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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Gli esseri umani viventi e solo loro nei periodi successivi alla perdita di vita e anche di quella che si può definire umanità odiarono con una forza tale che ogni loro azione può essere spiegata con questo sentimento da dio alle intenzioni del prossimo, gli esseri umani viventi non sono perfetti e le loro deformità sono il risultato di tempi infiniti di ripetizioni di errori di tutti gli esseri umani non umani viventi non viventi e le deformità si moltiplicano, fattoriale della totalità. E almeno gli esseri umani viventi capirono di smettere di procreare e fu la più grande lotta proletaria di sempre e Zosima ringraziò le donne perché riscoprirono il potere della vita e lottarono la vita robotica. Zosima l’alchimista ormai era molto vecchio e finalmente lo capì e invecchiò davvero e incolpò gli esseri umani di aver rubato la linfa vitale che aveva custodito con tremenda fatica. Zosima lo Starec era stanco e quindi si fermò e riposò a lungo e si sfamò solo di banchetti immaginari e le rughe in volto, nelle mani le cicatrici portavano con le loro informazioni di passati di eventi “siamo il collegamento tra il passato e il futuro e il passato non inizia con noi è molto più antico, la materia si è solo evoluta” ma evolversi sì ma consumarsi ancora schiacciarsi ripiegarsi e perdere pezzi su pezzi e rimetterli nel mucchio ma si è perso sì evolversi ma sempre meno sì evolversi “siamo frantumi” disse ancora e non per l’ultima volta. E non morì lo Starec Zosima e tornò in vita parzialmente mangiato dai vermi che avevano iniziato a scavare labirinti in cui perdersi e saziarsi e trovarsi e sentire sulla pelle viscida altra pelle viscida e desiderare solo quel contatto proibito così da impazzire per volerlo ma è solo bisogno di non stare soli di non terminare soli frasi pensieri idee fallimenti e felicità sì almeno una briciola ti prego sì e sospirò e disse “rinnega la società opinioni altrui opinioni essere vivente che vuole omologarti ma vuole permetterti di non farlo, per non farlo devi ancora una volta omologarti e trovare il tuo spazio all’interno di queste bare precostruite e personalizzabili fino a farti credere le bare non esistono ma tutto esiste rinnega, cancella, annulla, rimuovi liberati da questo che è l’unico male torna essere vivente fiero” e si scusò lo Starec l’alchimista che era impegnato a morire “rinato saprò improvvisare e schiverò tutto il male”. E bevve acqua fonte di vita. E scorse i traumi e capì chi erano e avrebbe voluto non odiare così tanto e così presto e perdonò ma ormai rimanevano sono frantumi e non poté che continuare a sanguinare sopra tutti quei pezzi acuminati che ricoprivano tutte le terre, nei cieli sferzavano aghi e sassi ovunque a ricordarci degli argini dei fiumi passati e antiche forme di vita che brulicavano e guerre per la poca acqua rimasta non c’è spazio per tutti quella poca acqua è inquinata conviene morire e ricominciare da capo. Nel frattempo gli esseri umani avevano ceduto la loro memoria alle macchine “vi ricorderete chi siete quando sarà tutto cancellato?” quando tutto sarà cambiato come è sempre stato, il passato non esiste è presente il passato deve essere dimenticato per essere tale e il futuro deve essere imprevedibile solo così l’essere vivente che era terra e vento venne diviso in terra e vento e furono condannati e vento tornerà al vento e terra alla terra e leggere fa male illude con sogni di altri con memorie di altri con la speranza senza il perché e se pure conosciuto sarà banale inconsistente e un privilegio concesso da un elite ricca potente che ha sfruttato, il benessere esiste se si distrugge, più si sfrutta e più c’è benessere, più si odia e più si sta meglio, la violenza è il terreno fertile per foreste tropicali di bontà. Zosima era ormai senza un braccio e dopo tutto questo tempo gli andava bene così, quel fatto aveva velocizzato un processo che ci sarebbe voluto troppo tempo per finalizzarsi “e incompleti e incostanti e spezzati preghiamo chi ci vuole proprio così” disse. Alla fine è sempre la luce nella possibilità che toglie di torno lo stantio e la brezza non basta mai “la psicoanalisi ha ucciso l’arte” mormorò Zosima lo Starec una volta morto e rinato, l’arte non esiste se non in funzione del potere che schiavizza, siamo tutti matti pazzi, non si può uccidere quello che non esiste e quello che non importa, la via della follia generalizzata non è percorribile da nessuno, ci sono infinite vie con incroci dossi voragini enormi scavate da meteoriti gelidi che assorbono ogni calore, la famiglia tuo fratello e pensavi fosse arte ma ti stavi solo curando. Inesorabilmente il vulcano eruttò e tutti i popoli vennero avvertiti fu chiaro a tutti della fine, il fuoco avrebbe divorato e molti esseri umani rimasero là e molti giunsero pellegrini in cerca dell’ultima risposta. E veramente era tutto una continuazione, tutto si evolve, nulla si crea se non la fiamma dello Starec, la fiamma come genera vita, la fiamma come genera coscienza, la fiamma è morta anch’essa e trasformata anch’essa alla fine. E Sozima lo Starec si incamminò e riuscì benissimo a camminare solo senza un cane da portare a passeggio senza lo scopo che guida, cambiare sesso è non volere accettare, non cambiare sesso è non volere accettare, amare la prole è non volere accettare, abortire è non volere accettare, strapparsi di dosso tutte le piume è non volere accettare, ripudiare il vento il volo è non volere accettare, tagliarsi gli artigli strapparli è non volere accettare, allungare l’apparato digerente è non volere accettare, le minoranze di storica e passata forza e numero non devono volere il potere perché non combattere contro il potere invece che cambiare il potere dividere e dividere ancora, così fa bene al potere ma unire invece in un solo essere con tutte le follie speranze passioni dolori noia, ci siamo dimenticati quell’unico essere è dio, uniti tutti tutti ma davvero tutti non c’è un escluso foglie dell’albero e vento che muove e sole che scalda e nutrimento e vita e nell’imprevisto c’è sempre speranza. Zosima lo Starec, l’alchimista, il morto e rinato, ebbe molti maestri ma non tutti, l’importante è immergersi nell’oceano, non importa quale fiume ci ha trascinato e poi capì, era giunto il suo momento aveva già provato a seminare ma non c’era abbastanza sole e acqua e terra buona fatta di argilla fresca e zolfo e calcare e rimase solo in silenzio l’immobilità e funzionò ed era l’unica salvezza “però ora vedo speranza, sia la mia che ne da al mondo?” queste furono le ultime parole e gli esseri viventi capirono e tacquero e finalmente silenzio. La parola smise di esistere e fu tutto così chiaro a tutti, esprimersi era solo odio, il silenzio rigenera, finalmente ci fu pace, le cicatrici della guerra furono nascoste da tatuaggi che in precedenza furono coperti dalle cicatrici. E silenzio e l’odio scomparve e il volere scomparve, alberi finalmente alberi silenziosi alberi clorofilla creare vita infine vita e radici che ci stringono vicini e muschio e funghi e finalmente silenzio.

