenderà per la sua accuratezza e la sua bellezza, specialmente nella creazione di strutture e di paesaggi. Dal punto di vista sonoro, le musiche non sono molte ma sono ben curate, così come il sound design, che comprende alcuni dettagli come i passi dei personaggi, il suono delle armi, il rumore delle montagne che emergono e altri effetti ambientali. Non c'è nulla di eccezionale, ma è tutto al posto giusto e abbiamo la netta sensazione di essere immersi completamente all'interno della spedizione. La cura messa nei dettagli dei personaggi è seconda solamente a quella delle varie location che verranno messe a disposizione di chi vorrà intraprendere una o più spedizioni, impreziosite da un dithering moderno creato tramite giochi di colori, che strizza l'occhio alle produzioni di 30 anni fa. Percorreremo lande desertiche, zone artiche, giungle fittissime, steppe aride e desolate, terre preistoriche e addirittura mondi paralleli, e ognuno di questi luoghi sarà rappresentato da strutture ben definite e un misto di flora e fauna tipici di ognuno di essi. Scendendo ancora più nel particolare, all'interno di ogni zona ci saranno decine di punti di interesse diversi da visitare, come villaggi, capanne di sciamani, residui di altre spedizioni, altari, caverne, stazioni polari, cascate, strutture fatte di pietra, templi, santuari e tanto altro. Ognuno di questi luoghi sarà fondamentale per il proseguo della nostra spedizione, o ne potrà decretare la fine immediata, per cui bisogna attentamente valutare se è necessario visitarli o meno. Non solo, ma anche durante il nostro cammino, sarà molto frequente incontrare la fauna locale, che spesso e volentieri sarà ostile e vorrà ucciderci. Sarà estremamente fondamentale conoscere il nemico e considerare attentamente la possibilità di evitare lo scontro qualora possibile, o di affrontarlo se si ha bisogno di cibo o oggetti da scambiare e si ha una squadra forte nei combattimenti. Potremo incontrare da semplici animali come iene, tigri o pantere, fino a granchi giganti, dinosauri o possenti gorilla, e più il nemico è forte e resistente, migliore sarà la ricompensa al termine del combattimento, ma anche più complicato sarà rimanere in salute e sopravvivere. Il combattimento si svolge tramite tiri di dado e la scelta di essi o di una loro combinazione. Ci sono 4 tipi di dado: rossi (attacco), verdi (difesa), blu (ibridi), viola (magici). Ogni personaggio ha uno o più tipi di dado da poter lanciare in ogni turno, e ogni dado presenta una o più facce. Combinando le facce uscite ad ogni tiro, è possibile eseguire attacchi più o meno potenti, mosse difensive più o meno efficaci, o tattiche come la provocazione, l'avvelenamento o la confusione. Anche in questo caso, c'è un fattore RNG da considerare, ma anche una buona dose di strategia. Una menzione particolare va fatta per i santuari. Essi costituiscono l'obiettivo delle nostre spedizioni, in quanto contengono sempre dei tesori, che ci permettono di guadagnare fama o denaro, e sperare di proseguire ed entrare nella classifica dei migliori esploratori del club. Ma i santuari sono luoghi sacri, e non si può pensare di saccheggiare un luogo sacro senza scatenare un qualche tipo di maledizione. Difatti, ognuna di queste strutture, se visitata e privata dei manufatti che vi sono all'interno, causa un cambiamento climatico che può variare dalla semplice comparsa di alcune montagne, fino all'apertura totale del terreno sotto i nostri piedi, che in pochi secondi può provocare la sconfitta del nostro intero party. Anche in questo caso, si possono conoscere in anticipo le conseguenze del saccheggio di quel particolare santuario, e scegliere se si vuole rischiare di affrontarle o semplicemente allontanarsi. Fidatevi, quando vi dico che spesso e volentieri l'esito di un'intera spedizione dipende da una decisione come questa, per quanto banale possa sembrare.

