RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Questa è la morte, rinascita e momenti seguenti del noto alchimista Starec Zosima, un anti racconto contro le storie non volute e non cercate, uno scoprire muscoli, scolpire marmi e rifinire forme incomplete che nascono spontaneamente da fessure e violenza nel martellare e dolcezza nel levigare. Troppo radicato nella realtà, troppo vittima dell’apparenza, incapace di distinguere ma solo di pensare, non di riflettere ma alla ricerca continua ed estenuante di risposte e soprattutto soluzioni per questa umanità incoerente, egoista, vuota ma non era solo questo che sarà dopo, in principio solo un leggero dubbio; le strade erano così ben battute e i confini così visibili e rassicuranti e sicuramente sarebbe potuta finire così ma cosa è cambiato infine dopo tutte queste rinascite, cosa è davvero cambiato, la sicurezza di aver battuto le strade è aumentata e ora si sta di fronte a dirupi ingabbiati tra strette montagne scavate da singole molecole di acqua di un fiume ormai scomparso ma non solo il caldo torrido, anche terremoti lenti, movimenti di placche tettoniche e corsi deviati e irrigazione e questo terreno serve per produrre energia in modo ecologico e questo terreno è sacro incalpestabile, fu il luogo della nascita e della morte e sempre così sarà luogo di morte e si possono solo recitare i nuovi canti e può di nuovo essere bagnato solo dal sangue. La musica non è mai davvero libertà e ha fallito il suo antico scopo ma mai fallito ma sempre oppressione e incasellamento e modellazione nel nome del dio nell’attuale forma lecita e schema e ricerca dell’animale più grasso da uccidere nutrito con alimenti privi di pesticidi con terreni nutriti solo dal sole e acqua piovana ma sempre gabbia ma se pure un campo enorme in cui pascolare brucare razzolare, sempre la morte incombe, se pure la morte non sia la fine sempre limitata la scelta possibile, sì uomo colto ma quale vita, sì uomo colto cosa ti interessa, sì uomo colto smetti di chiedere, smetti di volere e lascia infine questo animale, lascialo sbagliare e rincorrere i suoi sogni istintivi di morire ucciso dopo aver combattuto e sopravvivere a lunghi inverni e estinguere se sarà necessario, l’obiettivo è sempre vendere e vendere e mangiare e soffrire il più possibile, in un mondo di sofferenza e violenza non può che vincere quello che procura più violenza e sofferenza e sta tutto qua nel comprendere quanto sia vero tutto ciò, quanto pensare diversamente possa cambiare l’umanità, quanto in fondo una speranza esiste nel non cadere nel solito baratro che ciclicamente si ripresenta da cui ciclicamente si esce ma sempre più ammaccati.

La ricerca non è che un percorso senza strade con colline e montagne e lune bombardate da meteoriti confusi da forze troppo più grandi di loro che portano vita e oro e spezzati e divorati da ambizioni e caduti anch’essi. Zosima vide il bagaglio che un antico essere vivente si trascinava, così pieno di materiali rari e preziosi e coralli da sembrare un fondale marino e di alcool proveniente da navi mercantili distrutti da cannoni di navi mercantili perché la mano invisibile forse un giorno davvero ha funzionato, prima erano sì ricchi e potenti ma non così influenti e distinti con cappelli neri e uno spiccato gusto estetico e sigari e sempre enormi campi di tabacco e luoghi in cui produrlo e polmoni pieni zeppi di ego ma quale ego essere vivente, non sei diverso dal miscredente, tutto era lontano e indietro nel tempo come stelle lontane e nel passato ma adesso le vediamo così come furono e non sapremo mai come sono adesso e sicuramente sono già tutte morte mutate e altre ne sono nate esplose e la luce è già stata assorbita e così la vita e così la speranza ma chi ci crede più nella speranza. E si chiese se fosse superfluo questo bagaglio, essere vivente ma dove vai, perché vai e vaghi non saresti più leggero senza, non saresti davvero senza, l’antico essere vivente non se ne liberò mai e mai dubitò, sicuramente, ma rimaneva solo quello, tutto sacrificò in nome del bagaglio, nulla esiste all’infuori del bagaglio e Zosima lo accettò e accettò il nulla che rappresentava, ma tutti hanno un bagaglio, sapeva Zosima, anche Zosima stesso e fece molto per esso ma lo Starec per la prima volta accettò l’altro con le sue fragilità che erano le stesse di Zosima. E per la prima volta Zosima ancora Starec ma non alchimista vibrò o almeno per la prima volta venne scritto, questo antico essere vivente suscitò qualcosa, l’importante è capire e non è importante cosa e come e perché ma farlo con ardore, sciogliendo invisibili grovigli fatti di intenzioni fraintese in attesa di agire. L’ora alchimista usò la forza necessaria e concentrandosi quello che serviva e dimenticandosi buona parte delle intenzioni creò il fuoco e la scintilla divampò e proruppe.