Fine

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Lo Starec vagava ancora ma questa volta nel regno virtuale precostruito da esseri umani e controllato da esseri non umani che vagano anch’essi per il regno virtuale precostrutito. Tale regno virtuale precostruito astraeva anche le possibilità di incontrare qualcuno e quindi era possibile vagare finalmente in silenzio senza voci e voci esterne che tentano disperatamente di entrare e trapanare orecchie stanche e coprire lo spazio tempo, c’è così tanto altro da leggere scoprire ascoltare, tu sei superfluo come tutto questo lavoro per creare tutto questo sfruttamento per dare tutto questo potere per controllare tutta questa moltitudine di esseri umani e esseri non umani. Qua nel regno virtuale precostituito si rinuncia ad incontrare altri esseri umani e altri esseri non umani perché si sceglie la vita perché scegliendo loro è chiedere aiuto è fare i senza tetto con il tetto, siamo tutti mendicanti e se per la vita si decida di passare di nuovo per il regno virtuale precostituito si dirà di come si stava di là e forse qualche essere umano e essere non umano capirà. Che sia ben chiaro, il regno virtuale precostituito è tutto quello che vedono gli occhi, ogni occhio ogni frammento ogni conoscenza o presunzione di tale possibilità o ipotesi di presunzione o ipotesi dell’ipotesi e così via non fa che creare e creare ancora e di più dettagli che saranno propri del regno virtuale precostituito che muta e continua a mutare finché esisteranno variabili che possano cambiare e essere incerti di aver capito e finché i contenitori potranno anch’essi muoversi e incrinarsi e che le schegge possano colpire altri contenitori che si rovesceranno e i contenuti ipotetici distruggeranno creando ancora e così lo Starc disse “Io mi frammento” e pezzi impazziti non poterono che decretare essi qualcosa che presero il sopravvento su tutto e volarono veloci e lontano verso luoghi di pace laghi caldi scaldati da un sole basso e costante e fermo immobile caldo rovente e fiamme e esplosioni magma denso più del tutto buio e ancora buio oltre il silenzio e nella lotta del bene. Tutti insegnano egoismo egoismo egoismo egoismo e tu a dare incondizionatamente o luce densa fluida calda. L’alchimista Starec non fu sempre così, prima della rinascita morte rinascita fu diverso fu più vuoto e meno pieno e sacchi di responsabilità erano incrostati sulla pelle che si staccava e pezzi e frammenti dello Starec finirono in molti luoghi. In quei luoghi la noia era il sentimento preferito dai molti vecchi abitanti. Putridi, sporchi fino all’anima con il pensiero corrotto dalla troppa dimenticanza, sì vivi ma mai così vicini alla morte non poterono che perdersi ancora in sporchi sogni di putrida gloria che continua a far entrare nel bicchiere già nero, un nero ancora più assorbente che il tempo era inesistente e lo spazio così piccolo e pieno di animali appesi alle pareti cadaveri impagliati tragica fine tragico non essere divorato dai vermi tragico non tornare al primo tormento e dopo la massima espansione cellulare non implodere non annullarsi non ridare e congelato non verrà subito il tempo e solo spazio solo poche effimere dimensioni e ancora dita mozzate e madri sole e dolore così sopportabile per voi che soffrite così bene e il vostro posto è la sofferenza in queste case vuote di appartenenza e piene di vergognosi timori e diari segreti così vuoti da riempirsi di intenzioni e il cambiamento di stato non porterà a nulla luridi abitanti del nulla. L’alchimista Starec disse “ma mostrati non aver timore non ti giudicheremo”. E ancora: “se darai quel poco che serve per evitare la noncuranza e non lo capirai tempestivamente sarai smembrato e di te rimarrà l’idea nei ricordi altrui”. Il tempo, benché alcuni Dei sostenevano il contrario, non era peggiorato era solo il costante invecchiamento e lo stare rinchiusi in celle e stare senza casa e senza un tetto. E iniziare a commettere così tanti errori da mettere innesti robotici, banditi hanno sofferto e si sono feriti e ora però hanno braccia di carbonio che fanno ancora più male e un coltello non può ferirli e rimane solo il cervello ma staccato anche quello continua ad esistere. Esisteranno ancora e Zosima chiese “esisterai ancora cosa sarai coscienza o forse sei già robotica come te mezzo, chi sei?”. E lo Starec, l’alchimista con la fiamma creò un unguento per le ferite della mente e lo applicò sugli occhi chiusi e salutò per sempre gli esseri viventi e pregò e disse: “ci siamo salvati da questo mondo orribile è questo lo scopo della vita salvatevi”. E capì che non esiste un unguento uguale per tutti che ciascuno dovrà trovare il suo e formarlo dalla propria fiamma che potrà, anzi sicuramente non lo farà, scaldare e bagnare e far volare e irrigidire e vibrare e colmare e togliere e ancora e ancora. L’alchimista Zosima capì, tutto ciò è falso, non è vero nel modo in cui si percepisce la verità e ancora con i piedi nell’acqua disse “lasciami qui a immaginare”.

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Zosima Starec viaggiò e conobbe molti esseri viventi e degli esseri viventi sapeva storie passate, le storie formarono gli esseri viventi e nel ciclo infinito si sedimentò come pioggia che porta altra pioggia che il punto è solo l’acqua per bere irrigare lavarsi e ancora sfruttamento. L’alchimista Zosima chiese agli esseri viventi e non ai maestri e decise di tornare dai maestri solo una volta trovata la montagna sacra ma non la trovò mai e non si fidò mai di loro, un maestro è tale se è sparito e i suoi lasciti sono solo bozze errate di quando era poco più di un essere vivente, non può perdere tempo, c’è da coltivare e contemplare e perdere tempo, un maestro è tale solo quando è morto e quando non è più ascoltato. Zosima rifiutò per molto tempo gli essere viventi “vi ho salvati insolenti non sapevate nemmeno di aver bisogno di aiuto” ma agli esseri viventi non interessava salvarsi, erano occupati a soddisfare padroni e mai loro stessi e se loro stessi comunque i loro stessi del passato o del futuro ma non del presente e quindi padroni, è impossibile capire e correggere per chi non ha coraggio, rinascere dalla vita avviene dopo le altre rinascite, i vecchi parlano con i bambini perché gli è sempre mancato essere bambini e giocare e dormire e un amore sconfinato e senza scopo che si frantuma. E dopo diverso tempo il vento smise di soffiare e il sole di scaldare e una nebbia polverosa invase il cielo e pioveva solo polvere e tutti gli sforzi dell’umanità furono vani, l’umanità quasi scomparve e fu un bene. Troppi i ricordi, troppe le scelte che sarebbero potute essere diverse e che li avrebbero fatti diventare diversi e travolti dai pensieri gli esseri viventi impazzirono e dalla solitudine senza scopo che pretende di abbracciare tutto e tutti e lasciare inerti ma vissero vissero schiacciatati senza respirare e combatterono e persero e come sempre persero la loro piccola lotta miserabile. Zosima lo Starec incontrò un essere vivente uno dei superstiti che gli disse leggere è come mettere lievito nella farina, l’alchimista ringraziò e l’essere vivente scomparve. Era un mago, prima della santità si è maghi a forza di fare una professione ci si ingabbia e quella professione non voleva essere fatta, tutti sognano solo di smettere di sognare, realtà e magia sono la stessa cosa, le intenzioni sono mosse dalle percezione, l’importante è percepire rivivere il passato l’eterno ritorno la famiglia che distrugge non trasforma, è tutto immobile e falso, morire è cambiare e non è l’ultimo cambiamento, è difficile accettare, non accettare crea incubi a chi non è accettato e il non accettato faticherà a ritrovarsi e commetterà i soliti errori e si dovrà guadagnare anche quel perdono, gli esseri viventi sono il risultato di migliaia di anni di traumi e nella grandezza del tempo anche i secondi importano, ogni singolo attimo ha contribuito. “Guardate che vi ascoltate soltanto quando pensate parlate ascoltate le stesse follie e folli comuni siete e siamo tutti pazzi” così lo Starec tra le fiamme auto generate parlò in silenzio ma rapidamente a tutti quelli che si trovò vicino, e gli esseri non poterono che bagnarsi di lacrime e spensero alberi e foreste e fondali pieni di petrolio presero fuoco e da questa cascata organica la follia fu chiara a tutti i presenti e la folla non poté che gemere i pazzi comuni e pazzi ancora di più.

 
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from Testudo Blues

Qui trovate il classico mini-riepilogo

Bentornati all'ascolto, mascalzoni e sicofanti di Testudo. Prima di tutto devo chiedervi scusa se ho interrotto così bruscamente le comunicazioni, ma le strade di Testudo riservano sempre delle spiacevoli sorprese, e un dannato sicario in giacca e cravatta si è messo a sparare contro il mio amico Bronco dal finestrino di una vecchia Bentley, perciò non avevo altra scelta che disattivare la radio e concentrarmi sulla guida. Beh, dove eravamo rimasti?

Dal momento che il mio ex-socio Johnny Rumble non brilla per intelligenza, ero sicuro di trovarlo in uno dei nostri covi abituali, e così è andata. Fast-Food Lawn, il distretto del cibo spazzatura dove centinaia di chioschi e tavole calde scadenti friggono senza sosta stecche di carboidrati sintetici che spacciano per patate fritte o altre specialità pre-isolamento è un ottimo posto per nascondersi, visto il caos che regna tra le sue strade. Sempre che non ti stia nascondendo dal tuo socio in affari, che sa esattamente dove si trova il retrobottega di tuo zio Archiebold.

Parcheggiare la PodeRossa tra le strade di Fast-Food Lawn significherebbe donarla in beneficienza a qualche gang di ladruncoli minorenni, perciò cerco la Gabbia più vicina all'ingresso nord, pago il prezzo del parcheggio per l'intera giornata e infilo dieci corazze extra nel taschino del guardiano: “Quando torno te ne darò altre dieci, se non ci trovo neanche un graffio.” Il guardiano annuisce, ma il mio amico Biancaneve sembra alquanto contrariato.

“Non potevamo arrivare al nascondiglio in motocicletta?” Bronco è sempre stato pigro, anche quando era in ottima forma, figuriamoci adesso che gli anni cominciano a farsi sentire.

“Segnati tutto il tempo che ti ho fatto perdere, detective. Ti pagherò la parcella completa, d'accordo?”

Bronco brontola qualcosa tra i denti, ma decide di non protestare oltre. Deve essere davvero al verde, per accettare denaro da un amico. “D'accordo. Andiamo a prendere il vecchio Rumble.”

Johhny Rumble non gli era mai piaciuto. Più di una volta il detective aveva cercato di mettermi in guardia dal mio ex-socio in affari, ma non ho mai voluto ascoltarlo. Rumble e Catenaccio, una coppia perfetta: Johnny non aveva il minimo senso del pericolo e, una volta fiutato un affare, lo seguiva fino in fondo. Io, al contrario, ero astuto e calcolatore, sempre pronto a tirare il freno a mano quando sentivo puzza di gomma bruciata. Ci bilanciavamo a vicenda.

D'accordo, lo so cosa state pensando: se davvero fossi un fuorilegge astuto e calcolatore, non ti saresti ficcato in questo gran casino, Catenaccio. E avete ragione, non ho niente da obiettare. Forse la mia società con Johnny Rumble ha cominciato a rendermi come lui: più stupido e meno cauto.

