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from KSGamingLife

Al bar con Stilgar: i migliori whisky delle 5 regioni della Scozia

Per la serie “Al bar con Stilgar”, eccovi la mia personalissima selecta dei migliori whisky per ciascuna regione della Scozia.

Facciamo innanzi tutto un po' di background.

Se non conoscete la terminologia specifica degli whisky, e nello specifico degli scotch, vi rimando a questo articolo che ho scritto tempo fa', potrà tornarvi utile per stabilire alcune definizioni: https://log.livellosegreto.it/ksgaminglife/al-bar-con-stilgar-come-leggere-unetichetta-di-un-whisky

Veniamo a noi: quando si dice “regioni”, in questo contesto, parliamo delle aree in cui tradizionalmente la produzione di scotch si è sviluppata seguendo specifici filoni di modalità produttiva, tipologia di ingredienti, e generalmente di gusto e preferenza.

Le regioni sono dunque:

  • Campbeltown
  • Highlands
  • Islay
  • Lowlands
  • Speyside

Tecnicamente, ci sarebbe anche la regione delle Islands, ma generalmente viene sempre inclusa nelle Highlands. A me le convenzioni non piacciono, e quindi includerò la non-regione delle isole nella mia lista.

Ogni regione, a eccezione delle più piccole Lowlands e Campbeltown, ospita decine e decine di distillerie, che producono decine e decine di whisky. La mia lista non vuole essere esaustiva, si limita a ciò che ho provato, ciò che può facilmente essere reperito, e che abbia un costo accessibile anche considerando le difficoltà di reperimento causate dalla Brexit. Ovviamente tutti i link non sono sponsorizzati.

Iniziamo dunque con...

  • Campbeltown Springbank 15

Campbeltown è una piccola regione, localizzata in una penisola nel sud ovest della Scozia. Anticamente, era una vera e propria capitale della produzione del whisky, con tantissime distillerie attive e eccellenti. Negli anni ´20 però gli effetti della Prima Guerra Mondiale avevano causato una forte depressione economica, e i consumatori si concentrarono su un altro tipo di prodotto, causando la chiusura della maggior parte delle distillerie di quest'area. Oggi ne rimangono 3, tra cui Springbank. Lo Springbank 15 è, a parer mio, uno dei migliori scotch non torbati in circolazione. La produzione è purtroppo molto limitata in termini di quantità, ma vale assolutamente la pena recuperarne una bottiglia prima o poi. Invecchia esclusivamente in botti di ex-sherry, e ha un'aroma fruttato ma allo stesso tempo incisivo, leggermente affumicato e dai sentori esotici. Si trova a intorno 120-140 euro a bottiglia, ma non è disponibile ovunque. Ne ho trovata una qui: https://shop.rivoldrink.it/springbank-15-years/

  • Highlands Edradour Ballechin SFTC

Le Highlands sono la regione più grande. Si può quasi dire che tutte le regioni siano ben definite, e poi le Highlands includono tutte le altre. Per questa ragione, le distillerie di questa macro-regione sono molto eterogenee, sia per tecniche di produzione, che per dimensioni, che per gusto. Quella che vi propongo è la più piccola distilleria della Scozia. Ci lavorano pochissime persone, e producono due tipologie di whisky: Edradour e Ballechin. Il primo non torbato, il secondo decisamente più affumicato, caratteristica rara per la posizione in cui la distilleria sorge. SFTC significa Straight From The Cask, ovvero sta a significare un prodotto non diluito, di gradazione alcolica significativa, ma che pertanto conserva interamente le caratteristiche del legno della botte. Ce ne sono tanti, di svariate tipologie, e sono tutti eccezionali. Sono scotch fatti alla vecchia maniera, come appunto ci si può aspettare da una distilleria sostanzialmente ancora artigianale. Personalmente suggerisco quello invecchia in botti di ex-porto, o ex-sherry, ma sono tutti comunque eccezionali. Hanno un prezzo che varia dagli 80 ai 200 a bottiglia (attenzione, sono bottiglie più piccole del solito), ma e vi consiglierei di stare su quelli più economici, tipo https://amzn.eu/d/ckDF9Kv

  • Islay - Bruichladdich Port Charlotte 10

Islay, la patria della torba, l'isola più sfruttata in assoluto dalle mega-distillerie e martoriata dai camion che trasportano in continuazione ettolitri di distillato per soddisfare tutti gli appassionati del mondo. Ci sono tante distillerie in questa piccola isoletta, troppe anzi, e la popolazione non le vede particolarmente di buon occhio sebbene diano lavoro a sostanzialmente chiunque scelga di viverci. Lo fanno però a caro prezzo per l'ambiente e l'ecosistema dell'isola, è quindi la regione con più controversie. Sarà per questo che tutto ciò che viene prodotto a Islay ha un sapore così deciso. Qui c'è davvero l'imbarazzo della scelta, ma personalmente vi consiglio lo scotch che personalmente porterei nella proverbiale isola deserta. Si tratta del prodotto base della linea torbata della mia distilleria preferita. Bruichladdich infatti produce tre tipologie di scotch: appunto Bruichladdich (non torbati), Port Charlotte (decisamente robati), Octomore (i più torbati al mondo, si tratta di prodotti pressoché sperimentali e assurdi). Il PC10 che vi consiglio si trova a prezzi tutto sommato accessibili, e lo reputo davvero incredibile. È forse l'unic scotch che non deve mai mancare in casa mia. Ce ne sono tantissime varianti, a produzione limitata ed esclusiva, ma provate quello base, invecchiato per 10 anni, prodotto esclusivamente con malto di Islay. Lo trovate abbastanza ovunque, tipo qua https://amzn.eu/d/apHL1k6

  • Lowlands Bladnoch Samsara

Le Lowlands sorgono nella parte più meridionale della Scozia, si tratta di una regione spesso sottovalutata a causa della spiccata delicatezza degli whisky qui prodotti, che non appellano ai palati della maggior parte dei consumatori. Ma d'altronde, la maggior parte dei consumatori non capisce niente di whisky. Vi propongo un singolare prodotto di quella che è considerata una delle distillerie più autentiche delle Lowlands e forse di tutta la Scozia, l'antica Bladnoch. Il Samsara è uno scotch molto particolare, con doppio invecchiamento in botti di vino rosso e bourbon, che gli conferiscono unn corpo e una rodondità davvero memorbili. Si trova per esempio qua: https://amzn.eu/d/0w4fF2S

  • Speyside Aberlour A'bunadh

Speyside è una piccola regione, ma forse è la più famosa di tutte, a causa della dimensione delle principali distillerie di quest'area. Qui ha luogo una vera e propria produzione su scala industriale dello scotch, con distillerie come Glenfiddich, Macallan e Glenlivet. Questa straordinaria produzione è dovuta alla presenza del fiume Spey (Glen infatti significa “valle”), che da sempre fornisce acqua alle distillerie che sono sorte sulle sue rive. Vi consiglio però un prodotto di una delle distillerie più piccole di questa piccola zona. Aberlour, pur avendo una produzione impressionante per le sue dimensioni, mantiene a mio modo di vedere un'autenticità che in pochi altri hanno, qua a Speyside. L'A'bunadh è il loro cask strenght, ovvero il loro scotch imbottigliato così come esce dalla botte, con gradazione decisamente alta, ma con una sorta di granata a frammentazione caricata a sherry pronta ad esplodervi in bocca. Specialmente con qualche piccola goccia d'acqua nel bicchiere, diventa un'esperienza sensoriale davvero incredibile. Si trova generalmente a molto meno di 100 euro, tipo per esempio qua: https://amzn.eu/d/7OlrXoJ

  • Islands Highland Park 18

Le isole scozzesi sono molte, e tutte diverse, tutte con le proprie caratteristiche territoriali. La produzione qua è relativamente giovane, con tante distillerie interessanti che promettono decisamente bene pur non avendo ancora una produzione particolarmente florida e variegata. Questo è vero tranne che per la famosissima Talisker di Skye, e per Highland Park, che a sua volte sorge nelle isola Orcadi. Le Orcadi sono isole particolari dal punto di vista territoriale: i pochissimi alberi non permettono la produzione della torba come accade nel resto della Scozia e principalmente a Islay, e gli whisky prodotti qua hanno conseguente un gusto molto particolare, quasi sapido. L'Highland Park 18 che vi propongo, seppur non si tratti di una bottiglia particolarmente economica, incorpora forse meglio delle decine e decine altre etichette di questa famosa distilleria pe proprietà specifiche di queste isole. Immaginate miele, cilegia, con in fondo una boccata di fumo tipica dei falò in riva al mare, ed ecco che vi rendete conto dove sono andati a finire i 150-180 euro che dovrete pagare. Si trova anche qui: https://amzn.eu/d/1LqQlSG

Buon divertimento, e fatemi sapere quali vi sono piaciuti!