Un santuario può decidere il destino della spedizione

Questione di scelte

Eh si. Se c'è un videogioco dove le scelte sono fondamentali, è proprio Curious Expedition. E non intendo solamente un personaggio piuttosto che un altro, un luogo invece di un altro.. Intendo davvero qualsiasi piccola e apparentemente innocua mossa. Cominciamo ogni spedizione dovendo scegliere in quale ambiente dirigerci, e già questo è fondamentale e richiede strategia, perchè dobbiamo capire se abbiamo gli oggetti giusti per affrontare una tipologia di ambientazione piuttosto che un'altra. Successivamente, dobbiamo scegliere se assumere qualcuno, ed eventualmente chi assumere, e questo può influenzare enormemente l'andamento della spedizione, perchè un personaggio potrebbe essere più adatto di un altro, sia in combinazione con il nostro che con gli altri componenti della squadra. Poi c'è la scelta dell'equipaggiamento da acquistare e da portare con noi, e probabilmente da questa dipende la sorte della nostra esplorazione, perchè dobbiamo equilibrare cibo, armi e strumentazione varia con i soldi che abbiamo, che spesso e volentieri non sono sufficienti per acquistare tutto. Frequentemente ci troveremo a dover scegliere che tipologia di oggetti acquistare e quali lasciare, e di conseguenza affrontare la spedizione in un modo piuttosto che in un altro. Ad esempio: se non avremo armi, forse dovremo evitare gli scontri con la fauna locale, per evitare di arrivare impreparati ed essere presumibilmente uccisi. E questa è solo la preparazione. Una volta approdati nel territorio da esplorare, ogni turno ci consentirà di muoverci di un numero di passi proporzionale alla quantità di sanità mentale che abbiamo in quel momento. La sanità mentale è un parametro fondamentale, rappresenta la nostra energia fisica e psicologica per spostarci nel paesaggio, quindi dovremo sempre averne un po' a disposizione, per evitare l'accadere di imprevisti che possono andare dal perdere qualche oggetto, alla morte di uno o più membri della squadra, quindi è importantissimo decidere di volta in volta quale luogo della mappa visitare, se approfondire l'esplorazione di alcuni punti di essa, oppure tralasciare alcune sezioni per arrivare il prima possibile alla destinazione finale: la piramide dorata. Nel frattempo, qualsiasi luogo esplorato ci mette di fronte a delle situazioni dove potremo decidere se parlare con determinati personaggi, saccheggiare cadaveri di animali o di precedenti esploratori, aprire sarcofagi che potrebbero contenere tesori oppure pericolosissime mummie, attraversare caverne con o senza l'ausilio di luci e tante, tantissime situazioni generate proceduralmente dal gioco. Anche il semplice riposare durante la notte può costituire un pericolo per i nostri esploratori. La gestione dell'inventario è altresì cruciale nello svolgimento delle spedizioni, perchè sarà limitato e vi obbligherà a decidere cosa portare con voi e cosa lasciare per strada, spesso scegliendo fra materiale necessario alla sopravvivenza e oggetti utili per la vendita o per la cessione in cambio di fama; in questi casi avere una visione della situazione a 360°, prevedere in un certo senso situazioni future e valutare attentamente lo stato del proprio gruppo sono le uniche strategie che potranno determinare, nel bene o nel male, l'esito della run. Al termine di ogni esplorazione, potremo vendere o donare gli oggetti recuperati, in cambio di soldi (per l'acquisto di altri oggetti nella successiva spedizione) o di fama (per ottenere un vantaggio nella classifica degli esploratori). Come accennavo, i personaggi principali sono molto diversi fra loro e consentono di cambiare modalità di approccio alle spedizioni, passando da quello più aggressivo fino a quello più pacifista. Di conseguenza, è possibile modulare il proprio stile di gioco per avere delle partite sempre diverse fra di loro e sempre nuove. Non è stato così inusuale che, fra le mie innumerevoli run, mi fossi trovato a stupirmi di scelte fatte e delle loro conseguenze, anche dopo tante ore di gioco. In conclusione, posso affermare che Curious Expedition è un prodotto che prende meccaniche roguelike già collaudate con successo da altri videogiochi, ma le eleva all'ennesima potenza, variegando in maniera esponenziale e permettendo al giocatore di avere tante ore di divertimento senza mai stancarsi, con un livello di difficoltà alto che richiede una strategia fine e dettagliata fino al minimo particolare, e che sebbene possa frustrare molto, può dare anche grandissime soddisfazioni, risultando un titolo virtualmente infinito e incredibilmente sorprendente, da non farsi assolutamente sfuggire.

L'obiettivo finale... E' la gloria!