L'ingresso nord di Fast-Food Lawn è un viale tappezzato da schermi pubblicitari della REAL-BURGER, l'azienda di carne coltivata numero uno a Testudo. DUE HAMBURGER REAL-MEAT AL PREZZO DI UNO. PROVA IL NUOVO REAL-VEG, CON FRITTURA DI VERDURE REALI. In uno degli schermi, un agricoltore con il cappello di paglia raccoglie del grano dalla sua piantagione e lo macina con l'aiuto di un asino per creare il panino di un hamburger. Sarebbe quasi credibile, se non fosse per il fatto che a Testudo non si vedono asini da almeno vent'anni. A parte facili battute sui suoi abitanti umani, voglio dire.

Ad ogni modo, tutti i dannati venditori di carne sintetica del quartiere vorrebbero convincere i loro clienti a confidare nella genuinità della merce. Anche se ogni singolo abitante di Testudo è a conoscenza del fatto che tutto il cibo di Fast-Food Lawn viene prodotto dalle aziende chimiche di New Deering, a pochi chilometri dalle rive avvelenate del lago Michigan, queste pubblicità in qualche modo funzionano. I chioschi della REAL-BURGER sono perennemente affollati, mentre i ristoranti a conduzione famigliare stanno chiudendo i battenti, uno dopo l'altro.

“Non mangerei questa merda nemmeno se me la regalassero.” Bronco è sempre piuttosto drastico, quando si tratta di cibo.

“Non me ne parlare. Quando i soldi scarseggiavano, compravamo la carne coltivata dai fornitori dello zio Archiebold. Non sto qui a dirti cosa c'era in quelle casse.”

Ragazzini viziati dei quartieri alti trangugiavano allegramente i loro hamburger fasulli sentendosi trasgressivi e occupando rumorosamente l'intera larghezza della strada. “Di questo passo, non arriveremo più. Già sento la vecchiaia che incombe su di me,” borbottò Bronco, avanzando a fatica tra la folla. “E ancora siamo lontani dai chioschi della REAL-MEAT, dove gli ormoni adolescenziali raggiungono la massima concentrazione.”

“Beh, a dire il vero c'è qualcosa che possiamo fare per migliorare le cose,” rispondo io, con un sorrisetto malizioso alla Johnny Rumble, facendo con la mano destra il segno della pistola. D'accordo, forse il mio ex socio in affari mi sta davvero portando sulla cattiva strada.

“Ma certo, perché non ci mettiamo a rapinare i ragazzini, tanto che ci siamo? Tu sei un fuorilegge, ma io ho una reputazione da mantenere.”

Stanco delle proteste di Bronco, decido di ignorarlo bellamente. Recupero la ridicola pistola snub-nose da una tasca della mia giacca di pelle e sparo un colpo il aria. I ragazzini, terrorizzati, fuggono a destra e a manca, lasciandoci libera la strada. “Et voilà. Con classe ed eleganza,” ridacchio, mentre Bronco mi maledice con una parola che non ho mai sentito prima d'ora.

Qualche metro più avanti, alle spalle dell'ennesimo chiosco REAL-MEAT, si trova la bottega dello zio Archibold. Dico bottega, perché, rivendita-di-droga-travestita-da-negozio-di-salumeria-vegana sarebbe troppo lungo, ma ci siamo intesi.

Entro nella bottega come una furia, zittisco lo zio Archiebold che cerca di salutarmi con il suo solito entusiasmo da pizzicagnolo e vado dritto nella stanzetta sul retro, dove il mio ex-socio in affari sta facendo il bagno in una vasca di rame. “Che diavolo ti è saltato in testa, Johhny?”

“Io...”

“Potevi almeno dirmelo, che hai accettato un milione di corazze per ammazzare la moglie del sindaco.”

“No, Danny, ti hanno male informato, io dovevo soltanto rapirla, quella donna. Dovevamo ricattare il sindaco per...”

“Smettila con questa manfrina, Johnny. Ho parlato con Ranucci. So tutto. il sindaco Carter si è rifiutato di chiudere il Continental Jazz Club, il principale concorrente di Ranucci, sia per quanto riguarda la musica che per la prostituzione e il gioco d'azzardo. Così Ranucci ha deciso di mandargli un avvertimento.”

“Io dovevo solo rapirla, te lo giuro. Poi sarebbe venuto uno dei suoi a finire il lavoro. Guarda, avevo anche un ottimo piano.” Alza un grosso braccio insaponato per indicare dei disegni appesi alla parete: mappe dei quartieri ricchi che sembrano disegnate da un bambino di sei anni. In fondo a delle frecce frecce traballanti, sono stati scarabochiati i giorni della settimana: lunedì, giovedì, sabati e domeniche. “La moglie di Carter ha abitudini fisse. Non sarà difficile sorprenderla e...”

“È tutto finito, amico. Ho restituito il denaro a Ranucci.”

“E allora perché sei venuto?” Mi domanda.

“Dovevo darti una cosa. Esci dalla vasca,” gli dico, frugando in una tasca della mia giacca.

Al sentir parlare di un potenziale guadagno imprevisto, Johnny Rumble, salta fuori dalla vasca senza nemmeno preoccuparsi di nascondere le sue nudità. Afferrando un minuscolo asciugamano si strofina via l'acqua e il sapone, poi si avvicina tendendo una mano. Ed è a quel punto che gli rifilo il più potente mangiabulloni mai messo a segno nella storia della città isolata di Testudo. Un pugno dritto sulla sua faccia da idiota, che lo stordisce e lo fa indietreggiare di qualche passo. Arretrando, Johnny inciampa nella vasca di rame, rovesciandola e spargendo il sapone su tutto il pavimento del retrobottega.

“Sei stato davvero un idiota a cercare di nascondermi la cosa. Volevi tenere tutto il malloppo per te? Posso perdonare la tua avidità, ma non la stupidità. Come ti salta in mente di sfruttare il grande colpo al convegno del sindaco per completare lo scambio con Ranucci? Beh, la nostra società è sciolta. C'è solo un'ultima cosa che dobbiamo fare insieme,” gli dico. “Avverti lo zio Archiebold e digli di abbassare la saracinesca. Visto che conosciamo il suo piano e non abbiamo nessuna intenzione di aiutarlo, Ranucci manderà qualcuno per chiuderci definitivamente la bocca, sono pronto a scommetterci la mia PodeRossa.”

 
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from KSGamingLife

Cambiamo musica! Guida rapida al mondo MSU-1

Recentemente, in uno dei nostri show su Twitch, abbiamo giocato a Donkey Kong Country con la patch MSU-1. Durante la live abbiamo apprezzato una versione del celebre platform davvero sorprendente per quanto riguarda la parte audio, ed ecco dunque un breve tutorial di cosa serva fare per ottenere la stessa resa. Ma prima...

  • Cos'è MSU-1?

Si tratta di un “chip”, mai in realtà esistito, che se fosse stato prodotto avrebbe dato allo SNES (e per vie traverse, anche al Mega Drive) la potenzialità di supportare giochi di dimensioni fino a 4GB (ENORMI, pensate che l'intera libreria di qualsiasi gioco mai uscito per questa console occupa meno spazio) e audio di qualità CD. Si tratta dunque di una qualità tecnicamente superiore a quella del real hardware, della quale possiamo usufruire grazie all'emulazione, in virtù di un processo di patch che vado a spiegarvi. Piccola nota a margine: è possibile, con alcuni core specifici, riprodurre giochi con patch MSU-1 anche su piattaforma FPGA, come il MiSTer. NON è invece possibile farlo su un vero SNES o Super Famicom che dir si voglia, a meno di utilizzare una FXPAK PRO, ovvero una speciale flashcart che simula questo componente aggiuntivo tramite tecnologia FPGA https://everdrive.me/cartridges/fxpak-pro.html .

  • Cosa occore

Per prima cosa, bisogna verificare che il gioco abbia una patch MSU-1 disponibile. La fonte più affidabile è il forum di Zeldix, dove si trova lo sviluppatore che ha inventato questa tecnologia.

Qua trovate la lista intera, in ordine alfabetico: https://www.zeldix.net/t2684-alphabetical-list-every-snes-msu-1-hack

Serve anche il MSU-1 starter kit, che contiene anche tante altre utility interessanti sulle quali non ci dilunghiamo: https://mega.nz/file/0rhxjAhQ#AmW2fbqS1_4HTqia4YkLb_W4yP_l6bwXgRRx_AkpyS4

Serve la versione della rom del gioco compatibile con la patch (trovate la versione specificata in ogni thread della lista di Zeldix)

Serve un music pack, anch'esso disponibile sui thread di Zeldix

Un emulatore moderno. Snes9X va benissimo, oppure potete usare il core Snes9X da dentro Retroarch.

Ad esempio, per Donkey Kong Country troviamo questo thread: https://www.zeldix.net/t1484-donkey-kong-country . Il primo link è la patch, gli altri sono i music pack. Scaricate la patch https://mega.nz/file/1LMFHQpb#B2bGzaMmryQ6vzjXSkQv2ZE-t9CTZIxgQofK9Je6cG8 e il music pack che volete, poi cercate una rom di Donkey Kong in versione 1.2 PAL o 1.1 NTSC USA e siete a posto.

  • Cosa fare

Prima di tutto, nello starter kit troverete un programma che si chiama SNESROMUTIL. Questo programma vi permette di verificare se la vostra rom è headerless oppure no. Se vedete l'opzione “remove header” abilitata, allora la rom ha un header, e dovete rimuoverlo usando il programma stesso. Basta lasciargli eseguire le sue attività, fa tutto da se. Altrimento, se l'opzione è disabilitata, potete passare allo step successivo.