La fiamma era stranamente calda, di un calda calma portatrice di una tranquillità insolita, non era e non poté mai essere reale, la realtà era per gli stolti e quella fiamma era incomprensibile e quindi inreale. E quel giorno divenne alchimista e imparò a usare la fiamma e si bruciò diverse volte e le cicatrici divennero putrefatte e pezzi di carne iniziarono a staccarsi e usò la fiamma correttamente e dalla putrescenza nacquero prima dei rami secchi e dopo nuvole dense. E i rami secchi non fiorirono mai se non alla fine dei tempi quando il bordo iniziava a farsi così sottile, era possibile vedere dall’altra parte e ricominciare il passaggio fuori e dentro fuori e dentro. L’alchimista comprese, si può comprendere fuori da se e fuori dal fuori da se si può continuare a crescere e non tollerò più avanzi di morte e le menzogne e l’omertà dell’essere vivente e come i primi uomini prima della completa e totale sofferenza, prima della schiavitù, prima delle leggi e scoprì infine l’alchimista Zosima, prima della parola, c’erano esseri viventi umani folgorati dall’ape gruppo sciame e dal suo creare e dal suo rettilineo intuito. Rivisse in pochi istanti il tempo e gli esseri viventi umani iniziarono a unirsi, a scegliersi in gruppi, a lottare per una regina e a costruire un alveare e a lottare per quello e altre mille regine e mille alveari e lo spazio era sempre meno e sempre più il nettare da produrre e da adesso basta produrlo, facciamo produrre così da trarne il miele così dolce, ancora più dolce se regalato come la vita, regalato come la vita, sempre è sempre il risultato di violenza. Il singolo soldato aveva fame, troppe furono le carestie e i diluvi e c’era da vivere e lavorare per la regina e magiare e fecondare e mangiare e lavorare. L’ape dal suo nutrire non poté che imitare nella forma l’abitazione sua suo polline e il fiore guardando solo la vita formò clorofilla. E capì, costruire palazzi così alti non ci rende diversi, dentro non c’è più miele e questa regina da sfamare e non c’è più un mondo da salvare. Lavorare e lavorare rende stanchi e la macchina pretende e gli esseri umani concedono finché hanno forza operai alati, i sogni non sono per loro ma per quella lurida regina che vuole sempre di più e gli daremo di più di più e fiamma e fiamma! A forza di scrivere trascrivere ricordare a memoria recitare far finta di aver odiato abbastanza hanno vinto i potenti con la loro schiavitù costante e sistematica e bruciando e annegando e soffocando e usando tutto e troppo e mai abbastanza e scegliendo sempre parzialmente la totalità che gli esseri umani rappresentano così da farli perdere perdere perdere. E ritrovarsi forse mai e sperate esseri viventi umani che sia mai, vuol dire il percorso è lungo e siete all’inizio e venite dalla fine.