 
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from Racconti spontanei che attraversano l'autore

Gli esseri umani hanno smesso di amarsi, tollerarsi, capirsi, sono selvaggi tornati al primo ululato. Hanno smesso di includersi, differenziarsi, etnicizzarsi, diventare minoranza, ora sono una sola cosa e non conta altro se non quello che c’è nel mezzo, hanno smesso con gli alberi e le radici, diventano finalmente batteri proliferanti ammassati e ammassanti, una follia febbrile divagante, fauci tanto aperte da spaccare le mandibole. E non importa se hanno perso la memoria, costruiranno nuove storie su quello che rimane delle vecchie immagini dimenticate, con un linguaggio nato per dare ordini e non per fare arte o filosofia. Vivono nel virtuale, che è tutto ciò che vedono i loro tre occhi individuali, si parlano addosso autocitandosi e nell’immaginare il futuro non dimenticare; gli esseri umani reagiscono.

 
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from Il Problema della Musica

Siamo sempre stati, o siamo diventati?

Eppi niu iar, italiani brava gente!

Sarebbe da scriverci un libro, fare uno studio, esaminare, guardare, analizzare il tutto, perchè il fenomeno colpisce duro, ed è difficile comprenderne le cause. In più, terrorizza.

Mentre è in corso la terribile, assurda, ingiusta vicenda di Cecilia Sala, basta farsi un giro sotto i post di una qualunque testata online che ne parli. “E i #marò?” (sembra di essere tornati indietro, in un cerchio senza fine)

E' bastata l'imbeccata di un rotolo di carta igienica destrorso, che l'ha additata a “nemica” perchè 13 anni fa aveva fatto un tweet non favorevole ai due tizi citati (aveva 18 anni...).

Apriti cielo! sta venendo fuori tutta la melma del Paese, che invoca pene severissime per la Sala, e chissà mai perchè dal momento che non ha fatto niente: eh già bravo, ma lei ha osato criticare i marò (che, quantomeno, uccisero delle persone, è provato). Quindi, lei è nemica, va additata, disprezzata, ingiuriata.

Ora, conosciamo bene lo schifo e l'abiezione di certi giornalini di destra (strano eh...), bravissimi a fomentare queste pecorelle; in sostanza, questo serve a distrarre il popolino, tipicamente destrorso, dalle nefandezze e dai disastri causati dal loro governetto; sia mai se ne accorgano, no no, diamogli un nuovo nemico con cui tenere l'attenzione occupata, e via, si fa lo stesso con i migranti del resto (per fortuna c'è chi “difende i confini” ...). (mi domando come mai l'Ordine dei Giornalisti non dica una parola, e va beh, a cosa serve non lo sa nessuno).

Sei un mediocre? hai una vita di merda? sei un fallito? sei un perdente invidioso? ti diamo occasione di sfogarti contro una persona preparata, di successo, che guadagna più di te, tiè!

Il problema vero nasce nel momento in cui ti accorgi che, in questi commenti, trovi persone che, incontrando nella vita reale, definiresti “qualunque” :

  1. vecchi boomers semianalfabeti, che non sanno scrivere un commento senza commettere grammaticidio
  2. nonnine con il presepe nella foto del profilo, e figli e nipotini...
  3. uomini vestiti bene, che paiono d'affari, che sembrano acculturati
  4. gattare e/o animaliste, con il profilo pieno di dolci micetti o canniolini
  5. persone cattolicissime, piene di post di santini e amen
  6. mamme con foto dei pargoli in bella evidenza

Tante donne! Tante! Ma perchè? Perchè tutta sta istigazione alla violenza, sti insulti gratuiti? sta disumanità? ma cosa siamo diventati? A me questo abisso fa paura, tanta.

Temo non basterà il ricambio generazionale; qui abbiamo tanta gente a cui è andato in pappa il cervello, e che, con assoluta indifferenza e cattiveria, augura torture, sofferenza, morte. La replica di “Gesù o Barabba”? Il pollice verso delle arene dei gladiatori?

Ma come siamo diventati cosi? O siamo sempre stati cosi?

 
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from fili ritrovati: re-fabric Zwirn-schen uns

Nuovo atelier!

mi trovate in via Antonio Rosmini, 23

se non ci sono o per pianificare la visita, i miei contatti sono nella sezione ❓🗣️✉️@📞 .

New location!

you can find me at 23, Antonio Rosmini street

if i'm not there or you wat to plan a session, my contacts are in the ❓🗣️✉️@📞 section.