 
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from Klaus

Quando eravamo piccoli, mio fratello Karl ed io, ci nascondevamo spesso nel piccolo magazzino nel laboratorio di nostro padre. Dai racconti di alcuni clienti che eravamo riusciti ad origliare, avevamo sentito in più occasioni che, durante i loro viaggi, avevano riposato all'interno di una capanna, e tutti facevano riferimento alla “Capanna di Leomund”, ma ci stupiva come questo luogo venisse menzionato in viaggi verso nord, in altri verso sud, in luoghi dai nomi esotici e in profondità nelle miniere naniche. Capimmo col tempo, che si trattava di un luogo magico, dove chiunque avesse avuto il permesso, poteva riposare in un luogo sicuro, lontano dai pericoli, in compagnia solo di persone fidate ed amiche. Decidemmo, a ridosso del fiume, di costruire la nostra “Capanna”, un luogo dove potevamo entrare solo noi, un posto magico dove, ci piaceva pensare fosse così, nessuno poteva sentirci, solo nostro. La costruimmo con mezzi di fortuna, qualche asse di legno trafugata, qualche chiodo rubato a nostro padre, e col passare degli anni la migliorammo, rendendola sempre più confortevole. In quel luogo, da bambini, nascondevamo i dolci che arraffavamo di nascosto al mercato, nascondevamo “tesori” trovati nella foresta, mentre da più grandi, semplicemente, ci rilassavamo, sfuggendo alla monotonia del villaggio o dai lavoretti imposti dai nostri genitori, o più tardi davamo sfogo ai nostri pensieri, alcune volte semplici altre più profondi. Era nostro. Volevo bene a mio fratello.

Capanna 1

Capanna 2

I ricordi di quel giorno sono impressi nella mia mente, incisi come un solco di scalpello, netto, preciso, e credo che rimarranno lì a farmi compagnia per il resto della mia esistenza. Era un giorno come tanti altri e mio fratello Karl ed io, eravamo al fiume, e concentrati stavamo studiando, per prepararci all'esame che pochi giorni dopo avremmo dovuto sostenere. Io, per entrare nell'esercito dell' Alleanza, lui per ottenere una promozione e salire di rango. Avrei dovuto sostenere una parte teorica, su geografia, sopravvivenza, storia, tattiche e tecniche militari, e dopo una parte pratica, per la quale mi sarei allenato con mio fratello. Lui aveva qualche anno più di me, era molto intelligente ed aveva un'agilità fuori dal comune; aveva perfezionato tecniche e tattiche di attacco a distanza, con la sua fidata balestra, per la quale era stato notato dai suoi superiori, e avuto accesso all'esame per diventare ufficiale. La casa dove siamo cresciuti e dove vivono e lavorano i nostri genitori, è poco distante dal forte, dove si trova la caserma militare, e dista poco più dal villaggio. Il fiume, dove ci piaceva passare parte delle nostre giornate, delimitava la zona civilizzata, da quella più selvaggia, ricoperta da una fitta vegetazione e dove nostro padre si riforniva delle materie per lavorare. Appoggiati con la schiena allo stesso albero, con i libri in mano, del cibo preparatoci da nostra madre in una sacca appesa ad un ramo, eravamo tranquilli, con le nostre armi sempre a portata di mano, data la vicinanza di luoghi dove animali feroci o esseri poco amichevoli avrebbero potuto fare la loro comparsa.

Era un momento di pausa, e stavamo terminando il piccolo pasto che ci era stato preparato. Mio fratello, nemmeno il tempo di buttar giù l'ultimo boccone, aveva già imbracciato la sua fidata balestra; lo vidi dirigersi verso alcuni punti sparsi attorno a noi, in altri a ridosso del fiume e anche al di là passando dove l'acqua bagnava a malapena le caviglie. Posizionò dei bersagli a ridosso degli alberi, alcuni in posizioni difficili da raggiungere. Poi con aria soddisfatta tornò da me, “Bene, possiamo cominciare!”

Proprio in quel momento udii la voce di quell'uomo. “Bene, bene, bene...lontani dal forte eh! ragazzi!?!” Non dimenticherò mai il suo viso e quello dei suoi compagni, briganti pronti a tutto e desiderosi solo di sangue e vendetta. Era la banda dei fratelli Brescott, dediti a rapine, rapimenti e violenze di ogni genere. Da tempo non si vedevano da quelle parti, ma precisamente da quando si diedero alla fuga dopo che mio fratello Karl riuscì a far incarcerare uno dei due fratelli delle malefatte, Jester, che fu successivamente giustiziato. Ma ora a reclamare la loro giustizia era tornata il resto della banda, e il superstite del duo, Nomer, a voler la sua vendetta. Erano tanti, troppi. Ci rifugiammo subito nella “nostra capanna”, Karl caricò la balestra, mentre il rumore dei passi degli uomini fuori si faceva sempre più vicino. Poi si affacciò per un attimo dalla piccola finestrella sulla sinistra ed io a quella di destra e subito tesi la corda del mio arco, un ultimo sguardo e cenno di intesa tra di noi, e scoccammo trafiggendo un paio di loro. I passi fuori si fecero più veloci, consci del fatto che dovevamo perdere qualche attimo a ricaricare le armi. Riuscimmo a colpirne un altro paio, ma in quel frangente fecero irruzione nella capanna. Venni atterrato da una freccia alla gamba e successivamente tramortito da un colpo alla nuca, l'unica cosa che sentii prima di svenire fu il suono deciso del corno di Karl, che chiamava soccorsi. Caddi poi privo di sensi, e quando poco dopo ripresi conoscenza con un colpo di stivale allo stomaco, vidi il loro capo che agitando un coltello al collo di Karl, rideva e mostrava il suo viso fiero di fronte a quello tumefatto di mio fratello, stremato. Un colpo di rabbia prese in me il controllo e con uno scatto riuscii ad avvicinarmi, ma venni subito placcato da due di loro e riportato con la testa a terra, uno stivale sopra la mia tempia, solo per permettermi l'ultima macabra, triste visione della lama che passava da parte a parte sul collo teso di Karl. Un ultimo sguardo tra di noi, un accenno suo di sorriso. Tutti gioivano, tutti ridevano. Un monito poi mi venne rivolto “Ecco cosa accade a chi si mette contro di noi! Dillo a tutti, dillo ai tuoi capi!”. Venni nuovamente colpito e vidi solo mio fratello cadere al suolo, privo di vita. Poi, uno di loro si caricò il corpo sulle spalle e sempre il capobanda sghignazzando “Non sia mai che vi venga in mente di riportarlo tra noi”. Ricordo la terra che tremava per gli zoccoli dei cavalli che sopraggiungevano dal forte, troppo tardi. Ricordo le mie lacrime miste al sangue. Ricordo la rabbia. Sento la rabbia.

 
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from Racconti spontanei che attraversano l'autore

Non c'è fretta, infante, non c'è fretta. Non desiderare così intensamente di essere amato, gli esseri umani non capirebbero, sono così impegnati a guarirsi in modo errato, aggiungono invece di togliere, e anche tu infante, rimuovi finché puoi. Piangi il più possibile, svuotati di lacrime, le librerie sono così piene di autori che non hanno saputo ascoltare; bisogna smetterla di parlare, emettere, condizionare, che tu sia felicemente in contemplazione del nulla. Si può scrivere solo una volta morti, si può morire solo una volta risorti. I raggi del sole ci guidano, il calore è conoscenza infinita. Puoi scegliere se annegare dopo aver finalmente visto la base del relitto, o morire con la testa fracassata da scogli appuntiti a pochi metri dalla riva. Raccontare non è per noi, la vita non è per noi, costretti in mura piene di muffa e grovigli di spine alle finestre e feci, montagne almeno, che coprono casolari antichi, dove sì, si moriva di fame e gli inverni erano molto più rigidi e il fuoco non bastava per scaldare, serviva aprire la porta degli inferi e sprigionare il peccato. La vita è semplice, infante, va vissuta lenta, che lento è lo scorrere del tempo immaginario. Lo sappiamo, l'abbiamo provata più e più volte tanto da pensala nostra, da crederla parte di noi, ma ci avevano ingannati così bene, a farci credere nelle occasioni, non serve a niente vedere il deserto se non riconosci l'abete nel bosco, infante, figlio di una terra che muta più di te e che è benissimo in grado di andarti oltre, superarti e sopravviverti, sopra le carcasse nasceranno muschi e licheni. I popoli sono fatti da esseri umani, e i loro desideri comuni non fanno che manifestarsi. Vi piacerebbe mentire ancora di più, ma la colpa è sempre degli esseri umani e della loro inadeguatezza che sfocia in barbarie sempre più tollerabili. La strada è ancora una volta sgombra e i cumuli delle nuove macerie sono indistinguibili da quelle passate; tutti gli esseri umani vivono contornati da macerie, la nostra preziosa eredità.

 
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from videogeco


Il mio primo pg, un paladino. I miei primi giorni in quel mondo fantastico e le prime professioni, di raccolta: era rilassante andare in giro a raccogliere fiorellini o picconare miniere, tranne quando non arrivava qualcuno un attimo prima di te e ti soffiava il nodo davanti agli occhi.
A quei tempi, e per diverse espansioni, la raccolta di piante e minerali era condivisa col mondo, quindi alloggiava meglio chi arrivava prima. E le miniere dovevano essere anche picconate più volte, qualche volta anche le piante necessitavano di una seconda operazione di raccolta.
Poi è diventato tutto più facile, ogni giocatore vedeva i suoi nodi e poteva usufruirne.

Non avevo un'idea precisa su come impiegare i frutti delle mie professioni di raccolta, poi col tempo avrei fatto qualche progresso. Passavo parte della notte, fino all'albeggiare perché all'epoca andava così, quando il giorno dopo non dovevo lavorare giocavo a WoW fino alle 5:00, 5:30. A far che? Niente di particolare, ma agli albori era ancora bellissimo così. Esplorare, perdersi in un altro mondo.