Lo Starec Zosima alchimista sparì, fuggì, si nascose, pregò vari Dei tutti inesistenti e pieni di belle parole di sale marcio sporco e nero con sfumature viola inquinamento che prende fuoco e contagia. Lo Starec disse: “Dio è la massima espressione della percezione, il mio Dio è la mia forza ora che percepisco il mondo, cibo, gatto, fringuello”. L’alchimista Starec si domandò: “Che differenza c’è dal campo arato che tanto odiavi?”. Alla fine tutto in questa aggregazione umana fondata sul denaro non può che schiavizzare chi non ne ha e chi ne vorrebbe avere ma sarà fermato in tempo anzi con il suo tempo, sarà breve, perso a inseguire un sogno di qualcun’altro, sì era il suo ma non per sua scelta, sì era sua nata da un desiderio, un istinto troppo più forte e incisivo di quanto possa un essere vivente amato fin troppo distinguere e capire e capire e no non capirà mai. E lo Starec disse: “E ora ho questi due soldi mi fate schifo, voi poveri. Ma va bene anche l'amore al posto dei due soldi, che schifo i poveri d'amore soli”. Amore denaro amore denaro ne voglio di più, sì godere fammi godere ancora di più, echi nati nel passato ma con estrema forza rimbombano ancora e ancora. E lo Starec chiese: “Ma quando sarai troppo vecchio per lavorare, ricorderai del bel tempo speso in cui eri forte? O dirai chi me l'ha fatto fare e ancora dove sono i miei ricordi?”. Essere vivente stolto al servizio di un Dio per liberarti dall’angoscia di essere inutile, consapevole di esserlo quanto meno stolto e non di essere al servizio di un Dio per liberarti dall’angoscia, questo mai è inaudito, lui ci ha donato la vita, devo possedere e vincolare ma è la paura che ti guida, liberati infine, ammetti ciò che ti terrorizza e vivi fuori da te e non scusarti così velocemente, la mia ira non si è ancora placata. E sì, lo chiese più volte e non ricevette risposta, nessuno volle ascoltarlo ma in realtà non lo chiese che a se stesso e se stesso non volle ascoltarlo, il lavoro era urgente, le scadenze erano prossime, dall’altezza più irraggiungibile come il sole e i suoi raggi li toccano e ne furono così lieti, così caldi sono, che tepore provocano, che tepore, che gioia, che tepore, che gioia, che gioia.

L’alchimista creò il dolore a se stesso a causa della sofferenza e dell’immagine di se stesso riflessa in specchi altrui. E si rivide sconfitto e trafitto infinite volte. Quelle immagini erano così nitide con contorni così ben definiti da averlo illuso e ancora illusioni dovette ammettere l’odio Zosima e lo ammise. E si illuse a tal punto da entrare nello specchio e vivere nei panni di lui e dall’altra parte scorse se stesso e si illuse ancora, nulla di tutto ciò è mai esisto e pensò di vederlo e pensò di urlare: “Tu sei beato, stolto, ignori chi sei e cosa sono gli altri, tu vivi in pace!” così pensò di urlare lo Starec ma non parlò a se stesso, parlò a un essere vivente che umiliò Zosima lo Starec l’alchimista, l’essere vivente insegnò allo Starec, sì gli esseri viventi che subiscono il potere lo odiano e nei limiti delle loro possibilità lo affrontano a prescindere dal loro intelletto, consapevolezza, stato sociale. Urlò ancora e sentì un eco eterno, ciclico che dalle sue corde vocali fino alle labbra fuggì lontano per poi arrivare alle orecchie con una forza uguale a come uscì e dalle orecchie il flusso raggiunse i polmoni e il ventre si gonfiò e pure le spalle e la gola e ancora sentì vibrare e l’eco continuò almeno per un’eternità e sicuramente durò di più, venne tra noi a raccontarlo, spezzò l’anello, si attorcigliò fino a scomparire dall’altra parte e da tutte le possibili altre parti, tutto falso Zosima era nel piano dell’illusione, così ferito da non distinguere più se stesso gli altri. Zosima in quel periodo non era morto e utilizzò il potere delle fiamma che amplificava la percezione con cui entrò dentro i pensieri di alcuni essere viventi ma erano