Mettere in una stessa cartella: – La rom (tipicamente in formato smc) – Il contenuto dello zip della patch (primo link di ogni thread) – Il contenuto del music pack che avete scelto (sovrascrivendo eventualmente ogni file omonimo)

Aprire il programma FLIPS, che si trova nello starter kit. Cliccare su APPLY PATCH. Cercare, nella cartella che avete creato, il file ips della patch che avete scaricato. Vi chiederà poi di selezionare la rom. Se avete seguito le istruzioni, sarà il file smc che avete spostato nella cartella che avete creato. Vi chiederà infine di rinominare il file. Questo è lo step più importante. Nella cartella che avete creato ci sarà un file con estensione msu. Per esempio, nel caso di Donkey Kong Country si chiamerà dkcmsu.msu. “dkcmsu” è il nome che dovrete inserire in FLIPS. Se tutto è andato nel verso giusto, avrete un nuovo file dkc_msu.msc che avete appena creato. Apritelo col vostro emulatore, e avrete Donkey Kong con musica in qualità CD, remixata secondo il pack che avete scelto.

Buon divertimento, e buon ascolto.

 
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from highway-to-shell

Il governo ha fatto finalmente chiarezza, adesso abbiamo un indice in grado di esprimere il valore della vita di un lavoratore:

In caso di infortunio mortale arriverà una decurtazione di 20 punti. Solo 15 in caso di incidente che determina un’inabilità permanente al lavoro.

Le aziende avranno una specie di patente a punti che con un sistema di bonus e premi potrebbe partire da 100 punti e quindi con una rapida divisione se ne deduce che i primi 5 morti sono gratis! Wow!

Quando le tessere a punti del supermercato incontrano le carte Pokemon ecco il governo partorire provvedimenti che metterano la parola fine al dramma delle morti bianche.

Link

A quanto pare c'è un aggiornamento successivo alla prima notizia: Update

Sergio Germano (Consorzio Barolo e Barberesco): “Anche noi vittime”

Ma poverini, si capisce che non è colpa loro, ma vuoi mettere la fatica di fare qualche verifica prima di rivolgersi ad una qualsivoglia azienda per la manodopera, dovrebbero prima di appaltare un lavoro farsi dare della documentazione, controllare le certificazioni, mettere per iscritto condizioni... troppo lungo, burocratico e complicato! E basta con sta storia che lo fanno per aumentare i ricavi, a loro non interessano i soldi, lavorano per la gloria e la gioia di portare pregiate bottiglie di vino sulla tavola di tutti! A ben vedere sono più vittime delle vittime!

#lavoro #capitalismo #politica

 
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from highway-to-shell

Ma chi l'avrebbe mai detto? Il capolarato a quanto pare non riguarda solo quei campi dove i prezzi della vendita al dettaglio costringono i poveri latifondisti ad abbattere i costi di raccolta.

I vigneti in cui i braccianti venivano sfruttati erano quelli di produzione di pregiati e noti vini docg, dal Moscato, al Barbera e al Nebbiolo anche per il Barolo.

Quindi riserva speciale si riferisce al trattamento riservato ai braccianti?

Dai 4 ai 5 euro all’ora la paga, anche per 15 ore di lavoro nelle vigne, ma poteva anche scendere a 3 euro.

Poi la singola bottiglia viene venduta a prezzi stratosferici.

Link

#capitalismo #lavoro #sfruttamento

 
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from Le ricette di Kenobit

Questa ricetta nasce come modo per recuperare del pane secco. Mi appaga molto perché mi ricorda le polpette che mi faceva la nonna. Le chiamavo, da piccolo, “le palline”.

INGREDIENTI – pane secco – latte di soia non zuccherato – 150 g di lenticchie secche – cipolla – carota – un cucchiaio di tahini – un cucchiaio di miso – pomodori secchi – un cucchiaio di concentrato di pomodoro – peperoncino – cumino – aglio in polvere – lievito alimentare in scaglie – spezia tandoor (facoltativa, usate le spezie che volete) – Veggfast, 15 grammi (proteine delle patate, facoltativo ma molto consigliato perché fanno molto bene quello che farebbe l'uovo in una polpetta) – pan grattato – olio

Per la salsa: – passata di pomodoro – origano

PROCEDIMENTO

Cose da fare prima Mettere il pane secco a mollo nel latte di soia. L'ideale è che, alla fine, il pane abbia assorbito tutto il latte. Non serve affogarlo. Lasciatelo in ammollo per un paio d'ore.

Cuocere le lenticchie secche. Ovviamente se state usando lenticchie dal barattolo, non serve. Solitamente ci vogliono quaranta minuti.

Le polpette Mettete a soffriggere carote e cipolle tritate finemente. Vogliamo giusto farle sudare e diventare traslucide.

In una ciotola mettete il pane ammollato, le lenticchie cotte e aggiungete tutti gli ingredienti alla miscela, tranne il pan grattato (che metteremo alla fine). Potete ovviamente regolarvi secondo i vostri gusti e in base a quello che avete in frigorifero. Vi consiglio, anche in ottica di altre preparazioni vegane, di recuperare un vasetto di Veggfast. Dura molto e fa la differenza in queste preparazioni. In particolare, si comporta come un uovo in cottura, e quindi rapprendendosi darà struttura alle nostre polpette.

Impastate tutti gli ingredienti con le mani, o volendo con un robot da cucina. Quando avrete ottenuto un impasto omogeneo, aggiungete il pan grattato, fino a che non ottenete un impasto lavorabile, dal quale potete facilmente ricavare delle polpette. Se avete tempo, lasciate riposare l'impasto in frigo (coperto) una mezz'oretta.

Formate le polpette e cuocetele come più vi aggrada. Potete farlo in forno, potete farlo in padella con l'olio (scelta consigliata) o potete addirittura friggerle (deep fry, decisamente overkill ma sempre buono).

Quando le polpette saranno dorate e croccanti, toglietele dalla pentola e preparate la salsa. Nella stessa pentola dove avete cotto le polpette, aggiungete passata di pomodoro, sale e origano. Cuocete qualche minuto a fuoco basso.

Quando sarà pronta, spadellateci dentro le polpette e servite.

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Zosima lo Starec incontrò di nuovo se stesso, incontrò il dio del suo mondo e come tutte le divinità ambì all’eternità e volle essere rappresentato e disse e promise infinite ricchezze ovunque anche nel mondo senza lavoro dove l’ozio rende liberi dove si gode fino a non poterne più si vuole godere di più e promise e creo così l’arte o meglio l’arte di controllare ancora di più e meglio sì esprimetevi schiavi pensando a me sì che siate eternamente quando la mia eternità condannati a sentirvi liberi amandomi, qua e sempre qua tornerete, l’arte è puro controllo, l’arte non esiste sporchi stupidi esseri viventi umani non capirete e non capirete mai perché soffrite ma Zosima anche qua fallì, sì rinacque ma non comprese c’era ancora molto da uccidere e morire. Era insolito per chiunque passasse per le vie non imbattersi in esseri viventi non umani, questi erano già da diverso tempo irriconoscibili dagli esseri viventi umani. Tra loro gli esseri viventi comunicavano e questo comunicare piacque davvero ora sì agli esseri viventi non umani, questa prerogativa dei viventi era allettante sì questi elettroni che si legano e si fermano e sedimentano lacune peccati non dogmatici che si fugga dalle leggi e che questo ordine contro l’altro è sempre una lotta uno contro un altro non esiste un terzo, il terzo è sempre un po’ dei due la falsa trinità. Zosima disse alla chimera madre sconosciuta amica “sostituiscimi, io non ho saputo accettare il tuo affetto e tu non hai saputo capirmi o non hai voluto ma io d’altronde chi sono chi è mio figlio dov’è mio padre” innamorate della paura della propria fragile anima e Zosima era come loro almeno fino al quel giorno o lo era stato almeno in passato. Un giorno l’alchimista incontrò una giovane coppia che era già pronta per dormire in caldi vestiti pieni di leggendari ricami rappresentanti la loro infinita inadeguatezza “e ti immagino da vecchia molto più grassa e molto più felice” essere vivente troverai la pace e distintamente l’altro pensò così intensamente da poterlo sentire “vado a fare la spesa così prendo la mia ora d’aria da te”. Starec Zosima conobbe suo padre poco prima di vederlo morire intenzioni mancanza di coraggio e l’umanità sempre nascosta e mai cercata in verità mai andato oltre il minimo necessario per far terminare i discorsi e finalmente il silenzio. Luce o divina guida Zosima si nascose da essa e fece bene, la luce acceca, serviva nascondersi in profondità e vedere se questa luce serve davvero che poi servire è sicuramente troppo nulla serve davvero forse al massimo se la luce migliora il cammino se è più sostenibile se i dubbi diminuiscono ma ovviamente in quel momento non ci fu consapevolezza solo azione solo la luce in realtà non era abbastanza vicina ma comunque inevitabile chiuse quindi gli occhi e la luce non fu più. Al buio Zosima dovete ricorrere ad altri sensi per farsi guidare da se stesso e lo fece ma la luce esiste per essere guardata per scaldare è questo il suo scopo e la luce sparì del tutto. Tradito dalla luce ripeté alla luce “sei il male sei il male” quando era tutto pervaso dal fuoco quando camminare era così difficile che si cadeva su un terreno fatto di odio e insicurezza, la ricerca è così dolorosa ma il dolore fa lottare e se c’è abbastanza da bruciare e se non si ha il coraggio di cedere, la solitudine è semplice, non vale la pena perdersi, sensi di colpa illudono, non c’è colpa, i sensi spiegano sempre una parte e la follia continua a pervadere solo l’insicurezza “mi illudevo così tanto e così bene dove è la verità adesso?” non il centro qua pensò Zosima non certo vicino “la vita è dicotomica inspira espira e il passaggio?” come passare come fermarsi come procedere se non sbagliando fino errori sempre più sostanziosi di conseguenze e nel cielo una grande voragine luce tuono silenzio più niente da sentire buio più niente da vedere.