Era un'alba di un sabato o di una domenica, giravo senza meta per le Wetlands, probabilmente una zona compatibile col mio livello; non che ci badassi più di tanto, al limite scappavo dai dinosauri che popolavano la zona, fino a quando perdevano interesse per il mio paladino. Raccolsi un peacebloom, ancora all'epoca non c'era la localizzazione italiana, che non ho mai usato. Aveva un'icona bellina, questo fiorellino bianco. Lo mandai a una persona, pensando che a questo servissero queste simpatiche piantine: fare un pensierino, come regalare un mazzetto di fiori.

I frutti delle miniere non li ho mai mandati, non tutta la saggezza viene con l'età, già allora ero abbastanza saggio da capire che sassi e minerali non sono granché come regali. Se non per geologhe e geologi, o appassionati della mineralogia, professionisti o amatori.

#Anno2006 #PC #Videogiochi #WorldOfWarcraft #WoW

 
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from videogeco


Testa di limone era il nipote di un gestore di una sala avversaria a quella che frequentavamo solitamente: non che non trascorressimo ore e ore in altre sale, ma ne avevamo una nostra, quella del cuore. Avversaria, forse, un termine azzardato: i rapporti erano di sana rivalità, ecco, sulla qualità dei giochi e sul numero di gettoni corrispondenti alle classiche mille lire; sulla guerra dei gettoni, ritornerò.

Testa di limone, chiamato così sia per la sua chioma bionda (sicuramente rara da quelle parti), sia per evocare una sorta di similitudine tra la sua stupidità e il suddetto frutto. Non so neanche perché certi vegetali, tra cui limoni e cetrioli, siano considerati stupidi, ma tanto era e tanto è. Di certo, i limoni non contano balle a ogni pie' sospinto, a differenza del protagonista di questo scritto: appena si metteva a parlare di videogiochi, ne saltavan fuori di tutti i colori. Schede rarissime arrivate con voli privati da località tecnoesotiche, tipo “l'America” o il Giappone; titoli inesistenti, prestazioni videoludiche oltre le capacità umane e le possibilità degli stessi videogiochi e così via.

Ebbene, assuefatti alle sue narrazioni alternative, alla sua voglia di stupire, data per scontata la sua stupidità, pari solo a quella di un limone (?!), una volta l'abbiamo sottovalutato. Lui guardava oltre, noi miseri ci accontentavamo di un orizzonte temporale di due o tre giorni al massimo.

Siamo in questa sala avversaria, è un pomeriggio qualsiasi in un orario in cui i coetanei, solitamente, studiano. Non essendo studenti particolarmente convinti, stavamo giocando a Mortal Kombat, il primo, versione non censurata: erano i primi tempi del gioco, la versione censurata era ancora quella più diffusa, estinguendosi dopo poco per la voglia di brutalità innata nell'essere umano. Mortal Kombat era già abbastanza noto, per due semplici motivi: il primo, i personaggi digitalizzati come in Pit-Fighter, un gioco che da noi ricordato solo per la particolare grafica e mai amato davvero, probabilmente per la legnosità del tutto. Il secondo, ovviamente, era la violenza barocca delle fatality, il sangue, un pavimento trapunto di lame eccetera. Nessuno, tuttavia, poteva immaginarne l'uscita di innumerevoli seguiti, nel corso dei decenni: era, semplicemente, ancora troppo presto.

Arriva Testa di limone, dal nulla, parla senza un vero interlocutore, quindi a tutti: “a mio zio tra poco arriva la scheda dall'America di Mortal Kombat 3, è una scheda particolare, si mettono dei dischi piccoli, una specie di CD musicali, con dentro altri personaggi, coi colori diversi, con altri quadri e altre mosse, questa scheda nessuno ce l'ha, poi vi faccio vedere la settimana prossima”.

Neanche Mortal Kombat 2, direttamente il 3. Dopo qualche secondo di silenzio, si scatena l'ilarità generale. Tutti noi, stolti, ne ridevamo. Testa di limone ci indicava i DLC e il futuro dei videogiochi, noi guardavamo il dito.

#Arcade #MortalKombat #SalaGiochi #Videogiochi

 
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from la tana di Belzebu

ma credono davvero in quello che dicono ?

Sono sempre più stupefatto di quello che riescono a scrivere in certi post alcune persone in merito allo stato di assedio che le donne starebbero subendo dal patriarcato, l'ultimo delirio racconta di come ora le si uccida già da piccole, riferimento al caso di cronaca accaduto a Piacenza dove una ragazzina di tredici anni è deceduta cadendo dal tetto, indagato il fidanzato di due anni più grande. Secondo il delirio ideologico adesso lo sterminio in atto da parte di tutti gli uomini nei confronti delle donne ha alzato il tiro iniziando ad ucciderle più giovani. Dobbiamo tutti, noi maschi, sentirci responsabili ed essere responsabili, non è permesso affermare che "non siamo tutti così..." perché non è vero ma soprattutto alla controparte non interessa e lo afferma senza timore. Citano casi e statistiche senza portarne una visibile, un link ad una relazione di un organo di controllo o giù di li... Auspicano la libertà per le donne di andare ad un appuntamento al buio senza che questo si trasformi in uno stupro, e su questo hanno ragione da vendere, facile avere ragione affermando l'ovvio, una ragazza, una donna ha il sacrosanto diritto di non subire alcuna violenza in alcun contesto, ci mancherebbe, ma il capolavoro arriva nella seconda parte di una affermazione che ha del parossistico, arrivando ad affermare che le donne devono sentirsi libere di fare ciò che vogliono, senza che qualche maschio: padre, marito, fidanzato o fratello si preoccupi per qualcosa che si ritiene di proprietà, ma alla paris insieme... Queste affermazioni realmente esistite lasciano sbigottiti, non puoi chiamarti fuori o dichiararti non violento, e non puoi preoccuparti per che ami, se queste sono donne, perché se lo fai è praticamente certo che lo fai per un senso di proprietà... Io ho smesso di rispondere a questi deliri da zero like dove ogni tanto qualche personaggio replica accentando e condividendo questo delirio, a mio avviso in una nuova disperata ricerca di consenso e speranzosa complicità. Alle osservazioni reali, basate e su statistiche e fatti, glissano e ti accusano di voler spiegare a loro cosa sentono e cosa provano, quando una statistica vera, dimezza o smonta i loro numeri da rotocalco femminista, ti accusano, e diventi una sorta di barbablu cannibale di donne, maschilista e misogino. Dimenticano di citare quello che non fa comodo al loro stato ideologico e affondano tutto e tutti nei loro slogan sterili e grigi. Con centinaia anzi migliaia i loro post a stento mostrano un paio di like e lo zero è il numero dominante sotto la cronologia di barzelette ideologiche che postano, ma come cavalli al traino vanno avanti autoreferenziandosi all'infinito. E sia, non è la stessa cose che porto a stelle gialle sui capotti di quei topi tutti uguali e tutti corrotti, ma il seme è lo stesso. Bambocce piene di complessi che vorrebbe appartenere ad una complessità che non sono nemmeno in grado di comprendere.

 
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from Il Problema della Musica

Le immagini di Valencia ci confermano che questo è un Pianeta sovrappopolato, inquinato e preda di cambiamenti climatici che solo i mentecatti, gli opportunisti e i disonesti si ostinano a negare.

E in Usa stanno per rieleggere il comandante in capo dei mentecatti, degli opportunisti e dei disonesti, un delinquente ricco, golpista e razzista, il rappresentante della peggio umanità possibile, un negazionista fanatico e violento. Il solo fatto che un simile individuo sia in lizza, è una sconfitta per il genere umano. Finirà malissimo, per tutti, anche per i 4 dementi che tifano che sarà meglio così, anche, e soprattutto, per i poveri che si illudono di trovare la soluzione magica votando un simile criminale o in generale, votando la peggior destra reazionaria. Andrà male alla democrazia che sarà fatta a pezzi in America, subito seguito dai suoi emuli in Europa e Italia che non attendono altro, e ci consegnerà al criminale di Mosca, suo degno compare. Il baratro mondiale è ad un passo. Andrà bene solo per i ricchissimi, che infatti stanno con lui. Peccato per quella pallottola, davvero.

 
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from ordinariafollia

ordinariafollia-log_017-2024.jpg

segni sulla carta o dove capita, traiettorie intime che precedono il pensiero e lo sorpassano, e si ammucchiano e si perdono e ritornano.

segni sulla carta e dove capita, movimenti meccanici dell'indimostrabile che fa capolino, e cambiano e si travestono e ritornano.

 
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from manuel

È la prima volta che mi cimento nel raccontare un qualcosa che ho vissuto di recente o nell'ultimo periodo. Cercherò di essere il più conciso e chiaro possibile.

“Le cronache di una Xbox 360” (Nome provvisorio) è un esperimento che mira a raccontare le mie disavventure mentre gioco col gioiellino targato Microsoft che, come sappiamo tutti quanti, ha fatto la storia dei videogiochi assieme alla Wii di Nintendo e PlayStation 3 di Sony. Se tutto va come dovrebbe, potrei anche farlo per le altre console visto che di follie ne ho vissute nel corso degli anni.