tutte illusioni erano i suoi pensieri dentro loro e di loro scorse solo quello che gli esseri viventi mostravano e delle volte fu sufficiente anche se si chiese Zosima se fosse davvero così, se è possibile comprendere un vita in pochi istanti di utilizzo della fiamma, la fiamma fece diventare Zosima un alchimista scopritore di sentieri ma la fiamma era sempre esterna allo Starec, la fiamma era una forza che lo divorava, la fiamma era tutto per l’alchimista. Zosima percorse le vie degli esseri viventi e la fiamma gli permise di confondersi tra loro e godere e gioire ma sempre di se stesso e perdersi ancora ma sia le vie che gli esseri viventi erano devitalizzate non morte nella morte si rinasce ma vive senza scopo vive senza slancio spinta intenzione e comprese Zosima così erano e iniziò a disimparare e chiese: “hai iniziato il tuo percorso per disimparare?” a chi se non a se stesso e agli esseri viventi stolti tutti vittime di voi stessi e della vostra superbia ammettete di essere nulla ammettete che non esistete in quanto non comprendete il tutto esiste solo dio. Poi riempì i nuovi vuoti imparando di nuovo e meglio sugli altri esseri viventi su se stesso c’era così tanto spazio e chiese: “hai riempito i nuovi vuoti come quando eri bambino?” e infine: “ma con giochi diversi, ma con errori più grandi” Gli errori sì siano benedetti mai ne saranno abbastanza e mai smetterà di averne bisogno e questa dipendenza dagli errori lo guidò e sì certo ne fu lieto ogni istante ogni momento contemplò l’amore e l’abbraccio intimo e segreto e così avvolgente da sparire là e ritrovarsi ancora nello stesso punto ma più sbiadito e leggero ma non meno libero e vorace di sapere e sapere era così gradevole che non smise se non nei momenti di sconforto che però che gioia che gioia.

L’alchimista nel suo viaggio incontrò un essere vivente che gli servì un pasto e già qua servire, come si può volere essere serviti, come ci si può porre così in alto, così in basso servili a volere essere schiacciati a volere sempre di più a sfruttare sempre meglio indistintamente. Non cambia se si è animali o stranieri in paesi stranieri diversi, eravamo tutti uguali un tempo sicuramente, non cambia mai niente, la violenza è la ragione, è solo quello che muove e fa muovere, con la violenza si guadagna, non si può attendere come alberi pazienti che il nutrimento venga generato da graziosi e luminosi raggi caldi e buoni e lacrime almeno, un oceano di acqua salata. Lo Starec l’alchimista disse “non chiamarmi signore, ti prego faccio continuamente incubi insultami piuttosto così che possa acquietarmi anzi no, continua così,. che me ne faccio delle quiete”. L’alchimista volle rifugiarsi lontano e ad alta quota perché terrorizzato dall’aumento del livello del mare, le conseguenze erano reali, era finito il tempo dei racconti, tutto stava convergendo, il mare si stava alzando, i ghiacci si stavano sciogliendo, le coste stavano scomparendo, l’entro terra stava bruciando, i popoli stavano fuggendo. E delle guerre e delle innumerevoli sempre singole, la pace temporanea illude quelli che si fanno illudere da parole troppo belle per essere dette pubblicamente, la guerra inorridisce sempre chi la perde ma a certe condizioni che invece ad altre la alimenta e sicuramente chi la vince ne è fiero, solo così, solo grazie ad essa il mondo è l’incantevole giardino in cui viviamo, un giardino però circondato da miseria, un giardino innaffiato con il sangue, un giardino che verrà divorato dal mare, da infiniti oceani fatti da ghiacci sciolti e disse “rifugiamoci in case a 300 metri sul livello del mare, così forse non sfolleremo con gli altri” ma ovviamente siamo troppi e tutti sfolleremo e tutti periremo è così tragica la fine perché siamo effettivamente alla fine così vicino ad essa che vediamo i bordi e di là il nulla. L’alchimista nel suo vagare condizionato dalla fiamma, dal vento che fa