Neuer Standort!

Sie finden mich in der Antonio Rosmini Straße 23.

Wenn ich nicht da bin oder Sie eine Sitzung planen möchten, finden Sie meine Kontakte im ❓🗣️✉️@📞 Abschnitt.

 
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from Il Problema della Musica

Ho letto un po' di cose in giro, in questo periodo, per cercare di capire se tutto il pessimismo che circonda la Musica, anche per l'avvento delle nuove tecnologie, sia davvero fondato. Non viviamo tempi esaltanti, dal punto di vista musicale, questo è evidente a chiunque se ne occupi, ma davvero non c'è speranza?

Ben evidente è anche il declino delle grandi major discografiche, che si sono trasformate in sterili aziende di pura gestione della proprietà intellettuale, perdendo il contatto con la creatività. E' un male? forse no, ci sono già molti esempi di una maggior connessione tra artisti e ascoltatori, connessione diretta, e tutto questo potrebbe evolvere nei prossimi anni, grazie anche a piattaforme alternative e, perchè no, tecnologicamente avanzate, che permettano un sempre più semplice contatto diretto con gli artisti.

Magari è una speranza, ma la creatività potrebbe trovare nuovi sbocchi proprio grazie alla moltiplicazione di canali e di generi musicali, proprio a scapito delle major ingessate nella loro omologazione. In fondo, parliamo di arte!

Oggi, chiunque ha la possibilità di creare la propria musica, e renderla disponibile a tutti, senza spendere cifre folli ne legarsi a contratti capestro.

L'omologazione ha reso i pezzi e i dischi tutti uguali, ma è questo che cerca davvero l'ascoltatore? O cerca qualcosa di nuovo? Potrebbe trovarlo in questo magma di arte “decentralizzata” e più dinamica, e non è uno scenario cosi inverosimile, già accade.

Le piattaforme di streaming tendono ad appiattire il tutto su logiche algoritmiche, e non fanno innovazione: l'innovazione musicale viene da “outsiders”, dai margini della società, dalle scene live, dai club e dalle piattaforme alternative, e in questo non si differenzia dal passato, è sempre stato cosi.

Ecco, la musica live può essere un motore importante di questa evoluzione : l'energia e l'emozione non possono essere replicate dalle app, e questo i fans vogliono, e, come la cronaca dimostra, pagano anche cifre elevate pur di essere “presenti”.

La creatività, l'energia, la passione, la voglia di qualcosa di nuovo, e la connessione diretta, il tutto mescolato in un nuovo ecosistema decentralizzato e creativo, dove la qualità prevalga, insieme ad una partecipazione più coinvolta.

Decentralizzazione e creatività

Ripeto, stiamo parlando di arte! La musica troverà strade nuove, la musica non può essere solo questa di oggi, cercate bene, ci sono delle perle nascoste, e credo (e spero) che tutto questo esploderà in qualcosa di grande e stimolante, dove tornerà a regnare la bellezza.

 
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from schizo

Pubblichiamo un estratto da Trincerate nella carne – Letture intorno alle pratiche della postpornografia, libro di Lucía Egaña Rojas edito da Meltemi editore. Collana Culture Radicali. Traduzione a cura di Helena Falabino e Ippolita. Ringraziamo l’autrice e l’editore per la disponibilità.

Il saggio traccia la storia del postporno a Barcellona, epicentro europeo di un fenomeno che ha coinvolto alcune frange del femminismo delle ultime generazioni. In aperta polemica con la normatività dalla pornografia commerciale, il postporno usa la sua carica politica per occupare lo spazio pubblico rendendo visibili corpi e pratiche sessuali marginalizzate dal perbenismo della società civile.

https://che-fare.com/almanacco/cultura/trincerate-nella-carne-letture-intorno-alle-pratiche-della-postpornografia/

 
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from schizo

… Il tortuoso iter processuale relativo alla Strage, concluso nel 2005 con l’assoluzione degli imputati, ne certificò però la matrice fascista – in particolare dell’organizzazione Ordine nuovo – e di Stato. Restano infatti confermate in via definitiva le condanne per depistaggio a due ufficiali del Sid, così come il coinvolgimento dell’ex ordinovista Carlo Digilio, di Franco Freda e Giovanni Ventura, non più imputabili poiché assolti in via definitiva.