In conclusione, scrivetemi in privato su Mastodon (@manuel_) per darmi degli spunti per migliorare oppure per dirmi cosa ne pensate di quest'idea.

Contesto

Il gioco in questione è “Bakugan Battle Brawlers”, tratto dall'omonimo anime “Bakugan Battle Brawlers”.

Per chi non li conoscesse, i Bakugan sono esseri provenienti da un altro mondo. Noi li vediamo come sfere che si aprono mostrando una versione in miniatura della loro forma reale; per esempio, se il bakugan è un cavaliere (sto parlando di Siege, prima stagione), la sua forma sferica aperta ricorderà un cavaliere. Infatti quando due giocatori si sfidano, so entra in una dimensione dove i Bakugan sguinzagliano il loro vero aspetto e il loro immenso potenziale.

Un Bakugan può essere appartenente a uno di questi attributi: Pyrus (fuoco), Ventus (vento), Haos (luce), Darkus (oscurità), Aquos (acqua) e Subterra (terra). Il fuoco prevale sull'acqua e viceversa; stesso discorso con la luce sull'oscurità e la terra sul vento. Tenete a mente questo dettaglio perché servirà più avanti.

Passiamo al gioco, noi impersoniamo un ragazzino che ha cominciato da poco a giocare. Un giorno, facciamo la conoscenza di un Bakugan unico del suo genere: Leonidas, il cui attributo lo decidiamo noi nella schermata di creazione del personaggio. Stringeremo una grandissima amicizia con lui, scopriremo che è stato generato da sentimenti negativi degli altri Bakugan e sconfiggeremo l'antagonista del gioco.

Il fulcro del gioco sono le battaglie. Ogni Bakugan ha un numero di Punti G che può essere aumentato o diminuito prima della battaglia vera e propria. Alla fine dello scontro, chi ha accumulato il punteggio più alto, vince la carta portale (la modalità con cui i giocatori si affrontano).

Lo scopo del gioco è vincere i tornei, oltre che vincere le medaglie e collezionare qualsiasi cosa. Dopo ogni scontro sbloccheremo nuovi Bakugan, nuove carte abilità e, non meno importante, nuovi campi da battaglia.

Vi starete chiedendo perché “tornei” e “campi di battaglia” sono in grassetto, il motivo è il seguente: ogni torneo ha un campo di battaglia unico con i suoi pregi e difetti. Infatti, dal secondo torneo (Torneo Aquos, attributo dell'acqua) in poi, il giocatore dovrà affrontare i suoi nemici un ambiente dove un attributo viene avvantaggiato e il suo opposto viene svantaggiato. Nel senso che nelle battaglie, l'attributo avvantaggiato accumulerà più punti e quello svantaggiato ne accumulerà di meno.

Tra una battaglia e l'altra, è possibile abbandonare temporaneamente il torneo per farsi un giro al negozio dove puoi acquistare Bakugan di qualsiasi attributo e carte portali che possono essere utilizzati a seconda del campo in cui giochi o della strategia che vuoi attuare. Qualsiasi sia il tuo modo di giocare, arrivi comunque alla fine con niente o qualche sconfitta.

Ora che sapete un pochino la situazione, posso raccontarvi le tre battaglie più assurde della mia vita... finora.

Il caso è nelle mani del destino... anzi della casualità

Il quarto torneo del gioco viene interamente giocato sul campo di battaglia di Subterra, l'attributo della terra, dove le sabbie mobili possono farti tirare giù non poche bestemmie. (Se lo avete giocato sulla Wii, saprete meglio di chiunque altro che controllare il Bakugan sulle sabbie mobili non è una passeggiata, soprattutto se non gode né di un'ottimo movimento né di ottima velocità.)

La strategia per questo campo è mai finire sulle sabbie mobili e far sì che gli “sprint” ti facciano prendere la maggior parte delle monete Punti G sparse prima di cadere su una carta portale.

Tutto questo lo scopri quando è troppo tardi. Quando hai visto tutti gli oggetti perdersi nel nulla per la millesima volta nel giro di cinque minuti. Non a caso, la prima battaglia l'ho persa tre o quattro volte a causa delle caratteristiche del campo.

Impararle è stato facile, mi è bastato guardare come le facevano i computer per scoprire i loro schemi e il loro comportamento nei loro lanci. Scoprire che le “pedane” per il salto in alto sono false come Giuda, nel senso che è molto facile non attivarle, mi ha fatto molto male.

Digerita l'amara verità, vinco la prima battaglia con 3 carte portale vinte senza nemmeno combattere una sola volta. Ah sì, il gioco ti mette a disposizione un modo “pacifico” di vincere una carta portale: il doppio posizionamento. Se due Bakugan del tuo mazzo finiscono sulla stessa carta, la ottieni aggiudicandoti un punto.

Felice e perplesso di questa mia vittoria, mi accingo a cliccare su “Prossima battaglia”. Ma non sapevo ciò che avrei assistito i trenta minuti successivi.

I miei nemici — Chan Lee, Julio e Klaus — utilizzavano tre Bakugan di un unico attributo, rispettivamente: fuoco, luce e acqua. Quindi, niente vantaggi e niente svantaggi da nessun lato. Inoltre, io e Klaus utilizzavamo lo stesso, quindi se uno di noi due avesse giocato una carta abilità orientata sull'elemento dell'acqua, anche l'avversario ne avrebbe beneficiato.

Qualsiasi battaglia che avrei ingaggiato con uno di loro, l'avremmo fatta ad armi pari. A meno che non mi fossi creato un mazzo con dei Bakugan di tipo Subterra, portandomi in una posizione di vantaggio fin dall'inizio e aggiudicandomi la carta portale senza non troppi sforzi.

Nel primo tentativo, scelsi di utilizzare un mazzo con Leonidas Aquos e due Bakugan Subterra nella vana speranza di vincere ogni scontro ad occhi chiusi. Ma non immaginavo che il destino avesse altri piani per tutti noi.

I primi lanci erano stati una tragedia. Io e Julio eravamo riusciti a lanciare i Bakugan fuori dall'arena a causa delle sabbie mobili e di tiri troppo potenti e difficili da gestire; gli altri due, invece, avevano sprecato tutta l'energia del Bakugan facendolo fermare a pochissimi centimetri dalle carte. Alla fine del “primo turno”, nessuno era riuscito a posizionare un Bakugan.

Passarono cinque minuti di lanci a vuoto, questa volta io e Klaus riuscimmo a posizionare due Bakugan su due carte portali diverse. Arrivò poi Julio che lo mise su un'altra carta portale diversa dalle nostre, poco dopo si aggiunse anche Chan Lee la quale decise di sfidare Klaus. Lui ebbe la meglio e si aggiudicò il primo punto passando in testa.

Seguì poi il turno di Julio che, ovviamente, tirò il Bakugan nello spazio sprecando un'occasione per fare un doppio posizionamento. Scoppiai in una grassa risata, chiunque lo avesse programmato doveva essere un genio per fargli fare, penso, la mossa più stupida che il gioco ti permetta di fare.

Ora, era il turno di Klaus. Posizionò una carta portale accanto al mio Bakugan e... andò a sfidare Julio dopo aver fatto un proficuo giro dell'oca. Con mio stupore, Klaus si aggiudicò il secondo punto e gliene mancava uno per vincere la partita. E io ero ancora a zero punti, dovevo svegliarmi e iniziare a mostrare i denti!

Così feci, più o meno. Uno dei miei Bakugan Subterra finì sulla stessa carta dell'altro, anziché portarmela a casa decisi di spostarlo in un'altra. La mia tattica era semplice: più Bakugan avevo in giro, più probabilità qualcuno mi avrebbe sfidato. Non potevo sbagliare, anche perché avrei dovuto ricominciare da capo l'intero scontro.

Tre minuti più tardi, sconfissi Chan Lee e Julio guadagnando due punti. Uno scontro e vincevo la partita, oppure la vinceva Klaus. E parlando di lui, nel suo turno posizionò un Bakugan su una carta a caso senza fare nessun giro di potenziamento.

La mia occasione per vincere era servita su un piatto d'argento e sprecarla era fuori da ogni mio pensiero. Da bravissimo genio, ebbi la grande idea di sfidare Klaus senza fare, anche io, il giro di potenziamento.

C'è una cosa che non vi ho detto nella sezione “Contesto”: prima di ogni battaglia, il giocatore può aumentare i Punti G del Bakugan con delle carte abilità e, nel durante, mettere in difficoltà l'avversario. Le seconde vengono chiamate “Iperabilità” e sono queste: scambio potere G, aumento potere G, blocco potere G e mano del destino. Il loro nomi sono abbastanza auto-esplicativi, tranne l'ultima che è una presa in giro. Perché? È una funzione che non fa altro che favorire un giocatore a caso. Se siete in vantaggio, bene sappiate che con mano del destino attiva, avete più probabilità di perdere che di vincere e viceversa.

Klaus, nel bel mezzo della battaglia, attivò mano del destino aggiudicandosi l'esito della partita facendo assolutamente niente. Vedere la scritta “MANO DEL DESTINO” è stato una pugnalata dritta al cuore. Non importava quanto fossi in vantaggio, non importava se me la stavo cavando, tutto era (letteralmente) nelle mani del destino.