muovere la fiamma e la fa traballare e a volte la spegne e deciso trovò un essere vivente con cui condivise paranoie e frustrazioni, anch’esso fu alchimista ma fu travolto senza dubbio dalla fiamma lo divorò a tal punto a diventare fiamma anch’esso. L’essere vivente prendeva quello che rimaneva e a forza di usare emozioni consumate si consumò a sua volta e divenne carburante e comburente contemporaneamente questo fa la fiamma alchemica quando divora. Festeggiò feste improvvisate e creò la società odierna formata da gruppi di primati seguiti da altri primati danzanti. E non fece differenza tra amici consumanti e amori consumati tutto era sfilacciato al punto da spezzarsi e tutto mancava e tutto era desiderato perché mancante e tutto era così pieno di malinconia e sogni troppo lontani per avere il coraggio di inseguirli. E la paranoia non lo abbandonò mai e si chiese fino all’ultimo se tutto ciò fosse reale e se valeva la pena preoccuparsi così tanto. Lo Starec continuò a fare compagnia all’essere vivente, a studiarlo e a imparare. E poi come sempre accade nei rispettivi silenzi si chiesero “ma domani ci sarà il sole?”.

L’alchimista Zosima viaggiava da un luogo ad un altro grazie ai suoi indumenti carichi di ricordi e scoprì non era il solo e come lui anche altri ma con oggetti diversi e i viaggi erano molteplici dentro e fuori. Un essere vivente lo colpì per il poco coraggio e divenne addirittura un oggetto anch’esso; è quello che accade quando ci si dimentica si è vivi, si può rischiare, il denaro non è mai la risposta, è solo un mezzo per alcune risposte banali sempre in seguito a domande banali, ci sono gli infiniti universi percepiti da sciogliere e districare, il filo lega tutto, questa catena markoviana di eventi esiste e c’è sempre stata in tutte le sue variabili possibili. L’alchimista nel suo vagare non era solo, non era così folle da percorrere il nulla da solo senza una guida. Una guida fatta da una luce così limpida e giusta che poté concentrarsi solo sulle marginalità che lo assorbirono e la luce non vacillò nemmeno per un attimo e la luce invece vacillò come tutte le cose, il tremolio dato dell’incertezza colpisce. La luce era comunque un evento sopravvissuto alla violenza e quindi plasmata da essa, tutto è evento. “O luce” disse lo Starec Zosima, l’alchimista che scoprì e usò la fiamma, ne fu quasi travolto, dubitò dell’amore che è solo accettazione, non volere ma solo voler dare incondizionatamente, solo annullare per esistere eguali e così l’umanità tutta accettare e dare a tutti e tornare ad essere dio, amore totale, globale, universale ma alla luce guida, lo Starec Zosima chiese “ma quelle lacrime sono per me?”. Zosima ancora fraintese, la sofferenza non è mai uguale. E la luce non sentì e anche se avesse sentito cosa mai avrebbe potuto dire, l’alchimista era solo all’inizio e troppo c’era da fare, da pensare e credere. Conobbe vari esseri e con alcuni non parlò mai ma la danza li univa, nella danza li capì, una danza che è sempre manifestazione della fiamma collettiva, del comune inganno, con richieste di aiuto e fraintendimenti e proiezioni questo era e continuò ad essere. L’alchimista Zosima mise in dubbio tutte le sue certezze che si erano radicate rendendolo schiavo di un meccanismo che scricchiola, l’alchimista Starec non stava più capendo e la fiamma lo stava prendendo completamente. E iniziò a divenire fiamma, a danzare e provò un piacere che lo pervase; gli esseri viventi sono tutti pazzi, caricature estreme che riempiono racconti, li mandano avanti, senza i racconti sono morti le paranoie sono il riflesso della realtà, concedeva una certa parte di se, incontrò se stesso e si conquistò e chiese se dovesse mentire e vide come è bella la vita anche a se stesso e di smettere di usare la fiamma perché sì la vita è scadente ma è pur sempre vita è che sono una donna perché è bello passeggiare, passeggiare sole.