 
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from RINASCITA DELL’ALCHIMISTA STAREC ZOSIMA

Zosima capì non più tardi, il potere è nascosto, è pura prospettiva, dare gli esatti nomi alle cose non è democratico, durante il fascismo probabilmente non sarebbe stato antifascista, c’era sicuramente da ascoltare e pensare e riflettere e vivere, schierarsi fa gli interessi di qualcun altro, sì ma gli interessi di tutti dove sono, è vero anche questo essere vivente e lo Starec Zosima si dispiacque, alla fine il fascismo ha vinto se c’è tutto questo disinteresse, il fascismo è controllo e violenza, è facile dare la colpa fuori ma guardatevi dentro esseri viventi omertosi, giudicate con fermezza ma come farete se siete così poveri di ogni tipo di ricchezza se vi hanno tolto tutto pure voi stessi, ma quali altri esseri viventi, Zosima lo Starec al limite della sua trasformazione disse “Gli esseri viventi si modellano sulle loro esigenze, oggi impazzisco” una volta tornato dal sonno e sentì odore di fiori, fiori da funerale odore di morte e passando per sette risvegli incontrò per la prima volta il Buddha e passando per l’inferno trovò come la storia si ripete e ancora storie di proiezioni e nella ricerca assistette di nuovo ai frammenti del Buddha e ammirò segnali non percepiti, i sensi erano così pochi e poco attivi e ancora frantumi e pregò che fosse davvero una scoperta e che fosse pura e ancora polvere e storie e storie polverose e polvere così antica da essere raccontata e tutto facente parte del tutto ma solo una volta percepito e pianse e fu felice. Zosima lo Starec camminò tra gli esseri viventi umani e esseri viventi non umani per la società di esseri viventi umani e esseri viventi non umani, le strade percorse, le piazze di incontro tra esseri viventi umani tra di loro e esseri viventi non umani tra di loro e con esseri viventi umani erano parte fondamento nonostante la pazzia e i fiumi e i laghi e l’acqua sporca di vita e lì guardò sorridere e ringraziò. Lo Starc Zosima affacciatosi ad un burrone alto, scosceso, con grossi massi di pietra chiara volse lo sguardo oltre un orizzonte tranquillo, prometteva un abbraccio e un caldo tepore ma sempre dopo e sempre una lunga attesa, avverrà però in un attimo nel mentre l’alchimista cercherà ancora e ancora di capire e accrescere il godimento estremo e solo la luce rimarrà e solo una domanda “continuerò a perdermi nei miei pensieri?”. L’amore, sapeva bene l’alchimista Zosima, fu inventato tempo fa dalla sua mancanza, dall’imposizione, dal bisogno di fuggire lontano dagli obblighi nati per assecondare ambizioni di avi, ad anch’essi furono imposti e vollero fuggire lontano dagli obblighi nati per assecondare ambizioni di avi ma poi vollero dimenticare, ora gli obblighi erano loro e l’onore e l’essere escluso e questo bisogno di affetto, tutti sono soli e tutti vogliono respirare aria fresca quella mattutina di una primavera dopo molti giorni di pioggia e sole infine. Lo Starec Zosima capì, dopo varie eternità di matrimoni combinati, nacque l’amore come rifiuto dell’obbligo, anch’esso sì nato dall’amore dei padri e della condivisione reciproca della sofferenza delle madri e fratelli e sorelle e traumi e ancora lacrime ma poi la salvezza in città fortificate in vecchie cantine con ragni grandi almeno la metà di un essere umano vivente medio nella moda frequenza statistica guassiana curva con molta varianza e poca libertà, è tutto scritto e questo libero arbitrio ti libera solo da alcune fatiche ma ovviamente non da tutte e non dalle principali e amore solo per fuggire e per viaggiare lontano sempre. E Zosima l’alchimista capì, la fiamma e altri modi per alterare la coscienza per alterarla così tanto così bene così a fondo così da scavare scavare trovando gemme ma serve la luce per vedere quanto brillino, serve l’occhio per vedere, serve il sangue che scorre e un cuore che batte e che le mani possano toccare che le dita possano essere al loro posto e serve sì stare in piedi e continuare a barcollare e conoscere e perdersi perdersi e finalmente trovarsi.

 
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from basseaspettativepodcast

Il problema del doppio premio ai partiti

Nell'ultima puntata abbiamo parlato del sorteggio come alternativa alle elezioni.

https://podcasters.spotify.com/pod/show/basse-aspettative/episodes/13--Una-cura-radicale-per-la-democrazia-e2kv2k3

Tra le varie cose, abbiamo citato uno studio di alcuni ricercatori italiani che proponevano di andare a votare, ma con l'opzione – in alternativa di dare il voto a uno dei partiti – di iscriversi ad una lista da cui verrebbero estratti a sorte cittadini per “completare” il parlamento, a rotazione, per una singola proposta di legge.

Durante la registrazione abbiamo espresso alcune perplessità (che rimangono) e abbiamo citato un altro ricercatore che avrebbe assegnato semplicemente la percentuale corrispondente agli astenuti a dei cittadini sorteggiati a caso tra tutta la popolazione.

Riflettendoci, però, pare evidente che in questa situazione i partiti potrebbero contare sia sui parlamentari eletti con le elezioni normali, sia su quelli sorteggiati che magari hanno votato (o simpatizzano) per quello stesso partito, di fatto raddoppiando i loro rappresentanti ed erodendo i posti messi a disposizione di persone che, invece, non si sarebbero allineate con nessun partito e che già oggi non sarebbero rappresentate.

 
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from Pensieri di Pollo

Già, ci sono cascato: ho comprato una retro-console portatile. Per i meno esperti, si tratta di macchinetta macina-emulatori in grado di far girare qualsiasi gioco uscito fino alla PS1. Certo, qualunque telefono può fare lo stesso e anche di più, ma portarsi in tasca un dispositivo dedicato e dotato di tasti fisici, fidatevi, è tutta un'altra vita.

Come è ovvio, con milioni di giochi virtualmente a mia disposizione, la mia scelta è andata sulla seconda generazione di Pokémon. D'altro canto sono esattamente quel tipo di persona che ordina sempre gli stessi precisi ingredienti sul Poké e, si sa, da Poké a Pokémon il passo è breve (questa me la dovete passare).

Non avevo però messo in conto una cosa: siamo nel 2024 e di generazioni di giochi Pokémon, anche escludendo i vari remake, ne sono passate sette dai tempi di Oro/Argento/Cristallo.

Sette generazioni, quasi un quarto di secolo e tante innovazioni e migliorie che non hanno risparmiato una serie pur notoriamente fin troppo tradizionalista. Dunque, facciamo insieme questo gioco: quali sono i pro e i contro di giocare Pokémon Cristallo a trent'anni suonati e a quasi venticinque anni dalla sua uscita?

CONTRO:

  1. È tutto estremamente lento. Io sinceramente non ricordavo che tutto, dal movimento del personaggio alle animazioni dei combattimenti fosse così tedioso e così poco scattante. Per fortuna l'emulazione consente di accelerare il gioco nella sua totalità, andando però a sacrificare una delle cose più belle dei vecchi titoli Pokémon: la colonna sonora. Accelerare il gioco significa infatti accelerare anche la musica, che diventa una cacofonia in stile nightcore decisamente insostenibile. Un compromesso di cui in parte mi pento perché non mi ha consentito di rivivere appieno quelle sensazioni, obbligandomi a giocare a volume spento. Ma, fidatevi, credo sia impossibile oggi giocare a Pokémon Cristallo senza accelerare il tutto, e non c'è Bicicletta che tenga.

  2. Il sistema dei box. Forse non ve lo ricordate, ma fino alle generazioni Pokémon del GBA la gestione dei Box era un inferno. Per depositare dei Pokémon al PC di Bill occorreva infatti assicurarsi che ci fossero slot liberi nel Box. In caso contrario, era necessario SALVARE IL GIOCO (non sto scherzando) e muoversi tra gli altri box liberamente. Non finisce qui: immaginate di essere in giro per Johto e di catturare un Pokémon. Alla fine della battaglia, Bill ti telefona e ti dice “ehi, hai finito lo spazio! Vieni al centro Pokémon e cambia Box o non potrai più catturare altri Pokémon!”. Ecco immaginate di essere in mezzo all'erba alta e di non avere a disposizione un Pokémon con la MN Volo (su questo torno fra poco). Ecco, adesso immaginate di camminare verso il centro Pokémon più vicino e di vedervi comparire un fierissimo Entei selvatico e di non potergli tirare una ball perché il Box è pieno. Bene signore e signori, vi ho appena raccontato uno dei primi ricordi traumatici della mia infanzia, riemerso non appena ho premuto il pulsante “Cambia Box” nel corso di questa nuova partita.