Il primo tentativo si conclude con una sonora e potentissima bastonata: 1103 punti per Klaus e 1002 per me. 101 punti G di differenza... A volte la vita è stronza.

Prima di passare al secondo tentativo, vorrei che leggeste cosa dice il personaggio dopo aver perso una partita.

“Odio ammetterlo, ma ho perso.” — Protagonista

E sappi, caro mio, che perderai anche la battaglia successiva.

Quando il controller non vuole collaborare

Il secondo tentativo lo reputo più veloce e più distratto dei tre che vi racconterò oggi.

Prima di iniziare la partita, seleziono il mazzo solo Aquos e cambio una carta abilità con una che mi conferisce più punti rispetto alla vecchia, da 60 punti a 100 punti.

L'inizio non è dei migliori. Anche questa volta, i primi lanci sono stati uno spreco di tempo e di risorse. Nessuno riesce a posizionare i Bakugan, dando inizio a una lunga spirale di frustrazione che difficilmente se ne sarebbe andata. Ho goduto vedere Klaus sbagliare.

Il “secondo” turno sono durati una manciata di minuti con qualche battaglia tra computer e doppi posizionamenti: Io posiziono un Bakugan; Chan Lee posiziona il suo sulla mia carta e perde contro di me; Julio fa esattamente un giro lungo e si posiziona su una carta; Klaus fa lo stesso, sfida Julio e perde.

Classifica attuale: io e Julio siamo a un punto, mentre gli altri due a zero.

“Terzo” turno: Io posiziono una nuova carta e lancio Leonidas su quella carta; Chan Lee fa le stesse e identiche cose; Julio lancia un Bakugan fuori dall'arena e Klaus mi lancia il guanto di sfida e vince e qui io noto qualcosa di strano.

La sfida contro Klaus è: muovere in una direzione la levetta di sinistra (LS) e, quando vedi l'indicatore sul simbolo dell'attributo del Bakugan, premere il grilletto di sinistra (RT) per aumentare i tuoi Punti G. È una stupidata, ma c'è un dettaglio che il gioco non ti dice, ovvero che prima di selezionare il simbolo successivo, devi riportare la levetta al centro e successivamente guidarla nella direzione desiderata. Ecco perché ho perso, muovevo la levetta senza farla tornare alle coordinate cartesiane (0,0) prima di indirizzarla altrove.

Che. Presa. Per Il. Culo.

Classifica attuale: noi maschi siamo a uno, lei è a zero.

In men che non si dica, arriviamo tutti a due punti. Rimangono in campo solo quattro carte portali, una per ogni giocatore. Alla prima battaglia vinta, la partita sarebbe finita e io avrei fatto i salti di gioia se vincitore fosse stato il sottoscritto. Ma cantare vittoria troppo presto, spesso non è un bene.

Non saprei spiegarvi il motivo, ma al minimo movimento brusco fatto col controller, esso si spegne. Detto ciò, potete intuire cosa sia andato storto con questa ultima battaglia. E per di più contro uno dei personaggi più idioti dell'intero gioco: Julio.

In questo caso, parliamo della sfida potere. Entrambi i giocatori avrebbero dovuto fare affidamento esclusivamente di entrambe le levette del controller, LS e RS, per aggiudicarsi la partita. L'obiettivo è muovere le levette da sinistra verso destra o dall'alto verso il basso per aumentare i punti G. Allo scadere del tempo, chi ha totalizzato più punti vince la battaglia.

Ero partito alla grande. Un abisso ci separava e così sembrava rimanere per i successivi quindici secondi. O così credevo. Lo schermo del televisore era diviso in due, due scie di fuoco (una blu e una gialla) se la contendevano alternandosi dall'essere schiacciati dalla parte opposta all'essere quella che avrebbe prevalso. Senza accorgermene successero due cose: il gioco mi impose di fermarmi e il controller si spense all'improvviso. Ci misi tre secondi a realizzare che la mia vittoria si era tramutata in un miraggio perché Julio mi sorpassò con una facilità disarmante. Scaduto il tempo, Julio totalizzò 1239 punti contro i miei sudati 912 punti.

Il mio personaggio fu costretto ad ammettere, per la seconda, volta la sua sconfitta e mi chiesi se la Cex avesse avuto un altro controller perfettamente funzionante che non mi avrebbe abbandonato dopo una piccola scossa.

L'epilogo veloce

L'ultimo tentativo è stato... breve? Anche io non ci credevo quando totalizzai tre doppi posizionamenti senza mai fare una battaglia. Il che è strano perché tu giochi a Bakugan per combattere, non per fare i doppi posizionamenti schivando ogni tipo di confronto con gli avversari.

Quindi sì, ho fatto tre doppi posizionamenti vincendo la partita con tre punti contro Chan Lee e Klaus che avevano totalizzato un punto e Julio con zero punti.

Non è successo nulla di significativo. Lanci normali o, addirittura, lanci fatti a caso nella speranza di cadere su una carta portale.

È, per ora, la partita più veloce che abbia mai fatto da quando ho cominciato il gioco.

 
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from Klaus

Il giorno della festa del villaggio giunse, e con lui anche le mie insicurezze. Sapevo che l'avrei vista. I preparativi per i festeggiamenti avevano interessato gran parte degli abitanti, tra chi addobbava le strade, le case, chi organizzava la cucina che avrebbe dovuto sfamare chiunque avesse voluto assaporare la cucina tipica del nord, tra stufati, carne allo spiedo e dolci di ogni sorta, e la varietà di birre scure artigianali. Anche la caserma era stata richiamata dal sentimento di appartenenza di quelle terre, ed ingaggiati i migliori soldati per sfoggiare le proprie armature scintillanti, gli apprendisti maghi per stupire grandi e piccoli con qualche trucchetto, e i bardi da battaglia con i loro tamburi e cornamuse per intrattenere la gente. Io come altri miei compagni eravamo stati chiamati per controllare che non ci fossero disordini, ma quella volta Leo ed io godevamo di una licenza e quindi avremmo potuto goderci la festa senza troppi pensieri.

Leo ed io ci saremmo visti al calar del sole all'ingresso della porta Sud del villaggio, quindi avevo a disposizione tutto il giorno per rilassarmi col mio passatempo, il che comprendeva passare anche del tempo coi miei genitori, e ne fui davvero felice. Sembrava quasi che quei giorni stessero in qualche modo mitigando le afflizioni dei mesi passati.

Quel giorno mi cimentai in creazioni che avevo sentito solo in storie raccontatemi dai miei superiori, o alla taverna e fu molto liberatorio. Davvero.

La leggenda del tesoro degli elementali leggenda tesoro elementali La leggenda narra di un luogo ai confini del Piano, dove i quattro elementi si uniscono. Qui un portale porterebbe ad una stanza segreta, contenente un tesoro ricco di artefatti antichi quanto il mondo stesso.

L'Abissale del Mare del Nord mito abissale Essere che infesta i mari del Nord, e che solo in pochi hanno avuto la fortuna di poter descrivere. Io ho sentito una storia di un marinaio della flotta di Luksan sopravvissuto ad un attacco della bestia.

La sera sopraggiunse e mi incamminai pensieroso verso il punto d'incontro con Leo. Sapevo già quali sarebbero state le sue intenzioni, spingermi tra le braccia di colei per la quale il mio cuore risuonava più forte dei tamburi di una carica. Venni travolto sin da subito dall'ondata di profumi di cibo e ovviamente ne approfittammo, ordinando dello stinco con patate e della buona birra scura, al tendone fuori dalla taverna “Il settimo boccale”, allestito per la festa per soddisfare più gente possibile. Ed eccola là, dietro al bancone a spillare birra e ricevere le persone che preferivano stare all'interno del locale. Clara è una ragazza con un paio di anni più di me, era alta, dai capelli biondi e occhi scuri, con la pelle chiara e una voglia sotto l'occhio sinistro, simile alla forma di una lacrima. Era rientrata un paio di giorni prima dall'addestramento sui monti a Nord, ed il suo obiettivo era quello di conseguire il titolo di ranger, ma per quei giorni di festa, aveva deciso, anziché sfruttare i giorni di licenza per riposare, di aiutare il padre alla taverna.

taverna

Non era la classica ragazza di osteria, affabile e “piaciona” con i clienti, ma al contrario era molto professionale, distaccata coi clienti che provavano ad avere un atteggiamento troppo amichevole, ed invece accomodante con le persone che le mostravano rispetto e gentilezza. Di fronte a persone che osavano disturbare il locale, o creare disordini, nonché i più villani che tentavano di metterle le mani addosso, sapeva come reagire, grazie agli insegnamenti del padre Gustavo, veterano del mestiere, e ovviamente all'addestramento militare. Per mia fortuna i miei genitori erano stati di quella categoria che non ammette maleducazione.