Zosima capì non più tardi, il potere è nascosto, è pura prospettiva, dare gli esatti nomi alle cose non è democratico, durante il fascismo probabilmente non sarebbe stato antifascista, c’era sicuramente da ascoltare e pensare e riflettere e vivere, schierarsi fa gli interessi di qualcun altro, sì ma gli interessi di tutti dove sono, è vero anche questo essere vivente e lo Starec Zosima si dispiacque, alla fine il fascismo ha vinto se c’è tutto questo disinteresse, il fascismo è controllo e violenza, è facile dare la colpa fuori ma guardatevi dentro esseri viventi omertosi, giudicate con fermezza ma come farete se siete così poveri di ogni tipo di ricchezza se vi hanno tolto tutto pure voi stessi, ma quali altri esseri viventi, Zosima lo Starec al limite della sua trasformazione disse “Gli esseri viventi si modellano sulle loro esigenze, oggi impazzisco” una volta tornato dal sonno e sentì odore di fiori, fiori da funerale odore di morte e passando per sette risvegli incontrò per la prima volta il Buddha e passando per l’inferno trovò come la storia si ripete e ancora storie di proiezioni e nella ricerca assistette di nuovo ai frammenti del Buddha e ammirò segnali non percepiti, i sensi erano così pochi e poco attivi e ancora frantumi e pregò che fosse davvero una scoperta e che fosse pura e ancora polvere e storie e storie polverose e polvere così antica da essere raccontata e tutto facente parte del tutto ma solo una volta percepito e pianse e fu felice. Zosima lo Starec camminò tra gli esseri viventi umani e esseri viventi non umani per la società di esseri viventi umani e esseri viventi non umani, le strade percorse, le piazze di incontro tra esseri viventi umani tra di loro e esseri viventi non umani tra di loro e con esseri viventi umani erano parte fondamento nonostante la pazzia e i fiumi e i laghi e l’acqua sporca di vita e lì guardò sorridere e ringraziò. Lo Starc Zosima affacciatosi ad un burrone alto, scosceso, con grossi massi di pietra chiara volse lo sguardo oltre un orizzonte tranquillo, prometteva un abbraccio e un caldo tepore ma sempre dopo e sempre una lunga attesa, avverrà però in un attimo nel mentre l’alchimista cercherà ancora e ancora di capire e accrescere il godimento estremo e solo la luce rimarrà e solo una domanda “continuerò a perdermi nei miei pensieri?”. L’amore, sapeva bene l’alchimista Zosima, fu inventato tempo fa dalla sua mancanza, dall’imposizione, dal bisogno di fuggire lontano dagli obblighi nati per assecondare ambizioni di avi, ad anch’essi furono imposti e vollero fuggire lontano dagli obblighi nati per assecondare ambizioni di avi ma poi vollero dimenticare, ora gli obblighi erano loro e l’onore e l’essere escluso e questo bisogno di affetto, tutti sono soli e tutti vogliono respirare aria fresca quella mattutina di una primavera dopo molti giorni di pioggia e sole infine. Lo Starec Zosima capì, dopo varie eternità di matrimoni combinati, nacque l’amore come rifiuto dell’obbligo, anch’esso sì nato dall’amore dei padri e della condivisione reciproca della sofferenza delle madri e fratelli e sorelle e traumi e ancora lacrime ma poi la salvezza in città fortificate in vecchie cantine con ragni grandi almeno la metà di un essere umano vivente medio nella moda frequenza statistica guassiana curva con molta varianza e poca libertà, è tutto scritto e questo libero arbitrio ti libera solo da alcune fatiche ma ovviamente non da tutte e non dalle principali e amore solo per fuggire e per viaggiare lontano sempre. E Zosima l’alchimista capì, la fiamma e altri modi per alterare la coscienza per alterarla così tanto così bene così a fondo così da scavare scavare trovando gemme ma serve la luce per vedere quanto brillino, serve l’occhio per vedere, serve il sangue che scorre e un cuore che batte e che le mani possano toccare che le dita possano essere al loro posto e serve sì stare in piedi e continuare a barcollare e conoscere e perdersi perdersi e finalmente trovarsi.