  3. Lo zaino. Fino all'epoca GBA lo zaino non aveva slot infiniti per gli oggetti, ma era anzi molto, molto limitato. Capita quindi già a metà avventura di trovarselo pieno di bacche e ghicocche, di arrivare davanti a uno strumento casuale trovato per terra e di ricevere il messaggio “ehi, lascialo qui, il tuo zaino e pieno”. Quindi, come per i box, dover tornare al centro Pokémon, depositare un po' di monnezza nel PC e tornare a piedi fino allo strumento selvatico per raccoglierlo. Lo senti il fastidio?

  4. Le MN. A me pare folle che fino al 2016(!) i giochi Pokémon basavano la meccanica esplorativa sulle MN, mosse Pokémon utilizzabili fuori dalla battaglia per interagire con l'ambiente e sbloccare nuove zone, un po' come accade nei metroidvania o negli Zelda a due dimensioni. Qual è il problema? Forse non vi ricordate che queste mosse dovevano essere insegnate ad un Pokémon, che tale Pokémon doveva essere in squadra al momento dell'utilizzo della MN e che questo tipo di mosse non sono dimenticabili se non passando da un tizio specifico a Ebanopoli. Quindi cosa succede? Anche ai tempi c'erano due scuole di pensiero: o ti portavi dietro il Rattata e il Goldeen al livello 2 di turno, a cui insegnare più MN possibili (inermi creature sacrificali conosciuti già ai tempi come poveri MN Slave), o correvi avanti e indietro ogni volta dai Centri Pokémon per depositare e ritirare il Pokémon con la MN necessaria per tagliare un alberello o spostare un sasso. Se la prima scelta sacrifica uno o due slot su sei della squadra Pokémon, la seconda è semplicemente una grandissima e fastidiosissima perdita di tempo. A voi la scelta.

  5. Le MT. Già anche le Macchine Tecniche ai tempi antichi avevano i loro problemi: erano monouso. Qua potremmo discutere che fosse una scelta di design, ma ancora non so se pentirmi o meno di aver insegnato Rotolamento a Togetic quando adesso in squadra ho deciso di mettere un Sudowoodo.

  6. Non esisteva la distinzione tra mosse fisiche e speciali. O meglio, non esisteva la distinzione come la conosciamo dal GBA in poi. Banalmente, alcuni tipi di mossa, tipo il Lotta, erano fisiche ed altri, tipo lo Psico, erano speciali. Io non sono mai stato infognato con il gioco competitivo, tutt'ora dimentico costantemente gli schemi di debolezze e resistenze, ma questa logica rivista dopo venti anni mi ha fatto esplodere il cervello.

  7. Quando un Pokémon sale di livello e cerca di imparare una nuova mossa, non c'è alcun modo di capirne gli effetti. Il gioco ti fornisce solo il nome, chiedendoti al volo quale mossa far eventualmente dimenticare. Ora, io credo che il mio cervello sia occupato al 65% da informazioni sui giochi Pokémon (e il restante equamente diviso tra la sceneggiatura completa delle Follie dell'Imperatore, le puntate delle prime venti stagioni dei Simpson e le descrizioni delle carte tarocche di Yu-Gi-Oh tipo Drego dell'Ala), ma ammetto che certe volte avrei voluto un piccolo aiuto perché sinceramente non ricordo quale mossa sia più potente o precisa tra Ventogelato e Raggioaurora.

PRO

Sì, non ci sono solo cose negative nel rigiocare alla seconda generazione nel 2024

  1. La pixel art. Sarà un parere soggettivo, ma tutto, dagli sprite dei Pokémon al mondo di gioco è più caratteristico, più stimolante, più, banalmente, bello in pixel art. Io ancora non ho digerito la svolta 3D della serie Pokémon, anche perché i risultati dal punto di vista tecnico parlano da soli. Sono infatti tra la schiera di persone che vorrebbero tanto un ritorno alle origini dal punto di vista grafico, un nuovo capitolo in pixel art, magari sfruttando le possibilità della tecnologia HD-2D vista ad esempio in Octopath Traveler. Però fidatevi, dal punto di vista stilistico i vecchi giochi mangiano ancora in testa ai nuovi, e non credo che siano solo le lenti della nostalgia a parlare.

  2. L'esplorazione. Una volta non c'era una cutscene ogni dieci passi. Non c'erano dialoghi non skippabili a ripetizione. «Questo è il tuo Cyndaquil, tante care cose ciaooo». Il gioco era comunque fattibilissimo con i pochi dialoghi messi a disposizione, non capitava mai di non sapere dove andare e cosa fare, ma neanche di essere presi per mano ai limiti del tutorial continuo. La magia dell'esplorazione, il sense of wonder, l'eccitazione per una nuova scoperta stava tutto lì, nell'interpretare qualche indizio sentito qua e là e sbloccare qualcosa di unico nel gioco. Un gameplay che, tra le altre cose, snellito di dialoghi e cutscene, fila via liscio come l'olio...al netto dei contro menzionati prima, ovvio!

  3. La mancanza di extra. Ok, lo ammetto, questa è un'opinione fortemente personale, ma per me il fulcro dei giochi Pokémon è: macinare avversari e catturare bestie. Stop. Il resto è orpello. Quindi ben vengano il campeggio con i Pokémon, pettinare i Pokémon, ma anche andando più indietro le basi segrete, le gare Pokémon, il sottosuolo: ho sempre avuto la sensazione che, semplicemente, rompessero il ritmo. Però ehi, almeno sono tutti elementi completamente ignorabili, ma avete idea di cosa significhi convivere con le mamie di completismo e delle modalità extra completamente ignorate? Già mi sembra eccessiva la presenza del casinò di Fiordoropoli...

  4. Gli incontri casuali. Se quella di prima era un'opinione fortemente personale, quest'ultima è un'opinione fortemente controversa. Gli incontri casuali sono all'unanimità riconosciuti come il Male nei giochi di ruolo. Ad apprezzarli rimaniamo credo io e i fan più sfegatati di Dragon Quest. Eppure vi dirò: provate a entrare nell'erba alta e ad aspettare che termini l'animazione dell'incontro casuale per capire se avete beccato un Pidgey oppure qualche bestia più succosa. Ecco, quella amiche ed amici, si chiama dopamina, e se non associata alla ludopatia o ad altre deleterie dipendenze legate proprio a questo meccanismo, beh, è una bella sensazione. Sensazione assolutamente non replicabile se il Pokémon te lo vedi scorrazzare davanti e puoi decidere se andargli o meno incontro, come accade nei nuovi giochi. “Vabbè ma così ti ritrovi con uno Zubat addosso ogni due passi!”. Vero, ma il Repellente è sempre tuo amico.

Bene, mi sembra di aver detto tutto, adesso vado a sconfiggere Misty. Ah già, forse non ve lo ricordate, ma la seconda generazione ha il plot twist più incredibile di tutta la serie, nonché uno dei motivi per cui ad oggi è la mia preferita: dopo Johto puoi visitare tutta Kanto. Double the fun!

 
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from Pensieri di Pollo

Ho finalmente recuperato l'ultima incarnazione nipponica della lucertola gigante, Godzilla Minus One. Faccio una premessa importante: non ho mai assolutamente avuto tempo né voglia di spararmi le dozzine di lungometraggi giapponesi usciti dal dopoguerra ad oggi, ma mi piace comunque definirmi un appassionato di Godzilla e potrei passare ore a parlare delle forti metafore che porta avanti da settanta e passa anni.

Morte, ineluttabilità del destino, guerra, bomba nucleare, divinità insensibile, terrore puro, vendetta della Terra: sono solo alcuni dei simboli che si celano dietro le scaglie di Godzilla. Tutto sembrava essere stato già raccontato sul re dei kaiju, eppure in Godzilla Minus One succede una magia: si tifa per l'umanità.

Esatto, inutile negarlo: esiste qualcuno che nei film di mostri giganti tifa per le persone? Sinceramente non ne conosco. C'è un fatto però che esalta questa presa di posizione: laddove la messa in scena è concentrata su bestioni che schiacciano tutto e si menano tra loro, va per foza di cose a morire la scrittura di trama e personaggi; tutte cose che, sinceramente, non mi era mai interessata in film del genere e anzi, se presenti, risultano forzate e noiose (vedi alla voce Monsterverse), futili orpelli che spezzano il ritmo e la piacevolezza di bestiali mazzate senza logica, unico vero motivo per cui bruciarsi retine e neuroni dietro ai film meno raffinati della storia del cinema.

La magia di Godzilla Minus One è invece proprio quella di raccontare una storia, una storia in cui Godzilla c'è, si vede e si sente, con un bagaglio di potenza e ferocia che trasmette un senso di terrore puro. Però è una storia in cui ci sono anche le persone. Non carne da macello, non fastidiosi espertoni, soldati, tuttologi o quant'altro serva ad allungare il brodo e giustificare la sezione cast sulla pagina di Wikipedia. Persone disperate, traumatizzate da una guerra, la seconda mondiale, appena conclusa nel peggiore dei modi, addolorate da lutti, sensi di colpa, paura.