Quella sera l'ordine del cibo e bevande lo facemmo alla sorella più giovane di Clara, Bea, che non perdeva occasione per punzecchiarmi, invitandomi ad entrare ad ordinare “Signore”, schernendomi, “Le devo chiedere di proseguire le sue ordinazioni all'interno”, o a vedere come aveva allestito la stanza “Ehi, voi due, non ho ancora ricevuto i complimenti per come ho sistemato tutto!”, o semplicemente a fare due parole con colei che mi toglieva letteralmente il fiato “Rubacuori, non entri?”. Non eravamo nuovi del posto, era tranquillo, la birra era ottima e non si avevano mai problemi, e quindi capitava di tanto in tanto di bazzicarlo, conoscevamo sia Gustavo, che Bea e pure Clara, con la quale però non avevo mai parlato, singhiozzato qualcosa di incomprensibile forse. La serata stava proseguendo come mi aspettavo, tra un boccale di birra e l'altro, qualche chiacchiera con Leo e altri che poi si unirono a noi, volgendo appena potevo lo sguardo verso la finestrella che dava proprio sul bancone, sperando di vederla, e il più delle volte era così. Le ore passarono e pian piano la gente rientrò nelle proprie case, i bardi smisero di suonare, i locandieri si apprestarono a pulire, per poter tornare a casa esausti. In pochi rimanemmo lì, solo io e Leo e qualche reduce che ormai sonnecchiava con la testa appoggiata al tavolo; ci stavamo godendo quel silenzio, e forse stavamo un po' prendendo fiato, riempiendoci di quella normalità che nei giorni passati era mancata. Ad un tratto, dall'interno della taverna, poco illuminata ormai, sentimmo dei rumori di passi veloci calpestare le vecchie assi di legno del pavimento, subito dopo un mormorio e una voce strozzata tentare di gridare “Aiu....!”. In un attimo fummo all'ingresso e spiando l'interno non vedemmo nessuno, solo si sentivano delle voci di sottofondo provenire dalla cucina. Cercando di non far rumore entrammo e giunti alla porta spalancata vidi tre uomini minacciare Gustavo, che giaceva a terra ferito alla testa, e Clara tenuta per il collo da un uomo alle sue spalle, che con una mano le teneva serrata la bocca. I tre che accerchiavano Gustavo lo stavano malmenando, intimandogli di dargli l'incasso della giornata, colpendolo ripetutamente anche se questo ormai giaceva a terra, quasi privo di sensi. Feci cenno a Leo di portarsi all'ingresso sul retro della cucina, e pochi istanti dopo fissando la piccola feritoia sopra quella porta vidi un ombra, era lui che si appostava. Riuscii a farmi notare da Clara, che mi vide per un attimo solo e in quel frangente notai i suoi occhi colmi di gioia; sapeva che qualsiasi cosa fosse avvenuta sarebbe accaduta da lì a poco, e sapeva che doveva creare un diversivo alla svelta. Cominciò a dimenarsi in modo energico, ed uno dei tre di fronte al padre le si avvicinò “Stai zitta, lurida puttana!”. Il mio cuore sobbalzò. Subito dopo un colpo al suo viso, facendola sanguinare, dato l'anello che portava l'uomo. Il mio cuore sobbalzò nuovamente. Ma lei, con le gambe libere, sferrò un calcio preciso tra quelle del suo aguzzino, ed io e Leo entrammo in scena.

Spade già alla mano, ci avventammo sui due di fronte al padre, ferendoli in modo grave e lasciandoli a terra, per poi scagliarci contro l'uomo che ormai aveva lasciato libera la presa al collo di Clara, probabilmente spaventato. Lo mettemmo fuori combattimento in pochissimi secondi. Quello a terra, che si stava rialzando dopo il duro colpo della ragazza, tentò di dileguarsi, sfruttando il momento, ma Clara accortasi del tentativo di fuga, raccolse la prima cosa che gli capitò sottomano, una padella , e la scaraventò contro l'individuo, colpendolo alla testa e facendolo cadere rovinosamente a terra. Ero ufficialmente innamorato. Poi accorse verso il padre per soccorrerlo, Leo si occupò dei malviventi legandoli, aiutato da altri che nel frattempo avevano sentito il frastuono ed erano entrati, ed io mi affiancai a Clara, per prestare le prime cure a Gustavo. Lei si voltò verso di me, “Grazie!” e mi abbracciò. Ancora una volta non ebbi il fiato per rispondere.

Ma la strinsi forte a me.

 
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from Il Problema della Musica

Nel 1980 andai al Vigorelli a vedere i Kiss. Come opening c'era questa band di sconosciuti, si chiamavano Iron Maiden e Paul Di'Anno era il loro vocalist. Il pubblico non fischiò per far sloggiare la band di apertura, come spesso accade, tutt'altro. Furono un pugno allo stomaco. Uscimmo da lì con la sensazione di aver sentito qualcosa di nuovo, destinato a durare nel tempo. Il giorno dopo mi precipitai ad acquistare il loro primo album.

Che la terra ti sia lieve, Paul 🥺

https://www.ondarock.it/news/morto-paul-dianno-iron-maiden.htm

 
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from Testudo Blues

Crepitìo radio

Qualcuno si schiarisce la voce

Bentornati all’ascolto, mascalzoni e sicofanti. Una splendida giornata di sole splende sulla città isolata di Testudo, e il vostro umile centauro Danny Catenaccio è ancora qui, vivo e vegeto. Vi starete chiedendo come ho fatto a sopravvivere al maledetto pasticcio in cui mi ero cacciato e la risposta è semplice: ho trovato un buon amico, che a sua volta aveva dei buoni amici. Nessuno sopravvive da solo, in questo mondo crudele, ficcatevelo bene in testa. Non posso raccontarvi ogni cosa nei dettagli, ma sappiate che, qualche giorno fa, il signor Ranucci si è visto recapitar, da uno dei suoi musicisti jazz, una piccola scheda di memoria che conteneva un video in cui sua moglie affermava di volerlo morto. La scheda era infilata in una busta con un biglietto che diceva: “dai suoi amici Bronco e Catenaccio.” E così la nostra condanna a morte è stata revocata. Quanto alla moglie del nostro amico, beh, una gang di adolescenti l’ha catturata mentre cercava di fuggire da Fast-food Lawn e ci ha chiesto cosa volessimo farcene. Bronco ha detto di avere un’idea. L’avrebbe fatta arruolare nel Branco, una comunità di banditi che vive nell’estrema periferia di Testudo. Il leader di questa comunità, un temibile bandito chiamato “il Coyote”, è molto rispettato nel sottobosco criminale della città. In questo modo, la signora Ranucci avrebbe avuto una nuova vita e forse non sarebbe finita ammazzata per opera di suo marito. A quel punto Bronco mi ha chiesto di accompagnarla dal Coyote e io ho – contro ogni dettame del buon senso – accettato. Lo so, mettermi in viaggio con la donna dei miei sogni, che suo marito vuole uccidere per colpa mia, non sembra esattamente una buona idea. Ma al cuor non si comanda. Pensate che finirò nei guai? Beh, è proprio ciò che mi è appena successo. Per colpa del mio inguaribile spirito romantico, mi sono ficcato in un guaio grande come l’intera città di Testudo. Ma questa è un’altra avventura e ve la racconterò un’altra volta. Chiudo la trasmissione di oggi con un consiglio di pubblica utilità: occhio ai predoni travestiti da gentiluomini che negli ultimi tempi infestano i quartieri alti. Questa città diventa ogni giorno più pericolosa, ma in qualche modo troviamo sempre il modo di andare avanti. Alla prossima avventura, cari i miei mascalzoni.

 
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from la tana di Belzebu

lo stato di diritto mi scazza...

Qualcuno dovrebbe spiegare in modo esaustivo ed efficace come funaiona per davvero la demoscrazia alla nostra classe dirigente, in quanto mi pare che l'episodio ultimo riguardante la deportazione di persone, colpevoli sino a quel punto meramente di nulla, se non quella di essere clandestini, una condizione quella di clandestino sulla quale ci sarebbe da discutere e ne discuteremo, dicevamo qualcuno dovrebbe fa capire alla nostra classe dirigente che la democrazia non è il volere di una maggioranza e fine, la democrazia è un processo attraverso il quale si applicano principi di maggioranza, certo, ma non estemporanei perché altrimenti basterebbe una maggioranza, anche relativa, per decidere di passare ad una dittatura, e "boom" ecco la morte della democrazia per sindrome autoimmune. La magistratura è un potere dello stato che tutela lo stato anche da se stesso, mi lancio nel dire soprattutto da se stesso, per fortuna, e impedisce che una maggioranza perpetri un atto contro la dignità della persona o di minoranze più deboli. Cara madre, donna, cristiana Giorgia, non è che perché hai la maggioranza alle urne puoi fare il cazzo che vuoi, e non è nemmeno pensabile che tu possa dichiarare seriamente che i poteri dello stato devono dare alla tua maggioranza una mano. Che cosa significa ? La magistratura serve la nazione, il paese e lo stato, tutelandolo da derive anticostituzionali che spostano il centro di interesse dalla "persona" ad altro: interessei economici, interessi di classe o fanatismi politici come in questo caso. ship Quindi facci il favore, dato che il piglio dell'argomento dovrebbe essere nelle tue corde, rispetta la nazione e i suoi principi, la sua costituzione, gira la prua di sta nave e riporta le persone dove queste hanno deciso di stare. E finiamola li con ste cazzate, che se il viaggio di ritorno costa come quello di andata ai buttato nel cesso mezzo milione di euro e i miei figli si portano la carta igienica a scuola, e mia zia per una controllo di ruotine al seno deve aspettare un anno e mezzo...