Zosima lo Starec incontrò di nuovo se stesso, incontrò il dio del suo mondo e come tutte le divinità ambì all’eternità e volle essere rappresentato e disse e promise infinite ricchezze ovunque anche nel mondo senza lavoro dove l’ozio rende liberi dove si gode fino a non poterne più si vuole godere di più e promise e creo così l’arte o meglio l’arte di controllare ancora di più e meglio sì esprimetevi schiavi pensando a me sì che siate eternamente quando la mia eternità condannati a sentirvi liberi amandomi, qua e sempre qua tornerete, l’arte è puro controllo, l’arte non esiste sporchi stupidi esseri viventi umani non capirete e non capirete mai perché soffrite ma Zosima anche qua fallì, sì rinacque ma non comprese c’era ancora molto da uccidere e morire. Era insolito per chiunque passasse per le vie non imbattersi in esseri viventi non umani, questi erano già da diverso tempo irriconoscibili dagli esseri viventi umani. Tra loro gli esseri viventi comunicavano e questo comunicare piacque davvero ora sì agli esseri viventi non umani, questa prerogativa dei viventi era allettante sì questi elettroni che si legano e si fermano e sedimentano lacune peccati non dogmatici che si fugga dalle leggi e che questo ordine contro l’altro è sempre una lotta uno contro un altro non esiste un terzo, il terzo è sempre un po’ dei due la falsa trinità. Zosima disse alla chimera madre sconosciuta amica “sostituiscimi, io non ho saputo accettare il tuo affetto e tu non hai saputo capirmi o non hai voluto ma io d’altronde chi sono chi è mio figlio dov’è mio padre” innamorate della paura della propria fragile anima e Zosima era come loro almeno fino al quel giorno o lo era stato almeno in passato. Un giorno l’alchimista incontrò una giovane coppia che era già pronta per dormire in caldi vestiti pieni di leggendari ricami rappresentanti la loro infinita inadeguatezza “e ti immagino da vecchia molto più grassa e molto più felice” essere vivente troverai la pace e distintamente l’altro pensò così intensamente da poterlo sentire “vado a fare la spesa così prendo la mia ora d’aria da te”. Starec Zosima conobbe suo padre poco prima di vederlo morire intenzioni mancanza di coraggio e l’umanità sempre nascosta e mai cercata in verità mai andato oltre il minimo necessario per far terminare i discorsi e finalmente il silenzio. Luce o divina guida Zosima si nascose da essa e fece bene, la luce acceca, serviva nascondersi in profondità e vedere se questa luce serve davvero che poi servire è sicuramente troppo nulla serve davvero forse al massimo se la luce migliora il cammino se è più sostenibile se i dubbi diminuiscono ma ovviamente in quel momento non ci fu consapevolezza solo azione solo la luce in realtà non era abbastanza vicina ma comunque inevitabile chiuse quindi gli occhi e la luce non fu più. Al buio Zosima dovete ricorrere ad altri sensi per farsi guidare da se stesso e lo fece ma la luce esiste per essere guardata per scaldare è questo il suo scopo e la luce sparì del tutto. Tradito dalla luce ripeté alla luce “sei il male sei il male” quando era tutto pervaso dal fuoco quando camminare era così difficile che si cadeva su un terreno fatto di odio e insicurezza, la ricerca è così dolorosa ma il dolore fa lottare e se c’è abbastanza da bruciare e se non si ha il coraggio di cedere, la solitudine è semplice, non vale la pena perdersi, sensi di colpa illudono, non c’è colpa, i sensi spiegano sempre una parte e la follia continua a pervadere solo l’insicurezza “mi illudevo così tanto e così bene dove è la verità adesso?” non il centro qua pensò Zosima non certo vicino “la vita è dicotomica inspira espira e il passaggio?” come passare come fermarsi come procedere se non sbagliando fino errori sempre più sostanziosi di conseguenze e nel cielo una grande voragine luce tuono silenzio più niente da sentire buio più niente da vedere.