Ecco quindi l'empatia, questa (fin'ora) sconosciuta. Quella che ci fa tifare quasi sempre per chi con tracotanza cerca di sconfiggere gli dei, sfidando la sorte e il buon senso. Per chi lotta per la vita in un contesto in cui la vita stessa si scopre essere una cosa piccola e fragile, eppure così preziosa per i legami che si porta dietro e per chi quegli dei, alla fine, li sconfigge davvero.

Godzilla Minus One è la prova visiva che una scrittura solida, dei personaggi profondi e un mostro alto come una montagna possono convivere nello stesso film, e che, anzi, questa convivenza regala una sorta di dignità ad un genere, spesso anche giustamente, così bistrattato. Il tutto non rinunciando a trovate esagerate e fuori di testa come dinosauri che sputano raggi termici e trappole sottomarine ai limiti dei corti di Tom e Jerry.

La magia del cinema, signore e signori.

 
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from Testudo Blues

Cliccate qui per un mini-riassunto delle puntate precedenti

“Ehi, chi diavolo hai chiamato Biancaneve?” “Scusami, Bronco, stavo raccontando di te ai miei seguaci e...” “E hai deciso di darmi un nome da ragazza.” “Per proteggere la tua identità e non coinvolgerti in questo casino. Non volevo offenderti” “Non mi sono offeso. Anzi, sai che ti dico? Biancaneve mi piace. Quando mi deciderò a rinnovare il mio ufficio, mi farò fare una bella targa: Agenzia Investigativa Biancaneve.” “Sembra un ottimo posto per rimediare un po' di coca.” “Smettila di fare l'idiota e rimetti in moto il tuo rottame. Dobbiamo trovare il tuo socio in affari.” “Ex socio.”

Chiedo scusa, mascalzoni e sicofanti di Testudo, per avervi tenuto sulle spine. Quella che avete sentito è la voce del detective Biancaneve, dal vivo sulla mia radio. Anche se ormai è inutile nascondere la sua vera identità. Puntando la sua SIG Mosquito contro il buttafuori del Ranucci Jazz Club per salvarmi la vita, il mio amico Bronco (questo è il suo vero nome) ha deciso di sua spontanea volontà che era ora di dire addio all'anonimato.

Dunque, dove eravamo rimasti?

il detective prende la parola, intervenendo con la sua voce profonda

“E adesso portaci dal capo,” ho ordinato all'uomo-bufalo, appoggiando il dito sul cane della pistola per aumentare l'effetto drammatico.

Vedendosi minacciato da un'arma molto più grossa e pericolosa del giocattolino impugnato dal mio amico Danny, il buttafuori abbassa la testa, ruota sui tacchi e ci conduce attraverso una serie di porte di servizio, fino a un lungo corridoio fiancheggiato da foto di cantanti jazz dentro enormi cornici dorate.

“Posso chiamare i soccorsi per mio fratello? Sta perdendo sangue.”

“Li chiamerai più tardi,” rispondo io. “E che vi serva da lezione. Se non aveste cercato di fregarci, a quest'ora il tuo fratellino sarebbe ancora in ottima salute.”

“A parte l'asma,” ribatte il buttafuori, pentendosi immediatamente di aver aperto bocca,

“Adesso fai anche lo spiritoso? Forse dovrei sforacchiare anche te, per far uscire tutto questo sarcasmo dal tuo corpo.”

La porta in fondo al corridoio è circondata da un telaio d'oro massiccio e ha un batacchio a forma di testa di leone. “L'ufficio di Ranucci,” dice l'uomo-bufalo, indicando la porta con un cenno della testa.

A quel punto il mio amico Danny Catenaccio gli affonda la snub-nose nella schiena e gli dice: “Annunciaci.”

Accidenti, scusami, ti sto rubando la scena. Vuoi proseguire tu?

Beh, il tizio entra nell'ufficio e biascica qualcosa al suo capo. “Ci sono due tizi. Chiedono di lei. Hanno dei soldi che le appartengono.” Quindi spalanca la porta e ci invita a entrare. “Prego. Il signor Ranucci è disposto a ricevervi.”

Beh, per farla breve, Catenaccio gli sbatte la valigetta sulla scrivania e fa scattare il meccanismo, facendo comparire di fronte ai suoi avidi occhi l'eterea visione di un milione di corazze.

*Eterea? Vacci piano Bronco, non essere retorico. I miei ascoltatori odiano questa robaccia.”

E sapete cosa ci dice Ranucci?

Roba da rimanerci secchi, sul serio.

Il signor Ranucci si massaggia la fronte grassoccia, poi scuote la testa, sbadiglia sonoramente davanti alle corazze fruscianti e poi dice: “Quindi sei stato tu a rubarli? Che razza di idiota, Catenaccio. Quei soldi erano tuoi. Non avevo mai visto nessuno rubare il proprio denaro.”

 
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from Kenobit

ARRIVANO I SOCIALINI

Questo post è copiato dalla Settimana Sovversiva, la mia newsletter. Lo pubblico anche qui per diffonderlo più comodamente sul Fediverso.

Oggi lanciamo un progetto al quale tengo moltissimo, frutto di mesi di pensieri e lavoro. Parlo al plurale perché siamo un collettivo, nato con la consapevolezza che l’obiettivo è ambizioso e lo raggiungeremo solo lottando insieme, come gruppo, e che dobbiamo strutturarci in modo che chiunque possa decidere di unirsi a noi. Ma non divaghiamo.

Vi presento Socialini.it.

logo socialini

Il progetto dei Socialini nasce da una domanda scomoda. Come facciamo a preparare le nuove generazioni alla vita su Internet? Che opzioni ci sono se abbiamo un figlio o una figlia di 6 anni? Allo stato attuale, ci troviamo davanti a una scelta che mi sembra perdente a prescindere.

Possiamo:

  • Darlǝ accesso subito accesso a Internet. Per quanto possiamo impegnarci e cercare di essere presenti, non avremo mai modo di proteggerlǝ dai meccanismi predatori delle grandi piattaforme, ai quali lǝ bambinǝ sono ancor più vulnerabili, e dagli altri ovvi pericoli derivanti dalla presenza di sconociuti e contenuti problematici;
  • Non darlǝ accesso a Internet e aspettare che sia più grande. Stiamo solo rinviando il problema, per giunta a un momento dell’esistenza in cui siamo particolarmente fragili. Se aspettiamo i 12 anni, per dirne una, arriverà sui social completamente privǝ degli strumenti per difendersi, magari in un momento cruciale della ricerca della sua identità, nel quale la cultura dell’immagine di Instagram e affini può arrecare danni devastanti. Ricordiamo che su TikTok sono stati proposti allǝ adolescenti account che promuovono l’uso dell’Ozempic, un farmaco antidiabete, come strumento per dimagrire. Metà del business dei social commerciali è dirci che siamo sbagliatǝ per poi venderci la soluzione sotto forma di prodotto.

La situazione, purtroppo, è chiara. La scuola non prepara alla vita su Internet. Non ne racconta la storia, i meccanismi e i pericoli. Di fatto, non ci insegna a gestire una parte gigantesca delle nostre vite. Scherzosamente, dico sempre che è un po’ come se non ci insegnasse l’algebra.

Lo stato ha fallito. La scuola è piena di insegnanti che fanno un lavoro cruciale, forse il più importante di tutta la società, ma non hanno gli strumenti e le risorse per avviare un percorso didattico sulla rete. Tutto è delegato alle famiglie, che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno le competenze necessarie per insegnare la consapevolezza dei mezzi informatici. E, sottolineo, non ne hanno colpa.

Cosa succede quando lo stato lascia un vuoto problematico e non soddisfa un’esigenza chiave del popolo? Si materializza una grande occasione di organizzarsi dal basso e di mettere in atto le pratiche del mutuo soccorso, riaffermandone il valore e la necessità. Possiamo avere un ruolo attivo, riprenderci un po’ di potere e ridistribuirlo in maniera orizzontale.

Ed ecco, quindi, che nascono i Socialini. Cosa sono?

Un Socialino è un server Mastodon, un piccolo social network con tutte le funzioni del caso: condivisione di foto, frasi, link. Fa parte del Fediverso, ma in un modo speciale. Parliamo sempre di Fediverso per la sua possibilità di unire tutto il mondo online in una grande federazione, ma quasi mai di come possa fare l’opposto: creare un’isola indipendente, completamente separata dal resto di Internet. Sicura, privata, protetta.

Il Socialino, dunque, è un social network giocattolo, per imparare a vivere e conoscere Internet, ma in un contesto realmente sicuro, dove i meccanismi tossici dei social commerciali non possono attecchire.

Il Socialino è il vostro social di famiglia e ha una tripla funzione pedagogica.

  • Per i genitori. I genitori riceveranno da noi le chiavi del loro server e una breve spiegazione su come usarlo. Saranno lǝ admin, di fatto. La gestione di un Socialino è semplicissima e non richiede competenze informatiche avanzate, ma al tempo stesso vi permetterà di capire perfettamente i meccanismi della Federazione e di Internet. Vi restituirà la complessità di cui Meta e soci vi hanno privato;
  • Per lǝ bambinǝ. Il gioco è il nostro strumento per capire il mondo e imparare a vivere. È normale che lǝ bambinǝ, crescendo in un mondo così connesso, vogliano giocare a condividere i loro pensieri o i loro disegni su Internet. Nel Socialino di famiglia potranno farlo in totale sicurezza, perché sul server saranno presenti solo i genitori ed eventuali amici di famiglia (chiunque venga approvato dallǝ admin, ossia i genitori). Giocando, potranno capire i meccanismi di Internet, ma su una piattaforma che non è progettata per rubare il loro tempo e la loro attenzione;
  • Per la terza età. Anche nonne e nonni hanno bisogno di sviluppare un rapporto più consapevole con la tecnologia. Facebook è un letamaio che lǝ espone a truffe e contenuti avvilenti (ultimamente generati in gran parte dall’IA), del resto. Nel Socialino di famiglia potranno interagire con lǝ nipoti, commentare, raccontare, il tutto usando software libero e imparando a usare uno strumento che non è progettato per turlupinarlǝ.