 
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from Testudo Blues

Qui il consueto riepilogo della storia

I suoni di Fast-Food Lawn filtravano nella bottega dello zio Archiebold attraverso le pareti di lamiera, assumendo una consistenza metallica. All’improvviso, la quiete fu interrotta da un colpo. Una manata contro la saracinesca abbassata. “Preparatevi. Ranucci è capace di tutto. Per quanto ne sappiamo, là fuori potrebbe esserci un’orda di artificieri pronta a far esplodere l’intero quartiere.” Il pessimismo fatto persona, forse avrei dovuto lavorare come titolista in un giornale. A dire il vero, non credevo che la resa dei conti sarebbe arrivata così presto. Al momento eravamo solo in tre, nel retrobottega: il vostro umile centauro Danny Catenaccio, un novantenne con un fucile a canne mozze e un idiota con due semiautomatiche. Il detective Bronco era uscito a cercare rinforzi, ma non avevamo più avuto notizie da lui. Mi sono avvicinato alla saracinesca per guardare attraverso la minuscola fessura che faceva da spioncino. E per poco non mi è venuto un colpo. Là davanti, invece di un predone del deserto armato fino ai denti, c’era la donna più bella della città di Testudo: una visione paradisiaca, una Venere vestita di pelliccia, la mia donna dei sogni, nonché la moglie del signor Ranucci. “Che diavolo ci fai qui?” Le ho gridato attraverso la saracinesca. “Sono qui per offrirvi un lavoro.” Alla sua risposta, il decrepito zio Archiebold è scoppiato in una fragorosa risata. “Balle!” Ha detto, attraverso i suoi denti marci. “Sei qui per ammazzare il mio nipotino!” “Se fossi qui per uccidervi sarei venuta da sola? E avrei portato con me un milione di corazze?” Come al solito, la menzione del denaro è bastata per far abbandonare ogni cautela al mio ex-socio Johhny Rumble. “Falla entrare,” mi ha sussurrato, gattonando fuori dalla sua copertura – un tavolo di metallo rovesciato su un fianco, dove lo zio Archibold era solito tagliare la sua preziosa mercanzia con sostanze di infima qualità. “Sentiamo cosa ha da dire.” Io scuoto la testa e carico il mio fucile da caccia, avvicinandolo alla saracinesca per farle sentire lo scatto. “Vattene, prima che ti faccia saltare la testa.”

Non immaginate nemmeno quanto sia difficile minacciare di morte la donna per cui avete una cotta, vero? Beh, allora non siete cresciuti nei quartieri bassi di Testudo, dove anche le ragazze più carine possono rivelarsi spietate assassine. “Voi due mi piacete, dico sul serio. Non… non certo in quel senso, però mi piace il vostro stile. È per questo che sono venuta qui. Voglio proporvi di eliminare mio marito una volta per tutte. Io erediterò il suo impero e voi lavorerete per me.” “Avanti, l’hai sentita! È sincera.” Un milione di corazze e un lavoro per la donna più ricca di Testudo. Ce n’era a sufficienza per mandare fuori di testa il vecchio Johnny Rumble. “Apri quella diavolo di saracinesca, Catenaccio!” La cosa che mi turbava di più era il fatto che sembrasse davvero sincera. Insieme al terribile pensiero che uccidere il vecchio Ranucci fosse l’unico modo per sfuggire alla sua furia assassina. Ed è stato proprio in quel momento che ho avuto una delle migliori idee che il mio cervello a scolapasta potesse partorire. “Dimmi un po’, Zio Archie, ce l’hai ancora quella telecamera davanti all’ingresso?” “Per tutte le sanguisughe mutanti del lago Michigan, certo che ce l’ho ancora!” Lo zio Archiebold aveva novant’anni, ma sapeva ancora come mandare avanti un’attività in un quartiere pericoloso come quello. Anzi, due attività. Un negozio di copertura e una rivendita di droga. “Un vero gioiellino, corazzata e a prova di esplosione, collegata a un sistema d’allarme che potrebbe svegliare il sindaco Carter in persona. È l’unico modo per evitare che quei dannati teppisti cerchino di entrare ogni notte. Vuoi sapere cosa ho fatto all’ultimo ladruncolo che mi ha scassinato la serranda?” “Non ora,” gli ho detto, tagliando corto. “Puoi caricare il video su una scheda di memoria?” “Ma certo! Ne ho comprata una cassa da un predone che le aveva rubat… ehm… che le aveva acquistate all’ingrosso.” Girando di nuovo la testa verso la serranda, mi rivolsi alla moglie di Ranucci. “Hai sentito, tesoro? Ti venderò a tuo marito, per fargli capire che sono dalla sua parte. Mi dispiace da morire, credimi, ma è così che deve finire questa storia. Ti conviene cominciare a fuggire, perché nessuno si salva dalla furia di Ranucci.” “Maledetto,” ringhiò la donna dei miei sogni dall’altra parte della saracinesca. “Io mi fidavo di te. Ma questa città rende tutti dei bastardi.” Un colpo di mano sul metallo, come un ultimo saluto, e la moglie di Ranucci scomparve per sempre dalla mia vita. Ma le visite, per quel giorno, non erano ancora finite.

***

Stavo ancora pensando a come recapitare la scheda di memoria al signor Ranucci, quando un altro genere di colpo si infranse contro la saracinesca della bottega. Un colpo di fucile. “Vieni fuori, vigliacco!” La voce roca e sgraziata appartiene a un tizio che ho incontrato poco tempo prima. Un tizio con l’aspetto di un bufalo. “Sì, vieni fuori. Devo ancora ringraziarti per avermi azzoppato.” Il commento proviene da una voce identica alla prima, che probabilmente appartiene al suo fratello gemello, sforacchiato dalla pistola del mio amico Bronco. Un altro colpo di fucile apre una breccia nella saracinesca. Il buco piuttosto piccolo, ma riesco a intravedere la brutta faccia di uno dei due tizi. Sparo un colpo di avvertimento, ma i pallettoni del mio fucile non riescono a oltrepassare il metallo del serramento e non sono così fortunato da centrare il foro. Ricarico in fretta, ma il gemello è già pronto ad aprire di nuovo il fuoco. Il suo fucile anticarro oltrepassa il ferro come se fosse burro. Il buco nella saracinesca si allarga ancora. E il fratello ci infila dentro una granata. “Bomba!” Grido, vedendo scivolare l’ordigno all’interno del retrobottega, mentre comincio a correre verso l’uscita sul retro – una pesante porta tagliafuoco. “Tutti fuori!” Dice lo zio Archie, spingendo sul maniglione antipanico della porta d’acciaio e precipitandosi fuori con l’agilità di un ventenne. Johnny lo segue a ruota e io vengo sbalzato all’esterno dal fragore dell’esplosione. La bottega dello zio Archiebold è stata sventrata dalla bomba. Assieme al legno marcio e alla lamiera di cui era composta, probabilmente, sono andate perdute anche diverse migliaia di corazze sotto forma di droghe illegali. E la scheda di memoria? Spero davvero che lo zio Archiebold non l’abbia lasciata da qualche parte là dentro, dopo averci copiato il filmato che poteva salvarci la vita. Sempre se riuscirò a sopravvivere, s’intende. Sono stordito dall’esplosione. Mi fischiano le orecchie. Ho la vista annebbiata. Sento lo zio Archie e il suo amato nipote dire qualcosa, ma le parole mi arrivano ovattate. Delle mani mi toccano, si infilano nelle tasche del mio giubbino di pelle. Sento qualcuno che comincia a correre. Mi stanno derubando? Se hanno preso la chiave della mia PodeRossa, tornerò come fantasma per divorarli, lo giuro. Volto la testa verso la baracca in macerie e vedo, in mezzo al fumo e alle fiamme, emergere due forme scure. I gemelli-bufalo. Uno di loro solleva verso di me il suo fucile e si prepara a portare a termine la missione. La mia unica speranza è che il detective Bronco mi salvi di nuovo da quell’uomo, come ha già fatto una volta. Ma non succederà mai. Anche lui mi ha abbandonato, fingendo di andare a cercare rinforzi per salvarsi la vita. Faccio un respiro profondo e mi preparo a morire. Non pensavo che sarebbe finita così, giustiziato da uno sgherro qualunque nel bel mezzo di Fast-Food Lawn. Ma in fin dei conti tutta la mia vita è stata volgare e banale. Perché mai sarei dovuto morire da eroe? Chiudo gli occhi. Quanto ci vorrà, prima che sia tutto finito?