Zosima Starec viaggiò e conobbe molti esseri viventi e degli esseri viventi sapeva storie passate, le storie formarono gli esseri viventi e nel ciclo infinito si sedimentò come pioggia che porta altra pioggia che il punto è solo l’acqua per bere irrigare lavarsi e ancora sfruttamento. L’alchimista Zosima chiese agli esseri viventi e non ai maestri e decise di tornare dai maestri solo una volta trovata la montagna sacra ma non la trovò mai e non si fidò mai di loro, un maestro è tale se è sparito e i suoi lasciti sono solo bozze errate di quando era poco più di un essere vivente, non può perdere tempo, c’è da coltivare e contemplare e perdere tempo, un maestro è tale solo quando è morto e quando non è più ascoltato. Zosima rifiutò per molto tempo gli essere viventi “vi ho salvati insolenti non sapevate nemmeno di aver bisogno di aiuto” ma agli esseri viventi non interessava salvarsi, erano occupati a soddisfare padroni e mai loro stessi e se loro stessi comunque i loro stessi del passato o del futuro ma non del presente e quindi padroni, è impossibile capire e correggere per chi non ha coraggio, rinascere dalla vita avviene dopo le altre rinascite, i vecchi parlano con i bambini perché gli è sempre mancato essere bambini e giocare e dormire e un amore sconfinato e senza scopo che si frantuma. E dopo diverso tempo il vento smise di soffiare e il sole di scaldare e una nebbia polverosa invase il cielo e pioveva solo polvere e tutti gli sforzi dell’umanità furono vani, l’umanità quasi scomparve e fu un bene. Troppi i ricordi, troppe le scelte che sarebbero potute essere diverse e che li avrebbero fatti diventare diversi e travolti dai pensieri gli esseri viventi impazzirono e dalla solitudine senza scopo che pretende di abbracciare tutto e tutti e lasciare inerti ma vissero vissero schiacciatati senza respirare e combatterono e persero e come sempre persero la loro piccola lotta miserabile. Zosima lo Starec incontrò un essere vivente uno dei superstiti che gli disse leggere è come mettere lievito nella farina, l’alchimista ringraziò e l’essere vivente scomparve. Era un mago, prima della santità si è maghi a forza di fare una professione ci si ingabbia e quella professione non voleva essere fatta, tutti sognano solo di smettere di sognare, realtà e magia sono la stessa cosa, le intenzioni sono mosse dalle percezione, l’importante è percepire rivivere il passato l’eterno ritorno la famiglia che distrugge non trasforma, è tutto immobile e falso, morire è cambiare e non è l’ultimo cambiamento, è difficile accettare, non accettare crea incubi a chi non è accettato e il non accettato faticherà a ritrovarsi e commetterà i soliti errori e si dovrà guadagnare anche quel perdono, gli esseri viventi sono il risultato di migliaia di anni di traumi e nella grandezza del tempo anche i secondi importano, ogni singolo attimo ha contribuito. “Guardate che vi ascoltate soltanto quando pensate parlate ascoltate le stesse follie e folli comuni siete e siamo tutti pazzi” così lo Starec tra le fiamme auto generate parlò in silenzio ma rapidamente a tutti quelli che si trovò vicino, e gli esseri non poterono che bagnarsi di lacrime e spensero alberi e foreste e fondali pieni di petrolio presero fuoco e da questa cascata organica la follia fu chiara a tutti i presenti e la folla non poté che gemere i pazzi comuni e pazzi ancora di più.