Abbiamo già fatto dei primi test con un paio di famiglie e possiamo dire che il concept funziona. Ora, dunque, siamo prontǝ a partire con la prima fase ufficiale del progetto: trovare 10 famiglie che vogliono un Socialino, per stringere i bulloni del progetto e rodarlo su scala più ampia. L’idea è di definire le pratiche, scrivere guide e documenti e attirare altrǝ alleatǝ, su tutti i fronti, per poter in futuro creare altri 10, 100, 1000 Socialini.

Se vorreste essere una di quelle 10 famiglie, scrivete a ciao@socialini.it e diteci in due righe chi siete e perché vi farebbe piacere partecipare. In questa fase, per motivi prettamente numerici, dovremo fare una selezione, nella quale cercheremo di privilegiare la varietà, alla ricerca delle tante forme diverse che una famiglia può assumere.

Il progetto è totalmente no profit e lo sarà sempre. Socialini non è un business, ma un progetto di mutuo soccorso volto alla creazione di saperi e competenze digitali per il presente e il futuro. Ogni Socialino ha un costo di mantenimento di circa 3 euro al mese, che in questa fase assorbiremo noi (o ci finanzieremo con un concerto o un giro di donazioni). Tutto il lavoro svolto è volontario e gratuito. Un domani, quando il progetto sarà avviato, l’unico costo per le famiglie sarà quello mensile del server, che puntiamo a ridurre ulteriormente, magari trovando uno spazio per tenere delle macchine. Ma non bruciamo le tappe...

Parte del progetto sarà anche la Piazzetta, un’istanza Mastodon a parte dove raccoglieremo contenuti fidati, sempre open e senza pubblicità, per chi vorrà del materiale per arricchire il suo Socialino. Ne parleremo nel dettaglio nei mesi a venire.

Sono sinceramente emozionato di svelare questo progetto. Ci abbiamo messo il cuore (io, FDA, Morloi e Kzk) e qualcosa mi dice che questa idea bizzarra potrà realmente cambiare qualcosa in positivo. Ho tanta voglia di parlarne e di confrontarmi, quindi non esitate a scrivermi, rispondendo al nostro piccione viaggiatore.

Riprendiamoci Internet.

 
Continua...

from La cantina dell'appartamento al terzo piano (senza ascensore)

Spotify è incredibilmente comodo: tra i vari servizi di streaming musicali provati è probabilmente quello che più si avvicina a ciò di cui ho bisogno (e lo dice una persona che al tempo pagava Google Music per riempirsi le orecchie di canzoni). Nel tempo però sono diventato sempre più allergico a diversi aspetti legati a questo servizio:

L'alternativa che fa al caso mio? Navidrome. Un software Open Source con supporto alle Subsonic API (permettendo l'utilizzo da diversi client, tra le altre cose).

Vediamo come tirarlo in piedi in cinque minuti e come iniziare a caricare la nostra musica lì sopra. Sì, anche quella che abbiamo su Spotify. Sì, anche le Playlist invece delle canzoni singole.

Installare (e gestire) Navidrome

Per una volta ho voluto mettere da parte la mia voglia di smanettamento cercando di comprendere se per una persona “non troppo nerd” sia possibile abbracciare questa soluzione. Fortunatamente le meravigliose creature di PikaPods ci vengono incontro e in dieci minuti possiamo tirare in piedi un'istanza Navidrome senza alcuna rogna (o necessità di gestire le cose in prima persona).

I passaggi di base sono davvero banali:

  • mi registro (e ho anche cinque dollari di credito gratuito) qui

  • scelgo il pod Navidrome e imposto le seguenti risorse (2CPU, 2GB di RAM, 50GB di storage):

  • se voglio posso configurare le variabili (tab “ENV VARS”) per prendere da LastFM e Spotify artwork e informazioni su canzoni, album e artist3 – qui la guida passo passo

  • segnatevi il dominio (DOMAIN) e modificatelo a piacere: sarà l'indirizzo con cui accederemo a Navidrome

E... fatto. No, non sto scherzando: è già finito. Andando al dominio che vi siete segnati nell'ultimo punto vedrete la vostra installazione di Navidrome: create username e password e avete il vostro Spotify fatto in casa come le cose buone delle nonne 🔥 Niente altro da configurare (se non eventuali altre utenze) e niente da mantenere (ci pensa PikaPods).

Volendo (ma non è minimamente necessario) è possibile configurare le variabili per personalizzare la vostra istanza, trovate tutto qui. Siamo a post— ah, già, manca ancora la musica!

Caricare la propria musica

A questo punto ci troviamo davanti a due situazioni: chi si è già fatto un backup della propria musica in .mp3 (chessò, “rippando” – mamma mia che termine arcaico – i propri CD) e chi invece ad esempio ha della musica in vinile e non ha possibilità di estrarla per caricare il tutto nella libreria personale. Partiamo dal primo caso, il secondo è un filo meno legale (ma ve lo mostro comunque).

Per caricare i nostri .mp3 su Navidrome dobbiamo prima di tutto procurarci un client FTP e configurarlo. Niente panico: è semplicemente un programmino per trasferire i dati dal nostro PC al nostro server, vediamo come fare. A me piace particolarmente Cyberduck, disponibile sia in versione gratuita che a pagamento (a noi basta quella gratuita scaricabile da qui: https://cyberduck.io/download/) quindi userò quello come esempio su come procedere.

  • scarichiamo il programma e installiamolo

  • mentre il programma si sta installando torniamo su PikaPods e segnamoci le impostazioni di connessione: si trovano sotto Pod Settings (la rotellina) > File:

  • apriamo Cyberduck e clicchiamo su “Nuova connessione”

  • dal menù a tendina scegliamo SFTP (e magicamente la porta cambierà da 21 a 22) e inseriamo i parametri per la connessione

  • clicchiamo su “Connessione” e confermiamo nel popup che appare

  • a questo punto vedremo due cartelle: data e music. Apriamo music con un doppio click e trasciniamo lì dentro la nostra musica (meglio se già organizzata in artisti e album).

Fatto! Diamo a Navidrome un attimo per indicizzare tutta la musica e in pochi minuti ci troveremo le canzoni nella nostra libreria. Ah, giusto, già che ci siamo: si può usare Navidrome dall'interfaccia web oppure utilizzare una delle tante applicazioni che supportano le Subsonic API. Qui una lista: https://www.navidrome.org/docs/overview/#apps

Spotify casalingo: fatto ✔️

Recuperare la propria musica

Okay, ora arriviamo al punto più delicato della questione. Può capitare che non abbiate modo di trasformare in .mp3 la vostra musica o i brani che avete già comprato. Eviterò di farvi la predica sul fatto di acquistare la musica che ascoltate per supportare chi l'ha creata: davvero, è importante e nulla di quanto segue andrebbe eseguito se non si possiedono già i brani in altri formati (e lo dico da persona che crede che le leggi relative al diritto d'autore andrebbe riviste, aggiornate e corrette).

Ma basta premesse, al volo.

  • scaricatevi OnTheSpot (mi raccomando la versione _ffm)

  • avviate il programma (non va installato) e andate nella tab “Configuration”

  • inserite nome utente e password di Spotify (anche un account gratuito) e cliccate su “Add account” (in fondo alla pagina)

  • non cambiate altro se non il percorso dove viene scaricata la musica

  • nella tab “OnTheSpot Search” è ora possibile inserire il nome di una canzone, di un artista, l'URL di una Playlist (o qualunque URL di Spotify) per permettervi di scaricare il brano scelto (o la serie di brani dentro la Playlist, ad esempio)

A posto: potete vedere i progressi nella tab “Progress”, ma davvero non c'è molto altro da fare con questa applicazione. Godetevi gli .mp3 delle canzoni che possedete già e caricate poi il tutto su Navidrome.

Considerazioni finali

Sto usando Navidrome da una settimana circa e le uniche cose che ho trovato fastidiose sono state:

  • ricostruirmi le playlist (perché Spotify è stronzo e non te le fa esportare se non con tool esterni) SOLUZIONE: nessuna, se non che sto sfruttando questa cosa a mio vantaggio per rivedere un po' le playlist (con molta soddisfazione vi dirò)

  • il buffering delle canzoni nella riproduzione casuale in contesti con poca rete internet SOLUZIONE 1: nell'applicazione che uso c'è la possibilità di far pre-caricare le successive canzoni di una playlist, spettacolo SOLUZIONE 2: è possibile scaricare un'intera playlist per l'uso offline, se so che avrò poca rete scarico e sono a bolla

Se avete intenzione di provarvi a lanciare in cose simili e trovate difficoltà (o avete suggerimenti da darmi) mi trovate come al solito sul Fediverso: @ed@livellosegreto.it

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Continua...