***

Sento delle voci di bambini. Sembra che si stiano divertendo. Il paradiso è un posto strano, mi dico. Ci rifletto ancora un momento. Con i miei trascorsi, come diavolo ho fatto a finire in paradiso? Forse dovrei aprire gli occhi e scoprire se queste grida appartengono a tanti angioletti o a un esercito di giovani diavoli. Mi faccio coraggio e sollevo le palpebre. Sono decisamente dei diavoli. La scena che mi si presenta davanti è davvero assurda. Un fiume di ragazzini ha assalito i due sgherri di Ranucci. Ci sono adolescenti e bambini che saltano da tutte le parti, urlando a squarciagola e ridendo di gusto. Due di loro stanno litigando per il fucile dell’uomo-bufalo, che devono avergli strappato dalle mani. Una piccola squadra sta legando strette le due guardie del corpo con delle funi da pesca. Nel mezzo di questa follia collettiva, riconosco il mio salvatore che avanza col petto gonfio d’orgoglio, maestoso come la statua di un santo e ugualmente pronto a ricevere la mia adorazione. “Bronco,” gli dico, quando è abbastanza vicino da potermi sentire. “Come diavolo ci sei riuscito?” “Per fare l’investigatore privato, devi avere qualche contatto con le gang di strada, no? Le baby-gang di Fast-Food Lawn sono facili da corrompere. A proposito, hai un debito con loro: cinquecento hamburger sintetici e duemila corazze di mancia.” “La mia vita vale così poco?” Gli domando. “No, ma loro non lo sanno,” ribatte Bronco, ridacchiando. “In ogni caso, Ranucci tornerà a cercarci. Siamo spacciati. È un vero peccato, ero quasi riuscito a guadagnarmi il suo perdono. C’era un video che poteva salvarmi, ma credo che sia andato distrutto. Dobbiamo andarcene di qui. Forse troveremo un modo per fuggire da Testudo.” Infilo in tasca la mano per controllare se il mio portafoglio è davvero sparito, e le mie dita urtano un piccolo oggetto di plastica. Una scheda di memoria.

 
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from Klaus

casa

Quando arrivai davanti alla porta di casa, che affiancava quella del laboratorio di mio padre, sapevo che a quell'ora non li avrei trovati lì, ma controllai comunque l'integrità del meccanismo anti intrusione che il vecchio aveva installato. Proseguii verso il fiume, poco distante, e li vidi di fronte della lapide di mio fratello Karl. I miei genitori, in piedi, si sorreggevano a vicenda, tenendosi la mano, in silenzio. Solo il vento tra me foglie si permetteva di disturbare quel momento così intimo, tale che anche io, loro figlio, attesi qualche istante prima di giungere al loro fianco. Erano passati un paio d'anni ormai dalla morte di mio fratello, ma le interiora si contorcevano ancora come fosse accaduto il giorno prima. Ci sedemmo lì davanti, sulla panchina che era stata ricavata da un tronco, ed ognuno di noi si raccolse a suo modo; io vagai per i ricordi d'infanzia, ricordando poi l'avventura appena trascorsa.

Mio padre fu il primo ad alzarsi. Poco dopo tornammo a casa, e durante il breve tragitto ci furono solo sospiri, nessuna domanda, e solo dopo aver varcato la porta di casa, mi abbracciarono, felici di non aver perso un altro figlio. Mia madre, Gaia, si mise ai fornelli, sapeva come conquistarmi il palato e, durante i preparativi, volle sapere se mi sarei fermato solo per pranzo, ben felice dopo la mia risposta di apprendere che mi sarei trattenuto per qualche giorno. “Vado a preparare la tua camera” mi disse, come se non sapessi che in realtà era sempre pronta, pulita, e con le lenzuola fresche. Ma facevo finta di niente tutte le volte. La porta nel piccolo salotto dava direttamente sul laboratorio di papà.

Lab

Cedric era un maestro nell'arte della lavorazione del legno, un inventore, e veniva spesso commissionato da persone di ogni rango e ceto sociale per semplicemente aggiustare una sedia, per costruire qualche marchingegno, o per creare meraviglie tecnologiche. “Non aver paura di osare” diceva, “Dagli sbagli nascono le cose migliori”. Attraversai la porta del laboratorio e fui pervaso dall'odore del legno, dal calore della piccola forgia in fondo alla stanza, e meravigliato dai tanti progetti appesi alle pareti. Tutto era molto ordinato, ogni cassetto aveva inciso cosa avrebbe dovuto contenere, gli scaffali ben organizzati e gli attrezzi appesi mai a caso. Al momento mio padre era di spalle nei pressi della fornace, intento a lavorare proprio uno dei rami che avevo visto pochi giorni prima nella foresta, al fine di scaldarne le venature per poterlo modellare con più facilità. Interruppe quello che stava facendo solo un istante, quando sentì la porta chiudersi, ma non si voltò, “Ciao ragazzo” disse e proseguì nelle sue faccende. Era un brav'uomo, un buon padre, un tempo ricolmo di gioia e calore per i suoi figli, ma la ferita era ancora aperta, e il tempo che tanto ci aspetti risolva ogni male, non bastava. Ricordando le parole del curatore, chiesi a mio padre se potessi usare alcuni dei suoi attrezzi e materiali per occuparmi del mio vecchio passatempo, “costruire avventure”, così lo chiamavo da bambino. Mio padre interruppe le sue faccende, si voltò, e sorrise.

 
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from la tana di Belzebu

Di Social, di Woke, di emancipazione ed altre schiocchezze

Da un po' non mi accuccio nella mia tana, ma effettivamente tempo e risorse fisiche a parte è anche la voglia che manca, perché se è anche vero che di tanto in tanto la mia irriducibile voglia di confronto si palesa feroce alle porte del mio animo è altresì vero che questa viene regolarmente frustrata dell'iniquità degli argomenti che mi capita di leggere e sentire a suffragio di parabiliche teorie sul costrume, sulla mentalità e sulla direzione del mondo. social_woke Sono tuttavia affascinato da sempre dal doppiopesismo naturalmente artificiale del pensiero comune, dilagante, ma si lo scrivo "main stream" che fissa nel muro dell'assoluto con chiodi di burro concetti che come quadri stanchi finiscono inevitabilmente per sfracellarsi al suolo, non abbiamo nemmeno più bisogno di stuzzicare troppo gli interlocutori ormai. E' divertente, è adorabile come la femminista media convinta posti un selfie di se stessa, in una situazione di vita quotidiana, per certi aspetti molto sensuale, con tutto il sacrosanto diritto di farlo e la benedizione del creato intero, ma poi lo rimuova per qualche motivo a noi ingnoto, messaggi privati ? Dai maschi cisgender arrapati destroidi femminicidi e stupratori (potenziali) ? Probabile, certamente non da orsi marsicani che si apprestano ad affrontare la stagione invernale e con i quali sarebbe quantomeno più sicuro relazionarsi. Oppure che so messaggi da moderatori illuminati che si stracciano le vesti per ribadire la genialità e la superba maestranza nell'arte della fotografia, chiedendo alla nostra protagonista come sia stato possibile realizzare un selfie così profondo e ben struttrato ? Chi l'avesse aiutata, presupponendo che da sola non sarebbe mai stata in grado ? "Ehhh Cattivone!", in quell'opera che cambierà per sempre il concetto stesso di autoritratto fotografico ? Per sentirsi rispondere che è bastato impostare il timer ed apoggiare il telefono sulla poltrona di fronte... Che dio ci risparmi poi dalle affinità intellettuali che avvicinano le persone sulla scorta di condivisti gusti per gli scacchi su capi di abbilgliamento differenti e collocati nei rispettivi armadi... Traduzione raffinata di cose antiche come il mondo. Dicevo è divertente, come quando si partecipi ad un evento tradizionale, patriarcale ed antico, anche se questo viene "ripulito" dalle umane cafonate appartenenti ad una cultura di serie B, utile solo a generare morte e frustrazione, divertente, ma anche interessante, come il "Lui" maschio eterosessuale diventi "tenero", docile, "innamorato", cessando di colpo il suo essere naturale, manlevato dalla responsabilità morale di crimini indicibili ed appartenenti al solo universo "maschile" ma con le dovute manleve per gli amici. Amici degli amici e pregiudzio a gogò per tutto il resto. Se non hai il lascia passare dal treno non scendi buon viaggio! E mentre sul mondo piovono bombe, i cercapersone esplodono e noi tutti guardiamo ammirati ad operazioni "speciali", a prove generali di invasione, con avvenimenti che dovrebbero portarci ad una consapevolezza di come le cose si stiano accartocciando, molti si lanciano in ulteriori e rinvigorite polemice politicamente corrette, con Gramellini che dal coporate banking di cui fa parte ci dice che la frase "viva la gnocca..." è sessista, una sorta di violenza verbale nei confronti delle donne, ree solo di essere le depositarie della gnocca. Sarà para sessista anche "grazie al cazzo" ? Oppure "sti cazzi" ? E se dico a qualcuno un bel "che cazzo vuoi!" ?. Beh di cazzi e fighe in bocca ne abbiamo tantissimi alcuni solo lessicali per altri... beati loro... Utenti lasciano i social scrivendo malinconici epitaffi sul loro sentirsi fuori dalla comunità, e li capisco e hanno ragione, perché anche mostrare e dimostrare di adottare uno stile di vita non social, privo della tossicità che questo comporta, ha una contradizzione in termini se poi per non avere un social blu, criticabile giustamente e legittimimaente si costruisce un social giallo che inevitabilmente con il tempo al crescere di frequentezioni si ammalerà di quella "sana" mediocrità umana, non siamo tutti Gramsci, ce lo dobbiamo dire, dobbiamo essere onestamente feroci con noi stessi se vogliamo spremere anche una sola goccia di onestà sempre da noi stessi. In un vecchio e bellissimo film il diavolo raccontava di quanto la vanità fosse il suo peccato preferito, ed è così che funziona, l'apprezzamento, le lusinghe come la pizza piacciono a tutti, non banalizziamoci raccontando qualcosa che sappiamo e fingendo stupore... Perché se continueremo a stupirci di stupide ovvietà non potremmo mai davvero comprendere quanto le cose possano essere "belle" al di là della presunta banalità

 
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