Sarà il primo anniversario che vivremo senza Licia Pinelli, moglie del ferroviere anarchico Pino Pinelli, ucciso nei locali della Questura di Milano tre giorni dopo e falsamente accusato di quella strage…

Anche quest’anno i movimenti sociali milanesi hanno lanciato l’appuntamento per un corteo. Appuntamento giovedi 12 dicembre alle 18.00 in Largo Cairoli.

Domenica 15 dicembre ci sara’ invece un presidio musicale in Piazza Fontana alle 15 in ricordo di Pino e Licia Pinelli

https://www.radiondadurto.org/2024/12/12/milano-55-anni-fa-la-strage-fascista-e-di-stato-di-piazza-fontana/

 
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from L'uomo a tre dimensioni

Il titolo di questo blog è ispirato ad uno dei libri più belli mai usciti sulla faccia della terra, e cioè “L'uomo ad una dimensione” di Walter Benjamin. Ho sempre avuto un deciso interesse per le scienze sociali, e l'ho sempre cercato di mescolare con le mie ossessioni per i videogiochi e il cinema. Quale migliore occasione di un blog quindi per cercare di far passare un messaggio? Una delle cose che non ho mai sopportato dei cosiddetti “divulgatori” odierni è il loro continuo cercare di pararsi il culo con chi gli da il pane. Fare critica ma non troppo, giudicare ma non troppo negativamente perché chissà, non si sa mai che qualche porta possa rimanermi chiusa. E molto spesso a parlare e a dare opinioni è anche gente che non si rende conto della propria ignoranza, o dei paraocchi pregiudizievoli che ha sulla faccia. Io ho studiato, mi sono fatto il culo a farlo e penso di essere abbastanza bravo nel mio lavoro. Quindi, senza influenze esterne e senza pregiudizi, voglio cercare di proporre delle riflessioni che tramite il dialogo possano svilupparsi e creare stimoli per crescere, sia per me che le scrivo, sia per chi le legge.

Quindi ripesco un mio vecchio post di Facebook riguardante Silent Hill 2 Remake (chiaramente ignorato dalla folta schiera di parenti che mi hanno come amico) che mi ha fatto riflettere molto.

Silent Hill 2 è un ottimo gioco, sicuramente, ma è pur sempre figlio della nostra epoca. In quanto tale, segue dei dettami che ormai sembrano essere intoccabili e divenuti un vero e proprio dogma. I primi Silent Hill sono sempre riusciti con estrema efficacia a comunicare alcuni concetti con cui l'essere umano, volente o nolente, durante la propria vita deve affrontare. L'hanno sempre fatto metaforicamente, in modo grezzo, spaventoso e, a loro modo, reale. Entrare nella mente umana, soprattutto in Silent Hill 2, significa entrare in un posto schifoso, arrugginito, affaticato dai mille ingranaggi che girano nella testa del protagonista e che pian piano acquisiscono chiarezza fino al finale travolgente e chiarificatore. Questa sporcizia, questa decadenza, che fino a pochi anni fa era un argomento che nelle opere artistiche di massa non avevamo paura di affrontare e mostrare, perché è scomparsa? Perché adattare un prodotto agli standard odierni molto spesso significa “ripulirlo” da tutto ciò che potrebbe turbare chi ne usufruisce? Siamo diventati così fifoni che perfino in un gioco di genere “horror psicologico” dobbiamo sentirci al sicuro? Oppure è chi produce opere multimediali di massa (che oggi possiamo ritenere pedagogiche per le giovani generazioni quanto e più di un libro di testo) a non volerci coraggiosi? Il terrore è formativo, è essenziale per far si che un uomo affronti la vita a viso aperto. Ma è anche analizzando le piccole, stupide, cose (come ad esempio due immagini comparative di un videogioco e il suo remake), che possiamo trarre le conclusioni su quello che l'egemonia culturale vuole che siamo e su come siano cambiate le persone in oltre vent'anni.

 
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from schizo

Al centro di questo libro di Judith Butler c’è l’indagine sulla “politica della strada” e sul diritto plurale e performativo di apparizione del corpo all’interno del campo politico, attraverso l’esperienza del raduno collettivo…

La tesi di Butler è che, nelle lotte democratiche, questi raduni possano esprimere forme di resistenza e solidarietà radicali da cui emerge una nuova idea di “popolo” – un popolo che sperimenta una ricomposizione attiva contro la frammentazione e le disuguaglianze indotte, interrogando in modo inaggirabile le frontiere dell’etica.

https://www.edizioninottetempo.it/it/l-alleanza-dei-corpi-nuova-edizione

 
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from Racconti spontanei che attraversano l'autore

È tutta la vita che mi preparo al mio fallimento. Aver costruito così tanto solo per aspettare il terremoto, quel terremoto con l’epicentro nel punto esatto in cui mi trovo ora; sarà dolce vedere sgretolarsi ogni cosa che ho finto di amare. L’esistenza è una lunga attesa per questo unico momento e non conta né il passato che in un modo o nell’altro l’ha portato e né il futuro, banale in ogni sua manifestazione, ma l’attimo dell’apice, la pura catarsi. Un delta di Dirac, fuoco quindi, magma su tutta la superficie terrestre, una densa coltre protettiva; la vita è fatta per essere fallita. E non serve dannarsi, muoversi con ardore, basta attendere pazienti. Gli esseri umani credono di capire quello che dicono, credono di capire quello che pensano e credono di comunicare, significati carichi, svuotati, lontani e lontanissimi dai significanti che non esistono; non esiste un modo per comprendersi attraverso le parole e soprattutto quelle scritte impresse nell’eterno precedente alla fiamma che tutto purifica. Una distesa infinita di bianca cenere, la candida pace, e poi finalmente germogli e solo verdi foreste solo verdi foreste solo verdi foreste. Non c’è da cercare risposte, c’è da fare solo domande e farle in solitudine lontani da se stessi, dove conta solo il sangue che scorre e corrode e l’aria vomitata. Gli esseri umani in quanto vivi sono solo in grado di commettere errori e di scorgere le conseguenze. È da morti che finalmente possono essere utili e immobili nutrire questa terra arida che vuole solo essere dimenticata.

 
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from questononèunblog

Eccoci qui, questo è il mio debutto ufficiale. Come sono emozionata. Tanto che sto abusando dei punti come la scrittrice di After. Ma iniziamo.

Questa potrebbe quasi essere un’opinione espressa in maniera seria, di una serie TV – anzi una ficcion, di borisiana memoria (concedetemi questa licenza poetica) – di qualità davvero fetecchioide; ed il mio continuo sconcerto di fronte al fatto che, sì, la RAI abbia mandato in onda (!) sulla rete principale (!!!) ‘na roba alluscinante come quella che ho visto, beh, non ha proprio senso di esistere amicy.
So’ 30 anni, almeno, che mandano in onda questi obbrobri e non smetteranno di certo adesso e tutto ciò asseta la mia brama di trash.

Introduzione, introduziò

  • Titolo: Sempre al tuo fianco (ngul)
  • Anno: 2024
  • Genere: Drammatico/Avventura/Romantico/Case/Auto/Viaggi/Fogli di giornale
  • Interpreti: AMBRA ANGIOLINI E MI FERMO QUA.

I personaggi

Ambra, la protagonistaH

Immaginate un mondo, un’Italia, in cui Ambra Angiolini con l’accento siciliano è il capo della gestione emergenze (nonhocapitouncazzomavabeneuguale) in Protezione Civile: ma non sentite anche voi l’odore della sicurezza, dell’ottimismo verso la macchina dei soccorsi? No? Nemmeno io.
Niente, non c’è verso: Ambra ha sempre questa faccia da stronza in bilico tra lo scoppiare a ridere in faccia e l’essere poco impressionata, che rende veramente molto poco credibile ogni sua frase o azione nel corso delle puntate.
Coooooomunque, come direbbe Michael Kyle (se non sapete chi è, siete delle brutte persone, sappiatelo). Ambra interpreta la protagonista, Sara Nobili – o Nobbeli, come direbbe lei con questo terribile accento siciliano fintissimo –, una specie di Mary Sue de noantri: vulcanologa, speleologa, donna-ma-anche-mamma, capa delle emergenze… insomma, che palle.
Ad ogni modo, Sara cerca di destreggiarsi tra le varie emergenze, al meglio delle sue possibilità, ovvero andando sul luogo dell’emergenza. E basta. Metà delle scene sono letteralmente questo: X: «Sara è caduta una fornitura di gabinetti sul paese di Vergate sul Membro, è un vero disastro!» Sara: «Vado lì». Segue scena di lei, sul luogo della disgrazia, che stringe mani, abbraccia persone, dice cose e poi se ne va. Così de botto. Bellissimo, satira involontaria sulla gestione delle emergenze e io amo tutto questo.

Fausto Renato e la trombostoria con Ambra

Partiamo dal fatto che, per quanto mi riguarda, ho scoperto or ora che si chiama Renato, grazie a Wikipedia, ma per me è sempre stato e sempre sarà Fausto.
Il Faustone nazionale è un cyborg venuto per terminarci, sotto le mentite spoglie di un medico della Protezione Civile. Non c’è altra possibilità per poter giustificare una performance attoriale così robotica, ‘na roba che Detroit Become Human scansate.

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Non temere, il Faustone vuole solo misurarti la febbre per via rettale!

No davvero, Mario de la Telenovela Piemontese esprime una gamma di emozioni molto più ampia; o quantomeno lui era giacente e sapeva piangere, senza l'ausilio di lacrime appoggiate sul volto.
Al di là delle amare considerazioni sulla qualità attoriale del Faustone, la funzione del suo personaggio è il solito cliché delle serie tv idaliane, ovvero l’intreccio amoroso: lui è parte di una specie di triangolo con Ambra e il di lei ex-marito. Ah, dimenticavo: ha anche la funzione di prendersi una malattia che non esiste. Avete capito bene, cari amici lettori, questa serie è talmente all'avanguardia, che le malattie descritte in un qualunque manuale ICD-9 non bastano, no: qui se le inventano! Ricordate: mai mangiare la zuppa di scimmia affumicata, sulle rive del fiume Ngube, altrimenti diventate come il Faustone.

Marina, La figlia

Già mi prudono le mani e ho solo scritto Marina, la figlia. L'ortica è meno fastidiosa: ma d'altronde, come vuoi scriverlo un personaggio adolescente? Le strade sono due: o uno uscito diretto da una Pubblicità Progresso in anni 90 couture, oppure la lancia di Vlad l'Impalatore.

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«Deliziosa la figlia di Ambra, ve'?»

Purtroppo buona parte dei problemi del suo personaggio, derivano dal fatto che sembra un meme di Osho, del tipo anvedi come so' i pischelli ar giorno d'oggi. In ordine lei è: – vegana – ambientalista – free nipple – tendente al vandalismo – amante della musica rave – portatrice sana di rasta

Mancavano solo i capelli blu e sembrava il meme delle femministe di 4chan. Vabbè. Ah dimenticavo il suo lato tenero: odia a morte (in maniera del tutto random) il Faustone, perché spera che mamma e papà tornino insieme, nonostante Ambra abbia ricevuto in dote un palco piuttosto imponente dal maritino. La solidarietà non ha confini!

Per onore di cronaca, la giovane attrice che interpreta Marina è una dei pochi che prova veramente a recitare, bisogna dargliene atto: quindi se mai leggerai questo flusso di scoregge in forma di parole, sappi che in realtà io e il mio gruppo d'ascolto abbiamo apprezzato tantissimo il tuo impegno. Buona fortuna per i tuoi prossimi ruoli!

Lo stagista

L'altra metà della mela di Marina, se la mela fosse fosse una puntura di medusa. Altro grande campione di simpatia, il prode stagista: per 10 episodi sfracella il belino, con un perenne tono da pubblicità del Tantum Verde, perché lui deve andare a lavorare presso una multinazionale che lo riempirà de sordi, grazie alla raccomandazione della sua cornutissima girlfriend, poi improvvisamente scopre le sicurezze della Pubblica Amministrazione, altresì chiamate possibiltà-di-ficcarsi-la-figlia-17enne-della-capa e, niente, decide di rimanere in Protezione Civile. Il suo apporto è più o meno questo, sostanzialmente. Lagne e trombostoria cornifera con la dolce Marina.

Don Pietro Savastano on wheels e assistente

Don Pietro, perchééééééé?????
Mi lascia sempre un po' l'amaro in bocca vedere attori piuttosto validi accostati a ste ciofeche, però capisco anche che in qualche modo bisogna mangiare, ecco.
Comunque Don Pietro è letteralmente l'unico che lavora in tutto l'edificio della Protezione Civile: si butta a capofitto su un'indagine riguardante un principio di inquinamento marino nel Tirreno e manco lo ascoltano, poraccio! Impiegato del mese, nonostante gli strafalcioni scientifici – nel gruppo di ascolto c'era una chimica a cui hanno sanguinato più volte gli occhi, ma vabbè la coerenza scientifica non ci importa amicy!
Ha una backstory un po' fumosa: non è spiegato benissimo il motivo per cui è paraplegico, però trovatemi qualcosa che viene spiegato bene in questa ficcion...
Lui e il suo assistente sono letteralmente la quota Quasi amici: devo dire però che funzionano, l'attore che interpreta l'assistente è abbastanza credibile e c'è una buona alchimia. Forse l'unica cosa azzeccata in 12 ore. Nota a margine: loro due ci hanno regalato forse la miglior scena di sempre.
Immaginate questo: un personaggio paraplegico viene portato a casa dei parenti del suo assistente, tutti maliani e tutti stipati nello stesso appartamento, per risparmiare le spese dell'alloggio. Cosa potrebbe mai andare storto nella scrittura di questa scena? Don Pietro: «Ma vivete tutti e 11 qui?» Donna con turbante: «Sì, noi vivere tutti qui insieme, come grande familia. Abed detto noi che lei non ha gambe ma ha grande cervelo!» Seguono risate generali.

Ma non è magnifico? Una scena scritta da Borghezio sotto Xanax.

Gli altri

Faccio un calderone unico, perché ci sono poi una pletora di personaggi che servono solo a raggiungere il minutaggio corretto per ogni episodio. In ordine: – Il genovese: non serve a recuperare il pubblico AA, come avrebbe detto Stanis La Rochelle, ma solo ad indicare cose o a spiegare le scene. E a beccarsi i domiciliari per una storiaccia tra ultras. – La fregnona bionda: serve per la trombostoria col genovese – Il vero capo: chiama costantemente la Presidenza del Consiglio, manco fosse il centro assistenza Samsung – Il marito di Ambra: serve solo per il triangolo e per vendere villette dalla dubbia autorizzazione a Stromboli – L'ex fidanzato di Marina: non lo sa manco lui a che serve – Gli amici di Marina: vogliono solo fare un crowdfunding per andare in Norvegia, #leavethemalone – La cornutissima girlfriend dello stagista: poooorella, gli trova il lavoro e riceve in cambio un cesto di lumache – Altri personaggi che non mi ricordo: ma chi l sap!

Le maglie

Menzione d'onore va alle maglie della Protezione Civile: non capisco se vengano cucite direttamente sulla pelle o siano dei tatuaggi, perché nessun personaggio le toglie. Credo che sia necessaria particolare attenzione nel maneggiare quelle magliette, sotto le ascelle potrebbero albergare forme mutanti di Cordyceps e sarebbero uccelli senza zucchero.

Ma quindi, la trama?

Non c'è una vera e propria trama, sono quasi tutti episodi autoconclusivi – in cui non succede una mazza – col disastro del giorno da risolvere, ad eccezione degli ultimi, in cui c'è il vero villain della serie (no, non è l'inquinamento marino e nemmeno la pessima recitazione di Ambra), lo Stromboli. Ma non succede una mazza nemmeno in questi, letteralmente.

L'ultimo episodio

L'ultimo episodio lo hanno scritto il piccolo Giulio dello Zecchino d'Oro nel '94, non c'è altra spiegazione.
Come dicevo prima, il villain è lo Stromboli, che sta per eruttare... ma alla fine non succede una mazza. Cioè erutta, ma la macchina della prevenzione funziona, bla bla bla e finisce praticamente così.
Certamente c'è qualche momento di tensione: la dolce Marina rimane bloccata in una delle casette abusive messe in vendita dal paparino (ah, l'Italia che posto meraviglioso!), dopo aver donato il suo fiore allo stagista. C'è un po' di trambusto, mamma Ambra la salva e niente, finisce tutto così, dopo circa 15 minuti.

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Ma quindi che facciamo per i prossimi 40 minuti?

E tu, spettatore incredulo, rimani lì per i prossimi 40 minuti a guardare come chiudono tutte le varie trombostorie, quando ti aspettavi...

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IL VULCANOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

In the eeeeend

Se come me e come il mio gruppo di ascolto siete amanti del trash inconsapevole, beh amicy miei, dovete assolutamente vederlo. Ma non guardate l'ultimo episodio, NON FATELOH!

Ok bye!

 
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